L'Arte nel Medioevo
L'Architettura Romanica

 

L'Architettura Protoromanica

 

 

Per periodo Protoromanico, come abbiamo detto, si considerano gli anni che vanno dal 900 d.C. all’anno 1070 d.C. ca. ed un esempio di costruzione tipica è dato dalla:

Cattedrale di Ivrea

La cattedrale d'Ivrea è situata nella parte alta della città (il cosi detto terziere di città), vicino al castello ed al palazzo vescovile.

L'edificio visibile oggi è il risultato di diverse fasi di ristrutturazioni ed ampliamenti avvenuti sul corpo dell'originale costruzione romanica. Esistono però prove della presenza, nella stessa area, di una chiesa più antica, a pianta circolare, dotata di un'ampia galleria anulare e sormontata da una cupola. Probabilmente essa venne edificata in età carolingia, anche se alcuni storici sostengono che possa risalire all'epoca della dominazione bizantina in Italia.

La costruzione della cattedrale romanica fu voluta dal vescovo Warmondo sul finire del X secolo, come risulta chiaramente dal ritrovamento di una lapide dedicatoria.

 Lapide

In questa lapide antica, murata nell'ambulacro della cattedrale, si legge:

 "Condidit hoc Domino Praesul Warmundus ab imo" cioè "Costruì ciò per il Signore il Vescovo Warmondo dalle fondamenta".

Questa iscrizione ha indotto a ritenere che tutte le strutture murarie della cattedrale siano state compiute da Warmondo; tuttavia è possibile che essa vada riferita soltanto all'inizio dei lavori di edificazione.

Fu proseguita dai suoi successori nel corso dell'XI secolo e richiese pertanto, come spesso succedeva all'epoca, un lavoro di alcuni decenni: ciò è documentato dallo stile diverso delle due torri campanarie, dai successivi ampliamenti della cripta e dalle differenti forme figurative dei capitelli che sono presenti all'interno di questa.

La chiesa è a pianta longitudinale ed è suddivisa in tre navate; a metà lunghezza era presente un transetto, ora non più visibile a causa delle successive ristrutturazioni, sovrastato da un piccolo tiburio che serviva ad illuminare l'ambiente sottostante. 

Della primitiva facciata romanica non restano tracce, mentre ben conservata è la parte posteriore dell'edificio in cui sono visibili il muro esterno dell'abside e i due campanili.

 Quando fu costruita la cripta venne anche sopraelevata la zona del coro attorno al quale fu realizzato un vasto ambulacro; per accedere alla parte superiore della chiesa vennero realizzate due rampe di scale in fondo alle navate minori.

Successivi lavori di ampliamento furono eseguiti nel XII secolo sulla cripta e sul sovrastante coro: a questo periodo risale quasi certamente il mosaico proveniente dalla pavimentazione del coro ed attualmente conservato nell'atrio del Seminario Vescovile.

Tra la fine del XI secolo e l'inizio del XII vennero costruiti, a lato della cattedrale, alcuni edifici ad uso abitativo e di studio; essi erano disposti intorno ad un chiostro di cui restano pochi elementi architettonici vicino al muro esterno dell'abside. Il vecchio edificio romanico fu in gran parte demolito a partire dal 1785 per far posto ad una nuova costruzione barocca. Un'ultima imponente trasformazione fu subita dalla cattedrale nel 1854, quando la facciata barocca fu sostituita con l'attuale, di stile neoclassico.

 

La Cripta

Quando il vescovo Warmondo nell'anno 997 accolse le reliquie di S. Tegolo e di S. Besso, la chiesa non aveva alcuna Cripta. Soltanto più tardi si pensò di costruirne una assai modesta fra i due campanili per riporre negli altari altre reliquie e sopraelevare il coro attorno al quale si formava il deambulatorio.

La cripta occupava circa una metà dello spazio centrale della rotonda sormontata da due campanili contro i quali venne addossata una muratura, innalzando poi sei colonne, con capitelli, per sostenere le volte a crociera. L'assenza di scultura nei capitelli è giustificata dal pregiudizio iconoclasta, ancora molto vivo, nell'XI sec., che impediva le figurazioni per timore di un ritorno al paganismo.

La piccola cripta veniva dotata di due nicchioni  rivolti verso oriente per collocarvi altri piccoli altari.

