La
compagnia dei molti Regni
Opera,
Atto Unico
Moderato
ma Senza Fretta
Jack
non avrebbe desiderato vedere il Re così presto, ma le due guardie inviategli
in scorta lo esortarono a tal punto che il possente guerriero non ebbe altra
scelta se non quella di incamminarsi verso il Castello di Nemoch, capitale del
Regno governato da Klaut Dragonheart. Dopo una lunga marcia avrebbe preferito
fermarsi con Elena e Kelestia in locanda oppure rinfrescarsi con un bel bagno,
come sicuramente avrebbe fatto Daniel. Probabilmente sarebbe stato interessante
anche prendere parte alle enigmatiche conversazioni di Alexander ed Elastar,
oppure rimanere con Emmanuel e fare tesoro di tutto ciò che lo stregone avrebbe
ritenuto di dirgli. Eppure il Re chiamava e, per quanto il guerriero avesse
potuto insistere con i suoi emissari, alla fine si sarebbe trovato comunque ad
obbedire alla volontà del Signore.
Così,
ancora impolverato della fine terra delle Pianure dei Cavalli, accaldato dal
cocente sole di fine estate, Jack si incamminò per la cittadella, seguito dagli
sguardi e dalle chiacchiere di tutti coloro che incontrava per strada. Il
guerriero vi aveva fatto abitudine già da tempo, ma non si stupì neppure
quando la sua scorta iniziò ad intessere numerose lodi della sua abilità e di
quella della Compagnia. Con un sorriso sincero, Jack fece qualche cenno di
saluto verso la piccola folla di gente che gli si era accodata, quindi lasciò
che fossero le due guardie ad intessere la narrazione delle sue gesta. Dopo
pochi minuti di marcia il gruppetto aveva già raggiunto la sommità della
collina dove si ergeva il Castello, una fortificazione piccola ed al contempo
imponente al punto da istillare soggezione persino nell’intrepido cuore del
guerriero, che pure la conosceva da diversi anni. Le sentinelle di turno ai
cancelli accorsero verso la modesta folla, spiegando che l’accesso al Castello
non era permesso se non nei giorni e negli orari stabiliti, mentre Jack e la sua
scorta procedettero decisi e non più osservati, superando il ponte levatoio che
si stendeva su un profondo fossato e lasciandosi alle spalle la guardiola
all’ingresso del cortile principale. Qui le due guardie lasciarono il
guerriero, che imboccò deciso una stretta scalinata nascosta tra le stalle e
l’officina del fabbro, raggiungendo così un camminamento segreto che lo
condusse direttamente al secondo piano del Castello. Procedendo a passo deciso
attraverso le sale ed i numerosi corridoi sotto lo sguardo curioso ed ammirato
di gran parte dei presenti, si avvicinò alla sala del trono, dove venne fermato
da due giovani Guardie Reali, che gli sbarrarono il passo, decise a non
lasciarlo entrare.
“Non
è permesso entrare senza scorta e invito”
Jack
osservò incuriosito i due, poco più che ragazzini, quindi si voltò
lentamente, osservando ogni persona presente nella piccola anticamera. Solamente
due veterani riuscirono a sostenere il suo sguardo, e presto si affrettarono
verso i novellini, trascinandoli a forza lontani dalla porta che quelli
credevano ingenuamente di difendere. Il guerriero ringraziò con un cenno del
capo, quindi spalancò i due pesanti battenti di pietra con una sola mano,
richiudendoli alle sue spalle con la stessa facilità. Il rumore di pietra
sfregata sulla pietra riempì le orecchie dei presenti per pochi secondi, quindi
tutto apparve come se nulla fosse accaduto. Le due Guardie Reali tornarono al
proprio posto, tremando di paura.
“Jack!”
Al
vedere giungere il guerriero, Klaut si illuminò in volto, alzandosi in piedi e
scendendo dal suo scranno a grandi passi.
“Jack
Foolsbane” esclamò nuovamente, abbracciando il suo imbarazzatissimo suddito.
“Mio
Signore…” cercò di rispondere Jack, subito interrotto dal Re.
“Vieni,
siediti, ti ho preparato qualcosa per ristorarti dal viaggio” il sovrano indicò
un sedile di pietra ed una piccola tavola dove prese posto anch’egli insieme
al guerriero.
“Serviti
pure, se desideri qualcosa non hai che da chiedere…”
Jack
ringraziò con un cenno Klaut, ma attese che questi gi spiegasse il motivo della
sua presenza al Castello. Il Re non impiegò molto tempo a soddisfare questo
desiderio.
“Ho
ricevuto le delegazioni del Regno dei Coboldi e di quello dei Goblin, che hanno
sottoscritto il Trattato. Grazie, Jack” il volto del giovane sovrano era
luminoso, esprimeva una gioia rara da trovare in un regnante.
“Non
dovete ringraziare me, bensì la Compagnia dei Molti Regni. Senza di loro nulla
sarebbe stato possibile. Io non sono che la parte di un tutto”
“Se
non ci fossi stato tu la Compagnia non sarebbe mai nata…” cercò di
replicare il Re, ma fu bruscamente interrotto dal guerriero.
“Senza
di uno solo dei miei amici la Compagnia non sarebbe mai nata. Senza Elena, che
sia benedetta la coincidenza che me l’ha fatta incontrare, senza Kelestia e
Alexander e la rissa che hanno fatto scoppiare in quella bettola proprio quella
sera, senza Elastar che dapprima ci ha quasi ammazzati colpendoci alle spalle e
che poi è stato capace di ridere con noi alle battute di Daniel, senza la
determinazione di Emmanuel che ci ha dato forza in ogni momento con l’esempio
della sua vita, ora la Compagnia non esisterebbe. Ringrazio i Cieli di aver
combinato così bene tutte queste variabili”
Klaut si fece
pensieroso. I suoi ventisette anni non gli permettevano di comprendere appieno
il discorso del suo fedele guerriero, che secondo lui era il vero artefice
dell’immensa pace estesa ormai a quasi tutti i Regni della terra. Il Trattato
di Alleanza, leggendario appannaggio dei secoli dove ancora elfi e nani
calcavano le strade del mondo, aveva fallito una volta perché alcuni Regni
erano stati esclusi dalla Carta, ma ora le premesse per costituire una pace più
duratura erano sempre più concrete. Nessuno voleva farsi delle illusioni
inutili, però ormai due terzi dei Regni avevano sottoscritto il nuovo Trattato
con entusiasmo, ed in un lustro nessuno aveva ancora formalmente contravvenuto
ad una sua minima clausola. E questo era dovuto in gran parte alle azioni
diplomatiche della Compagnia dei Molti Regni, fondata ormai da dieci anni, dieci
anni trascorsi al servizio di Klaut.
“Eppure
la mente della Compagnia sei tu, Jack” insistette il sovrano.
“No,
mio Re. La Compagnia ha una sola mente ed un solo cuore, per quanto io sia il
Portavoce presso di Voi. Non fate accecare la vostra mente da quello che vedete
con gli occhi”
“Ma
non…” per la seconda volta Klaut fu interrotto dal guerriero.
