Racconti Fantasy

La Corsa

 

 

A poco a poco il sole sparì dietro le colline e lo splendido tramonto si trasformò in sera e poi in notte. La pianura che si stendeva a perdita d’occhio davanti alle colline era completamente ricoperta da uno spesso strato di ghiaccio che si originava dal grosso fiume e si allargava per tutta la piana al centro della quale scorreva. Come ogni autunno, sotto l’effetto delle piogge alluvionali il torrente estivo aveva straripato, invadendo tutta la piana e, come ogni inverno, era gelato all’arrivo delle rigide temperature polari che caratterizzavano quella regione.

Con l’approssimarsi della sera, il traffico di slitte che di giorno riempiva le provvisorie vie sul ghiaccio era pressoché scomparso, a parte qualche ritardatario che ora incitava i suoi animali da traino. Non era affatto piacevole trovarsi in pianura di notte a metà dicembre.

Anche le sentinelle che facevano la ronda notturna sui bastioni della città di Prataf dovevano pensarla allo stesso modo, perché si erano attrezzati con mantelli pesanti, guantoni, sciarpe e grossi falò.

Dal balcone della sua stanza, la principessa Lenana osservava i puntini dei fuochi sulle mura di cinta avvolta nel suo cappotto di pelliccia di bufalo delle nevi, e cercava di immaginarsi come dovessero sentirsi quei poveri soldati. Stava ancora cercando di inventarsi una sensazione di freddo intenso quando una voce familiare e cara le chiese cosa facesse lì fuori a quell’ora.

- Sto cercando di immaginare come mi sentissi se dovessi essere uno di quei soldati laggiù. – rispose.

- Ma, grazie al cielo, non lo sei e non lo diventerai. Perché allora insisti? – Ramk, suo fratello, era l’uomo più gentile del mondo, ma non riusciva a staccarsi dal suo rango di erede al trono nemmeno nella fantasia. Era inconcepibile per lui mettersi in panni che sapeva che non avrebbe mai vestito, come appunto quelli di un soldato della ronda notturna.

- Non mi piace la gente che soffre mentre noi godiamo, dovresti saperlo. Mi da fastidio che non abbiano la possibilità di non sentire freddo come me. Perché non ordini una partita di cappotti di bufalo? Oltretutto, li motiveresti molto di più a prestare servizio la notte.-

- Perché il bufalo delle nevi si sta estinguendo, perché è sempre più difficile trovare dei buoni cacciatori e dei buoni conciatori e quindi i cappotti costano un occhio della testa. Te lo avrò ripetuto almeno mille volte: possibile che non ti entri in testa?- la secondogenita Lenana aveva il cuore più generoso di tutte le terre settentrionali, ma mancava totalmente di mentalità economica. Se fosse stata lei l’erede, avrebbe scialacquato tutto il patrimonio per dare da mangiare ai poveri e per coprire chi aveva freddo.

- Ora smetti di pensarci e vieni dentro, che tra poco sarà pronta la cena. Oggi vengono anche il Generale Plaslotz e l’Ammiraglio Nimar. Cerca di fare bella figura.-

- Oh, sai che bello. Staranno tutto il tempo a discutere con papà sulle strategie diplomatiche da adottare con i Nannahe. Non si accorgeranno nemmeno di noi. – Ma, mentre brontolava, si era avviata docilmente verso la sala da pranzo, dimenticandosi le finestre del balcone aperte.

“Quel cappotto di bufalo è davvero formidabile” pensò Ramk, notando l’indifferenza di sua sorella all’atmosfera decisamente più calda della stanza “ per me non si è neanche accorta di essere entrata in casa. Non si accorgerebbe dello sbalzo termico nemmeno se da una cella di congelamento la buttassero dentro ad una stufa.”

 

La mattina dopo si correva una corsa di slitte trainate dai lemik, delle specie di lucertoloni le cui zampe riuscivano a rimanere aderenti al terreno anche sopra una cascata ghiacciata. Era un’antica tradizione, in memoria dell’alleanza con la città stato di Brìmod, che stava esattamente di fronte a Prataf, solo dall’altra parte della pianura, a 253 chilometri di distanza. Era veramente un’impresa degna di nota vincere quella gara e molti giovani ardimentosi e veterani con qualche capello bianco si affrontavano, sognando la gloria e soprattutto il cospicuo premio messo in palio dai governanti delle due città.

