Tutto sui Draghi
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Premessa |
Fin
dagli albori dei tempi, i miti e le leggende sono state popolate di mostri
incantati, dalla forza sovrannaturale. I più potenti erano i draghi: creature
con il corpo di serpente, le zampe da lucertola, gli artigli da aquila, le fauci
di un coccodrillo, i denti di un leone, le ali di un pipistrello. I draghi
avevano incredibili poteri sovrannaturali e, soprattutto, erano malvagi e
distruttivi. In ogni mito, in ogni leggenda occidentale, il drago fa la parte
del cattivo. L’origine dei
draghi si perde nei meandri della storia dell’uomo: infatti compaiono nelle
leggende di popoli del passato, sia europei che orientali, ma la loro concezione
è notevolmente differente; mentre nelle zone occidentali i draghi erano
considerati l’incarnazione del male, portatori di distruzione e morte, in
oriente erano visti come potenti creature benefiche.
I draghi sono sempre stati descritti come delle creature simili a enormi
serpenti, con grandi arti anteriori e posteriori, dotati di fauci enormi e
artigli taglienti.
Normalmente venivano descritti con il corpo pieno di squame protettive e capaci
nella maggior parte dei casi di sputare fuoco e di volare grazie a grandi e
potenti ali.
Nelle leggende, i draghi sono visti come creature prodigiose: si riteneva che le
ossa, così come il loro sangue, potessero avere elevate proprietà curative.
Il loro sviluppo poteva durare molti secoli prima di raggiungere la piena
maturità, si narrava che un uovo di drago impiegasse non meno di un secolo per
schiudersi; inoltre solo dopo altre centinaia di anni il drago raggiungerà il
suo massimo sviluppo con la crescita sulla testa di lunghe corna ramificate.
Naturalmente, grazie alla loro grande longevità, queste creature, che è
estremamente riduttivo chiamare semplicemente “animali”, acquisivano una
conoscenza e una saggezza senza pari… eh già, perché il Drago ha anche
un’intelligenza superiore a quella dell’uomo!
Perché
dunque si è giunti all’idea del drago come di incarnazione del caos, come
creatura che distrugge e non crea?
Questo tipo di pensiero risale anch’esso agli albori del tempo.
Come detto in precedenza, la figura del drago nelle zone occidentali era
sinonimo di carestia, distruzione e morte.
In Europa i draghi erano simbolo
di lotta, di violenza e di guerra: infatti la loro immagine veniva spesso
utilizzata come araldo in battaglia; sono innumerevoli i riferimenti storici e
le leggende legate ai draghi, la maggior parte dei quali risalenti al medioevo.
Moltissime sono le fonti storiche ed i manoscritti che testimoniano la presenza
de "la bestia per eccellenza" nel vecchio continente.
Nei Bestiari ad esempio, ci sono descrizioni dettagliate sull'aspetto e sulle
abitudini dei draghi, i quali erano soliti usare come tana, grotte in cima a
montagne o in territori molto impervi da dove uscivano molto raramente; è anche
noto che al solo ruggito del drago, tutti gli animali, compresi i leoni, correvano
terrorizzati nelle loro tane.
Notate
l'immagine qui a destra, è un drago che solleva da terra un elefante ed è
tratta da un autentico Bestiario medievale.
Secondo la tradizione
occidentale, l'estinzione dei draghi, risale proprio al medioevo dove, cavalieri
erranti, avventurieri in cerca di gloria e cacciatori di draghi dedicavano la
loro vita alla lotta contro queste bestie, decretandone lo sterminio. E' molto
celebre la storia di San Giorgio (immagine qui sotto) l'uccisore di draghi.
Non
ha bisogno di presentazione la ancestrale ed impari lotta dell'uomo contro il
drago. Il drago come simbolo del Male in Europa dunque, per capirne il motivo
basta ricordare i massacri e le carestie che portavano i draghi medievali al
loro passaggio; quale migliore arma contro la manifestazione del male se non la
Santità? Si pensi dunque alle leggende di San Marcello vescovo di Parigi, di
San Romano e della Gargouille di Rouen, di San Silvestro che libera Roma dal
drago dall' alito velenoso, che vive in una grotta profonda per accedere alla
quale bisogna scendere centinaia di gradini...
