L'Arte
nel Medioevo
L'Architettura
Romanica
L'Architettura Tardoromanica
Ed eccoci all'ultima tappa del nostro breve viaggio nell'Architettura Romanica, quindi visiteremo insieme alcuni esempi di cattedrali e basiliche appartenenti al XII e XIII Secolo, dove già si possono intravedere, solamente abbozzati, alcuni elementi del Gotico.
Inizieremo quest'ultima tappa dalla:
Cattedrale di Troia (FG)
Visita
all'esterno
In
Puglia, in un ameno paese della Provincia di Foggia, distante ventiquattro Km
dal capoluogo, vi è uno dei più bei monumenti dell'Arte Tardoromanica
d'Italia.
La
Cattedrale di Troia fu fondata nel 1093 e terminata nel 1120. Sorge nello stesso
luogo della più antica S. Maria degli Angeli e molto probabilmente ne è un
ampliamento; oggi è sede parrocchiale di S. Maria Assunta in Cielo. Nella
Cattedrale possiamo ammirare un affresco del XV secolo dedicato alla "Dormitio
Virginis Mariae" e la cappella destra del transetto è dedicata
all'Assunta: sull'altare si conserva una statua attribuita allo scultore Giacomo
Colombo risalente agli anni 1715-1747.
Fin
dalla sua consacrazione del 1120 fu dedicata "a Dio e alla Beata
Maria", come recita l'epigrafe posta all'esterno della Cattedrale, nella
parete nord della Cappella dei Santi Patroni.
In
essa si legge:
FELIX
ANTISTES DOM(I)NUS GUILLELMUS SECUNDUS FECIT HANC AEDE(M) D(E)O
AC
BEATAE MARIAE VOBISQ(UE) FIDELIBUS FELICES TROIANI
La
traduzione letterale è la seguente:
Felice
Vescovo il Signor Guglielmo II costruì questa casa al Signore, alla Beata Maria
e a Voi fedeli felici Troiani. E' un'epigrafe ecclesiologica!
Il
termine "tempio" è inadeguato, inesatto, per indicare la Casa di Dio.
Inoltre, correttamente, il Vescovo Guglielmo scrive Casa "a" Dio e non
"di" Dio, perché Dio è in ogni luogo e non possiamo segregarlo in un
edificio sacro, come credevano di fare i pagani ponendo una statua gigantesca
della divinità nel tempio a lui dedicato.
Gesù
disse alla Samaritana:
"Templi
non ce ne saranno più; voi mi adorerete in ogni luogo" (Gv. 4,21 e segg.)
La
parola tempio viene dal greco témnein e significa ritaglio, quindi è uno
spazio ritagliato e messo a parte come sacro; la Chiesa, viceversa, non è
ritagliata nello spazio. Lo spazio è tutto uguale dopo la Resurrezione di Gesù;
come dice S. Paolo: "Il tempio di Dio siete voi, tempio dello Spirito
Santo." (Ef 2,22)
Il
termine "basilica" significa riunione, ed era un appellativo di
privilegio per alcune chiese; oggi possiamo affermare che sono tutte basiliche,
ovunque si riuniscano i fedeli a pregare.
Si definisce "cattedrale" solo la chiesa presieduta dal Vescovo, che vi ha la cattedra.
Le
porte
Le
chiese come questa hanno tre porte: o tutte e tre sulla facciata, oppure una
sulla facciata e due laterali.
Le
tre porte hanno funzioni distinte: dalla porta centrale si entra solo in
processione, solennemente; mentre dalle porte laterali si entra normalmente.
Così,
mentre le navate laterali sono luogo di sfogo, di passaggio, durante le funzioni
si sta solo nella navata centrale.
La
processione d'ingresso è prerogativa dei soli celebranti, ad eccezione della
domenica delle Palme e della notte di Pasqua, quando vi partecipa anche
l'assemblea dei fedeli.
Il
celebrante che entra dalla porta centrale e va verso l'abside simboleggia il
Verbo di Dio che viene in questo mondo, che viene tra noi. La porta centrale è
Cristo stesso. Nella parabola del Buon Pastore Gesù disse:
"Io
sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e
troverà pascolo." (Gv 10,9)
Mai
nessuno si era detto porta, solo Cristo.
Dopo
quanto su esposto, si capisce la grande importanza che riveste la solenne
apertura della porta centrale in occasione del Giubileo.
La
porta maggiore
La
porta centrale ha gli stipiti lisci, due capitelli e un architrave riccamente
istoriati, una lunetta vuota.
L'architrave
è un monito alla conversione: al centro Gesù benedicente assiso al trono, ai
suoi lati Maria, Pietro, i quattro evangelisti, due santi patroni (Eleuterio e
Secondino).
In
queste rappresentazioni di solito accanto a Gesù c'è San Giovanni Battista,
sostituito qui da San Pietro, che riceve le chiavi del Paradiso.
Quattro
cerchi racchiudono in ordine i seguenti simboli: Uomo alato, Leone, Toro,
Aquila, che il profeta Ezechiele vide come tetramorfo (Ez.1,4-28); qui sono
rappresentati distinti, come li vide San Giovanni nell'Apocalisse (Ap.4,6-8).
La
Tradizione cristiana ne ha fatto i simboli dei quattro evangelisti. San
Girolamo, dottore della Chiesa, motiva così questa correlazione:
Uomo
alato => Matteo, perché il suo Vangelo inizia con l'incarnazione di Cristo.
Leone
=> Marco, perché inizia il suo Vangelo con Giovanni Battista, "voce di
colui che grida nel deserto".
Toro
=> Luca, perché inizia con il sacerdote Zaccaria che si prepara ad entrare
nel tempio ad offrire l'incenso prima del sacrificio del mattino, e il toro è
l'animale sacrificale per eccellenza.
Aquila
=> Giovanni, perché ci descrive il volo verso la luce, verso le sommità
celesti. L'aquila era ritenuta capace di fissare il sole senza socchiudere gli
occhi e di raggiungere regioni del cielo inaccessibili agli uomini.
Gli
stessi simboli, se non hanno un libro in mano o fra le zampe, rappresentano i
quattro Viventi dell'Apocalisse. I cerchi sono uniti a due a due da una rosetta
ad otto petali (il numero otto, di ricca simbologia positiva, è legato
principalmente alla Resurrezione).
Alla
base dell'architrave, sulla porta centrale, si legge:
ISTIUS
ECCLESIAE P(ER) PORTAM MATERIALIS INTROITUS NOBIS TRIBUATUR SPIRITUALIS
La
cui traduzione letterale è:
"Attraverso
la porta di questa chiesa l'ingresso materiale ci procuri quello
spirituale"
Chi entra da lì, entra a Cristo, chi esce, esce in Cristo.
Sugli
stipiti della porta centrale vi sono due capitelli molto ricchi di simbologia.
Il
capitello sinistro ha un valore iniziatico, è la parte al negativo
dell'iniziazione (vi sono scolpiti un caprone con le corna, una capra, un cane).
La capra, essendo un ruminante, simboleggia il neofita, che ci pensa prima di
abbracciare la religione. Il caprone ha la testa dura. Il cane rappresenta qui
il cristiano che, dopo aver confessato i propri peccati, torna poi a compierli
(Proverbi 26,11):
"Come
il cane torna al suo vomito, così lo stolto ripete le sue stoltezze".
I
tralci sono disordinati e senza frutti: sembra quasi che vogliano imprigionare e
soffocare gli esseri viventi che abitano tra i suoi viticci. La figura mostruosa
in alto è un'anima dannata.