L'entrata era al centro della navata maggiore e per accedere al coro superiore furono costruite due rampe di scale nelle navate minori. Nell'abside verso nord fu effettuato alla fine del XII sec. un affresco rappresentante la Madonna col Bambino seduta in trono, alla sua sinistra un Vescovo con Mitra e Pastorale, ed alla sua destra un santo monaco.

A distanza di mezzo secolo, essendo stato riformato il modo di svolgere le pratiche religiose con l'aumento di sacerdoti e di cantori, si rese necessaria la costruzione di una seconda cripta, per poter ampliare il coro; essa venne composta con snelle colonne dotate di capitelli scolpiti da un raffinato maestro lombardo, il cui nome è rimasto sconosciuto.

Al centro del muro verso oriente venne costruita un'altra nicchia per installare un altare in onore di S. Gaudenzio, nativo di Ivrea, rappresentato nell'affresco che risale probabilmente alla fine del XII sec.

 

La Cripta

In questo modo veniva occupata l'intera superficie dell'antica chiesa Rotonda. Per potere accedere al presbiterio superiore venne costruita una scala al centro della navata maggiore, e l'ingresso alle cripte avveniva attraverso due porticine a lato della scalinata stessa; era possibile anche accedervi da due porte praticate al fondo delle navate minori.

Durante i recenti restauri alla cripta (1997-98), sono stati portati alla luce alcuni affreschi del XV sec., che erano stati parzialmente ricoperti di intonaco. Inoltre è stato anche restaurato l'antico affresco rappresentante S. Gaudenzio (probabilmente dell'XI sec.), già visibile sulla parete di una cripta.

Il Chiostro

Non conosciamo con esattezza la data di costruzione del chiostro; è probabile tuttavia che sia stato costruito verso la fine del sec. XI o all'inizio del XII, quando il papa Alessandro II istituì l'ordine dei Canonici Regolari addetti al servizio della Cattedrale. In questa occasione i monaci benedettini dell'Abbazia di San Benigno della Fruttuaria furono incaricati di reggere alcune chiese della diocesi di Ivrea e probabilmente anche la Cattedrale.

Il chiostro serviva per collegare tra loro i diversi edifici attigui alla chiesa. Dal presbiterio della Cattedrale, infatti, si poteva accedere stando al coperto agli alloggi del clero e dei chierici, alle sale di studio e di scrittura, ai refettori, ai laboratori ed alla foresteria.

Purtroppo di tutti questi fabbricati non resta oggi che un lato del chiostro, quello rivolto verso l'abside della chiesa. Tutte le altre costruzioni furono demolite insieme a una parte del chiostro già nel corso del XIV sec., durante l'edificazione del castello del Conte Verde.

La Chiesa antica

Molte chiese primitive, sia in Oriente che in Occidente, furono costruite con pianta circolare ma quasi tutte vennero distrutte, perciò la parte superstite della Cattedrale rotonda d'Ivrea (ancora parzialmente visibile nella cripta e nell'ambulacro della chiesa) resta un raro esempio del genere, da annotarsi con Santa Costanza e S. Stefano Rotondo di Roma.

Una prima ipotesi fa risalire la costruzione della cattedrale primitiva all'epoca bizantina, un'altra a quella carolingia nel corso del IX sec: La prima Cattedrale avrebbe avuto una pianta circolare coperta da volte a botte.

La chiesa doveva racchiudere anche una galleria le cui volte poggiavano su basse colonne intercalate da alcuni pilastrini, composti con pezzi marmorei recuperati dalle rovine di edifici romani. Alcuni di tali elementi architettonici furono successivamente riutilizzati nella costruzione della cripta e sono visibili ancora oggi.

Come altre chiese a pianta circolare, anche questo edificio doveva avere un'ampia cupola, sorretta da archi poggianti su pilastroni quadrangolari; alla sua sommità doveva  avere un tempietto attraverso il quale filtrava luce ed aria per l'ambiente sottostante.

Qui probabilmente erano contenuti la vasca per le immersioni battesimali e l'altare. La galleria anulare della chiesa primitiva poteva essere percorsa dal popolo mentre nella parte centrale si svolgevano le funzioni religiose.

Le Torri Campanarie

Le continue guerre imposero di costruire due altissime torri a lato della chiesa Rotonda appoggiandone sui muri della galleria protoromanica, non solo per collocarvi campane, ma anche per appostare uomini di vedetta comandati di dare l'allarme al popolo eporediese sempre pronto a difendere le proprie famiglie e il potere feudale conferito al Vescovo.