Importante
anche la storia di Santa Marta che sconfisse un drago chiamato Tarasca: la
leggenda racconta che nei tempi in cui Santa Marta stava evangelizzando la
Provenza, un terribile ed enorme drago chiamato “Tarasca”, devastasse le
fertili pianure della valle del Rodano e impedisse agli uomini di vivere
tranquilli in quei luoghi. La Santa, venuta a conoscenza del fatto, inseguì la
bestia nelle profondità dei boschi e la domò cospargendola di Acqua Benedetta
e segnandola con il Segno della Croce. Infine, mansueta e addomesticata, legò
alla sua cintura la coda del mostro e lo portò nell’odierna città di
Tarascona, che dal drago prese il nome. La popolazione si vendicò dei soprusi e
delle barbarie lapidando il drago.
Da allora ogni 29 giugno la Chiesa ricorda Santa Marta e nella città di
Tarascona si tiene una solenne processione aperta dal fantoccio
dell’impressionante Tarasca con le fauci spalancate. Nei pressi una ragazza
vestita di bianco benedice il mostro, che alla fine viene legato e sopraffatto.
Il
più famoso Santo uccisore dei draghi è, naturalmente, Giorgio, Santo-soldato
protettore dell’Inghilterra. Della sua storia si conosce ben poco: visse,
nella zona di Diospolis, in Palestina; fu decapitato a Nicomedia per ordine di
Daziano Preside, nell’ambito delle persecuzioni di Diocleziano, intorno
all’anno 287. Nel XII secolo, importata dai Crociati, cominciò a circolare la
leggenda secondo la quale San Giorgio, giunto a Silene (Libia) dalla Cappadocia,
aveva ucciso un drago in procinto di divorare una principessa legata ad uno
scoglio. Giorgio diventò l’uccisore di draghi per eccellenza, e fu adottato
come patrono dell’Inghilterra da Edoardo III intorno al 1348. Il “Liber
Notitiae Sanctorum Mediolanii” racconta che San Giorgio ha vissuto in Brianza,
dalle parti di Asso. Un drago imperversava da Erba fino in Valassina, ammorbando
l’aria con il suo fiato pestifero e facendo strage di armenti. Quando ebbe
divorato tutte le pecore di Crevenna, la gente del paese cominciò a offrirgli
come cibo i giovani del villaggio, i quali venivano estratti a sorte; il destino
volle che tra le vittime designate vi fosse anche la principessa Cleodolinda di
Morchiuso, fu lasciata legata presso una pianta di sambuco. San Giorgio giunse
in suo soccorso dalla Valbrona, e, per ammansire la belva, le gettò tra le
fauci alcuni dolcetti ricoperti con i petali dei fiori del sambuco. Il drago,
docile come un cagnolino, seguì tranquillamente Giorgio fino al villaggio; qui,
di fronte al castello, il Santo lo decapitò con un solo colpo di spada, e la
testa del mostro rotolò fino al Lago di Pusiano. In ricordo dell’avvenimento,
ancora oggi il 24 Aprile, giorno di San Giorgio, in Brianza si preparano i
“Pan meitt de San Giorg”, dolci di farina gialla e bianca, latte, burro e
fiori essiccati di sambuco. I Pan meitt si gustano tradizionalmente con la
panna: per questo l’eroico San Giorgio, patrono dell’Inghilterra, dei
militari, dei boy-scout e di Ferrara, è anche il protettore dei lattai
lombardi, che un tempo tenevano in negozio un altarino a lui dedicato.
C'è anche un'altra leggenda che ci teniamo a citare, racconta l'impresa di
Sant'Efflem.
Si narra che un principe avesse individuato la tana di un Drago che terrorizzava
i suoi sudditi e in qualità di sovrano aveva il dovere morale di difenderli
uccidendo o scacciando la bestia. Nella sua impresa chiese l'aiuto a Efflem, il
parroco della sua città che a quel tempo ancora non era Santo, e i due si
diressero insieme verso la tana del Drago per porre fine alle sue malefatte.
Arrivati davanti la tana però il Principe si fece prendere da un profondo
terrore, sentiva il respiro del Drago che da solo bastava a far tremare di paura
qualsiasi uomo. A questo punto intervenne il Chierico che disse al Principe di
non aver paura, perchè chi era sotto la benedizione di Dio non doveva temere
nulla. Il Principe però era immobilizzato, allora Efflem dopo essersi fatto il
segno della Croce entrò nella tana del Drago che quando lo vide non solo non
riuscì ad attaccarlo, ma si precipitò fuori dalla tana, scappando lontano,
fino ad arrivare sulle rive dell'oceano dove si racconta che vomitò sangue.
Questo mostra come il male (nel caso specifico il Drago) ha paura più dello
scudo interiore di fede che non delle spade e delle armature!