Nel
capitello destro l'iniziazione è stata raggiunta: c'è l'albero della vita, i
germogli, un volto sereno che spunta da una fioritura che continua
nell'archivolto al disopra della lunetta vuota. L'albero della vita ha la
caratteristica forma a Y, e si trova al centro dell'Eden; fa da riscontro
l'albero della conoscenza del Bene e del Male di biblica memoria (Genesi,2,9 e
3,22). I tralci portano dei frutti, che sono assenti sull'altro capitello.
L'uomo è aggrappato alle volute d'angolo del capitello: le volute sono due
spirali a nastro, formate da tre bandelle; inoltre sulla testa ha un fiore a
quattro petali. Tutto questo indica chiaramente che siamo di fronte ad un
Eletto. Infatti il lato destro è quello degli Eletti nel Giudizio finale,
mentre i dannati andranno a sinistra (Mt.25,31-46). Questo riferimento vale
anche per la diversità dei capitelli della navata.
La
porta bronzea, fusa nel 1119, è formata da sette file di quattro pannelli
tenuti insieme da fasce bullonate. In un insieme ricco ed armonico ci viene
fornita una miriade di informazioni : i nomi e le immagini dello scultore,
dell'architetto, del vescovo che volle più di tutti la costruzione della
Cattedrale e della porta, dei Santi Protettori della Città. Il tutto è
arricchito da ben otto protomi leonine che reggono i battenti, due draghi nella
parte centrale di squisita fattura, ai loro lati due croci patenti impreziosite
da tralci vegetali. Vediamo ora in dettaglio cosa ci racconta questa porta, con
le sue epigrafi e le sue figure simboliche.
Nella
fila superiore vi sono, nel primo pannello a sinistra, ODERISIUS e BERNARDUS:
essi sono rispettivamente lo scultore della porta (Oderisio da Benevento, morto
nel 1151) e l'architetto della Cattedrale. Ciò si evince dal fatto che Oderisio
porge a Bernardo una squadra, simbolo dei maestri costruttori. Segue poi nel
secondo pannello, in atteggiamento maestoso, Cristo assiso sull'iride (Ap.
4,2-3), in tre glorie tonde (mandorle) che stanno in un quadrato. Ciò significa
restringere, fare la quadratura del cerchio: è Cristo che ritorna infinito nel
finito, Dio che si fa uomo. Ha tra le mani il "Libro della Verità"
aperto, e rivolge lo sguardo verso il vescovo Guglielmo. Ai lati della figura di
Cristo si leggono a sinistra le lettere latine IC (Iesus Christus) e a destra le
lettere greche Χς (abbreviazione di "Χςτσς"
= Cristo): è un tipo di abbreviazione frequente nelle icone e nei mosaici
orientali.
Nel
terzo pannello il vescovo Guglielmo con la mano sinistra si toglie il cappello
vescovile in segno di rispetto, mentre con la destra regge il pastorale. Ai lati
vi sono due alberi che gettano linfa dai rami tagliati.
Nel
quarto pannello due figure in agemina, con le seguenti iscrizioni ai lati: SCS
PETRUS e SCS PAULUS (SCS sta per Sanctus) individuano gli apostoli Pietro e
Paolo nell'atteggiamento di ricevere la dedicazione della Cattedrale. Infatti
essa dipendeva strettamente da Roma, tanto che i vescovi di Troia venivano
nominati direttamente dal Papa.
Un
altro simbolo importante, ripetuto ben 48 volte, trovasi sulla porta bronzea: la
melagrana. Esso è un singolo frutto che racchiude in sé tanti piccoli frutti
vicini ma distinti gli uni dagli altri; rappresenta la Chiesa, che è una, ma
racchiude in sé tutti i credenti, vicini e numerosi. In questa immagine sono
evidenti le fasce ed i bulloni che tengono insieme le formelle: i recenti
restauri della porta hanno permesso di notare che le formelle hanno tutte i
bordi frastagliati, ad incastro, come un "puzzle". Oderisio voleva con
ciò evitare che venissero montate in un ordine diverso da quello progettato.
Nella
quarta fila, al centro, due stupendi draghi di bronzo, con la coda avvolta a
spirale, pronti a balzare addosso a chi guarda, con la bocca aperta che mostra
denti aguzzi, da cui pende un anello con sonagliera: i draghi sono i guardiani
del tesoro, ed insieme simboli del male, quindi nemici da sconfiggere per
conquistare il "tesoro nascosto". Sulla sonagliera è incisa una
croce, per ribadire ancora una volta che ci troviamo di fronte ad un edificio
cristiano.
ANNO
AB INCARNATIONE / D(OMI)NI NOSTRI JESU CHRISTI MIL(LE)SIMO / CENTESIMO NONO
DECIMO / INDICTIONE DUODECIMA // ANNO PONTIFICAT(US) D(OMI)NI / KALISTI PAPAE
SECUNDI P(RI)MO /ANNO DUCAT(US) W(ILLELMI) ROGERII / GLO(RIO)SI(SSIMI) DUCIS
FILII NONO // WILLELMUS SECUNDUS / HUJ(US) TROIANAE SEDIS EP(ISCOPU)S / EP(ISCOP)AT(US)
SUI ANNO XII HAS / PORTAS FIERI FECIT // DE PROPRIO ECCL(ES)IAE / ERARIO IPSAM
QUOQ(UE) / FABRICA(M) A FUNDAMENTIS / FERE EREXIT. ET PROSPER EP(ISCOPU)S TROIAN(US)
/ ET P(AT)RIARCHA COSTANTINOP(OLIS) / HAS PORTAS PENE / COLLAPSAS INSTAURAVIT /
MDLXXIII
Traduzione:
Nell'anno
1119 dall'incarnazione di Nostro Signore Gesù Cristo, dodicesima indizione, nel
primo anno di pontificato del (nostro) signor papa Callisto II, nel nono anno di
ducato di Guglielmo, figlio del gloriosissimo duca Ruggero, Guglielmo II vescovo
di questa Chiesa di Troia, nel dodicesimo anno del suo episcopato, fece fare
queste porte, con il proprio erario della chiesa, ed eresse quindi anche il
fabbricato quasi dalle fondamenta. // E Prospero, vescovo di Troia e Patriarca
di Costantinopoli restaurò queste porte quasi in rovina. 1573.
(Nel
1573 fu sostituita l'ultima formella, riportando il testo originale con
l'aggiunta delle ultime cinque righe, su riportate in grassetto, e il tutto fu
inciso in caratteri diversi e più piccoli).
Porta
laterale Est
Sulla
porta laterale Est, al centro della lunetta c'è Cristo, ai Suoi lati due angeli
sono pronti a sollevarlo, mentre Egli coi piedi schiaccia un leone ed un drago
alato. La scena è presa dal Salmo 90,11-13:
"Sulle
loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede.
Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi."
A
questo brano si riferisce il diavolo sapiente nella seconda delle tre tentazioni
a Gesù nel deserto, quando lo porta sul pinnacolo del tempio e lo invita a
buttarsi, tanto gli angeli lo sosterranno (vedi Mt.4,6).
E'
quindi una scultura salmica, e rassicura chi entra in Chiesa della protezione di
Dio attraverso gli angeli e Gesù.
Questo
tema iconografico fu considerato importante e significativo, tanto da essere
rappresentato anche a Ravenna due volte (stucco del battistero Neoniano del V
secolo, detto anche battistero degli Ortodossi; mosaico nella cappella
arcivescovile di san Giorgio), a Bitonto, a Trieste e sulla porta absidale della
Cattedrale di Pisa.
Porta
laterale Ovest (Porta della libertà)
Prima
fila di pannelli
Nel
1127 Oderisio, scultore beneventano, lo stesso artefice della porta maggiore,
portò a termine anche la porta bronzea del lato Ovest. Questa è una miniera di
notizie sulla storia civile e religiosa della città di Troia e dei suoi primi
vescovi. È suddivisa in ventiquattro pannelli riquadrati da fasce bronzee
tenute da bulloni.