I costruttori, diffidando della solidità degli antichi muri, decisero di rafforzarli.Costruirono due altri grossi pilastroni, dopo la demolizione di due ampie zone della galleria, disperdendo in tal modo parecchie colonnine sostenenti le volte anulari. Così la Cattedrale primitiva incominciava a cambiare aspetto.

E' risaputo che le chiese protoromaniche non avevano torri campanarie perché i sacerdoti disponevano di piccole campane che potevano essere appese ovunque; soltanto verso il mille si potè ottenere la fusione di grosse campane.

Pare che il campanile a sud-ovest sia stato il primo ad essere iniziato in quanto nel suo ordine inferiore le colonnine con i capitelli hanno forme bizantine.Nella cella campanaria e nella to rre di nord-ovest i capitelli furono modellati con maggiore nervosità, segno di una incidente evoluzione nello stile romanico. I due campanili affiancati costituirono un esempioda imitarsi, come quello di S. Giovanni Laterano in Roma; essi ricordano esposizioni abaziali di S. Gallo in Svizzera, riprodotta anche nella cattedrale di Aosta, in S. Abondio di Como, S. Giulio D'Orta, a Cluny, a Vezelay, a Chalons Sur Marne, in S. Etienne d'Angers ed a S. Benigno di Digione, opera del famoso architetto abate Guglielmo da Volpiano.

Similtudini stilistiche si riscontrano nel campanile di S. Benigno di Futtuaria, eretto dallo stesso abate Guglielmo nell'anno 1003; in quello della Consolata di Torino; nella torre campanaria di S. Giusto a Susa costruita nel 1028-1029; in quelli della chiesa di S. Giulio sul lago d'Orta e nel campanile di S. Stefano costruito dal vescovo Enrico in Ivrea nell'anno 1042.

 

 

Basilica di Sant’Ambrogio (Milano)

Il terreno su cui sorge 1'attuale Basilica di S.Ambrogio era una zona cimiteriale, che, fuori di Porta Vercellina, accolse e custodì nel quarto secolo le salme dei primi martiri della fede. Dopo l'editto di Costantino, la cristianità milanese aveva dato vita a tutta una fioritura di edicole e sacelli in onore e culto dei martiri milanesi: S.Vittore, i Santi Nabore e Felice, S.Valeria ecc.

Iniziata subito dopo la nomina di Ambrogio a vescovo di Milano, fu consacrata nel 386.

Nel IV secolo la Basilica martyrum era dedicata ai martiri Protaso e Gervaso. Dopo la beatificazione del vescovo Ambrogio, morto nel 397 e sepolto accanto ai martiri, la basilica fu a lui dedicata: infatti, l'intenzione di Ambrogio era di preparare per sé, sotto l'altare, protetto da un ciborio su quattro colonne di porfido, un loculo, accanto a quello dei martiri Gervaso e Protaso. L'amore dei milanesi per il loro vescovo spinse, fin da allora, a chiamare la "Basilica martyrum" "Basilica ambrosiana".

La facciata a due spioventi, detta "a capanna", larga, bassa, è tipicamente lombarda: la vediamo tanto in edifici importanti quanto nei casali di campagna.

E' espressione della cultura padana: non slancio verso l' alto, ma, piuttosto, attaccamento alla terra.

Il periodo storico in cui venne eretta la basilica corrisponde ad uno dei più tormentati della storia del cristianesimo; erano infatti gli anni in cui imperversava l'arianesimo (il predecessore di Ambrogio, Aussenzio, era infatti ariano); l'eresia predicata da Ario che negava l'uguaglianza trinitaria fu condannata nel concilio di Nicea del 325; fino ad arrivare al 380 quando Teodosio sancì l'ortodossia di stato.

Del primitivo edificio paleocristiano si conservano oggi pochissimi resti: tratti di mura, le quattro colonne del ciborio di porfido rosso, qualche base di colonna delle navate ancora in posto, frammenti della porta lignea, decorazioni marmoree e musive e i pannelli intarsiati di marmi e paste vitree, con l'agnello e l'angelo (ora collocati in una sala del Musco).

Dopo i tormentati secoli delle invasioni barbariche, nel 784 l'arcivescovo Pietro fondò il nuovo cenobio benedettino; nel 789 con decreto carolingio, si impose la convivenza, non sempre pacifica, dei monaci e dei canonici.