Altre
importanti storie sui draghi riguardano i paesi nordici; come omettere la
leggenda di Beowulf?
Secoli fa, quando ancora gli eroi dominavano le terre del Nord, una figura
vestita di stracci avanzava carponi lungo una spiaggia rocciosa della
Scandinavia alla ricerca di una via per arrampicarsi sulla scogliera
soprastante. Era uno schiavo che fuggiva dal suo padrone, un signore del regno
dei Geat e, sebbene di lui non si sappia nemmeno il nome, le sue gesta epiche
cambiarono il destino del suo popolo”. Nella prima parte della leggenda, lo
schiavo vagando lungo la riva si imbatte in un enorme tumulo di pietre, forse
tomba di un antico re. Trova l’entrata e penetra nel tumulo. “Si trovava in
una stanza del tesoro, dove erano ammassate le ricchezze di una potente e
sconosciuta tribù del passato. Braccialetti d’oro a forma di serpente, spille
in filigrana d’argento, spade di ferro dall’impugnatura dorata, coppe in
ceramica rossa di Samo, amuleti dell’antico dio Thor, monete luccicanti
riempivano l’intera caverna. Stava già per avventarsi su quelle meraviglie,
quando qualcosa gli gelò il sangue, bloccando ogni suo movimento”. Ed ecco
apparire il drago. “avvolto in grandi spire, era acquattato sulle zampe dai
lunghi artigli; i fianchi squamosi luccicavano, le ali membranose erano piegate,
la grande testa riposava sul pavimento della caverna e le pesanti palpebre erano
chiuse su occhi vecchi di secoli”. A questo punto lo schiavo non vuole altro
che tornare dal suo padrone, così prende una coppa d’oro per farsi perdonare
e fugge dal tumulo. “Quello schiavo, però, disturbando il guardiano del
tesoro, aveva decretato la fine del suo popolo. Infatti il drago poteva vedere e
sapere tutto, così, quando si risvegliò si accorse subito del furto commesso e
avvertì immediatamente l’odore di carne mortale.
Lentamente, trascinò le proprie pesanti spire lungo lo stretto passaggio che
conduceva fuori dalla sua tana e, alla luce ormai fioca della sera, osservò la
landa desolata alla ricerca delle tracce lasciate dai piedi dell’intruso;
appena ebbe trovato ciò che cercava, con un grido e un getto di fuoco,
s’innalzò in volo, sbattendo le grandi ali verso il regno dei Geat. Sorvolò
tutti i villaggi e le sue urla agghiaccianti fecero precipitare gli abitanti
fuori dalle case, i volti cinerei levati verso il cielo; sopra di loro, il drago
volteggiava in una danza di morte, lanciando il suo grido terrificante mentre
iniziava la discesa.
I suoi colpi furono rapidi e terribili: sputando lingue di fuoco, investì i
tetti delle case e scomparve in lontananza. In quella terra, tutte le
abitazioni, anche quella del re, erano costruite in legno, canne e paglia,
furono perciò facili bersagli per il fuoco del drago. In tutto il regno dei
Geat, quella notte il cielo venne rischiarato da alte lingue di fuoco che si
levavano dai villaggi, che bruciavano come pire funerarie.
Niente sfuggì alla furia del drago, e, quando giunse l’alba, le case dei Geat
erano ridotte in cenere; dai villaggi si innalzavano sottili fili di fumo
accompagnati dagli strazianti lamenti delle donne”. A questo punto il re dei
Geat, il mitico Beowulf ma molto più anziano, si arma, si reca al tumulo del
drago assieme ai suoi migliori combattenti e affronta il mostro. Solo uno dei
compagni del re parteciperà allo scontro, il nobile Wiglaf, e così il re e il
drago si uccideranno a vicenda.
Questo
è un classico esempio di leggenda sui draghi, tanto più che in Scandinavia,
attorno al 1000 a.C. (l’epoca descritta nella leggenda) ci fu un immane
incendio, che sembrerebbe provare l’esistenza del drago. Tuttavia, analizzando
la leggenda, si scoprono alcuni dettagli che potrebbero ribaltare la situazione
e scambiare i ruoli di protagonista e antagonista.
Innanzitutto l’evento scatenante della vicenda: il furto della coppa d’oro.
Come è chiaro, qui quello che subisce il sopruso è il drago, che, accortosi
del furto, esce per riappropriarsi del manufatto e punisce gli uomini con
l’incendio devastante, anche se con troppa severità… anche persone estranee
al furto vengono coinvolte nella vendetta del Drago.