Nel
primo pannello in alto si legge:
PRINCEPS
PATRONU(M) PETRE TROIA(M) SUSCIPE DONUM QUA(M)
L(A)ETABUNDUS
GUILIELM(US) DONO SECUNDUS
[O
Pietro, principe (degli apostoli) e patrono, ricevi in dono la città di Troia,
che io, Guglielmo secondo, lietissimo, ti offro.]
Nel
secondo pannello lo stesso vescovo Guglielmo affida la città di Troia (CIVITAS
TROIANA) agli Apostoli Pietro e Paolo (terzo e quarto pannello). Ad evitare
equivoci, sulla fascia superiore è inciso:
DOMNUS
EPISCOPUS GUILIELMUS SECUNDUS [Il Signor Vescovo Guglielmo secondo]
La
Porta della libertà necessita di un accorto restauro, come è stato già fatto
per la Porta maggiore. Da notare inoltre che le undici figure erano tutte in
agemina, cioè avevano il volto, le mani e i piedi d'argento lavorato a sbalzo
ed applicato. Oggi ne restano solo alcune tracce.
Nella
seconda e terza fila di pannelli sono raffigurati gli otto vescovi predecessori
di Guglielmo secondo, dall'ottavo al primo:
Guglielmo
primo, Uberto, Girardo, Gualtiero, Stefano, Giovanni, Angelo, Oriano.
In
ogni pannello c'è un vescovo, di fianco il suo nome, e sulla fascia inferiore
di ciascuno, la dicitura: "Hic novae Troiae fuit primus episcopus- Hic
secundus- Hic tertius …" ["Della nuova città di Troia questo fu il
primo vescovo - questo il secondo - questo il terzo…"] e così via fino
al nono, Guglielmo secondo.
Nella
quarta fila quattro battenti sono sostenuti da protomi leonine; sulla fascia
inferiore si legge: "Factor portarum fuit Oderisius harum beneventanus"(Artefice
di queste porte fu Oderisio da Benevento)
Nella
quinta e sesta fila una lunga iscrizione occupa gli ultimi otto pannelli:
"Aequitatis
moderator liberator patriae Domnus Guilielmus secundus Dei gratia venerabilis
huius sedis Trojanae Episcopus nonus has etiam Portas Aeneas de proprio aerario
largus dispensator fieri jussit anno Incarnationis Domini MCXXVII et civitatis
huius condictione centesimo atque octavo Pontificatus vero Honorii Papae secundi
tertio item Pontificatus Domni Guilielmi Episcopi secundi XXI Indictione V anno
quo Guilielmus tertius Normandorum Dux Salernis obiit morte communi. Tunc
Trojanus populus pro libertate tuenda Arcem subvertit et Urbem vallo murisque
munivit".
(Moderatore
di giustizia, liberatore della patria, il signore Guglielmo secondo, per grazia
di Dio nono vescovo della venerabile sede Troiana, anche queste porte di bronzo
comandò di fare, magnanimo dispensatore del proprio erario, nell'anno 1127
dell'Incarnazione del Signore e nel centesimo ottavo dalla fondazione di questa
città, e nel terzo anno di pontificato di papa Onorio II, ed anche nel
ventunesimo di pontificato del signor vescovo Guglielmo secondo, quinta
indizione, nell'anno in cui Guglielmo terzo Normanno, Duca di Salerno morì di
morte naturale. Allora appunto il popolo troiano per difendere la libertà ha
abbattuto il castello ed ha munito la città di mura e fossato).
Questa
iscrizione giustifica il motivo per cui quest'opera bronzea, in cui è incisa
un'importante pagina di storia civile e religiosa, fu chiamata: "Porta
della libertà".
A
custodia delle cattedrali spesso vi sono i leoni, che di solito si trovano ai
lati dell'ingresso (vedi Altamura, Bari, Conversano, Bitetto ecc.); ciò deriva
dal fatto che nel medioevo si credeva che i leoni dormissero con gli occhi
aperti (vedi "Il Fisiologo" pag. 40).
Nella
Cattedrale di Troia vi sono due coppie simmetriche di leoni, posti al disopra
del marcapiano della facciata.
I
due leoni posti in basso trattengono tra le zampe un agnellino, proteggendolo.
Rappresentano Cristo che protegge i fedeli.
I
due leoni posti più in alto trattengono tra le zampe rispettivamente una testa
di toro senza corna ed un volto umano. (Cristo sostiene l'apostolo e l'umanità).
Un
quinto leone, cavalcato da una figura umana, fa da chiave di volta
all'archivolto del rosone. Questo gruppo, simbolo di forza divina, si erge fra
animali immondi, peccatori e simboli del male, riecheggiando il Salmo 55, 19 e
23:
"Mi
salva, mi dà pace da coloro che mi combattono: sono tanti i miei avversari…
Getta
sul Signore il tuo affanno ed Egli ti darà sostegno, mai permetterà che il
giusto vacilli"
Ancora
più in alto, al culmine della facciata, un uomo alato cavalca un sesto leone:
chi si distacca dalle passioni e dal peccato, col sostegno di Cristo mette le
ali della sapienza per volare verso la luce di Dio.
Sulla
sommità della facciata vi sono cinque sfere (perle). La perla, per la sua forma
sferica richiama l'idea della perfezione; inoltre, essendo nascosta in una
conchiglia, è il simbolo della conoscenza celata, intesa dal Cristianesimo come
la dottrina di Cristo che resta inaccessibile ai pagani.
Inoltre,
secondo l'Apocalisse di San Giovanni le porte della Gerusalemme Celeste
sarebbero fatte di perle e le corone di perle sarebbero il modo tipico per
esprimere simbolicamente la molteplicità dei poteri di Dio (vedi Ap.21,10-11 e
21,21):
"L'angelo
mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città
santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo…la città è cinta da un grande e
alto muro con dodici porte…e le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta
formata da una sola perla".
Guardando
bene e complessivamente i sei leoni della facciata, la loro disposizione e
diversità l'uno dall'altro, sono giunto alla conclusione che il tutto indichi
un percorso iniziatico.
La
strana pietra
Nella
prima arcata a destra della porta maggiore vi è una curiosa pietra granitica
incastonata che, per la sua forma e la sua posizione induce diverse ipotesi
circa la sua funzione originaria.
Secondo
una prima ipotesi, potrebbe avere un'importanza civile, sociale.
Nel
Medioevo le cattedrali rappresentavano un centro di potere religioso e civile
allo stesso tempo.
Vi
venivano pertanto custoditi, per legge, degli oggetti adoperati come unità di
misura campione (il cubito, i pesi delle monete d'oro) per scoraggiare le frodi.
Nel
libro "Grandi peccatori. Grandi cattedrali" del compianto Cesare
Marchi, a pag. 233 si dice:
"Davanti
alla facciata romanica anticamente si amministrava la giustizia. Nel duomo di
Napoli vi è il "passus ferreus", antica unità di misura agraria,
mentre nel duomo di Santo Stefano, a Vienna, sono confitte nel muro due sbarre
che servivano come misura dei mercanti, e vicino alla Porta Gigante si vede
tuttora inciso nel muro il segno di una circonferenza: era la misura del pane
obbligatoria per i fornai viennesi"
Questa
pietra della cattedrale di Troia potrebbe quindi essere l'antico cerchio del
pane nella parte concava.