Le slitte assomigliavano molto agli scafi delle piccole barche usate dai pescatori del fiume (da cui derivavano), molto allungate e aerodinamiche a cui si attaccava una muta di otto cuccioli di lemik pilotati a turno da due persone. Volendo, si poteva anche sfruttare l’onnipresente vento montando una vela e caricando la muta nello scafo, che però in questo modo si appesantiva molto.

Quella mattina perfino il sole sembrava deciso ad assistere alla competizione e fin dall’alba si mostrò in un cielo azzurro… azzurro cielo senza neanche una velatura. Da tempo non si vedeva una giornata così in dicembre.

Sulla linea di partenza, appena dentro le mura, si erano ammucchiate un’enorme quantità di slitte e intorno vi si affaccendavano diverse centinaia di persone. Altre migliaia assistevano ai lati del percorso fino a poco fuori la città, sugli spalti delle mura, dalle finestre delle case, sui radi alberi, da qualche grosso vascello volante affittato o prestato per l’occasione dai mercanti del posto, dai grifoni del reparto aereo dell’esercito, montati in quell’occasione dai giudici di gara e dagli infermieri di pronto soccorso, che si libravano in volo sopra le teste di tutti leggeri come farfalle.

Il via era previsto per le nove in punto della mattina, ma lo starter sparò il rituale colpo di pistola quando mancava un quarto alle undici. Già alla partenza cominciò la selezione dei concorrenti: tra chi si fermò nei primi cento metri, chi non partì proprio e chi non riuscì a farsi obbedire dai propri animali che andarono dove volevano, rimase in città un buon ottavo dei partecipanti. Coloro che non ebbero problemi all’inizio, li ebbero subito dopo, quando si trovarono ad affrontare il bosco di abeti vicino alla città, i cui componenti fermarono molti in modo piuttosto brusco. Dopo varie tribolazioni, i sopravvissuti si trovarono finalmente davanti all’infinita distesa gelata che si prolungava a perdita d’occhio dovunque guardassero. L’unico punto di riferimento fu la città, che però già verso mezzogiorno era sparita sotto l’orizzonte. Per fortuna che a rompere la monotonia del paesaggio c’erano i gruppi di tifosi sistemati un po’ dovunque che incitavano i corridori e le loro bestie. Molti gli correvano accanto anche per lunghi tratti a cavallo di lemik adulti, con slitte a vela o semplicemente a corsa, mentre le grandi navi dei mercanti li osservavano dall’alto, puntando la prua sempre verso Sud-Ovest, per indicare la rotta ai piloti.

Già verso le due del pomeriggio si era delineato un primo gruppo che precedeva di qualche centinaio di metri il grosso dei concorrenti rimasti. Tra i primi si notava un team che, nonostante si vedesse che il pilota faticasse molto per tenere gli animali sulla giusta rotta, era tra i più veloci.

Purtroppo verso le due e mezza tre meno un quarto il sole parve perdere interesse alla gara e ancora prima di tramontare si coprì di nubi che promettevano tempesta, facendo corrugare le fronti di parecchie persone, tra cui quella di una ragazzina che all’apparenza sembrava avere ben poco a che fare con la corsa. Che cosa potrebbe interessare ad una tredicenne una tale competizione? Se lo chiedeva anche il suo fratello maggiore, Ramk che, mentre era in cerca di Lenana, si era imbattuto nel viso triste della minore delle sue sorelle, Kimi, che scrutava pensierosa la pianura attraverso un enorme finestrone. Dopo aver risposto negativamente alla domanda “Sai dov’è Lenana?” rimase muta quando Ramk le chiese perché fosse triste.

- Sono preoccupata per lei.- disse ad un tratto, mentre il fratello stava per andarsene. Incuriosito, quest’ultimo si avvicinò di nuovo, si sedette su una sedia lì vicino e chiese:

- Anch’io sono preoccupato per lei, ma io la sto cercando e tu no. Posso chiedere perché?-

- Non lo so. Ho come la sensazione che non sia nel castello e non mi va di cercarla fuori.-

- Strano. Se sei veramente preoccupata per lei, come mai non ti va di cercarla?-

- Non sono affari tuoi. Semplicemente è troppo freddo fuori e io non ho un cappotto di bufalo come il suo.-

- Certo che è freddo fuori: c’è una tempesta di neve senza precedenti. Dovrebbe essere un motivo in più per cercare più velocemente.-

- Non resisterei cinque minuti, dammi retta. E in cinque minuti non si possono fare i chilometri.-

- In che senso “i chilometri”? La cittadella non è così grande.- Il principe non ci capiva più niente.

