Lo sport degli ultimi guerrieri
Molti pensano che nella nostra società non esistono più concetti come l’onore, il coraggio, la forza di sacrificarsi, l’amicizia e il rispetto degli altri; sono ormai pochi coloro che vivono secondo il credo cavalleresco combattendo a viso scoperto per il raggiungimento di uno scopo. Quei pochi sono considerati “ingenui”, spesso vengono derisi perché non sanno adeguarsi allo stile di vita che vige ora: il raggiungimento di una posizione calpestando chi rimane indietro, l’usare ogni sotterfugio per arrivare dove si vuole. Questi concetti non esistono in uno sport, uno sport nato nell’inghilterra del 1800, uno sport in cui quello contro cui giochi non è un nemico ma un avversario, uno sport in cui tifosi di diverse squadre siedono vicini e applaudono ogni valida azione, propria e degli avversari.
Questo
sport è il RUGBY, dal nome della città in cui è nato. Esso è stato marchiato
da molti come gioco “violento” ma da rugbista posso dire che non è così,
il rugby ricorda un torneo tra cavalieri, in cui si combatteva con impegno e
foga, spesso vi erano feriti o addirittura morti, ma l’obbiettivo non era fare
del male all’avversario, lo scopo era di vincere sempre rispettando
l’avversario e le regole del gioco. Ovviamente non era un gioco da ragazzine,
era un gioco per i veri uomini. Lo stesso è per il rugby, l’obbiettivo del
gioco è segnare il punto portando la palla oltre la linea di meta o calciandola
in mezzo ai pali. La squadra con il possesso di palla deva quindi passarsela o
calciarla fino ad arrivare all’area di meta e tuffarsi nel fango per segnare
il punto. La squadra in difesa deve invece impedire all’avversario di
raggiungere l’area di meta. Ma come vi chiederete voi, ed è qui che nasce
l’appellativo di violento di questo sport, il modo per fermare l’avversario
è il placcaggio, un gesto che consiste nell’afferrare l’avversario dalle
spalle in giù (sopra è considerato gioco pericoloso) e buttarlo a terra in
modo da costringerlo a lasciare la palla che non si può tenere a terra senza
cercare di fargli del male o altro, semplicemente gettandolo a terra. Ovviamente
in questo gesto è possibile farsi del male ma sono casi piuttosto rari. La
partita inoltre si divide in tre tempi: il primo tempo, il secondo tempo e
infine il terzo tempo. Il terzo tempo consiste nei festeggiamenti post-partita,
ed è qui che questo sport si stacca dagli altri, perché a festeggiare non sono
solo i vincitori ma anche i vinti, spesso infatti i giocatori delle due squadre
anche se di nazioni diverse sono uniti da una magica pozione comunemente detta
birra, che le due squadre bevono a fiumi abbracciati come fratelli. A questo
punto possiamo tranquillamente affermare che una partita di rugby non è un
scontro ma una grande festa che coinvolge tutti. Fondamentale nel rugby è il
gioco di squadra, per questo durante una partita assisterete spesso al
commovente spettacolo di un uomo che prende due placcaggi per permettere al
compagno di fare meta (così si chiama il punto). La mete sarà seguita da un
grande applauso proveniente da tutte e due le parti ma non da festeggiamenti
eccessivi ne da umiliazioni per l’avversario. Poi il gioco è tutto un
susseguirsi di scene di coraggio e sacrificio, di battaglie nel fango e nel
sangue per recuperare la palla, di scontri tra enormi figure pesanti parecchie
decine di chili, ma anche di amicizia e rispetto, magari contornate da qualche
rissa e qualche pugno ma che si concludono sempre con l’abbraccio tra i due
contendenti.