Una
seconda ipotesi, meno suggestiva, ma forse più verosimile, potrebbe essere la
seguente:
nel
Medioevo si era soliti inserire sulla facciata, oppure nella parte laterale,
all'esterno, dei bacini ceramici di origine araba. Col tempo, data la
delicatezza di questi manufatti, la gran parte sono andati distrutti, come
potrebbe essere accaduto anche a Troia, lasciando vuota la parte concava che lo
conteneva; ciò spiegherebbe il motivo per cui questa pietra è bugnata solo
nella zona concava: per migliorare l'aderenza della ceramica incastonata.
Uno
di questi bacini ceramici si può ancora ammirare nel suo sito originario, sulla
Cattedrale di Pisa, mentre pochi altri sono stati conservati nei musei, data la
loro fragilità.
Anche
ammettendo questa seconda ipotesi, resta comunque un mistero circa la
raffigurazione che poteva esserci sulla ceramica.
Sculture
del lato ovest
Il
lato Ovest è meno ricco di decorazioni, ma le poche che vi stanno, sono
ricchissime di significati simbolici o storici.
All'angolo
in alto a sinistra cinque pietre compongono una croce, la pietra verde al centro
è rotonda. Un po' più a destra, sei rombi formano una stella, poi c'è il sole
a otto raggi e una mezzaluna coricata. Sulla croce sporge un toro.
Tutte
queste figure sono fra loro collegate: la Chiesa, sostenuta dalla potenza del
Signore, è la vera luna, la cui falce luminosa, ricevendo sempre nuova luce, si
riempie dello splendore del sole (vedi RAHNER :"I simboli della
Chiesa", pag.216). Ed ancora, nel "De Patriarchis"3,13 è
scritto: "Christus est taurus quo Ecclesia figuratur in Luna tunc plenior,
cum velut cornibus nixi taurinis spatium totius orbis includit"
(traduzione: Cristo è il toro: allora appunto la Chiesa è rappresentata dalla
luna piena, siccome lo spazio racchiuso dalle corna taurine include tutto il
mondo). Tutto ciò riprende la simbologia egizia del disco solare, che
rappresenta il sole in movimento, ed anche il volo, la sublimazione, la
trasfigurazione, la resurrezione.
Sulla
prima lesena, tra la prima e la seconda arcata cieca, il capitello è ornato da
quattro leoni, che a due a due s'incontrano agli angoli: per ogni coppia di
leoni, una sola testa, come chiaramente si vede dalla figura. Potrebbe
significare la doppia natura di Gesù: umana e divina?
EGO
IOHES IUDEX Fx EMMONIS P COR OMS ORATE PRO ME AD DNM IHM XPM
[Ego
Ioh(ann)es Iudex/ f(ilius) Emmonis p(re)/cor om(ne)s: orate pro me ad D(omi)n(u)m/
Ie(su)m Chr(istu)m] che significa, alla lettera:
"Io
Giovanni giudice, figlio di Emmone, supplico tutti: pregate per me il Signore
Gesù Cristo".
La
richiesta di preghiere per il giudice Giovanni, figlio di Emmone, posta
all'altezza degli occhi del visitatore, indica certamente uno dei maggiori
benefattori cui dobbiamo l'erezione della nostra Cattedrale.
Sculture
del marcapiano della facciata
La
facciata è divisa in due, orizzontalmente, da un cornicione a mensola, detto
anche marcapiano. A reggere la mensola vi è tutta una serie di sculture di
animali, alcune delle quali ripetute (aquila, scimmia, leone, cane).
All'angolo
sinistro c'è un gruppo scultoreo dalla forte simbologia: trattasi di un angelo
che spicca il volo prendendo per i capelli una figura umana, sottraendola ad un
grosso serpente in agguato.
All'angolo
destro, un altro gruppo analogo a questo rappresenta un uomo avvolto dalle spire
del serpente, mentre poco più in là una scimmia seduta si tiene la barba con
espressione soddisfatta: il demonio ride quando l'uomo peccatore è vinto dal
male
Il
rosone
Nella
facciata della Cattedrale di Troia, spicca al centro il rosone, splendida
realizzazione fra i semplici oculi dell'arte romana e protocristiana ed i
magnifici rosoni dell'arte gotica, sostenuti da esili colonne e piombo fuso, ma
costituiti principalmente da vetrate multicolori per dare quanta più luce fosse
possibile. Nelle chiese romaniche predominano invece mura spesse e scarsità di
luce, per favorire la meditazione: è da notare a proposito che la facciata è
esposta a nord.
Il
rosone della Cattedrale di Troia si differenzia per una particolarità che lo
rende unico al mondo: ha undici spicchi divisi da altrettante colonnine. Di
solito i rosoni erano divisi in sei o dodici parti, più facili da realizzare.
Tra le colonnine vi sono undici transenne triangolari traforate, ciascuna con un
disegno geometrico diverso; fra le transenne e la giunzione delle arcate, vi
sono altrettante griglie trilobate, anch'esse l'una diversa dall'altra.
Figure
ricorrenti di questi trafori, ottenuti scolpendo nastri intrecciati, sono: il
quadrato, la losanga, la croce, il rombo, il cerchio, tutte figure geometriche
fortemente simboliche:
Il
quadrato, la losanga e il rombo: il finito, la perfezione (quattro lati uguali)
La
croce: la salvezza, Gesù con le braccia aperte
Il
cerchio: la perfezione, l'eternità, il muori e risorgi
All'incrocio
delle arcate spiccano undici fori trilobati, tutti eguali tra loro: essi,
formati da tre cerchi intersecanti, uguali e distinti allo stesso tempo. Questa
figura è la rappresentazione simbolica della Trinità, cioè Dio uno e trino.
Le
undici colonnine poggiano su di un cerchio di pietra lavorata a squame, che
ricorda una corda chiusa o un serpente che si morde la coda (uroburo), simbolo
del muori e risorgi, dell'eternità, della forma perfetta, e quindi dello stesso
Gesù Cristo. Dal cerchio centrale partono in tutte le direzioni le undici
colonne, che rappresentano quindi gli Apostoli, tutti meno Giuda, il traditore,
che viene qui escluso, per ricordare che chi pecca gravemente non è più
innestato su Gesù, ma diventa ramo secco, fascina da bruciare.
Numerando
le colonne, vediamo che la prima serie di archi va da 1 a 3, a 5, a 7, a 9, a
11. Dall'undicesima colonna parte la seconda serie di archi, che va da 11 a 2, a
4, a 6, a 8, a 10, a Quindi la divisione in undici è realizzata da un incrocio
di cinque più sei arcate che si rincorrono. Anche qui il simbolismo è celato,
ma significativo: cinque e sei rappresentano microcosmo e macrocosmo, oppure
Cielo e Terra. Undici quindi è il numero con cui si costituisce nella sua
totalità la via del Cielo e della Terra. Inoltre l'undici è un numero dispari,
e quindi tutto il rosone è asimmetrico.
L'archivolto
del rosone è un'altra miniera di simboli…
Le
figure danzanti della facciata
Sulla
parte superiore della facciata vi sono diversi personaggi danzanti, ai lati del
rosone.
Sul
lato sinistro, una donna col seno scoperto, i capelli al vento, un gonnellino
col bordo lavorato, le gambe in movimento, la mano destra sul ventre, nell'atto
di saltare o di ballare. Più in là, un uomo, che con le mani regge un piede,
in una danza acrobatica Al disotto, una formella in pietra grigia raffigura un
gruppo di cinque danzatori: il secondo regge con la mano destra uno strumento
musicale, simile ad un tamburello. Sul lato destro della facciata, una figura
maschile, tronca, con le braccia in movimento. L'atteggiamento festoso, la
collocazione delle figure nella parte alta del timpano della facciata, fanno
pensare ad un significato simbolico senz'altro positivo. I passi biblici
riferiti alla danza sono innumerevoli. È un inno alla gioia, è la "nona
sinfonia" della Cattedrale di Troia.