L'Arcivescovo Angilberto II (824-859) esumò dai due loculi distinti i corpi dei tre santi Patroni: Ambrogio, Gervaso e Protaso, li raccolse in una unica urna di porfido (forse già sepolcro dell'imperatore Valentiniano II, ancora visibile dietro l'attuale urna di argento) e la fece deporre, trasversalmente, sopra gli avelli originari  e a gloria di S. Ambrogio e dei due "difensori" (così amava chiamarli S. Ambrogio), Angilberto fece costruire lo splendido altare d'oro, capolavoro di Volvinio (anno 840, circa).

Nella fronte verso il coro, sulle linee orizzontali e verticali che inquadrano e ripartiscono le formelle con episodi della vita del Santo Patrono, dieci ingegnosi versi spiegano chiaramente il motivo che spinse il Vescovo Angilberto a commissionare a Volvinio il prezioso altare.

Insieme con la costruzione del convento (di cui nulla sopravviverà ai rifacimenti avviati alla fine del secolo XV), i monaci intrapresero una vasta opera di ricostruzione della Basilica, che, dopo quattro secoli di vita, necessitava di urgenti interventi. Iniziarono con la costruzione del campanile, il più piccolo dei due attuali, detto appunto "dei monaci" (secolo IX) che ha un aspetto severo, come una torre di difesa.

Le due torri campanarie

Quello di sinistra, detto "dei canonici", è opera dello stesso architetto che ha costruito la basilica: vi troviamo infatti, sviluppati in verticale, i caratteri del quadriportico. I due piani superiori furono aggiunti solo nel secolo scorso (1889). Tutte le membrature del portico sono evidenti: le arcate, disegnate con nettezza dalla propria ghiera, le cornici sostenute da archetti pensili, le sottili lesene che si profilano sulle superfici suddividendole in settori. A questa chiara individuazione di ogni parte concorre la luce, che, giungendo obliqua dall' alto, colpisce le sporgenze lasciando in ombra le rientranze.

Tra la fine del secolo IX e la metà del XII secolo prende forma, nelle sue linee essenziali, il corpo della chiesa odierna che è una basilica a pianta rettangolare a tre navate di cui la centrale è larga il doppio di quelle laterali sulle quali si imposta il matroneo. La navata centrale è composta di quattro campate tre delle quali coperte da volta a crociera costolanata e l'ultima è coperta da una cupola.

Caratteristici inoltre in Sant'Ambrogio sono i pilastri che sono del tipo detti a fascio, cioè formati da un fascio di semicolonne e semipilastri posti in asse o di spigolo rispetto agli archi di volta.

L' elemento più appariscente, della struttura dell' edificio, è la sostituzione della tradizionale copertura con la volta a crociera in pietra e cotto. Essa, ossia l' intersezione di due volte a botte, offre un vantaggio tecnico. Mentre la volta a botte scarica i pesi equamente e continuamente sulle pareti di sostegno, che sono sottoposte perciò al medesimo sforzo per tutta la loro lunghezza, in quella a crociera l' intersezione delle due volte a botte avviene secondo una direzione diagonale incrociata, lungo la quale si scaricano i pesi, che si esauriscono in quattro angoli.

Diverse campagne di lavori si susseguirono nei secoli. Sotto il vescovado di Ariberto

d'Intimiano, fra il 1018 e il 1050, le antiche colonne vennero sostituite da pilastri compositi; successivamente, nel 1098, si pose mano all'innalzamento del tiburio e delle volte della navata centrale. Al campanile dei monaci, eretto fra l'822 e l'859, si affiancò nel lato nord della chiesa il campanile dei canonici innalzato fra il 1128 e il 1144. Il crollo che nel 1196 coinvolse la campata antistante il tiburio e distrusse anche l'antico pulpito, portò ad adottare degli archi di rinforzo a tutto sesto nella copertura a volte. La basilica è preceduta da un atrio e da un quadriportico retto da pilastri con capitelli scolpiti a figure animali, fitomorfe ed antropomorfe.