- Era andata alla partenza delle slitte, stamattina. E da qui alla porta della città…-

- Da qui alla porta della città ci vogliono quindici minuti a piedi, e alla partenza ci sei andata anche tu stamattina insieme a lei.-

- Vero. Però ad un certo punto l’ho persa di vista, poco prima della partenza. -

- Che m’importa quando l’hai persa di vista. E che vuol dire?! Casomai è lei che perde di vista te!-

- Vuol dire che quando voi grandi non volete capire qualcosa, proprio non capite! Ma possibile che non ci arrivi da solo?- e così dicendo Kimi si alzò e si diresse con passo deciso verso le scale che portavano alla sua camera. Ramk non sapeva più cosa pensare. Che diamine voleva dire la piccola? Ci si scervellò dieci minuti buoni, fino a quando rispuntò da dietro l’arco il grazioso visino della ragazza.

- Sei ancora lì?- lo rimproverò con voce severa - Ma allora sei uno zuccone! Ma come fai a non capire? Pensaci un attimo: una corsa di duecento chilometri nel ghiaccio, il fatto che ha lasciato in camera sua il cappotto di bufalo, quel discorso di ieri sul freddo…- Il principe sbiancò.

- Oddio… non dirmi che si è iscritta…-

- Grazie al cielo ci sei arrivato!- La ragazza sembrava decisamente sollevata, ma ancora indispettita che suo fratello capisse così poco e, lasciato l’erede al trono a riflettere, riprese la strada verso la sua stanza.

Ramk era rimasto senza fiato: Lenana si era iscritta alla corsa! Ma come aveva potuto farlo? Come avrebbe potuto sopravvivere in mezzo alla tempesta? E soprattutto:

- Perché non me lo hai detto subito? Cosa ti costava avvertirmi? Adesso valla a recuperare là in mezzo!- chiese nero di rabbia alla sorellina.

- Ma non eri tu quello che sosteneva l’importanza di mantenere le promesse? È esattamente quello che ho fatto io: ho tentato di mantenere la promessa di stare zitta. Se l’avessi saputo prima, col cavolo che l’avrei aiutata, che ti credi! Ci tengo a mia sorella! -

- E allora perché l’hai lasciata partecipare ad una corsa suicida, anzi, l’hai anche aiutata! Ma come ti è venuto in mente? -

- L’ho aiutata perché credevo che mi prendesse come secondo pilota, e invece mi ha fregato ed è partita con un altro. È solo per questo che sono stata zitta fino ad adesso. Volevo che soffrisse almeno un po’. – Ramk non sapeva più cosa rispondere: qui c’era una vera e propria congiura! Le sue sorelle, trent’anni in due, volevano partecipare ad una corsa di oltre duecento chilometri sul ghiaccio, in mezzo ad una tempesta, e una ci era pure riuscita, tradendo la più piccola e partendo con un estraneo!!! Urgeva una soluzione. Il principe ci pensò su un attimo, poi si alzò di scatto e corse verso una rampa di scale dicendo:

- Con te faccio i conti dopo. Ora vai in camera tua e restaci fino a nuovo ordine. -

E sparì nella tromba delle scale. Kimi lo guardò scendere, poi gli urlò dietro:

- Ramk! Fammi questo favore: riportami Lenana. Te ne prego. – poi, senza aspettare la risposta (che non venne mai), si diresse nella sua stanza come le era stato ordinato. Lì prese un pezzo di carta, vi scarabocchiò sopra qualcosa, poi frugò nel suo guardaroba, ne estrasse una gabbia al cui interno vi era un animale che pareva un incrocio tra un pipistrello e un’aquila, gli legò il messaggio protetto da un involucro impermeabile al petto tramite un’imbracatura, gli diede un pezzo di carne, poi spalancò la finestra e lo fece volare via. Tempo pochi secondi ed era scomparso nei turbinii di neve.