Nessuno dice che il leone è crudele perché uccide la gazzella. Può sembrare
crudele, ma non lo è. Così è per il drago che, non dobbiamo dimenticarlo, non
segue la logica umana. Per il drago della leggenda l’uomo ha commesso un
torto, dunque l’uomo va punito. Può sembrarci ingiusto, ma come ci insegna
Einstein tutto dipende dal punto di vista.
Nelle
leggende mesopotamiche, si narra di due esseri primordiali: Apsu, spirito
dell’acqua corrente e del vuoto, e Tiamat, spirito dell’acqua salmastra e
del caos. L’aspetto di Tiamat era quello di una creatura fatta dall’unione
di parti del corpo di tutte le creature che dovevano nascere: possedeva le fauci
del coccodrillo, i denti del leone, le ali del pipistrello, le zampe della
lucertola, gli artigli dell’aquila, il corpo del pitone e le corna del toro.
Se formiamo un’immagine mentale di questa creatura, ci accorgeremo che
risponde perfettamente alla nostra idea di drago.
Secondo la leggenda, dall’unione di Apsu e Tiamat nacquero gli dei, uno dei
quali uccise il padre, Apsu. In preda a furia animalesca, Tiamat diede alla luce
molti mostri, il cui compito sarebbe stato quello di perseguitare gli dei.
Per difendersi, gli dei nominarono campione Marduk, uno della loro razza; lo
armarono con potenti armi e lo inviarono contro Tiamat. Marduk uccise la madre
in un epico scontro, poi catturò i mostri da lei generati e li rinchiuse negli
inferi.
Come si può ben vedere, anche in questa leggenda è il drago a subire un torto:
in questo caso Tiamat perde il marito per causa dei suoi figli, e vuole punirli.
Gli uomini di quei tempi, però, erano come bambini: ancora capaci di essere
terrorizzati dalla furia degli elementi, di cui non concepivano le cause. Gli
unici a ergersi tra loro e la potenza devastante della natura, incarnata nei
draghi, si ergevano gli dei. E’ chiaro quindi che essi vedevano nel drago,
ovvero Tiamat, il nemico e negli dei la salvezza.
Anche
in Egitto, all’epoca dei Faraoni, c’era la credenza che ogni volta che Ra,
il dio sole, “tramontava” entrava in realtà negli inferi, combatteva contro
Apopi, il drago degli abissi, e usciva vittorioso. Questa è un’evoluzione del
mito mesopotamico, e già comincia a delinearsi il pensiero del drago come
essere malvagio e caotico.
Anche
gli dei della Grecia combatterono contro un drago: era Tifone, ed aveva mille
teste e un’immane bocca che vomitava fuoco e fiamme. Solo Zeus ebbe il
coraggio di affrontare il mostro, definito Titano. Lo condusse fino oltre il mar
ionio ed infine ebbe la meglio su di lui, scagliandogli contro un enorme
macigno. Ma la leggenda vuole che Tifone non morì: continuò infatti a vomitare
fuoco e fiamme da sotto il macigno, divenuto isola, e questa è la ragione delle
eruzioni dell’Etna secondo i miti greci. Come si può vedere, già al tempo di
Achille e Agamennone l’evoluzione del concetto di drago era compiuta: da madre
primordiale e incontrollabile, fonte di vita e di morte, come era la Tiamat
mesopotamica, si era ormai giunti al concetto odierno: il drago era un mostro
terribile e incontrollato, che vomitava fuoco e vapori venefici, che distruggeva
ogni cosa al suo passaggio (i tifoni hanno preso il nome proprio dal drago
Tifone), che uccideva e terrorizzava le razze del mondo, perfino gli dei.
I
Romani dipingevano sui loro stendardi i Dracones, i vichinghi chiamavano le loro
imbarcazioni Drakkar, tutti nomi che indicavano la figura del drago.
I
draghi “comuni”, invece, dovettero fin da subito lottare con grandi eroi.
Riemersi dagli inferi al tempo degli antichi greci, dovettero subito battersi
con eroi come Giasone, Ercole e addirittura con gli dei. A volte però le
divinità li assoldavano come guardie di un particolare posto, o come creature
da mandare in battaglia.