Esterno
dell'abside
Nel
descrivere la parte esterna dell'abside della Cattedrale di Troia, dobbiamo
sottolineare diversi aspetti storici e simbolici molto importanti, ma poco noti.
L'autore
dell'abside, il sacrista ALEXANDER, ha lasciato una traccia importante in
un'epigrafe posta verso Est, a circa tre metri di altezza. Il testo è in
latino, con diverse abbreviature; inoltre sulla pietra, fra il quarto ed il
quinto rigo, c'è un fiore a sedici petali, scolpito precedentemente al testo,
poiché le lettere incise se ne discostano, rispettandolo.
Questo
fiore, già di per sé simbolo di Resurrezione, ha sedici petali, multiplo di
otto, e va ad interrompere la parola nox(a)e, cioè "la colpa". Vale
insomma come buon augurio.
E'
interessante il fatto che l'abside, essendo esposta a sud, è illuminata
dall'alba al tramonto e la luce che riceve, la trasmetteva attraverso la
finestra dei leoni, all'interno della cattedrale. Con i restauri degli anni '50
è stata ripristinata l'abside, che era in parte coperta dalla sacrestia, ma è
stata chiusa la finestra, forse a causa della sistemazione all'interno del
crocifisso settecentesco di Pietro Frasa. In parte si è risolta l'illuminazione
col rifacimento del rosone posteriore, al disopra dell'abside, ma si è perduto
l'originario significato simbolico della finestra: Dio è la Luce, che ci
illumina il cuore, la mente, il cammino, mentre il demonio è oscurità,
tenebra, peccato, strada smarrita.
Abside
(colonne).
L'abside
è ornata da due file di quattro colonne sovrapposte. Il numero otto è ricco di
simbologia, e ci riporta alla Resurrezione, al sorgere del sole, alla quadratura
del cerchio. Da notare che le due colonne in basso a destra, rabberciate e
diverse dalle altre sei, hanno sostituito due colonne in pregiato marmo verde
antico che servirono nel 1750 al Re di Napoli per la Reggia di Caserta. Il
denaro ricavato (350 ducati al palmo cubo) servì alla riedificazione della
Cappella dei Santi Patroni, crollata nel 1731 a causa del terremoto.
Abside
(leoni della finestra e del timpano absidale).
La
finestra absidale è ornata da due leoni: il leone di sinistra schiaccia la
testa di un moro, quello di destra un serpente. E' il simbolo della lotta fra il
bene ed il male, anche se qualche autore l'ha interpretata come lotta tra la
città di Troia e le vicine Lucera e Foggia, facendo risalire queste sculture ad
un periodo successivo alla punizione inflitta dall'esercito saraceno di Federico
II alla città (1228). I saraceni erano mori, e la città di Foggia, nonostante
fosse stata scelta come sede imperiale, era stata definita da Federico stesso
"mala vipera".
L'invito
dell'epigrafe a guardare in alto forse si riferisce al leone posto in cima al
timpano absidale: ancora una volta il leone ci richiama alla figura di Cristo.
La posizione seduta, ma con lo sguardo vigile e attento, sulla parte più alta
dell'edificio sacro ne conferma la funzione di custode.
Visita
all'interno: le navate
Le
cattedrali possono essere ad una, tre o cinque navate: comunque sia, la navata
più importante, quella che deve contenere l'assemblea, è la centrale; le altre
sono di supporto, e vengono utilizzate per le processioni, inoltre sono luoghi
di sfogo e di passaggio. La Cattedrale di Troia è a tre navate.
La
navata centrale è un'aula con spioventi in legno; dà il senso di trovarsi
nell'arca di Noè. (Lo stesso termine "navata" deriva dal greco "naus"
= nave).
Da
notare che in fondo alla navata sinistra c'è un arco a tutto sesto, mentre in
fondo alla navata destra c'è un arco a sesto acuto, tipico dell'arte gotica.
Le
colonne
Alzando
gli occhi, ammirando le colonne, vediamo lo specchio di noi stessi: una famiglia
fondata sui profeti e sugli apostoli. Le colonne di sinistra sono i profeti,
quelle di destra sono gli apostoli, indipendentemente dal loro numero.
Nella
Cattedrale di Troia le colonne della navata centrale sono tredici. La
tredicesima colonna, entrando dalla porta maggiore, si trova subito a destra.
Vi
sono diverse opinioni per giustificare la presenza della tredicesima colonna:
potrebbe essere di rinforzo all'erezione di un campanile che non fu mai
realizzato (quello attuale è di molto posteriore, ed è in mattoni).
Un'altra
ipotesi è ispirata ai Padri della Chiesa, che vedevano nella navicella di
Pietro il simbolo della Chiesa stessa, con Gesù a poppa nel ruolo di suo
timoniere e lo Spirito Santo a prua (in molte chiese la colomba è raffigurata
sulla crociera absidale, nel punto più alto): la tredicesima colonna, posta in
fondo alla navata destra, rappresenterebbe Gesù, nel ruolo di guida della
nave-chiesa (vedi RAHNER, pag. 606-608).
A
San Giovanni in Laterano, al disopra delle colonne della navata sono
rappresentati i profeti da un lato e gli apostoli dall'altra.
Nella
Cattedrale di Troia supplisce alla mancanza di figure la ricchezza dei
capitelli.
I
capitelli sono di puro stile corinzio, con le tipiche foglie d'acanto spinoso,
ricco di fiori e frutti (simboli di resurrezione).
Nella
Cattedrale di Troia i capitelli sono tutti di stile corinzio, tranne qualcuno
composito, cioè di stile misto tra corinzio e ionico.
Nei
capitelli corinzi ricorre spesso l'acanto, simbolo della Resurrezione, perché
fiorisce ma è pieno di spine. Nel Florario di Cattabiani è riportata la
seguente leggenda greca: una fanciulla corinzia era morta e la sua nutrice pose
sulla tomba, in una cesta, i suoi oggetti più cari, ricoprendola con una tegola
quadrata per proteggerla dai furti. Giunta la primavera, l'architetto Callimaco,
passando vide la tegola sollevata da un armonioso cespo di foglie d'acanto
cresciuto sul sepolcro, quasi a simboleggiare l'immortalità della fanciulla. La
visione ispirò all'artista l'idea del capitello corinzio, decorato dalle grandi
foglie oblunghe e profondamente incise di questa pianta. In Oriente è diffuso
l'Acanthus spinosus, con la spiga spinosa mentre in Italia troviamo, come pianta
spontanea, l' Acanthus mollis, dalle foglie morbide ed arrotondate. La
simbologia, unita alla facile reperibilità della pianta, ha fatto sì che
l'acanto diventasse l'elemento più rappresentato sui capitelli delle chiese
cristiane.
I
numerosi mostri rappresentati sui capitelli sono esplicativi delle spine della
Resurrezione: la storia di ciascuno di noi ha in sé i problemi, le afflizioni
della vita. Bisogna entrare in chiesa come si è, per uscirne trasformati,
risuscitati nella Fede.
Sui
capitelli di sinistra vi sono diversi mostri a rappresentare il male, il
peccato; i capitelli di destra invece sono più leggiadri, fioriti, gioiosi. Il
contrasto è evidente e significativo, come ai lati della porta centrale (vedi).
Il
termine ambone viene dal greco "ambon" , che indica ogni superficie
convessa, panciuta: infatti molti amboni presentano una rotondità, una
convessità in corrispondenza del leggio. Spesso hanno due scale: si sale dal
lato dell'altare (luce che viene da est) e poi si scende da un altro lato.
L'ambone è spesso indicato col termine pergamo (dal greco "pergamon",
luogo elevato).