 

Il rettile giunse al destinatario molto più tardi, quando era già buio inoltrato. Lo trovò solo grazie al particolare profumo che quest’ultimo aveva addosso, una strana pozione che non sembrava risentire del vento nemmeno quando tirava la bora e restava sulla strada percorsa anche per qualche giorno. Sicuro di non sbagliare, il messaggero si diresse verso una slitta ferma contro un mucchio di neve. Al suo interno si distingueva una sagoma che, dai movimenti che faceva, si capiva che stava cercando di scaldare il suo compagno, steso sul fondo, che stava evidentemente finendo assiderato, e quasi non si accorse quando il piccolo volatile si posò, o meglio, fu sbattuto da una raffica di vento nel piccolo scafo. Si distrasse dalle cure dell’amico solo quando l’animaletto reclamò il premio per aver portato a destinazione il messaggio. L’uomo si voltò verso il messaggero: aveva la testa completamente avvolta in un turbante di lana pesante che lasciava scoperti solo gli occhi, protetti da un paio di occhialoni semiappannati. Il rettile ebbe qualche dubbio sul risultato della missione. Appena srotolato il messaggio, lo lesse ad alta voce, cercando di sovrastare il vento per farsi sentire dal suo compare.

- Santo cielo! Senti qua Gas: “per Lenana. Ti hanno scoperto. Queste sono le ultime parole che ti rivolgo. Ciao, Kimi.”- un messaggio corto, ma pieno di significato.

- Che facciamo adesso, principessa? – mormorò l’altro.

- Tanto per cominciare, chiamo un grifone. Tu non puoi continuare così. Finirai assiderato se non ti scaldi. -

- Ma abbiamo ancora parecchio tè caldo! – replicò.

- Il tè caldo non può scongelarti i piedi, ne le mani. Se non verranno riscaldati in fretta, rischierai di perdere tutti e quattro gli arti. Non voglio che rischi così tanto per una stupida corsa. - Il moribondo sembrava deluso, ma non poteva fare niente.

- Quanto a me, - continuò Lenana - vedrò di andare il più avanti possibile. Voglio finirla questa corsa, a tutti i costi. – passarono alcuni attimi, in cui l’uomo cercò qualche argomento per replicare, ma non trovando niente di convincente, decise di cambiare argomento, e continuò a parlare per non farsi congelare le corde vocali.

- Che farai adesso con la principessina Kimi? Dal tono della lettera, sembrava alquanto risentita.-

- Ha ragione. Le avevo promesso di portarla con me, ma non me la sono sentita di rischiare la sua vita per uno scopo come questo. Non mi parlerà più per parecchio tempo. –

- Sai qual’è il tuo problema, sei troppo buona. Se ci mettessi un po’ di cattiveria, nelle cose che fai, forse ti riuscirebbero meglio. – un disperato tentativo di riavviare la conversazione.

- Certo. Per esempio, mi sarebbe molto più facile far morire di freddo le sorelle minori e gli amici se avessi la pretesa di voler concludere in squadra la corsa. – si sentiva che entrambi erano a corto di argomenti. Mentre parlava, frugò in una saccoccia, ne estrasse una pistola di discrete dimensioni, la puntò in aria e sparò un colpo. Immediatamente, cominciò a produrre un fumo rosso che si disperse nel vento. Lenana attaccò la pistola fumante all’albero, diede un pezzo di carne al piccolo messaggero che attendeva ancora nello scafo, poi si strinse accanto all’altro uomo sotto una pesante coperta e si misero a dibattere su cosa avrebbe detto alla sua famiglia quando sarebbe tornata. Se mai sarebbe tornata.

Non erano passati dieci minuti che il rumore del vento aumentò dopodiché un imponente grifone atterrò accanto alla slitta. Era attrezzato con una robusta imbracatura bianca, nella quale poteva trovare posto un ferito in una barella ed un infermiere. Passati altri due minuti il grifone era ripartito, lasciando sola Lenana insieme ai cuccioli di lemik. Essa si sedette un attimo a pensare, poi afferrò il messaggio di Kimi lo girò e ci scrisse il seguente messaggio:

Grazie Kimi. Perdonami per quello che ti ho fatto, ma sappi che Gaston è stato appena portato via da un grifone medico. Tu avresti fatto la stessa fine. Ciao Lenana” poi diede al piccolo volatile un altro pezzo di carne, gli rimise il messaggio nell’astuccio e lo lasciò partire.

Ora, l’unica cosa che poteva fare era continuare a correre, fino a quando le sarebbe stato possibile. Pronta a tutto, la principessa richiamò i lemik, li caricò sulla slitta, assicurandosi che non scappassero o che non facessero movimenti bruschi, montò l’albero legandolo meglio che poteva, poi issò la più piccola vela che aveva e partì come una freccia, disperdendo nel vento il cumulo di neve sulla quale era incastrata la slitta e accelerando fino a velocità strepitose, scivolando, anzi, quasi volando sul ghiaccio. In questo modo percorse diversi chilometri, fino a notte fonda. Quel pomeriggio ritornò bambina, mentre faceva lo slalom tra le dune di neve create dal vento, come quando giocava con la slitta di legno giù per le discese e si divertì proprio come allora, tanto da dimenticarsi ogni suo problema.