Con la caduta dei greci e l’avvento dell’Impero romano, di loro si perse
quasi ogni notizia, salvo alcuni avvistamenti di Plinio il Vecchio. In Europa di
loro si tornerà a parlare nel medioevo, specialmente nell’Alto medioevo, dove
molti eroi inizieranno a cacciare i draghi, uccidendone la maggior parte e
causandone l’estinzione. In
tutti quegli anni però i draghi non erano scomparsi: essi si fecero vivi
migrati a nord, e per secoli avevano devastato la Scandinavia e la Russia. Fu
forse in quegli anni che le loro fila persero il maggior numero di draghi:
infatti dal nord si levarono grandissimi eroi, come Beowulf, che ne uccisero
moltissimi.
E proprio nelle lande del nord essi guadagneranno l’appellativo di
malvagi e infidi: essi comparivano infatti all’improvviso, magari dopo essere
cresciuti all’insaputa di tutti nell’umidità dei pozzi o nei pressi delle
paludi.
Le
prime leggende sui draghi, quelle mesopotamiche, parlano di grandi mostri alati,
nerissimi oppure blu profondo. I draghi della notte e degli abissi. I primi due
draghi ad essere concepiti furono uno nero e l’altro blu: essi sono in pratica
le due razze più antiche.
I
Draghi Neri sono da sempre sinonimo di malvagità e astuzia. Essi sono la
reincarnazione del male astuto, che serpeggia, da contrapporsi al male
dirompente, simboleggiato dalla forza dirompente dei draghi rossi, che forse
discendono dai essi.
Il primo drago nero di cui si abbia notizia, la già citata Tiamat, denotava
molte delle caratteristiche proprie dei draghi rossi e che invece tendono ad
essere assenti in un drago nero. Secondo la leggenda, Tiamat generò un esercito
di mostri da scagliare contro i suoi figli, gli dei, e i draghi neri, fatti a
sua somiglianza, popolarono il pianeta. Anche se in altre leggende la storia
cambia, tuttavia i draghi come oggi li conosciamo, quelli con le ali da
pipistrello e gli artigli da aquila, discenderebbero da Tiamat.
Stando alle fonti dell’epoca, una volta cresciuti, i draghi neri, in preda
alla fame, divoravano qualsiasi cosa capitasse loro a tiro: greggi, carne umana
e quant’altro. Trattamento speciale era riservato alle vacche: i draghi
mordevano i loro capezzoli, golosissimi del latte, e i lamenti strazianti delle
mucche erano udibili per chilometri. Molte volte per liberare una terra da
questo particolare flagello, giungevano eroi da molto lontano: ne è l’esempio
un villaggio nel sud dell’attuale Danimarca che venne salvato da un eroe
vichingo, giunto in cerca d’onore, con la sua nave e la sua micidiale ascia a
sfidare il mostro. Con il tempo, i draghi rossi e i neri si fecero nuovamente
vivi nel nord Europa: i rossi nella zona dell’Inghilterra, i neri nella
Scandinavia.
Nel frattempo, l’Impero romano cadde, scesero i barbari dalle vaste
pianure della Russia e della Germania, e con loro scesero anche i draghi. In
Europa però giunsero in maggioranza draghi rossi, che diedero luogo a quasi
tutte le leggende con i loro scontri titanici. I draghi neri, in minor numero,
non amavano affrontare il nemico in duelli, ma preferivano colpire da posizioni
sicure. Ben presto, ai draghi neri bastava volare sopra a una città per
scatenare grandiosi incendi o carestie. Ma così, mentre molte città presero il
nome dal drago che le aveva flagellate (la parola worm, verme-serpente, o orme,
dallo stesso significato, si trovano infatti in Worms Head, Great Ormes Head,
Ormesleigh, Ormeskirk, Wormelow, Wormeslea e tanti altri), il ricordo dei draghi
neri scomparve confondendosi con quello dei grandi cataclismi naturali, ed essi
cessarono di popolare le leggende. Di fatto, fu la loro estinzione.
Le uniche gesta che furono quindi ricordate, furono i grandi massacri e le
carestie che questi draghi portarono, ed essi si guadagnarono quindi gli
appellativi di malvagi e vili: malvagi per le stragi, vili perché raramente
affrontavano faccia a faccia i loro avversari.
Questa è la storia dei draghi in occidente. In oriente, i draghi nacquero da
leggende completamente diverse, come diverso fu il loro ruolo.