“Io
sono il Portavoce nel Regno degli Umani e in quello dei Minotauri. Non potrei
mai svolgere la stessa carica nel Regno degli Uomini-Serpente o in quello dei
Centauri”
Il
giovane sovrano sentì chiaramente che ciò che Jack stava dicendo era vero, e
chinò la testa di fronte al suo suddito in segno di umiltà. Ancora una volta
la voce del guerriero vibrò nel silenzio.
“Potrei
avere congedo?”
“Un’ultima
cosa: ti ho convocato anche per chiederti che tipo di ricompensa tu voglia
ricevere per i servizi prestati al mio Regno”
“Ne
ho parlato ieri sera con gli altri” rispose Jack senza esitare, “vogliamo
un’altra missione. Non possiamo fermarci da qualche parte a vivacchiare,
abbiamo bisogno di stare nel mondo e fare qualcosa di utile. Comunque sia,
accetteremo la Vostra volontà” spiegò, per evitare repliche del Re.
Questi
esitò per diversi istanti, quindi replicò: “Ci vediamo questa sera, tutta la
Compagnia?”
“Tutta
la Compagnia, a mezzanotte, qui. Sarà interessante, Klaut” Jack abbandonò la
maschera di formalità che aveva sempre indossato in presenza del Re, che da
parte sua non aveva mai voluto incontrare tutta la Compagnia dei Molti Regni per
tutti gli anni che questa aveva lavorato per lui.
“Non
mancate, allora”
“Non
mancheremo”
Jack
si alzò da tavola, si inchinò sorridente di fronte al Sovrano e poi si voltò
con disinvoltura, uscendo dalla sala come se si fosse trattato di un semplice
soggiorno. Al sentirsi mancare la porta dietro le spalle, le due giovani guardie
sobbalzarono dallo spavento, ritirandosi sveltamente alla vista del poderoso
guerriero, che riservò loro un cordiale cenno di saluto, allontanandosi poi tra
gli intricati corridoi del castello.
Quieto Assai
La
ragazza era seduta sola ad un tavolo della Locanda dei Tre Draghi, cordialmente
ignorata dal resto della clientela. Di fronte a lei troneggiavano due bottiglie
vuote ed un grosso boccale da birra, anch’esso vuoto. In mano teneva una terza
bottiglia, piena per metà, con la quale giocherellava distrattamente, la mente
rapita verso altri luoghi e probabilmente altri tempi. Di quando in quando una
lacrima le affiorava agli occhi, subito ricacciata indietro da una infrangibile
forza di volontà. Un sentimento angosciante la stava attanagliando sin dal suo
arrivo alla cittadella, e non l’aveva lasciata neppure dopo quasi due ore: la
consapevolezza di avere messo tutta la propria vita in mano al capriccio di un
regnante la rendeva assai poco felice, almeno quanto decidere della sua morte
con un semplice lancio di dadi. Non credeva al caso, non ci poteva più credere
ormai da molti anni, ed ogni passo che aveva compiuto le aveva rafforzato questa
convinzione. Così, intrappolata da un vincolo che lei stessa aveva acconsentito
a creare, si sentiva come in gabbia, intrappolata alla sera prima della sua
esecuzione. Scuotendo la testa, la ragazza si appoggiò allo schienale della
sedia, lasciandosi completamente andare, vuotando la mente e rilassandosi nel
silenzio interiore. I rumori esterni scorrevano su di lei, sfiorandola
delicatamente e scivolandole addosso con dolcezza, senza avere il potere di
turbarla. Di quando il quando si riempiva il boccale per portarlo alla bocca e
vuotarlo in pochi sorsi, senza mai aprire gli occhi. Anche quando afferrò una
sedia dietro di sé e, facendola volteggiare con una sola mano, la sistemò alla
sua sinistra per fare accomodare il suo inaspettato ospite al tavolo, lo fece
nell’oscurità più completa, per poi rivolgersi al nuovo arrivato. Fissandolo
negli occhi, attese.
“Questo
cos’è?” chiese Jack, indicando la bottiglia che teneva in mano Elena.
“Grappa
ai mirtilli” rispose lei senza scomporsi, porgendo lo spirito al guerriero.
“Te
le sei bevute tutte tu?”
“Già”
“Sei
ubriaca?”
Per
tutta risposta la ragazza si alzò di scatto, lanciando in aria la bottiglia che
Jack teneva ancora in mano e, con dei movimenti talmente rapidi che in pochi
riuscirono a seguire, scagliò tre lunghi stiletti contro un bersaglio posto
dall’altra parte della sala della locanda, dove alcuni avventori stavano
giocando a freccette. Sedendosi nuovamente, la ragazza afferrò al volo la
grappa, versandosela nel boccale. Il guerriero rimase in silenzio, pensieroso, a
contemplare le lame dell’amica infilzate nel centro della griglia numerata.
“Sono
un po’ brilla” ammise infine Elena, mentre Jack ordinava da bere per
entrambi.
“Com’è
andata dal Re?”
“Ci
riceverà questa sera, a mezzanotte”
“Tu
e chi altri?”
“Voi”
La
ragazza sorrise, per metà incredula e contenta e per metà scettica.
“Come
l’hai convinto?”
“Ci
ha invitati lui”
“Ma…
sa chi siamo?”
“No”
Elena
scoppiò in una sonora risata che attirò l’attenzione di tutto il locale,
quindi si alzò e, avviandosi verso la porta d’ingresso della locanda, appoggiò
una mano sulla spalla di Jack.
“Grazie,
sei stato grande” gli sussurrò, per poi schioccargli un bacio sulla guancia.
Il
guerriero rimase immobile, immensamente grato ai Cieli di avere come amica
quella ragazza.
Elena,
recuperate le sue lame, saldò il conto anche per Jack ed uscì dal locale,
diretta verso una modesta altura ai piedi delle mura della cittadella, dove si
era accordata di trovarsi con Kelestia ed Alexander. Assaporando l’aria ancora
tiepida della sera estiva, la ragazza attraversò tutti i quartieri entro la
prima cinta difensiva, tenendo a mente i servizi e i negozi che avrebbero potuto
rivelarsi utili, quindi, senza affrettarsi, raggiunse un boschetto vicino al
luogo dell’appuntamento con i due amici, e qui si sedette ad attendere il
tramonto. Anche se la maestosità della vista del sole calante rapiva in estasi
tutti i suoi sensi, Elena percepì distintamente il passo regolare di Kelestia e
di Alexander, che le si avvicinarono in silenzio, prendendo posto di fianco a
lei. Il cielo limpido presto assunse una varietà quasi infinita di sfumature di
colori, stemperandosi dal rosso più brillante sino al blu più cupo, passando
per il violetto e una vasta gamma di arancioni e gialli. Ad est, oltre i vicini
Monti di Ferro, sembrava già calata la notte. Quando il sole fu inghiottito
dall’oceano, in breve l’oscurità calò su Nemoch, ma subito venne lacerata
da una miriade di torce, lanterne e quant’altro di luminoso vi poteva essere,
comprese pietre magiche risplendenti di fuoco arcano, opera di qualche mago
sfaccendato. La percorribilità notturna delle strade era assicurata
dall’amministrazione del Regno, anche se spesso i privati contribuivano ad
aumentare il numero di fiaccole esposte nelle vie delle loro abitazioni, fugando
ogni traccia di oscurità.