 

Stava controllando la direzione da seguire su una piccola bussola mal funzionante, approfittando di una piccola tregua del vento, quando all’improvviso fu illuminata da un’intensa luce proveniente dall’alto. Quando alzò lo sguardo, riuscì a distinguere la vaga e minacciosa sagoma di un veliero che calava su di lei. Di solito, lo sapeva bene, non volavano a quote così basse, soprattutto durante le tempeste dove il vento rischiava di sbatterli contro gli ostacoli che si potevano trovare lungo il percorso, perciò c’era un motivo veramente grave se aveva deciso di abbassarsi così tanto, e aveva la vaga impressione di essere lei quel motivo, confermato dal fatto che la luce del faro non si spostava da lei e che dal vascello scesero delle piccole scialuppe con lo stemma del corpo della Guardia Reale. A questo punto si prospettavano due alternative:

a) fare la brava ragazza, fermarsi e farsi portare a bordo, per avere una colossale lavata di testa e una punizione a dir poco esemplare, fallendo così la sua missione;

b) dimostrare un carattere alquanto bastardo facendo sudare non sette ma quattordici o più camice ai suoi inseguitori continuando a correre verso il traguardo, lottando fino alla fine, per avere come premio una lavata di capo quadrupla e una punizione in proporzione.

In quanto al carattere, la sorella dell’erede al trono aveva molti lati nascosti che nessuno conosceva, e se c’era una cosa che non la preoccupava erano le punizioni, perché sapeva che prima o poi finivano. Quindi, dopo aver riflettuto qualche decimo di secondo, lanciò uno sguardo di sfida alle guardie, contò le scialuppe, spiegò completamente la vela e non si voltò più indietro.

Provate ora ad immaginare la faccia delle guardie reali: vi affidano la missione di recuperare una principessa dispersa in una tempesta di neve, che probabilmente sta morendo assiderata, arrivate lì pieni di buone intenzioni, con coperte, tazze di tè caldo e frasi per rassicurarla, la avvistate e vi avvicinate: quella vi guarda, poi spiega la vela e schizza via. Cosa fareste? Fareste come loro: penserete “gli ordini sono ordini”, quindi accelerate al massimo e la inseguite.

Ma una slitta da corsa non è una scialuppa da trasporto ed è creata per la velocità: provate un po’ voi a stare dietro ad una moto GP con un vecchio pulmino Vonswagen! Questo più o meno era il rapporto di forza tra inseguito e inseguitori e i primi se ne accorsero ben presto: infatti a questi si sostituirono dei veloci surfisti che si misero sulle tracce lasciate sul ghiaccio dalla slitta. Per essere veloci erano veloci, ma chi gli assicurava che quelli erano i solchi fatti proprio dall’inseguita? Dopotutto, questa era una gara di slitte che si somigliavano più o meno tutte, come fare ad azzeccare le impronte giuste? Bisogna avere molta fortuna, e le nostre guardie ce la dovevano avere solo in amore, perché al gioco perdettero subito.

Lenana, oramai, poteva solo correre, sperando di non essere intercettata. Era diventata una preda, veloce, d’accordo, ma sempre una preda e i predatori erano tanti e disponevano di svariati mezzi.

Continuò ad andare nella stessa direzione per tutta la notte e al mattino (se ne accorse solo perché riuscì a vedere in tempo una crepa sul ghiaccio) si imponeva una sosta. Doveva però scegliere il posto giusto, abbastanza riparato da occhi indiscreti.

Ci stava riflettendo sopra, quando tra i fiocchi che le turbinavano intorno scorse l’inconfondibile sagoma di una slitta rovesciata e la parte migliore del suo carattere ebbe subito la meglio.