All’origine dunque i draghi erano neri, tuttavia come dice la leggenda Marduk
li precipitò nell’inferno, e i draghi, arroventati dalle fiamme, svilupparono
due caratteristiche: la loro pelle divenne rossa e guadagnarono l’immunità al
fuoco: era la nascita dei draghi rossi, che uscirono dagli inferi nelle leggende
greche. Ma non tutti i draghi furono catturati da Marduk: alcuni sfuggirono, e
continuarono a popolare il mondo. Essi furono i Grandi Dragoni, e avrebbero
trascorso il resto della storia nascosti nelle loro tane, agendo nell’ombra,
invincibili. Non tutti i draghi inoltre emersero dagli inferi subito: alcuni, i
più potenti, furono rinchiusi per altre ere ancora, e quando emersero la loro
pelle coriacea era ormai completamente nera. Essi furono i draghi neri che
conosciamo, avversari temibili eppur destinati a scomparire.
Un
discorso a parte lo merita l’Idra. Con molta probabilità è solo una delle
tante sottospecie di draghi neri. La loro caratteristica più conosciuta è che
quando una testa viene decapitata, al suo posto ne può ricrescere un numero
variabile, da esemplare a esemplare, compreso tra due e sette. Pochi invece
sanno che le idre possiedono anche la capacità di soffiare acido sui loro
bersagli e, soprattutto, quella poco comune tra i draghi neri di respirare
sott’acqua. Molte leggende nordiche narrano infatti di idre degli abissi, per
non parlare poi di Scylla (o Scilla), uno dei due mostri che causò la fine di
tutti i compagni di Ulisse, nella celeberrima Odissea. Il mostro può infatti
essere identificato come un’idra, o meglio come una delle tante fanciulle che
ebbe la punizione di essere tramutata in mostro.
Impossibile non citare lo scontro tra Ercole e l’Idra di Lerna, dove il figlio
di Zeus dovette ricorrere al fuoco per impedire la continua rinascita delle
teste dell’idra.
Le Idre vengono descritte come le più malvagie di tutti i draghi: mentre un
normale drago nero uccide per istinto, un’idra può farlo per puro
divertimento, ed è molto raro trovare negli scritti antichi un’idra che non
trascorra il suo tempo in questo modo.
Le idre inoltre, nelle leggende medioevali, sono spesso cavalcate da perfidi
stregoni, che trovarono in quel perfido animale un perfetto destriero. Sebbene
siano generalmente più grandi e forti di un normale drago, tuttavia non
possiedono alcuna forma di magia, infatti tra le rare leggende di scontri tra
idra e drago, quest’ultimo ha sempre avuto la meglio.
Dei
Grandi Dragoni, data la loro quasi assoluta permanenza nei meandri della terra,
pochi ebbero la sfortuna di incontrarli e di vedere il loro aspetto. Ci sono
infatti giunte per certe solo due descrizioni: quella già fatta di Tiamat,
modello degli attuali draghi di tutte le specie, e quella di Tifone.
Quest’ultimo aveva un corpo massiccio, camminava eretto su due zampe ed era
alto quanto una montagna. Era dotato di cento teste, e aveva una grandissima
bocca nel petto, dalla quale vomitava fuoco e gas venefici. Anche le sue teste
erano dotate di fauci, dai denti affilatissimi, tuttavia esse non avevano la
capacità di sputare fuoco, e per di più litigavano tra di loro.
Le due descrizioni, per la verità, sembrano avere due soli aspetti in comune,
il colore nero e le dimensioni colossali.
I draghi neri “comuni” invece assomigliano tutti a Tiamat, seppure superano
raramente la lunghezza di venti metri, esclusa la coda. Essi hanno un’apertura
alare grande a volte più della loro lunghezza, e sono di solito muniti anche di
corna e di una coda irta di aculei. La loro schiena è percorsa da una linea di
scaglie ossee appuntite, utili nel combattimento contro altri draghi. Il loro
muso non presenta grandi caratteristiche, tranne forse gli occhi, che a
differenza degli altri draghi, che li hanno simili alle lucertole, nei draghi
neri ricordano più quelli di una tigre o di un leone. Stando alle fonti, sono
in grado di attaccare il nemico con una vasta gamma di soffi: fuoco, acido, gas
mortali e bava appiccicosa.
Alcuni draghi neri differiscono però in forma: sono quei draghi cresciuti nei
pozzi, che emergono con sembianze di serpenti immani, ricoperti di scaglie.
Questo tipo di drago nero, sebbene non possieda la capacità del soffio, non è
meno temibile degli altri draghi: può infatti stritolare il nemico come un boa
e i muscoli delle fauci sono così sviluppati da permettergli di troncare una
quercia con un sol morso.
Dei Grandi Dragoni si accenna in poche leggende, e soprattutto non ci è giunta
storia in cui uno di loro venga abbattuto: in sostanza l’unico Grande Dragone
a perire fu proprio Tiamat.