“Emmanuel
direbbe che è uno spreco”
“A
me una di quelle farebbe comodo, stanotte”
“Chissà
quanto deve essere scomodo dipendere da fonti esterne di calore, per
sopravvivere”
Elena
chinò leggermente la testa, come per ammettere la sua debolezza.
“Non
mi sembra il caso di rovinarsi questa bella serata per colpa di una testa di
pietra” esclamò Kelestia al vedere la reazione dell’amica alle parole di
Alexander, “Lo sai com’è fatto”
“Non
era per quello… No… È solo che forse da domani non saremo più al servizio
del Re”
I
due la guardarono stupiti, e lei proseguì, chiarendo ciò che intendeva dire:
“A mezzanotte siamo tutti convocati da Klaut” questa rivelazione venne
accompagnata da commenti di stupore, “E non ho ancora capito perché questa
volta abbia deciso di vederci insieme. Potrebbe essere un buon modo per
compensare tutti dell’ottimo lavoro svolto e poi liberare la Compagnia da
ulteriori impegni oppure potrebbe essere la missione più importante della
nostra vita, non lo so. Eppure sento che questa notte la nostra vita cambierà,
in meglio…” Elena si fermò, lasciando ad intendere che avrebbe voluto non
dover aggiungere altro.
I
due amici annuirono gravi. Raramente Elena parlava loro così a lungo: la
ragazza preferiva di gran lunga ascoltare le loro lunghe discussioni con Daniel
oppure osservare attentamente i loro allenamenti, talvolta prendendovi anche
parte, ma non era solita intrattenersi a parole con Kelestia ed Alexander. Loro
due, invece, erano già da tempo quasi un’entità unica ed indistinta, che
sapeva unire un’ottima mente ad un altrettanto valido corpo, giocando un ruolo
importante in un’infinita varietà di casi, dai combattimenti più semplici,
quasi all’ordine del giorno, fino ai più complessi intrighi di corte dove la
Compagnia si era trovata invischiata più di una volta. Entrambi sapevano
riconoscere il proprio valore e quello degli altri amici, ed avevano umiltà
sufficiente per ammettere di dover cedere il passo a qualcuno più abile di
loro. Ed ora ad entrambi sembrava che le parole di Elena fossero quasi
profetiche, e riconobbero che l’intuito della ragazza aveva fatto centro
ancora una volta.
“Non
ci rimane altro da fare che attendere” Alexander pose definitivamente fine
alla conversazione, sdraiandosi nell’erba e tornando ad osservare il cielo.
“Emmanuel
si è già svegliato?” chiese Elena all’amica.
“Ha
detto che si sarebbe alzato tardi, questa notte”
“Ci
vediamo più tardi, alla locanda” la ragazza si congedò dai due ed entrò nel
boschetto a sud, con la precisa intenzione di cercare lo stregone per passare un
po’ di tempo con lui. Avrebbe potuto accompagnarsi per un po’ a Daniel o
all’enigmatico Elastar, ma aveva bisogno di sentire qualcuno vicino alla sua
anima, non di essere allietata da indovinelli e barzellette. Mentre già si
addentrava nella selva di alberi sentì in lontananza la profonda voce di
Alexander metterla in guardia sui pericoli delle notti d’estate.
Il
bosco era immerso nell’oscurità più completa, ed Elena procedeva quasi a
tentoni. Anche se ormai i suoi occhi si erano abituati all’oscurità più
totale, la ragazza non riusciva a scorgere nulla di fronte a sé, e già diverse
volte era inciampata in qualche radice o in qualche ramo secco. Il continuo
vagare inconcludente aveva spossato la ragazza, che iniziò a sentire la fredda
aria notturna penetrarle sotto il vestito, fino a raggiungerla nel profondo del
cuore. Muovendosi con agilità tra i tronchi degli alberi ed i rami carichi di
foglie e frutti, Elena accelerò il passo, cercando di trarre calore dal
movimento, ma non riuscì ad ottenere l’effetto desiderato, con l’unico
risultato di aver sprecato delle energie invano. Tremando per il gelo che
l’attanagliava e la stringeva nelle sue impietose braccia, la ragazza incespicò
e cadde più volte, fino a trovarsi a terra, stremata. L’odore del sottobosco
le penetrava forte nelle narici, stordendola ed impedendole di percepire
null’altro che la forte fragranza del terreno. Il calore del suo corpo era
completamente svanito, lasciandola inerme, senza neppure la forza di compiere un
movimento, per quanto piccolo potesse essere. Confidando di essere trovata da
Emmanuel, Elena si mantenne calma, senza però riuscire ad evitare di tremare
convulsamente. I minuti trascorrevano anonimi, scanditi dall’irregolare
tremore del corpo privo di forze della ragazza. Pian piano anche le ultime
energie scivolarono via rapite dal gelo della notte, ed infine fu solo un
involucro morente a riposare inerme nel profondo del bosco.
Elena
si sentì rapita contro la propria volontà verso il cuore dell’oscurità,
lontano da sé e da coloro che lei amava. Cercando di resistere il più
possibile attaccata alle proprie spoglie, annaspò cercando di aggrapparsi ad
ogni minimo appiglio disponibile, ma si sentì inesorabilmente sollevata verso
l’alto da due braccia forti ed asciutte, alle quali era impossibile sfuggire.
Maledicendo la propria debolezza, la ragazza cercò di divincolarsi ancora una
volta dal fatale abbraccio, ma non riuscì a sfuggire a quella morsa inumana,
che la sollevò in piedi, stringendola poi ad un corpo freddo e morto.
Improvvisamente Elena si lasciò andare al tocco gelido del cadavere che la
sosteneva, e permise alle labbra di lui di incontrare le proprie. Un calore
intenso si impossessò del corpo della ragazza, ristorandola e proteggendola
dalla notte estiva.
“Imprudente,
Elena”
“Io
avrei detto qualcos’altro, Emmanuel”
La
ragazza e il giovane stregone si incamminarono mano nella mano per il bosco, in
direzione della Locanda dei Tre Draghi.
Non Troppo Veloce ma con Brio
“Qualcuno
di voi ha visto Elena o Emmanuel?” domandò preoccupato Jack, osservando
ognuno dei compagni presenti.
“Elena
stava entrando nel bosco ad est, dove Emmanuel si era ritirato a dormire. Tutto
questo al tramonto del sole, all’incirca un’ora e mezza fa. Faceva già un
po’ freddo” Alexander fu pronto a rispondere con la puntualità che lo
caratterizzava.