Arrotolata la vela, riuscì a fermare la slitta vicino al luogo dell’incidente (non c’erano dubbi: si trattava proprio di questo) e scese a controllare. Da sotto lo scafo si udiva l’inconfondibile voce di una donna che piange. Lenana si fece sentire dall’occupante di quel riparo improvvisato, che si affrettò ad affacciarsi da sotto lo scafo. Era una giovane donna sui vent’anni, dai capelli castani che le svolazzavano fuori dalla fascia che portava sulle orecchie. Gli occhi, anch’essi castani, erano rossi dal pianto ed il viso era viola per il freddo. Appena mise a fuoco chi le stava davanti, tirò un grosso sospiro di sollievo e balbettò:

- Grazie al cielo ci avete trovati! Mio fratello sta morendo assiderato. Avevamo montato la vela, ma i cuccioli non stavano buoni e ci siamo ribaltati. Ho paura che si sia rotto una gamba. – dicendo ciò aveva ribaltato la slitta, scoprendo un altro giovane che se ne stava immobile, rannicchiato in una buca nella neve. Appena questi inquadrò la scena, tentò un sorriso, subito stroncato da un violento attacco di tosse.

- Da quanto siete qui? –

- Non lo so, penso un’ora e mezza, forse due. -

Lenana imprecò tra se e se. Non poteva lasciarli lì o sarebbero morti prima dell’arrivo dei soccorsi. D’altronde, se rimaneva con loro, doveva per forza chiamare dei grifoni, che l’avrebbero subito riconosciuta e presa. Guardando la slitta, la giudicò troppo mal ridotta per trasportare una persona, figuriamoci due. Come fare? Non poteva restare lì, o l’avrebbero raggiunta.un mugolio proveniente dalla sua slitta e un secondo di tempo le diedero l’idea giusta. Rivolgendosi alla donna piena di speranza, le domandò:

- Ce la fa ad aiutarmi a trasportarlo sulla mia slitta? Lì ho un po’ di te caldo e una coperta. – Adagiarono l’ammalato sul fondo dello scafo, lo coprirono con la coperta e Lenana diede a tutti e due una tazza di bevanda che li tirò un po’ su di morale.

- Riuscirebbe a guidare la slitta solo con la vela?- domandò Lenana alla ragazza. Questa assentì sicura.

- Allora io continuerò con i miei cuccioli. -

- Ma come ci riuscirà? Non con la nostra slitta, spero! è praticamente distrutta! -

- Non vi preoccupate. Il regolamento dice che si può gareggiare solo con delle slitte di legno, e le assi di legno si possono smontare. – e così dicendo si diresse verso il rottame, ne schiodò una lunga asse, ci salì sopra coi piedi ed esclamò:

- Perfetto! Legherò i cuccioli a quest’asse e io ci salirò sopra. Non dovrebbe mancare molto a Brìmod, forse una ventina di chilometri. Con quest’affare non dovrebbe essere difficile. – l’altra ragazza non trovò di che replicare e la lasciò fare. Dopo cinque minuti la muta di lemik era attaccata all’improvvisata tavola, con Lenana sopra. Adesso si che si viaggiava veloci! Tanto veloci che quando la strana coppia superò un gruppetto di tre slitte, queste rischiarono di schiantarsi tra di loro per la sorpresa.

Ora la tempesta sembrava aver esaurito la voglia di fare danni e lentamente smise di nevicare, aumentando enormemente la visibilità. Fortunatamente il vento continuò, anche se con meno forza di prima.

Ora il rischio di essere raggiunti era molto più alto, dato che le nuvole si stavano assottigliando ed era molto più facile essere avvistati dai grandi velieri che ormai avevano assunto il ruolo di pattuglie, piuttosto che quello di guide e Lenana continuava a guardarsi intorno, aguzzando gli occhi per individuare eventuali pericoli. Ma la paura durò poco e piano piano senza accorgersene mise da parte ogni cautela e lasciò che la muta accelerasse al massimo, sollevando una nuvola di neve. Ne aveva veramente bisogno di divertirsi.

 

Era ormai il pomeriggio del secondo giorno di gara, e la città di Brìmod aspettava con impazienza i concorrenti reduci dalla peggiore tempesta degli ultimi dieci anni. Di 472 iscritti, più di tre quarti affollavano le case di cura delle due città, mentre degli altri non si avevano notizie. C’era solo da sperare.

Erano appena scoccate le sette di sera quando una sentinella che stava bevendo una tazza di te caldo rischiò quasi di morire soffocato e, mentre cercava di respirare farfugliò:

- Una luce! Nella pianura! Una luce!-

In subbuglio per quella notizia, una folla che da sola bastava per scaldare una città tanto era eccitata si riunì ai lati del traguardo e sulle mura, vennero accese una quantità imprecisata di torce e due enormi falò brillarono ai lati della porta principale. Era impossibile sbagliare, anche per un cieco.