Il lato di fondo del porticato corrisponde al nartece addossato alla facciata. L'abside è aperta da tre grandi finestre e presenta a coronamento della parte superiore una serie di fornici. La muratura del complesso ambrosiano alterna conci di pietra e di cotto. L'interno è a tre navate separate da pilastri; sopra le navi laterali si aprono i matronei che si affacciano sulla navata centrale con ampie arcature. La carenza di fonti di luce, dovuta alle costruzioni addossate ai fianchi della basilica, è soccorsa dall'apertura di tre grandi finestre nella facciata. La decorazione scultorea della basilica ripercorre le diverse epoche artistiche; il complesso dell'altare d'oro e del ciborio appartengono al periodo del vescovo Angilberto II fra l'824 e l'859. L'altare è firmato con il nome e l'effigie dell'autore: Volvinio, a lui sono da attribuire il lato posteriore e il fianco sinistro; a quest'opera parteciparono altri tre artisti anonimi. L'opera è suddivisa in riquadri in cui si svolgono i temi narrativi fra i quali quelli della vita di sant'Ambrogio e le scene della vita di Cristo.

Il ciborio che sovrasta l'altare poggia su quattro colonne di porfido presumibilmente appartenenti all'originario ciborio del IV secolo. I quattro frontoni cuspidati sono decorati con le scene di Cristo che consegna le chiavi a Pietro ed il libro a Paolo; Sant'Ambrogio che riceve l'omaggio da due monaci con i martiri Protaso e Gervaso; infine santa Scolastica e san Benedetto che ricevono omaggi da due coppie di personaggi. Il corpus scultoreo e completato dalla serie dei capitelli delle navate del nartece e dell'atrio; le raffigurazioni dei temi vegetali, animali e antropomorfi seguono l'ordine cronologico della costruzione della basilica. I più antichi sono scolpiti a motivi floreali e ad intrecci, mentre in quelli del XI-XII secolo sono rappresentati animali, mostri e figure umane. Il pulpito che venne travolto nel crollo del 1196 fu ricostruito ne XIII secolo riutilizzando i frammenti superstiti dell'opera originaria. E' sorretto da nove colonne con capitello sui quali si impostano gli archi decorati ad intrecci di fogliami. un fregio con mostri e lotte fra uomini e animali, corre lungo tutta la base del pulpito. All'opera originale appartengono pure le sculture bronzee dell'aquila, simbolo dell'evangelista Giovanni, e il personaggio sottostante, probabilmente l'angelo di Matteo. Infine il grande mosaico che occupa la conca absidale è opera composita di periodi successivi. L'abside attuale venne eretta dopo i lavori di allungamento della basilica del IX secolo; il mosaico che occupava l'abside originaria venne staccato ed in parte ricomposto nella nuova abside (scene della predicazione di Ambrogio) del IX secolo sono le figure dei santi Protaso e Gervaso; mentre il Cristo in trono al centro del mosaico sono attribuibili al XI secolo; infine sono del XII secolo i medaglioni ai piedi del Cristo.

Sia il monastero, che la Basilica ambrosiana, raggiunsero il massimo splendore con la Signoria Sforzesca e, più esattamente, con gli ultimi decenni del quattrocento, quando divenne commendatario del monastero il Cardinal Ascanio Sforza, e i Benedettini vennero sostituiti, per desiderio di Paolo II, dai Cistercensi di Chiaravalle milanese. La chiesa ricevette, in questo periodo, tutta una serie di nuovi restauri e di vari tipi di decorazioni. Inoltre, su scala monumentale, si progettò una completa ricostruzione della canonica, a ridosso del lato nord della Basilica, e del monastero.

L'incarico venne affidato al Bramante che, nel 1492, iniziò i lavori per la canonica e, nel 1498, per il monastero. I lavori, però, procedettero con molta lentezza; poi, con la caduta di Ludovico il Moro e la partenza del Bramante da Milano, si interruppero. Si ripresero intorno al 1630, con Federico Borromeo e sotto la direzione di Francesco Maria Richino: furono compiute opere di restauro alla fronte, all'atrio, e all'interno del tiburio, arricchito, alla sommità, con l'aggiunta del lanternone. Cupola e presbiterio assunsero la camuffatura dello stile barocco.

Tra gli ultimi anni del quattrocento e la metà del cinquecento furono curate le cappelle laterali della Basilica: la cappella di S. Michele (poi dei santi Aimo e Vermondo, ed ora Battistero) presso il campanile dei Canonici (1497 circa); la cappella di S. Giorgio (navata destra, vicino al sacello di S.Vittore in ciel d'oro), con affreschi del Lanino (1546 circa); l'affresco raffigurante il Cristo risorto del Bergognone (1495 circa), attualmente collocato sulla parete di fondo della cappella del Battistero; e affreschi luineschi, ancora visibili, nelle cappelle del Sacro Cuore e di S. Savina.