Spesso
si confonde l'ambone con il pulpito, ma il pulpito propriamente detto è una
struttura solitamente in legno, da cui si predica la parola di Dio. Dall'ambone
non si predica, anzi era proibito salire ai predicatori. Serve solo a leggere e
cantare la parola di Dio, ad eccezione della notte di Pasqua, quando vi si legge
l'Exultet, che è il riepilogo della storia della salvezza.
Durante
la dedicazione di una chiesa o nel suo anniversario, si accendono dodici candele
lungo le navate, e si fanno dodici croci di crisma, per ricordare che la chiesa
è crismata come noi, cioè resa cristiana, per opera dello Spirito Santo. Due
candele si accendono sotto l'ambone. Ceri e piante vanno posti sotto l'ambone,
perché è il monumento della tomba vuota di Gesù: ci deve commuovere, cioè
muovere con sé.
Quando
si proclama la parola di Dio nella liturgia, queste parole dicono sempre la
stessa cosa: Cristo è risorto, indipendentemente dal brano che si sta leggendo.
La Pasqua è la pienezza della rivelazione. Chi sale sull'ambone quindi va a
proclamare la parola di Dio in termini pasquali. La mattina di Pasqua, vicino al
sepolcro vuoto, l'angelo chiede: "Perché cercate tra i morti colui che è
vivo? Non è qui, è risuscitato" (Lc 24,5). La stessa cosa si ripete
quando si legge la parola di Dio dall'ambone. Esso è, infatti, il simbolo della
tomba vuota. Raramente è di metallo, il più delle volte è in pietra.
Il
suo posto è in fondo alla navata, sul lato destro. Nella Cattedrale di Troia
l'ambone è ora collocato sul lato sbagliato, in seguito ai restauri degli anni
Cinquanta.
In
un passo di San Gregorio di Nissa si legge:
"Mi
sembrò bene farli cantare in chiesa, per tenerli svegli. Posi le vergini e le
vedove a destra, nell'abside i monaci, i maschi a sinistra."
Si
scelse il lato destro per le donne in ricordo del fatto che esse furono le prime
ad andare al sepolcro il giorno di Pasqua, e lo trovarono vuoto.
L'ambone
quindi non è legato all'altare, ma è la cerniera tra l'aula dell'assemblea dei
fedeli (navata) e la parte della chiesa dove sta l'assemblea dei chierici (il
transetto), quindi è la parola di Dio ad unire le due assemblee.
Le
colonne su cui poggia l'ambone possono essere quattro, cinque, sette, nove,
dodici, tutti numeri simbolici: quattro come gli evangelisti; cinque come la
quinconcia o "quincus" (Gesù nella mandorla con gli Evangelisti ai
quattro angoli); sette come i sette pilastri della saggezza ( Proverbi 9,1),
collegati ai sette doni dello Spirito Santo (Apocalisse); nove (multiplo di tre,
simbolo della perfezione); dodici come gli apostoli (le colonne della
Gerusalemme celeste in Ap.21,22).
L'ambone
può anche essere a cassa piena, un tutto unito, senza colonne, come nella
Basilica di San Nicola di Bari: in questo caso c'è una piccola apertura, una
sporgenza che indica la rotondità.
Se
si esamina l'ambone della Cattedrale di Troia si nota che il fogliame vince
sempre su di ogni altra decorazione, inoltre c'è dell'uva matura (uva =>
vino =>ultima cena =>Sangue di Cristo => Passione). Gli amboni venivano
anche dipinti: ci sono tracce di pittura rossa sullo sfondo dei tralci di vite
(colore rosso => Passione). L'acanto ritorna come motivo ornamentale e
simbolico (spine => Passione).
Nella
parte inferiore, subito al disopra della fascia ornata con tralci di vite, c'è
un'epigrafe molto importante, perché contiene la datazione del monumento
stesso:
ANNO
D(OMI)NICE INCARNATIONIS MCLXVIIII REGNI VERO D(OMI)NI N(OST)RI W(ILLELMI) DE(I)
GRA(TIA) SICILIE ET ITALIE REGIS MAGNIFICI OLIM REGIS W(ILLELMI) FILII ANNO IIII
M(ENSE) MAI(S) II INDIC(TIONE) FACTU(M) E(ST) HOC OPUS
(Traduzione:
"Quest'opera è stata fatta nell'anno 1169 dell'Incarnazione del Signore,
nella seconda indizione, nel mese di maggio del quarto anno di regno del nostro
signore Guglielmo, per grazia di Dio Re magnifico di Sicilia e d'Italia, figlio
di Re Guglielmo").
Nel
1169 era vescovo di Troia Guglielmo III normanno (1155-1175), parente di
Guglielmo I il Malo, duca di Puglia e re di Sicilia. Nel 1156 ottenne da papa
Adriano IV il privilegio che poneva Troia sotto la protezione della Santa Sede e
stabiliva che i Vescovi fossero nominati e consacrati direttamente dal Papa.
Questo privilegio è durato fino all'ultimo vescovo di Troia, mons. Antonio
Pirotto (1958-1974), dopo di che la diocesi di Troia venne unita a quella di
Foggia (1974) e quindi con la diocesi di Lucera (1987).
Aquila
dell'ambone di Troia
L'aquila
regge il Vangelo: "Evangelium super aquila legitur". L'aquila vola più
in alto di tutti, quindi è stata scelta per reggere la parola di Dio e
diffonderla il più possibile (Salmo 18,10: "volò sulle ali dei
venti"): le ali stesse o una pietra poggiata sulle ali reggono il libro.
Inoltre san Giovanni, l'evangelista della luce, che inizia il suo Vangelo con
l'incarnazione del Verbo, viene appunto rappresentato con l'aquila, che diventa
perciò quasi dappertutto il sostegno del Libro Sacro. L'aquila era inoltre
considerata il simbolo della saggezza. Il cero pasquale veniva accostato alla
destra dell'ambone: il candelabro era a forma di albero, a ricordare l'albero
della salvezza dell'Eden, il cero simboleggia la colonna di fuoco che guidava
gli israeliti attraverso il deserto del Sinai durante l'Esodo (vedi
Es.13,21-22).
Di
solito l'ambone ha un lato liscio e l'altro scolpito. Dal lato liscio vi
potevano essere o il candelabro pasquale o la scala di discesa o le due cose
insieme.
In
molti amboni dalla parte che guarda verso l'altare, si propone la Passione. Nel
Duomo di Parma, ad esempio, la "Deposizione" dell'Antèlami proviene
da un ambone andato distrutto. La scena rappresenta Niccodemo e Giuseppe di
Arimatea che staccano il corpo di Gesù dalla croce: alla sua destra le pie
donne insieme a Giovanni, alla sua sinistra i soldati romani che tirano a sorte
sulla tunica. Ai lati, in alto, due medaglioni con il sole e la luna. In tutte
le figure si percepisce un'espressione seria, che sottolinea il momento
altamente drammatico.
Sull'ambone
salgono in tre: il lettore, che legge il brano del Vecchio Testamento e
l'Epistola; il salmista, che intona il salmo rivolto verso l'altare, perché
offre il suo canto a Dio (S. Gregorio Magno); il diacono, che proclama il
Vangelo.
Altri
amboni simili a questo di Troia si trovano in Abruzzo e nel Molise, precisamente
a :
Corfinio
(AQ) nella Basilica di S. Pelino, antica cattedrale della diocesi di Valva
(ambone del XII sec.)
Pianella
(PE) nella chiesa di S. Maria Maggiore o S. Angelo (ambone del maestro Acuto del
XII sec.).
S.