I Grandi Dragoni sarebbero generalmente femmine, con rarissime eccezioni: essi
vivrebbero in antri profondissimi, molto vicini al nucleo della Terra: anche
loro sono infatti immuni al fuoco come i loro cugini tornati dagli inferi, ma i
Grandi Dragoni hanno un’arma in più. A differenza dei draghi comuni, hanno
ereditato da Tiamat il dono della magia. I Grandi Dragoni si circondano di
servitori, arruolati tra le altre creature della natura: essi le usano per
difendere gli accessi alla loro tana e per svolgere incarichi nel mondo in
superficie. Essi non escono infatti quasi mai in superficie: odiando essi la
luce solare e preferendo il caldo tepore del magma incandescente, preferiscono
sonnecchiare nelle grotte o, per fortuna raramente, “nuotare” nel magma.
Quando lo fanno, scatenano tremende eruzioni vulcaniche e terremoti devastanti.
Tifone, anche lui già citato, fu intrappolato da Zeus nel magma con l’isola
di Sicilia: il re degli dèi pensava di fermare il drago-titano, ma si
sbagliava.
Concezione
orientale dei Draghi
A differenza dei loro “cugini” occidentali, i draghi d’Oriente erano
creature esistenti fin dalla creazione del mondo, ma pacifiche e amiche
dell’uomo: in Cina, per esempio, il Drago, insieme con la Tartaruga,
l’Unicorno e la Fenice, rappresentava uno dei 4 spiriti benevoli.
I draghi, secondo la cultura cinese, furono la più grande e gloriosa razza che
popolò il mondo di migliaia di anni fa, che originò la vita, che per millenni
governò le forze della natura, in attesa che l’uomo crescesse, una forza che
poi fu accantonata con ingratitudine dallo stesso uomo che, in un certo senso,
era nato da loro.
Inoltre, a sottolineare lo stretto rapporto esistente tra questi e il genere
umano, vi sono molte leggende che narrano di grandi e valorosi uomini divenuti
dragoni.
I draghi si dividevano in diverse categorie:
Draghi celesti: di colore simile ad un verde molto chiaro, erano a guardia del cielo ed erano gli unici ad avere 5 artigli per zampa; Draghi spirituali: di colore azzurro, erano i più venerati in quanto guardiani del vento, delle nuvole e dell’acqua, e quindi da loro dipendeva il raccolto dei contadini; Draghi terrestri: di colore verde smeraldo, erano i guardiani dei corsi d’acqua, regolandone il flusso e vivendo nelle profondità dei fiumi; Draghi
sotterranei: di colore
dorato, erano i custodi di
grandi ed immensi tesori e
dispensatori di felicità
eterna; Draghi rossi e Draghi neri: creature violente e bellicose, che si scontravano continuamente nell’aria causando con la loro energia violente tempeste. |
E’
mai esistita la “Bestia per eccellenza”? Oppure si tratta solo di leggenda?
Se
i Draghi sono davvero esistiti, perché non sono mai stati ritrovati scheletri o
fossili o loro resti come è avvenuto per i dinosauri?
La risposta sarebbe semplice; innanzitutto perché il drago era un animale
estremamente raro, le fonti parlano chiaro su questo punto, e poi, nonostante i
dinosauri avessero popolato la Terra per milioni di anni (provate ad immaginare
quanti miliardi di individui ne sono esistiti al contrario dei rarissimi
draghi), è stato possibile ritrovare solo quegli scheletri di dinosauro che si
sono conservati grazie ad una serie incredibile di combinazioni ambientali
chiamata “fossilizzazione” ed è, al contrario di quello che si può
pensare, molto molto rara! Per esempio: un esemplare morto in un terreno fangoso
con speciali proprietà geologiche, il quale fango, per una serie di
combinazioni è riuscito a coprire la carcassa prima che altre specie se ne
cibassero e che successivamente lo ha indurito (proprio con il processo di
fossilizzazione) impedendo la decomposizione della carcassa… anche le ossa, se
non si fossilizzano, durano ben poco all’aria aperta o sottoterra!!!
Infine, stando alle tradizioni, l’uomo ha da sempre cacciato il drago ed una
volta sconfitto, smembrato il corpo e utilizzato le sue ossa, scaglie o
quant’altro. Questo “smembramento” non è affatto inverosimile per le
culture dell’epoca, soprattutto se calcoliamo che anche ai giorni nostri ogni
parte del maiale viene utilizzata, persino gli occhi. Per non parlare delle
tigri utilizzate dai cinesi come rimedi per moltissime patologie o come
afrodisiaci… addirittura se ne usa la bile!