Elastar
si offrì di andare a cercare i due, ma il guerriero scosse la testa con vigore.
“Se
c’è di mezzo Elena, è facile che i due siano in ritardo. Potrebbe essere
stata male”
“Emmanuel
la troverà di sicuro” esclamò Daniel e, non appena la sua voce si spense, lo
stregone spalancò la porta della locanda, portando con sé il freddo della
notte.
L’incantatore
prese posto accanto ad Alexander, imitato da Elena, che procedeva dietro di lui.
“Scusate
il ritardo” esordì Emmanuel.
La
ragazza di fianco a lui fece per ribattere, ma fu preceduta da Jack.
“Non
sei tu a doverti scusare, e poi non vedo alcun ritardo. La Compagnia si muove
quando la Compagnia è pronta”
Daniel
sorrise benevolo alla volta di Elena, mentre Emmanuel tornò a chiudersi nel suo
consueto silenzio. Jack si rilassò sulla sedia, imitato da Kelestia e da
Elastar. Alexander consultò la pendola a muro, quindi si mise in quieta attesa.
Questo
era il bello della Compagnia, secondo Jack. Nessuno aveva bisogno di molte
parole per potersi rapportare con gli altri, eppure l’unione che si era creata
nel gruppo era veramente fuori dal comune. In caso di necessità ognuno sapeva
chi avrebbe potuto aiutarlo, mentre nelle situazioni più ordinarie l’intesa
era comunque elevata. Tutte le altre compagnie fino ad allora incontrate, al
confronto, erano apparse al guerriero come delle sgangherate bande di mercenari,
salvo casi veramente rari. Jack indugiò in un lungo sorriso, ripensando ai
lunghi anni che aveva felicemente trascorso con la Compagnia dei Molti Regni,
nonostante le mille difficoltà incontrate. Ora, pensò, mancava ancora un
capitolo da scrivere. Alzatosi, subito imitato dagli altri, saldò in anticipo
il conto per le camere, quindi uscì dalla locanda nel buio della notte. Elena
si strinse nel pesante mantello nero di Emmanuel e, al suo fianco, si accodò al
gruppo.
La
piccola processione raggiunse in poco tempo il Castello di Klaut e, dopo il
controllo di protocollo da parte delle guardie, si addentrò nelle sale del Re
ripercorrendo il cammino già utilizzato molte volte da Jack. Elastar si
guardava attorno meravigliato e sorpreso di poter trovare tutta quella bellezza
architettonica in un luogo che aveva sempre avuto così vicino, mentre Kelestia
ed Alexander discutevano attenti delle qualità delle pietre impiegate nella
costruzione della fortificazione. Elena poteva sentire con facilità quali
fossero i luoghi usualmente esposti al calore del sole, ed Emmanuel valutava
quali fossero gli angoli più scuri dove trovare un rifugio sicuro. Solo Daniel
seguiva Jack senza mostrare interesse per il luogo mai visitato. Diverse volte i
due si fermarono ad attendere questo o quello dei compagni che si era attardato
ad ammirare un dettaglio che particolarmente lo aveva colpito e, tra una sosta e
l’altra, la mezzanotte giunse e passò, anche se non di molto. Così, quando
la Compagnia entrò nella sala del trono di Re Klaut, questi fu sorpreso a
sonnecchiare sul suo scranno, al quale era stato accostato un enorme tavolo di
legno e, vicino ad esso, sette sedili di marmo di notevoli dimensioni, uno per
ogni componente del gruppo.
“Sorpreso
di noi, Sire?” domandò quasi sarcastico Jack, al vedere la faccia stralunata
posarsi sui membri della Compagnia.
“Avrei
potuto esserlo di meno, mio caro amico” replicò Klaut, “Mi aspettavo di
aver a che fare con altri sei guerrieri al par tuo, eppure la tua Compagnia mi
lascia veramente stupito”
“La
Compagnia non è mia, Signore. Pensavo di avertelo già spiegato” Jack si
sedette dirimpetto al trono, presentando uno ad uno i membri del gruppo.
“Alla
Vostra sinistra si è seduto Daniel, di fianco a lui Elena e Emmanuel, alla mia
sinistra Kelestia, Alexander ed infine, di fianco al Vostro trono, Elastar
l’assassino”
Klaut
sobbalzò al veder apparire come dal nulla il settimo compagno, di fianco a sé,
ma si rassicurò subito, colpito dalla sua espressione bonaria. Ripresosi dallo
spavento, il Re introdusse l’incontro: “Prima di cominciare a parlare di
cose serie, c’è qualcuno che desidera qualcosa da bere?” domandò.
“Volentieri,
se possibile della grappa al mirtillo” subito Elena accettò l’offerta,
prontamente imitata da Daniel. Il Sovrano sorrise alla ragazza, quindi fece un
cenno ad un servitore, che subito giunse con due bicchieri ed una bottiglia, che
stappò sotto la vigilanza attenta dei due amici. Una volta che Daniel ebbe
ricevuto la sua parte, Elena si impossessò della bottiglia, servendosi
direttamente da essa, suscitando un coro di commenti sarcastici da parte dei
membri della Compagnia. Il valletto rimase allibito al comportamento della
ragazza, ma un cenno del suo Re lo fece tornare al suo posto, con l’anima in
pace.
Assicuratosi
che gli eventuali desideri dei suoi ospiti sarebbero stati esauditi, Klaut prese
a parlare, focalizzando su di sé l’attenzione dei presenti.
“Come
ben sapete, ormai due terzi dei Regni hanno sottoscritto il secondo Trattato di
Alleanza, ed ora si può ben dire che una buona parte del mondo è pacificata,
anche grazie al vostro contributo”
Non
ci furono grida di gioia a questa rivelazione, ed il Sovrano venne esortato a
continuare.
“I
diplomatici favorevoli al Trattato sono in viaggio con numerose scorte, diretti
verso i Regni più distanti dai nostri per discutere del Trattato stesso con i
governanti delle altre nazioni, ormai il cammino per una pace duratura sembra in
discesa”
Anche
a questa nuova pausa rispose solo il silenzio, invadendo la sala finché Klaut
non si decise a proseguire.
“La
situazione odierna è quindi tutt’altro che negativa, solo qualche scorribanda
di briganti disturba appena la quiete di qualche via secondaria, e già sono
state mandate truppe per rendere completamente sicuro ogni cammino…”
“Tagliate
corto” questa volta fu Emmanuel, irritato, ad interrompere il Re, “Sono
abituato alle chiacchiere da corte, tante parole per non dire mai nulla. Fino ad
ora ho sentito ripetere in tre modi diversi che le cose vanno quasi bene, e ogni
volta il fattore del quasi era diverso. Gli altri Regni, la distanza da coprire
prima di ottenere risposte, i briganti… La distanza può essere facilmente
superata da un mago esperto, il lavoro diplomatico da compiere non è diverso
rispetto a quello già compiuto e le scorrerie di un gruppo di ladri possono
essere frenate con facilità dal Vostro esercito. Diteci chiaramente cosa c’è
che non va, altrimenti sarò il primo ad andarmene da questa sala. Conosco la
strada, non dovrete neppure scomodare la scorta”
Klaut
fissò Jack: il guerriero aveva un lieve sorriso dipinto sul volto, e non
sembrava intenzionato a correre in aiuto al Re.