Clemente a Casàuria (PE) nella chiesa abbaziale del XII sec. (ambone con ricchi
fregi decorativi e candelabro pasquale)
Cùgnoli
(PE) nella parrocchiale di S. Stefano (ambone del 1166)
Bominaco
(AQ) in S. Maria Assunta del 1180 e candelabro pasquale
Prata
d'Ansidonia (AQ) in S. Nicola (ambone del 1240 ricco di intagli e rilievi,
proveniente da S. Paolo di Peltuino)
Come
si può notare, gli amboni di questo periodo sono quasi tutti datati da
iscrizioni ed alcuni sono arricchiti con fregi decorativi e completati da
antichi candelabri pasquali. Meriterebbero uno studio comparativo con l'ambone
presente a Troia, di cui riprendiamo la descrizione.
Nell?tm)ambone
della Cattedrale di Troia troviamo un bassorilievo dalla forte simbologia,
ispirato al Salmo 21:
"Spalancano
contro di me la loro bocca/ come leone che sbrana e ruggisce./ Come acqua sono
versato,/ sono slogate tutte le mie ossa./ Il mio cuore è come cera, /si fonde
in mezzo alle mie viscere./ E' arido come un coccio il mio palato,/ la mia
lingua è incollata alla gola, /su polvere di morte mi hai deposto./.../
Scampami dalla spada, /dalle unghie del cane la mia vita./ Salvami dalla bocca
del leone..." E' un salmo fortemente legato al tema della Passione, tanto
più che comincia col famoso versetto che Gesù pronunciò sulla croce:
"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Il leone, visto qui
come forza del male, si ritrova anche in 1Pt.5-8: "Il vostro nemico, il
diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare".
L'agnello
rappresenta quindi il fedele, che è dilaniato, divorato dal peccato, ma un
mastino, cioè il Magistero della Chiesa, lo difende sempre.
Il
battistero
Nelle
chiese paleocristiane il battistero veniva costruito a parte, perché i non
battezzati non potevano entrare in chiesa. Successivamente, l'ingresso
principale della chiesa era preceduto dal nartece, dove sostavano i non
battezzati, e lì veniva collocata la vasca battesimale. Più tardi, sparisce il
nartece ed il battistero viene collocato internamente, vicino alla porta, a
sinistra entrando. Il lato sinistro infatti è, simbolicamente, quello degli
impuri. Spesso il battistero era di forma ottagonale perché ricordava l'ottavo
giorno della creazione, giorno della Resurrezione di Cristo e quindi l'inizio di
una nuova era nel mondo. Un altro significato dl numero otto è il seguente: la
somma di quattro (numero del corpo umano) più tre (le nature dell'anima) più
uno (la divinità); riunisce così le condizioni necessarie alla nascita di una
nuova vita, purificando l'intero essere.
A
Cefalù vi è un ambone di cinque metri su sette colonne ed il battistero è
sotto l'ambone, secondo quanto dice san Paolo (Rm 6,3-4): "Per mezzo del
battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come
Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche
noi possiamo camminare in una vita nuova".
Ma,
nella Cattedrale di Troia, dov'era posto anticamente il battistero? Non è
chiaro.
Oggi
chi visita la Cattedrale, può ammirare, nell'angolo nord-est, a sinistra
entrando dalla porta maggiore, un battistero in pietra lavorata, costituto da
una conca più antica, risalente all'XI-XII secolo, su di un piedistallo più
recente, datato 1746.
La
conca battesimale ha una base scolpita con un motivo a onde, che ricorda il
fiume Giordano, dove fu battezzato Gesù. La fascia è ricoperta da un fregio
ripetuto a forma di X ( la lettera greca chi maiuscola, iniziale di CHRISTOS,
cioè Cristo. Sul bordo superiore vi sono residui di perni in piombo, che
reggevano una cupola in legno o in metallo, andata perduta, ma che è spesso
presente nei manufatti di questo genere.
Il
recupero del fonte battesimale, col rifacimento del pilastro e della base, lo
dobbiamo all'intraprendenza di Mons. Giampietro Faccolli, (vescovo di Troia dal
1726 al 1752). Infatti sul basamento si legge la seguente iscrizione:
"Io:(hannes)
Petr:(us) Faccolli Epis.(copus)// Trojanus 1746"
Traduzione:
"Giampietro Faccolli Vescovo di Troia 1746"
Sempre
a Mons. Faccolli dobbiamo l'altare maggiore in stile barocco, che ora si trova
nel Museo Diocesano, il rifacimento del soffitto ligneo della navata, il
pavimento, la ricostruzione della Cappella sinistra, crollata nel 1731, a causa
del terremoto. Questa Cappella, prima dedicata a Santa Lucia, fu destinata ai
Santi Patroni, le cui statue lignee furono sistemate nelle cinque nicchie
appositamente predisposte in quell'occasione. Per finanziare i lavori furono
vendute due pregiate colonne in marmo verde dell'abside, nonostante il parere
contrario di alcuni canonici.
L'altare
L'incenso
ed il cero pasquale uniscono altare, ambone e battistero: l'altare si bacia e
s'incensa come se fosse una persona; l'ambone s'incensa solo la notte di Pasqua;
il battistero s'incensa solo quando si usa; il cero pasquale vaga in Cattedrale
come la Resurrezione del Signore, secondo il momento rituale.
L'altare
attuale della Cattedrale è moderno e non è adatto. Risale agli anni Cinquanta,
quando furono eliminate molte sovrastrutture barocche che snaturavano lo stile
sobrio e spoglio originale. Il vecchio altare barocco è conservato in una sala
del Museo Diocesano. Vero è che risulta difficilissimo adattare l'altare giusto
ad una chiesa, mentre è più facile costruire una chiesa intorno ad un altare
già esistente.
L'altare
dovrebbe essere quadrato e non rettangolare: ad esempio a S. Sofia di
Costantinopoli c'era un cubo d'oro di un metro di lato, cosparso di pietre
preziose.
Deve
quindi essere piccolo, ci deve andare un massimo di tre celebranti, gli altri
devono stare ai lati.
Il
quadrato è rivolto ai quattro venti, alle quattro parti del mondo; da qualunque
lato si veda, accoglie tutti, da dovunque provengano.
Perché
allora farlo rettangolare?
Gli
altari si sono ingranditi poco a poco con la liturgia e fanno venire delle
tentazioni: candelieri, fiori, ecc., mentre ci devono essere calice, patena,
ostie, messale - e basta.
L'altare
è la mensa dell'ultima cena, il Calvario della Passione. Ha una parte sempre in
pietra, che ricorda la pietra angolare, che è Cristo.
Stringendovi
a Lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio,
anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio
spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a
Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1Pt 2,4-5).
L'altare
è davvero la mensa del sacrificio, altrimenti siamo fuori della melagrana.
Nelle
chiese absidate l'altare sta prominente, sporto in avanti rispetto all'abside:
l'abside spinge l'altare. Ma non deve allontanarsi troppo (deve stare nel grembo
di Dio).
L'abside
(all'interno)
Notiamo
innanzitutto che l'abside non è simmetrica, né perfettamente in asse con la
navata centrale. Le stesse arcate delle navate laterali non sono simmetriche fra
loro. Tutto questo può avere tre spiegazioni logiche, escludendo a priori
un'imperizia dei costruttori, che hanno dato ampia prova di sé: l'asimmetria
migliora l'acustica, evitando gli echi; i costruttori di cattedrali vedevano la
deviazione dell'asse come segno di rottura fra le navate, luogo delle credenze,
e il coro, luogo della conoscenza, in cui gli officianti hanno una visione più
diretta del divino. La simmetria è morte, l'asimmetria è vita, affermazione di
spirito creativo, contro una eccessiva razionalità e perfezione suggerita dalla
simmetria. Questa considerazione vale anche per il rosone che, come abbiamo
visto, è diviso in undici settori.