Come
può, il drago, apparire in tutte le culture? Com’è possibile che popoli che
non sono mai venuti in contatto tra loro abbiano conoscono il drago?
Sono domande a cui nessuno è mai riuscito a dare risposta.
Il drago non è presente solo nella cultura medioevale occidentale, come in
genere si crede, ma ci sono molte, moltissime fonti che dimostrano la sua
esistenza in tutte le culture, anche in quelle centro-americane precolombiane
(Maya, Aztechi, Incas), popoli che non sono mai entrati in contatto con culture
europee se non al momento della loro estinzione; in Cina, il drago è popolare
ancora oggi, ma risale agli albori della tradizione cinese; notare che anche la
Cina non entrò mai in contatto con culture occidentali e non subì alcuna
influenza da loro, e la dimostrazione è proprio il drago cinese, il quale ha
caratteristiche fisiche leggermente diverse da quello europeo.
E’ bene precisare che le testimonianze storiche non si limitano a leggende
tramandate oralmente, ma sono giunti sino a noi innumerevoli riscontri: testi e
cronache dell’epoca, dipinti, nomi di città (come visto in precedenza), per
non parlare dei Bestiari, insomma, non solo le segnalazioni sono moltissime, ma
anche da parte di illustri scrittori di tutti i tempi: storici, filosofi,
cronisti, letterati, studiosi e persino dalla Chiesa dell’epoca tramite i
Santi uccisori di draghi.
Dagli indigeni del centro America alle culture dell’estremo oriente, dalla
Scandinavia all’Egitto, le testimonianze, gli avvistamenti furono moltissimi.
Se
analizziamo le fonti storiche, esse sono talmente numerose e dettagliate da far
impallidire quelle di alcuni eventi storici comunemente riconosciuti tali!
Che i draghi siano davvero esistiti, in ere ormai dimenticate?
Blue Dragon e BrightBlade
FAQ
sui Draghi
le domande più ricorrenti di
voi lettori e le nostre risposte.
Saranno felici i cultori del genere fantasy e i novelli
Indiana Jones, cacciatori di creature leggendarie e misteriose: i draghi
esistono e un filmato girato in Kurdistan ne sarebbe la prova inconfutabile.
A Dihuk, la cittadina dell'avvistamento, a circa 460 chilometri da Bagdad,
alcuni testimoni giurano di essersi imbattuti in un animale di una specie finora
sconosciuta: una sorta di grosso rettile, di circa 4 metri di lunghezza, molto
simile a quelli che la letteratura romanzesca chiama draghi.
Come riferisce l'agenzia locale «Voci dell'Iraq», gli abitanti del luogo si sono
dapprima spaventati ma in seguito, armati di coraggio e telecamera, si sono
avvicinati a sufficienza per riprendere l'animale e documentarne l'esistenza.
Hanno così potuto osservarne le caratteristiche, e notare che si nutriva di
insetti.
Le incredibili immagini sono state portate al vice rettore dell'università
locale, Hussein Amin, che le ha giudicate attendibili. Amin ha confermato che
l'animale "ha una forma simile a quello che potremmo definire un drago",
ipotizzando che la creatura abbia all'incirca 100 anni. Non è chiaro, però, da
quali elementi nasca questa valutazione sull’età centenaria del “mostro”.
L'università di Dihuk ha inviato tutta la documentazione, video compresi, a due
centri di ricerca in Germania e in Gran Bretagna, nella speranza che presto
possano dare un nome a questa creatura affascinante e svelarne i segreti.
Gli appassionati di misteri sono già in fermento. Per alcuni dimostrare
l’esistenza di mostri e animali leggendari è una missione. Basti pensare a
quanto si è indagato sul Chupacabra, un temibile animale che Philis Canion
sostiene di aver fotografato in Texas, o sull'ancor più celebre mostro
di Loch Ness, avvistato per la prima volta del 1993 e ancor oggi
oggetto di numerosi appostamenti.
L’unico mostro di cui è stata finalmente provata l'esistenza è il
Kraken,
pescato nel 2005 nelle acque della Nuova Zelanda. Ma questa è un’altra storia.
Marta Bartolozzi - portale Fastweb - Copyright © CULTUR-E
L'immagine che trovate in basso ci è stata mandata da una piccola ammiratrice, di appena 12 anni!!! Magari in futuro diverrà una grande artista del Regno!!!
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