E difatti il piccolo faro acquistò sempre più sicurezza e si diresse inconfondibilmente verso il traguardo. Poi successe una cosa che destò un grido di delusione nel pubblico: il piccolo lumino venne per un attimo oscurato, poi tornò a brillare, ma stavolta rimase fermo. Era successo qualcosa alla slitta. Poco dopo la luce tornò a muoversi, ma nessuno ci fece caso. Tutti gli occhi erano puntati su un altro team che però aveva la slitta con un pilota a destra e i cuccioli di lemik con l’altro pilota a sinistra. Che diavolo succedeva? La folla ebbe qualche dubbio quando la luce dei fuochi illuminò la strana coppia, ma poi esplose in grida ed applausi di incitamento e travolse letteralmente il coraggioso pilota che guidava i cuccioli. Nessuno, dalla prima edizione della corsa, aveva concluso la gara in modo così originale, per cui il pubblico lo festeggiò ancora più calorosamente.

I secondi arrivati furono immediatamente portati alla casa di cura e Lenana tentò di seguirli, ma una grossa mano la trattenne per la spalla.                                               - Dove va, principessa? La strada per il palazzo reale di Prataf è da questa parte. - Lenana conosceva quella voce. Era una voce burbera, di qualcuno molto grosso. Prima di girarsi cercò di ricordarsi di chi fosse, e le venne in mente. Taurus. Adesso capiva tutto. Eccola, la fregatura! Era stato fin troppo facile, avrebbe dovuto capirlo subito. Ora si che se la vedeva brutta! Farsi beccare dalle Guardie Reali, d’accordo, ma da loro proprio no.

Per chi fosse all’oscuro delle vicende precedenti, bisogna dire che l’omaccione di nome Taurus faceva parte di un gruppetto di cavalieri conosciuti come “i sette erranti” che vagavano per le terre dell’ex reame di Camrinien prestando i loro servigi dove ce ne era bisogno. Avevano portato a termine con successo missioni di ogni tipo, dai classici salvataggi di fanciulle dai classici draghi, alla rappacificazione di popoli in contesa, fino al recupero di gente dispersa o, come nel suo caso, di riottosi fuggiti di casa, spesso con inganni. Anche i due della slitta incidentata erano della partita. Si chiamavano Jordie e Sianna e l’unica cosa sicura che si sapeva di loro era che erano fratello e sorella, per il resto, qualunque cosa ti dicevano sul loro conto poteva essere sia vera che falsa, visto che nessuno ne conosceva la storia. Lenana se li ricordava perché, poco tempo fa, erano riusciti a stroncare sul nascere una guerra tra di loro ed una popolazione che stava emigrando dall’estremo Nord, i Nannahe. Vi chiederete, perché tanta reticenza a farsi portare a casa da loro? Il motivo potrebbe sembrare stupido, detto così, ma vi assicuro che era una cosa piuttosto grave, almeno per la principessa, quindi cercate di prenderlo sul serio. Ebbene, alla compagnia apparteneva anche un giovane arciere venticinquenne di nome sir Flitch, che, a detta delle ragazze del tempo, era un gran pezzo d'uomo e, disgraziatamente per le sue ammiratrici, era da tempo incorruttibilmente fidanzato con Sianna (che, a detta mia, era un gran tocco di ragazza). Come si può facilmente immaginare, la diciassettenne Lenana si era subito invaghita del suddetto Flitch quando suo padre lo ospitò a corte con il resto della compagnia per il periodo delle trattative. Fu un amore subito disapprovato da suo padre, da suo fratello, da tutta la compagnia e dallo stesso Flitch, che la ammonì più volte di tenersi alla larga da lui. Quando scoprì che l’amato era già promesso, la principessa capì che doveva rinunciare. Il vero motivo per cui non voleva tornare a casa con loro era perché sapeva che essi si muovevano sempre con tutta la compagnia e lei era ancora innamorata.

Ma tornando alla storia, quando Taurus vide la faccia alquanto riluttante della giovane, la rassicurò subito:

- Non ti preoccupare, piccola. Flitch è al castello di questa città insieme a Kham Shin e Devil. Ti riporto io a casa, questa notte stessa. – Poi, notando che nonostante il sollievo, l’espressione cambiava di poco, anticipò la domanda che la ragazza stava per fare e disse:

- Fratellino e sorellina staranno bene tra poco. All’inizio, era tutta una finzione. Ma tu hai tardato un po’ e se non ti sbrigavi, bè… hanno rischiato davvero. -