“Non
Vi conviene tergiversare chiedendo aiuto a Jack, piuttosto tirate fuori qualcosa
di concreto. Sono abituato a parlamentare con Goblin ed Orchi: Voi avreste già
fatto una brutta fine presso uno di quei popoli. Essi, come noi, cercano fatti,
non vuote parole”
Il
Re rimase in silenzio per qualche istante, pensieroso. Gli sguardi di tutti i
presenti erano fissi sul suo volto, rilassato ed al contempo pensieroso. Dopo
diversi minuti, in cui non si sentì altro che il respiro delle persone,
finalmente il Sovrano si decise a parlare: “Non c’è assolutamente nulla che
richieda il vostro intervento. Vi libero da ogni obbligo nei miei confronti,
ritengo onorato il vincolo che contraeste con me”
Elena
si alzò in piedi, impallidita. Stringendosi nel nero mantello di Emmanuel,
lanciò un’occhiata profonda ad ognuno dei suoi amici, quindi si mosse a
grandi passi verso l’uscita della sala del trono. Facendo leva sulle gambe,
aprì la poderosa porta di pietra e se la richiuse alle spalle, senza voltarsi.
Diversi istanti trascorsero nel silenzio più completo, rotto infine dalla
profonda voce di Jack.
“Sono
felice che tutto si stia aggiustando, alla fine. Possiamo dunque prendere
congedo, Klaut?”
Il
giovane Sovrano era rimasto colpito dalla reazione della ragazza, e fu quasi
irritato dall’intervento del guerriero, ma comprese che la sua domanda era più
che giustificata.
“Devo
ancora ricompensarvi. Dopo che il mio debito verrà saldato, vi potrete
considerare liberi a tutti gli effetti. Possiedo molte ricchezze in oro,
gioielli, terre ed oggetti magici. Potrete scegliere ciò che volete
dall’elenco che ho fatto preparare per voi” il Re fece un cenno ad un
segretario che era rimasto nascosto dietro al trono, che consegnò ad ognuno dei
sei Compagni rimasti un rotolo di pergamena. Uno fu di avanzo, poiché Elena non
era presente.
Tutti
i Compagni riposero lo scritto per leggerlo in seguito, salvo Elastar, che lo
srotolò con noncuranza e, dopo avergli dato un’occhiata rapida, lo ripose sul
tavolo, allontanandolo da sé.
“Rifletteremo
sulle Vostre proposte, per farVi presto sapere le nostre conclusioni” Jack si
alzò, subito imitato dai cinque amici, che lasciarono la sala in pochi istanti.
Klaut
sembrava come stordito, al risveglio di un sogno troppo irreale per essere un
mero frutto della sua fantasia. La vista della Compagnia dei Molti Regni lo
aveva profondamente scosso nell’intimo, nonostante cercasse in ogni modo di
negarlo agli altri ed a sé stesso. Il guerriero gli aveva promesso che sarebbe
stato interessante, eppure lui stesso non se n’era andato molto convinto,
inoltre l’insolita reazione della ragazza al suo annuncio aveva turbato e
sconvolto il sovrano. Il Re aveva visto compagnie mercenarie danzare di gioia in
vista delle ricompensa future, piangere lacrime di felicità ed arrivare persino
a toccargli i piedi in segno di reverenza, ma mai nessuno aveva reagito così
male una volta terminato il proprio servizio. Ancora ossessionato da questi
pensieri Klaut scese dal suo scranno, dirigendosi a passo fermo ma esitante
verso gli alloggi reali, dove avrebbe cercato di sfruttare al meglio quella
parte di notte che ancora gli restava per dormire.
Vivace Comodo, Non Troppo Veloce
Uscito
dal castello, Jack si lanciò in una corsa sfrenata per i vicoli del paese,
lasciando indietro i cinque amici. Alexander, Emmanuel e Kelestia fecero per
seguirlo, ma furono trattenuti da Daniel ed Elastar, che si avviarono
tranquillamente verso la locanda dove avevano già prenotato stanze a
sufficienza per tutti. Non era la prima volta che Elena agiva in maniera che
alcuni definivano avventata, altri particolare ed imprevedibile, e sia Daniel
che Elastar avevano imparato come fosse utile per la ragazza che nessuno la
disturbasse o la distraesse dai suoi pensieri. Lo stregone comprendeva le
ragioni del comportamento dell’amica, anche se personalmente aveva altri modi
per sfogare i propri sentimenti, anche se in maniera decisamente meno evidente e
più sommessa. Indubbiamente la fine del lavoro per Re Klaut non era una notizia
granché positiva, perché avrebbe significato quasi sicuramente il ritorno ad
una vita precaria, quasi sull’orlo del vagabondaggio e dell’accattonaggio,
come era stato per qualche tempo alla nascita della Compagnia dei Molti Regni,
eppure il compenso accumulato al servizio del Sovrano di Nemloch era decisamente
elevato, ed avrebbe permesso a diverse persone di mantenere un tenore di vita
elevato per molti anni. Emmanuel pensò che probabilmente la ragazza si era
attaccata molto all’ideale della pace sulla terra, ed il fatto di non dover più
adoperarsi per la sua realizzazione la aveva abbattuta notevolmente. Eppure lui
stesso stentava a credere che Elena, così poco idealista e anzi completamente
disincantata rispetto alla vita avesse avuto un moto così violento solamente
per la mancanza di qualcosa per cui operare. Improvvisamente un tocco delicato
lo riscosse dai propri pensieri, e gli indicò un punto lontano sulle mura della
città, dove, osservando attentamente, si potevano appena scorgere due sagome
che si stavano rincorrendo nella notte, l’una agile e snella, l’altra grossa
e possente. Emmanuel ricondusse la propria anima alla pace, e rimase ad
osservare insieme agli altri l’esito dell’inseguimento.