La
pianta a croce latina veniva scelta come rappresentazione del corpo umano, ed in
particolare del Corpo di Cristo Crocifisso: quindi l'abside rappresenta la
testa; il santuario, al centro del quale vi è l'altare, il cuore; il transetto
le braccia in croce; il presbiterio e la navata centrale il tronco e le gambe.
Ecco perché l'abside è spostata verso sinistra: ci ricorda il capo reclinato
di Cristo Crocifisso!
Nell?tm)immagine
si notano: la crociera absidale, il rosone posteriore a quindici raggi, la conca
absidale con la finestra murata, il crocifisso di Pietro Frasa, l'altare
moderno, la posizione dell'ambone nella navata.
Sulla
crociera della volta absidale spesso sono raffigurati i quattro evangelisti, ed
al centro c'è la colomba dello Spirito Santo, oppure l'agnello con la croce,
che rappresenta Gesù.
Qui
a Troia si notano appunto le tracce dell'agnello scolpito, vicino alla chiave di
volta della crociera. Ai quattro angoli, dove poggiano le vele, vi sono i
quattro Evangelisti: partendo da sinistra vediamo il Leone di San Marco, il Toro
di San Luca, manca l'Aquila di San Giovanni, caduta in tempo immemorabile, ed
infine l'Uomo alato di San Matteo (vedi architrave). Le colonnine che reggono
gli Evangelisti sono tutte uguali, tranne quella di San Giovanni, a significare
la diversità del suo Vangelo rispetto ai tre sinottici. Lo stesso si nota nelle
quattro colonne della facciata, ai lati del rosone (tre sono bianche ed una è
rossa).
Ai
lati dell'abside vi sono due colonne affogate nella parete sormontate ciascuna
da un leone: quello di sinistra ha le fauci spalancate, nell'atto di divorare;
quello di destra ha la testa girata, a rilevare lo sforzo per sostenere la
parete di fondo. Potrebbe significare Cristo che sostiene la Chiesa:
"Siete
edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra
angolare lo stesso Gesù Cristo. In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per
essere tempio santo nel Signore" (Ef 2,19-21).
L'abside
di solito veniva rivestita di mosaici, ma a Troia ciò non fu fatto, anche se è
probabile che ve ne fosse l'intenzione. I resti di un mosaico alla siciliana
suggeriscono che in passato vi fosse una balaustra, un altare, un pergamo, o
un'iconostasi con questa lavorazione.
Nella
chiesa di San Giovanni del Toro, a Ravello, c'è un ambone di Bartolomeo da
Foggia dello stesso stile che fa pensare ad una stretta relazione con i resti
presenti a Troia. Bartolomeo, tra l'altro, è l'autore dell'archivolto che si
trovava sul portale del palazzo di Federico II di Svevia, a Foggia. A questo
proposito è utile ricordare che Gualtiero di Pagliara, vescovo di Troia, fu
allo stesso tempo Gran Cancelliere di Federico II a Palermo. E' quindi molto
probabile che questi resti di mosaico alla siciliana risalgano al periodo
1194-1220.
La
"Dormitio Virginis"
Nella
Cattedrale di Troia, a sinistra dell'altare, sulla parete in fondo alla navata
sinistra, si può ammirare un affresco unico nel suo genere. Infatti, in una
sola opera, sono rappresentati diversi momenti riguardanti la Madonna.
Partendo
dal basso, vediamo la cosiddetta "Dormitio Virginis": la Madonna,
distesa sul letto, con le braccia incrociate sul ventre, è circondata da dieci
apostoli in piedi, che si fanno cenni tra di loro. Sul lato sinistro chi regge
una palma, chi ha un libro aperto (san Pietro); sul lato destro, chi agita il
turibolo, chi regge la navicella dell'incenso. Al centro, in ginocchio, san
Giovanni (l'undicesimo apostolo) piange e si asciuga le lacrime.
Nella
seconda scena Gesù benedicente e la Madonna sono nella mandorla, circondati da
dieci angeli. Da notare la Madonna che, quasi di nascosto da Gesù, lascia
cadere la cintola dell'abito, che viene raccolta da san Tommaso (il dodicesimo
apostolo) mentre se ne sta in disparte, sul monte degli Ulivi.
In
alto, la terza scena: Gesù incorona la Madonna. Entrambi sono sul trono,
circondati da angeli musicanti (trombe, liuto, mandola, organetto sono i loro
strumenti) mentre un altro angelo srotola un cartiglio, sul quale si intravedono
solo alcune lettere.
Le
fonti iconografiche sono tutte nei vangeli apocrifi, cioè non riconosciuti
ufficialmente dalla Chiesa, ma sono gli unici documenti a darci notizie che sono
poi entrate come "Tradizione". Solo nel 1950 papa Pio XII stabilì il
dogma dell'Assunzione di Maria, dopo quasi duemila anni che in tutto il mondo il
popolo di Dio l'aveva invocata con questo titolo. I due testi apocrifi sono:
Dormizione della Santa Madre di Dio, attribuita a san Giovanni Evangelista ed il
Transito della Beata Vergine Maria, attribuito a Giuseppe di Arimatea. Tutti gli
elementi rappresentati nell'affresco sono citati nei due testi: il letto della
Madonna, il pianto di Giovanni, la lettura di san Pietro, la presenza dei dodici
Apostoli, la palma, l'incensiere, san Tommaso sul monte degli Ulivi che
raccoglie la cintola, Gesù benedicente, l'Assunzione della Madonna, i cori
angelici, gli strumenti musicali, le nuvole, il trono.
Transito,
Assunzione, Incoronazione, Madonna della Cintola sono rappresentati in un'unica
opera, mentre in seguito verranno raffigurati separatamente.
Ipotesi
di datazione e committenza dell'affresco
Autore,
committente e data di esecuzione dell'affresco non ci sono pervenuti, ma
possiamo fare alcune ipotesi.
Un'altra
traccia da seguire è lo stemma presente nell'affresco, in basso a sinistra. Da
un mio studio risulta che detto stemma è quattrocentesco: ciò si evince dalla
forma dell'elmo a becco di passero e dal tipo di "scudo a targa da
torneo", tipici del Quattrocento.
L'affresco
fu considerato "rozzo e non artistico" nel 1595, durante la visita
pastorale del vescovo Giacomo Aldobrandini, parente di papa Clemente VIII, e ne
fu ordinato il restauro da farsi entro due mesi. In realtà la visita pastorale
fu condotta dal suo Vicario Generale, l'arcidiacono Felice Siliceo, che lo aveva
sostituito con pieni poteri (MASTRULLI). Ma se davvero avessero rifatto
completamente l'affresco, perché lasciare intatto solo uno stemma del secolo
precedente? Inoltre, Felice Siliceo fu in seguito vescovo di Troia dal 1623 al
1625, quando ormai il barocco era imperante. Dobbiamo dedurre quindi che
l'affresco non fu rimaneggiato nel gusto dell'epoca, ma fu lasciato
nell'impianto originale, quasi senza prospettiva. Oppure fu solo nascosto: fino
al 1950, prima dei restauri, quella zona della Cattedrale era adibita ad ufficio
parrocchiale, e un grosso mobile che conteneva l'archivio ricopriva interamente
l'opera. Anche questo spiega la sua ottima conservazione.
GUIDO
IAMELE
NOTA
BENE: tutto il materiale (testo ed immagini) è stato tratto dal sito di Guido
Iamele:
Simbologia
nelle pietre e nei bronzi della Cattedrale di Troia
col
seguente indirizzo: https://xoomer.virgilio.it/guidoiam/arte/guidoiam
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Epilogo
Sono
sicuro che questa cattedrale rappresenti uno dei vertici dell'architettura
tardo-romanica in Italia e che ci sia ancora molto da scoprire nella sua
simbologia ed iconografia.
Sir Madhead.