Nel 1671 si lavorò a sistemare l'esterno di S. Vittore in ciel d'oro e la nuova sacrestia dei monaci, affrescata, poi, dal Tiepolo. Due di questi affreschi, strappati e restaurati dopo i bombardamenti del 1943, si trovano, attualmente, appesi alle pareti della cappella di S. Satiro (navata di destra, terza campata): rappresentano il naufragio di S.Satiro, fratello di S.Ambrogio e il martire di S.Vittore.

Tra il 1730 e il 1740, sul luogo del cimitero degli Abati (presso lo scalone d'onore della attuale Università Cattolica) si costruisce la cappella di S.Ambrogio morente, ricca di decorazioni in stucco, con una bella grande cancellata in ferro, e, sull'altare, una pala con "l'ultima comunione di S. Ambrogio" dipinta da Andrea Lanzani (primi del secolo XVIII). Nel gruppo di edifici attorno a S.Vittore in ciel d'oro si riformano e si aggiungono nuove decorazioni curate dall'arch.Longone, dal Tiepolo e dal Porta.

Nel 1740, il Cardinal Odescalchi rinnova l'antica cripta, sotto il presbiterio, sostituendo le colonne e i capitelli e rivestendo archi e volte con stucchi e pitture. Nel 1750 si restaurano le imposte lignee della porta maggiore.

Dopo la soppressione del monastero cistercense, per opera di Napoleone, nel 1797, e dell'antico Capitolo dei Canonici, nel 1798, si ha un periodo di vita senza rilievo per la Basilica. Si hanno solo due piccoli interventi: la trasformazione, curata dal Cagnola nel 1812, della cappella di S. Caterina, dedicandola alla sorella di S. Ambrogio, S. Marcellina, le cui spoglie vengono trasferite qui dalla cripta; e il rifacimento del pavimento nel 1813, riportandolo al livello medioevale.

Un nuovo periodo di interesse, anche artistico, nei confronti del monumentale complesso, si apre nel 1857, per merito di Mons. Francesco Maria Rossi, preposto della Basilica. Mons. Rossi aiutato, prima, dall'imperial regio governo austriaco e, poi, dal governo italiano, programma opere di consolidamento dei piloni, archi e volte; fa compiere scandagli e scavi in S. Vittore in ciel d'oro e fa ampliare la costruzione del sacello, sotto il ciborio, dove, nel 1897, in occasione del centenario della morte di S. Ambrogio, viene collocata una nuova urna argentea con le reliquie dei Patroni: Ambrogio, Gervaso e Protaso.

Nell'agosto del 1943, due bombardamenti portavano gravissimi danni al gruppo monumentale di S. Ambrogio. Furono soprattutto colpiti: il porticato bramantesco della canonica, le sacrestie, il presbiterio con parte del mosaico absidale, il coro con gli stalli, che, in parte, furono frantumati.

Il ripristino e il restauro della chiesa e della canonica vennero intrapresi subito nella primavera del 1944. Furono diretti dall'arch. Ferdinando Reggiori, auspice 1'abate Mons. Ennio Bernasconi. L'allestimento del Museo sacro della Basilica e la ricostruzione del palazzo abbaziale, sul fondamento di un lato del chiostro progettato dal Bramante e lasciato incompiuto, conclusero i lavori della ricostruzione.

La chiesa di S. Ambrogio conserva, oggi, traccia di tutto questo passato. Ma nel suo complesso architettonico è frutto della età d'oro della civiltà romanica, così come fiorì nel mondo lombardo e, in genere, "padano".

Curiosità

A lato della piazza antistante la basilica si erge una colonna romana sormontata da un capitello corinzio. Sono evidenti nel fusto due buchi fra loro ravvicinati. La tradizione vuole che siano stati lasciati dalle corna di Satana durante uno scontro con Cristo. Chi si troverà, così vuole la leggenda, a passar vicino alla Colonna del Diavolo la notte di Capodanno, sentirà odore di zolfo.

In conclusione si potrebbe dire che la Basilica ambrosiana assomma in sé tutte le caratteristiche dell' architettura romanica, di cui può essere considerata quasi la chiesa-madre.

 

Sir Madhead.