Diversi
sentimenti stavano straziando l’animo di Elena, mentre copiose lacrime le
scendevano dagli occhi, rigandole vistosamente il volto. Il mantello dello
stregone la copriva abbastanza da permetterle di non perdere troppo calore nel
freddo della notte, ma le impedivano di utilizzare tutta l’agilità di cui era
provvista. Non voleva che qualcuno la vedesse in quello stato, né che le si
dicesse come si sarebbe dovuta sentire e come avrebbe dovuto comportarsi. Sapeva
che Jack non avrebbe fatto nulla di tutto ciò, ma non voleva che lui la
rimproverasse o consolasse, perché lei non avrebbe potuto trarne vantaggio, con
tutta la confusione che le occupava la testa. Le sue gambe la portavano dove
desideravano, senza che ci fosse bisogno di un pensiero cosciente perché lei si
muovesse: la corsa era diventato per lei il secondo modo più naturale per
muoversi, e la praticava con disinvoltura e noncuranza. Jack non era così
sciolto nei movimenti ma poteva sicuramente contare su una maggiore potenza e su
una notevole resistenza, che sicuramente la ragazza non poteva vantare. I due
corridori erano più o meno di pari livello, ma alla lunga il clima giocò in
sfavore di Elena, che si dovette arrendere al gelo che aveva superato la
protezione del pesante mantello nero. Quando il guerriero la raggiunse, in un
tratto aperto delle mura cittadine, lei aveva a malapena ripreso i sensi dal
principio di svenimento che l’aveva colta poco prima. Jack la aiutò a
rimettersi in piedi, appoggiandola delicatamente alle merlature che orlavano la
fortificazione, quindi attese che lei si fu del tutto ristabilita.
“Cosa
c’è che non va?” chiese preoccupato.
“Perché
me lo chiedi?” replicò Elena, ancora battendo i denti per il freddo.
“Perché
mi sta a cuore la tua felicità”
“Non
ricordo più il giorno in cui sono stata trattata peggio di oggi, dal tuo re”
“Lui
è lo stesso Re per cui abbiamo lavorato sino ad oggi” replicò Jack, senza
capire.
“Il
Re per cui io ho lavorato è un Re a cui sta a cuore il destino delle persone,
non la burocrazia e il rispetto dei patti. Non sono una variabile nel bilancio
del suo regno, né mai vorrò esserlo” esclamò quasi in lacrime la ragazza.
Il
guerriero fece per ribattere, ma si bloccò nel silenzio, riflettendo alle
parole dell’amica.
“La
diplomazia richiede anche di sopportare questo” disse infine.
“I
diplomatici umani potranno pure crogiolarsi nelle loro vuote formalità, ma io
sono e rimango una persona, diversa da quella che loro hanno schematizzato sulla
loro carta, così come i popoli sono diversi dalla sintesi che si trova sul loro
Trattato”
“I
diplomatici stanno per portare la pace, nonostante le loro vuote formalità e le
loro schematizzazioni”
“Dimmi,
Jack, dimmi dove hai potuto toccare i segni della pace di Klaut. Dimmelo, ed io
ti crederò come ho sempre fatto, ti seguirò come da quando tu mi trovasti,
piccola e sperduta in mezzo ad una foresta” Elena aveva le lacrime agli occhi,
e la sua supplica vibrava sincera dal profondo della sua anima, colpendo quella
del guerriero. Jack era sconvolto dalla semplicità dell’amica, e non trovò
subito risposta alla sua domanda.
“Ormai
i nostri Regni non si combattono più tra loro, diversi eserciti sono stati
sciolti o unificati, c’è unione tra i nostri popoli, e le minacce sono
lontane dalla vita di coloro nel cui nome agiamo”
“Hai
detto bene, Jack. Le minacce sono lontane dalla vita dei Re, dal potere dei
Sovrani. Le milizie sono state impiegate in missioni diplomatiche o in campagne
di esplorazione, e non sono state arruolate nuove reclute. Eppure nelle città e
nei villaggi si deve combattere ancora per la vita e per la morte, senza
l’appoggio di truppe addestrate, e i predoni moltiplicano le loro scorrerie.
Cosa è cambiato rispetto a quando gli eserciti si scontravano l’uno contro
l’altro? La pace è lungi dall’essere presente”
“Come
è possibile che accada ciò? Questo era vero diversi anni addietro, al più
tardi un anno fa” domandò incredulo il guerriero, “Ricordo di tutto ciò
che portasti alla nostra attenzione, e ricordo come riferimmo puntualmente le
tue parole ai Regnanti che incontrammo”
“Potrai
ben vedere che oggi, dopo anni di diplomazia e burocrazia, nulla è cambiato.
Entrambi sappiamo che è così, anche se poco fa mi dicesti il contrario”
Jack
rimase sconvolto alle parole dell’amica. Ripensando alla giornata appena
trascorsa, gli tornarono alla mente dei dettagli che erano allora scivolati con
indifferenza di fronte ai suoi occhi, e si accorse come ancora una volta la
sensibilità innata della ragazza aveva potuto comprendere cose che lui neppure
sarebbe stato in grado di capire. Allentando la sua presa sulle spalle di lei,
le cinse la vita con un possente braccio, e si avvicinò a lei, scrutando
nell’oscurità oltre le mura della città.
La
notte, nera e fresca, nascondeva alla vista l’immensa pianura che costituiva
il Regno degli Umani, mentre, osservando attentamente all’orizzonte, le
Montagne di Ferro, dimore ormai deserte un tempo abitate dai Nani e dagli Elfi
Oscuri, campeggiavano immobili ed apparentemente eterne in tutta la loro
maestosità. Jack pensò all’infinità di persone che abitavano in quella
minuscola porzione di mondo, e cercò di immaginarsi la vita di ognuno, piena di
sofferenze e di gioie, di lavoro e di impegno, tutto volto all’unico scopo di
raggiungere un brandello di felicità già su questa terra. Perso
nell’immensità del mistero della vita, si scoprì accompagnato dall’esile
braccio di Elena, che gli indicava un punto indistinto immerso nel buio.
Concentrandosi attentamente, Jack intravide un piccolo bagliore immerso nei
campi, una cascina isolata immersa nel mare che le dava vita. Improvvisamente
delle immagini gli vennero alla mente, immagini distanti nel tempo, eppure
ancora nitide e chiare come se fossero state vissute da pochi giorni: un gentile
contadino ed i suoi famigli, una tavola imbandita per molte persone, ma
soprattutto molta allegria e gioia.
“Già…”
la voce della ragazza ruppe il silenzio, “Tanti bambini che giocavano nei
portici della fattoria, degli uomini abbronzati dal sole caldo e temprati dal
lavoro nei campi, le loro donne sorridenti liete, gli anziani intenti nel gioco
dei tarocchi, non prima però di avere amministrato i loro possedimenti con
saggezza ed esperienza…”
Il
guerriero annuì, ricordando con un sorriso tutti i dettagli descritti
dall’amica.
“Fu
allora che iniziai a comprendere veramente perché combattevo al vostro fianco,
cosa cercavo nelle notti insonni a marciare verso terre a me sconosciute… Fu
allora che compresi come la Felicità non è un bene da aspettarsi solamente
nella vita nei Cieli, bensì sia qualcosa di concreto da perseguire già nella
nostra esistenza presente. La pace dovrebbe preservare tutto questo, dovrebbe
permettere che ogni uomo si possa dedicare alla ricerca della Felicità”
Elena
si fermò per diversi istanti, chiudendo gli occhi ed assaporando l’aria dolce
e viva della notte, mentre Jack ancora rifletteva sulle sue parole. Pur nella
sua giovane età, la ragazza sapeva parlare al cuore del guerriero, portandolo a
migliorarsi ogni giorno, donandogli un bene che egli reputava impagabile e
rendendo l’amica insostituibile ai suoi occhi. Diverse volte aveva temuto di
perderla, eppure lei gli era rimasta sempre fedele nonostante tutto ciò che in
passato era capitato alla Compagnia, che avrebbe potuto spazzare via come
polvere gruppi ben più determinati.