Con l’animo più leggero, Lenana seguì rassegnata il semi gigante in un intrico di vialetti, fino a quando arrivarono ad un portoncino aperto nelle mura che dava in una piccola gola rocciosa. In questa era in attesa una slitta trainata da un lemik adulto sorvegliata da altri due cavalieri armati che montavano sempre due lucertoloni. Taurus la fece salire sul mezzo, poi le sedette accanto e partì di gran carriera, preceduto e seguito dalle due guardie. Il lemik adulti erano noti per essere animali molto resistenti, che potevano camminare per centinaia di chilometri senza fermarsi mai, ma Lenana non ne aveva mai visti di così veloci. Uno solo di questi riusciva a tirare una slitta da carico (che non era leggera) con su un colosso come Taurus ad una velocità che raggiungeva a volte i trenta chilometri orari. Davvero incredibile. Quando chiese una spiegazione al suo compagno di viaggio, questi rispose che era merito dell’alchimista del gruppo, il vecchio Cassius, che era riuscito a irrobustire l’animale e nel contempo a rendere più leggera la slitta. Come avesse fatto non lo sapeva nemmeno lui.

 

Sta di fatto che comunque all’alba del giorno seguente erano arrivati sotto le mura di Prataf e si erano infilati sempre in una porta seminascosta da delle rocce. Lì aspettavano degli uomini che la principessa riconobbe subito, come subito le si presentò davanti lo spettro della punizione da scontare. Appena questi videro la slitta le si avvicinarono e la costrinsero a fermarsi. Due guardie reali intimarono ai componenti di farsi riconoscere, ma quando Taurus si identificò e dichiarò che tipo di carico trasportava, i soldati si fecero da parte e lasciarono passare un altro gruppetto di persone, composto da Traguns, il Re di Prataf, il suo figlio primogenito, Ramk, il Generale del Corpo di Guardia Reale Plaslotz e l’Ammiraglio Nimar. La fuggitiva si stava già preparando psicologicamente alla più pesante punizione della sua vita, quando le due guardie a cavallo bloccarono il passo al minaccioso gruppetto, ammonendolo:

- Ricordate i patti, sire. E cercate di rispettarli, oppure sarà peggio per voi. Mi raccomando. – il Re, un ometto piuttosto tarchiato, rimase immobile per un attimo, poi rispose:

- Avete la mia parola e quella di mio figlio. Fidatevi. -

- Noi ci fidiamo, e sappiamo rimanere ai patti. Bisogna vedere se voi sapete rispettarli. E sapete cosa succede se…-

- Si, lo so. Siete stati fin troppo chiari su questo punto, non vi preoccupate. -

Strano. Lenana sembrava di ricordare la voce della guardia che aveva parlato fino ad ora, le pareva molto familiare. Non ebbe più dubbi sul proprietario della voce quando si fece sentire anche l’altra guardia. Avevano ragione le voci che giravano: era proprio impossibile separarli, quei due. Jordie e Sianna dovevano essere davvero gemelli.

Prima di andarsene con la sua scorta, volle togliersi un ultimo sfizio e chiese a uno dei due:

- Come va la gamba, Capitano Jordie? Spero bene, perché la prossima volta non ho intenzione di fermarmi. Mi avete fatto perdere fin troppo tempo, voi due. – dagli occhi della guardia, si intuì che questi doveva aver sorriso, ma si affrettò a dire:

- Si muova, principessa, prima che mi venga voglia di dare ragione a vostro padre. -

Poi, senza dire niente, partì al galoppo, seguito dagli altri due.

Tornata al castello, fu subito accolta da un’incontenibile sorellina che quasi la gettò a terra nell’abbracciarla e che volle farsi raccontare subito tutta la storia. Lenana acconsentì, contenta che non si ricordasse della promessa fatta contro di lei, ma prima chiese al Re:

- Scusa, papà, ma quali erano i patti da rispettare? – l’interrogato assunse una faccia riluttante poi, con estrema difficoltà rispose:

- Loro ti avrebbero riconsegnata a me a patto che… che ti avessi inflitto come punizione solo il divieto di uscire dal castello da sola. E che nell’eventualità di una passeggiata “avventurosa” saresti stata costretta a chiedere il permesso a tua sorella. Tutto qua. -

- Altrimenti? -

- Altrimenti… cosa?-

- Altrimenti che cosa avrebbero fatto?-

- Ti avrebbero rapito e portato con loro. -

Che, dal punto di vista di Lenana, era la cosa peggiore.

 

 

 

 

 

Sir Angus