“Noi
abbiamo combattuto per tutto quello che hai detto” fu quello che Jack riuscì
a dire.
“No.
Noi ci siamo operati per questo attraverso la diplomazia, non attraverso la
lotta. Quando abbiamo combattuto, lo abbiamo fatto per le nostre vite o per la
vita di altre persone, non per raggiungere la pace attraverso la guerra”
Ancora
una volta il guerriero si trovò ad ammirare la logicità di pensiero di Elena,
arrivando a stimarla come mai aveva fatto prima.
“Comunque
con il Trattato la pace è più vicina di prima, permettendo ad un maggior
numero di persone di raggiungere la felicità” azzardò, seguendo la linea di
pensiero dell’amica.
“Allora
spiegami perché quel pezzo di carta non ha impedito ad un gruppo di goblin ed
ogre di radere al suolo e saccheggiare impunemente quella fattoria dove passammo
dei giorni che sono ancora incisi a fuoco nella mia mente, dimmi perché diverse
persone come quei contadini non sono ancora al sicuro da scorribande di predoni
e razziatori, dimmi perché una donna deve ancora temere di essere violentata ed
uccisa nel cammino tra due villaggi distanti tra loro non più di un miglio”
“Non
abbiamo incontrato predoni in venti giorni di marcia nelle pianure!” esclamò
quasi indignato Jack.
“Eppure
sai anche il perché!” replicò altrettanto alterata Elena, per poi ritornare
al suo tono di voce consueto: “Nessuno osa attaccare le carovane di merci
preziose destinate alle città, poiché i nobili possono permettersi numerosi
guerrieri di scorta, scelti tra le loro truppe private, addestrate al meglio,
mentre invece il Regno assegna alla milizia cittadina dei veterani che non
potranno mai competere con le bande di briganti, inesperti ma astuti nel
colpire. Il mondo è spaccato in due da quelle persone che dicono di unirlo e
proteggerlo. L’errore è uno solo: pensare ai propri interessi e non alla
realtà ed alle persone, che così si trovano ad essere parte di un ingranaggio,
schiave di esso nella convinzione di essere libere e protette. Questa è la pace
che vedo costruire dal Trattato”
Non
c’erano repliche possibili alle parole di Elena, e non ve ne furono. I due
amici si trattennero ancora diversi minuti a contemplare la bellezza della notte
d’estate, quindi tornarono in paese, dove gli altri membri della Compagnia li
attendevano. In silenzio, i sette tornarono alla locanda, dove si divisero per
trascorrere la notte.
Interludio Comodo ma Non Troppo Lento
Quattro
occhi spiccavano nell’oscurità della stanza, fissandosi a vicenda e
confidandosi segrete emozioni. Il sonno si stava per impossessare della ragazza,
ma lei cercava di resistervi, desiderosa di poter trascorrere qualche istante in
più con lo stregone, ma ben conscia della necessità di riposarsi e riprendersi
dalla lunga giornata che, come previsto, aveva lasciato un segno indelebile
nella Compagnia. Emmanuel cercava di avvicinarsi allo stato d’animo di Elena,
pur sapendo di non riuscire a capire appieno il comportamento di lei. Pur
avendola vista crescere durante gli anni che i due avevano trascorso insieme,
non pretendeva di conoscere i moti dell’animo di lei, e attaccava ferocemente
chi era convinto di potersi immedesimare nei panni altrui, sentenziando
stoltamente per conto di altri.
“Posso
aiutarti, anche solo con il mio silenzio?” l’incantatore si decise ad
avvicinarsi alla ragazza, pur non volendo invadere il suo spazio e cercando di
rispettare il più possibile la volontà dell’amica.
“Non
ti è mai sembrato di essere vuoto nonostante tutto il tuo affannarti per le
cose terrene, pur avendo votato la tua vita a qualcosa che ritieni importante
per te?”
“Non
siamo perfetti, Elena, non possiamo sempre fare bene ciò che desideriamo.
Possiamo però non arrenderci alle avversità e perseguire continuamente quello
in cui crediamo, migliorandoci nel cammino. Questo è ciò che è successo a me,
nell’amicizia della Compagnia”
“Non
hai risposto a parte della mia domanda”
“Se
segui scopi privi di senso anche la tua vita sarà vuota”
“Tu
sai come colmare la voragine che mi sta schiacciando, distruggendomi
dall’interno?Tu puoi colmare questo vuoto atroce che mi accompagna?”
“Non
sarà la sapienza a dare compimento alla tua vita, né molte altre cose che
sembrano dare realizzazione al mondo. Neppure l’amore tra tutti i popoli dei
Regni potrà salvarci dal vuoto che senti in te, che tanti non riescono a
riconoscere nelle loro vite”
“Eppure
tu mi dici che un modo per vivere bene esiste, già in questo mondo…”
“Non
si può spiegare a parole, eppure noi ci siamo sempre aiutati a camminare in
questa direzione”
“Ma
allora perché io soffro per tutto il tempo che ho trascorso vanamente?”
“Perché
il cammino è lungo e difficile, e non può essere appreso in una notte, né in
diciassette anni di erranza. Ora è giunto il momento di dormire, per te, e per
me di vegliare su tutti noi, perché il nostro cammino possa proseguire
sempre”
Elena
si rigirò tra le calde coperte del letto mentre le ultime parole di Emmanuel
ancora le risuonavano nelle orecchie. Avvolta in un nido caldo ed accogliente,
si lasciò scivolare in un sonno tranquillo e sereno. Lo stregone si avvicinò
alla ampia finestra della camera da letto, in parte attratto dal richiamo del
paesaggio notturno, in parte legato alla ragazza che si era appena sopita dietro
di lui, esempio di semplicità e profondità di spirito come mai egli aveva
potuto trovare durante la propria vita. Lei era l’esempio sempre presente di
come il cammino verso la felicità fosse più lieve da compiere in amicizia, pur
se l’indole di Emmanuel era più portata alla solitudine ed alla meditazione
eremitica. Molte volte si era chiesto come mai, dieci anni prima, si fosse
lasciato coinvolgere da un gruppo eterogeneo di persone, eppure ogni giorno
ringraziava i Cieli per averlo aiutato nel compiere quella decisione che gli
aveva cambiato la vita. Pur con tutti gli errori commessi da lui e dalla
Compagnia, egli percepiva chiaramente un miglioramento in sé e negli amici con
cui condivideva la strada, e sapeva anche che ciò non sarebbe mai potuto
avvenire se non per un Disegno che li aveva provocati ad unirsi ed a rimanere
insieme fino a quel punto. Ora l’unione della Compagnia avrebbe potuto essere
messa in discussione, eppure Emmanuel confidava, qualsiasi fosse stata la nuova
via scelta da ognuno, che tutto si sarebbe concluso per il meglio, anche se a
prima vista sarebbe potuto sembrare un disastro. Forte di questa certezza, lo
stregone iniziò ad elevare una preghiera ai Cieli, per sé e per i propri
amici, a cui sarebbe rimasto eternamente grato. Le prime avvisaglie dell’alba
lo colsero al termine della sua lunga orazione, senza però sorprenderlo
impreparato. Tirate le tende, Emmanuel si preparò ad accogliere il risveglio di
Elena, per vivere insieme a lei un nuovo giorno.
Allegretto Deciso
Jack terminò di
affilare la propria ascia bipenne, assicurandola con pochi movimenti esperti ad
un pesante cinturone al quale pendevano diverse spade lunghe. Dalle camere
vicine si potevano sentire il rumore sordo che accompagnava abitualmente gli
allenamenti mattutini di Kelestia ed Alexander, mentre Daniel stava accordando
con precisione assoluta una cetra di avorio. Rivolgendo un pensiero ad Elena ed
alla discussione della sera precedente, il guerriero uscì dalla propria camera,
richiudendola accuratamente dietro di sé, scendendo poi per saldare il conto e
per un’abbondante colazione. Non si sorprese al vedere lo stregone e la
ragazza seduti ad un tavolo, ma anzi prese posto con loro, senza interferire in
ciò che i due si stavano dicendo, finché non fu direttamente chiamato in
causa.
“Quando
la sincerità, la semplicità e la sensibilità incontrano la saggezza e
l’amore, per me non c’è altro da fare che rimanere estasiati in ascolto”
Emmanuel
ringraziò per il complimento con un breve inchino, quindi lasciò che i due
ordinassero da mangiare, osservandoli in silenzio fino al termine del loro pasto
mattutino, al quale presto si unì anche Daniel, allietando il quartetto con
qualche canzone fino a che la Compagnia si trovò al completo nella Locanda dei
Tre Draghi. Il silenzio calò palpabile all’interno del locale, interrotto
solamente dal lento lavoro del cameriere e dai rumori provenienti
dall’esterno, dove la città stava lentamente risvegliandosi per tornare a
nuova vita dopo la parentesi della stasi notturna. Il bardo della Compagnia
aveva smesso di pizzicare le corde del proprio strumento, attendendo al pari
degli altri; Emmanuel stava giocherellando distrattamente con il rotolo che la
sera precedente gli aveva consegnato Re Klaut.
“Cos’è
quello?” domandò curiosa ma insospettita Elena.
Per
tutta risposta Jack le lanciò il proprio manoscritto, che la ragazza lesse con
attenzione, per poi arrotolarlo con cura. Per qualche istante l’attenzione dei
presenti fu focalizzata su di lei, quindi tutti si volsero verso il piccolo
caminetto spento, dove la ragazza aveva gettato l’elenco fatto stilare dal
Sovrano di Nemoch. Alexander sorrise, imitando l’amica, e ben presto ognuno si
liberò del documento reale con un sorriso o una risata, quindi Emmanuel tracciò
pochi gesti per aria, dando fuoco alla carta, che venne consumata sino a
diventare null’altro che una manciata di cenere. Elena si alzò da tavola,
gettando una manciata di monete all’oste, che era rimasto ad osservare la
scena allibito, quindi si diresse verso la porta, fermandosi sullo stipite,
illuminata da un raggio di sole. Lentamente lo stregone le si avvicinò,
fermandosi in piena luce e scorrendo con lo sguardo i volti degli amici seduti
di fronte a sé. La ragazza cercò di spostarsi per coprire con la propria ombra
l’amico, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva ad evitare che Emmanuel
fosse completamente al riparo dalla calda radiazione dell’astro celeste, finché
Jack non la raggiunse coprendo con la sua mole l’intera ampiezza della porta.
In un guizzo Elastar si portò al fianco dei tre amici, prontamente imitato da
Daniel, Kelestia ed Alexander. Con un cenno di approvazione, il guerriero uscì
all’aria aperta, seguito dalla Compagnia al completo. Attraversata velocemente
la città, i sette amici si allontanarono da Nemoch, lasciandosi alle spalle un
mondo in cui ognuno di loro non aveva mai creduto, e che nessuno di loro avrebbe
più servito.
Il
sole era già calato alle spalle della Compagnia, e l’imponente sagoma dei
Monti di Ferro era già avvolta nella semioscurità, quando Elena avvistò un
gruppo di venti uomini armati alla buona che stavano trascinando dietro di sé
una fila di donne incatenate. In lontananza si poteva scorgere un piccolo
villaggio dal quale si levavano ampie volute di fumo. Ad un cenno della ragazza,
i sette amici accelerarono il passo sino a sbarrare la strada ai predoni, che si
erano già messi in allerta alla vista del gruppo.
“Hei,
mostri in arrivo!”
“Mostri?
Dove?!” esclamò Jack in risposta al brigante, guardandosi in giro.
Alexander
gli si accostò, sussurrandogli poche parole nell’orecchio, ed il guerriero
comprese, illuminandosi in volto.
“Mostri?
Ah, intendi dire noi, vero?” esclamò il Minotauro, quindi si lanciò alla
carica con l’ascia levata al cielo, intonando un inno di guerra.
Subito
il Drago Celestiale Daniel accompagnò la voce di Jack con la propria,
improvvisando un arpeggio con la cetra, mentre già il Ragno Planare Elastar si
era lanciato nella mischia. La Ragazza-Serpente Elena si mise a mietere vittime
con inumana precisione, dando fondo al proprio arsenale di coltelli e pugnali,
coperta dalla Gargoyle Kelestia, che le faceva schermo deviando il tiro degli
arcieri nemici. In breve la metà dei predoni venne ridotta in condizioni di non
nuocere grazie agli incantesimi del Golem di Roccia Alexander e del Vampiro
Emmanuel, mentre l’altra metà era caduta sotto i colpi congiunti dei
combattenti della Compagnia. Le catene che tenevano legate le donne catturate al
villaggio presto legarono i dieci superstiti, ed i sette si trovarono ben presto
ad affrontare una vera e propria salva di ringraziamenti, a cui non erano mai
stati preparati.
“Lasciate
almeno che vi conduciamo a ciò che rimane delle nostre case, per poterci
sdebitare del vostro aiuto” implorarono le prigioniere liberate.
Jack
fece per rifiutare, ma Elena lo bloccò, rispondendo al posto suo: “In realtà
una buona cena non ci starebbe male” sorrise, contagiando ben presto tutto il
gruppo.
Così
un guerriero Minotauro, una Ragazza-Serpente, un Vampiro, una Gargoyle, un Golem
di Roccia, un Drago Celestiale ed un Ragno Planare si incamminarono alle spalle
di un gruppo di donne Umane, procedendo decisi sul sentiero della vita.
Raileen Whisperwind