Racconti Fantasy

Guerra sulla Montagna

 

 

La historia fantastika et veritiera

de le novelle avventure di amore et di guerra

de la Amazzone Clary et de lo Guerriero Helk

narrate da essi stessi

 

Udite! Udite! Gente!

 

Ora vi conteremo li amori et li combattimenti de la Amazzone Clary et de lo Guerriero Helk a la conquista de la montagna

 

Capitolo 1

 

HELK

 

Arthea, con un gesto grazioso, mi porse la pergamena che presi inchinandomi.

 

“Comandante, è scritto tutto qui! Mi affido a te e spero di rivederti, quando verrai ad annunciarmi il successo della tua impresa”

 

L’Imperatrice si fermò un attimo, come colta da un pensiero improvviso, poi riprese a parlare, ma con tono meno formale, sorridendo in modo poco regale, ma molto…molto malizioso “Ora potete andare e vi faccio i miei auguri…non soltanto per la guerra…mi capite, vero? Che la benedizione delle dee di Betunia sia su di voi.”

 

Clary era ammutolita dall’emozione, s’inginocchiò senza riuscire a parlare, neanche per ringraziare, io m’inchinai in silenzio ed uscimmo.

 

Arthea con il suo atteggiamento regale ed allo stesso tempo di una familiarità inattesa, mi aveva conquistato, ora capivo la devozione degli Betuniani per la loro sovrana e, d’ora in poi avrei avuto un motivo in più per combattere.

Al  crepuscolo,uscimmo dal Maschio accompagnati da Ambra, la quale appena fummo fuori, con tono beffardo, ci disse “Allora miei piccioncini! Sembra che per un po’ di tempo non ci vedremo più, però, tu Helk! Ricordati che mi devi una spada ed io ci conto, e tu Clary! Prova a scendere dalla nuvoletta rosa, dove ti sei installata, da quando conosci questo bellimbusto, che ti ha fatto perdere la testa, torna con i piedi per terra, ragazza mia o non ti godrai il tuo uomo a lungo.”

 

Ci baciò entrambi sulle guance e si allontanò, poi si fermò e tornò indietro “Non vi chiedo dove andrete, né cosa farete, perché pare che Arthea non voglia che lo si sappia, visto che ha scritto lei stessa i vostri ordini, ma state attenti, voglio, al nostro prossimo incontro, poter vedervi in buona salute e tutti interi!”

 

Risposi “Non dubitare, Ambra, da parte nostra c’impegneremo per farti contenta.”

 

Attraversando la piazza, per andare alle scuderie, dove avevamo lasciati i nostri cavalli, mi parve di scorgere un uomo, vestito col saio, che ci osservava con un sorriso enigmatico.

 

Appena fuori dalle mura della Città Imperiale, Clary ritrovò la sua voce, rideva, chiacchierava del più e del meno, canticchiava…era felice…ed io ero contento della sua felicità.

 

La notte scendeva rapidamente, la luna ci mostrava il suo viso, illuminando la nostra strada, e pareva che volesse partecipare alla nostra gioia.

 

Non saremmo mai riusciti ad arrivare alla città di Kerkos, prima della chiusura delle porte, e fra me e me, mi chiedevo dove avremmo potuto fermarci per la notte, quando al limite del bosco, vidi la piccola fattoria de Altar e Manha.

 

“Guarda tesoro! Questo posto non ti ricorda niente?”

 

Clary si lasciò andare in una risata cristallina, poi rispose “Certo! Come farei a dimenticare, è lì che abbiamo dormito assieme per la prima volta.”

 

“Proprio così, andiamo a vedere se ci faranno dormire anche questa notte.”

 

Andai a bussare alla porta e, subito notai che, la luce che filtrava dalle fessure delle imposte, si spegneva.

 

Ragionando fra me e me, mi domandavo perché mai Altar avesse spento la lampada, bussai un’altra volta e la porta si aprì.

 

Feci un salto all’indietro, con tale foga che, quasi andai a sbattere contro Clary, con il rischio di farla finire a gambe per aria.

 

Di fronte a me c’era Altar che impugnava saldamente un ascia da boscaiolo e, dietro di lui intravedeva Manha che, tratteneva a stento un enorme cane lupo che, righiava minaccioso, mostrando i denti.

 

Altar ci riconobbe ed il suo viso si distese, abbassò l’ascia “Buono Wolf! Questi sono amici…guarda Manha, sono il Comandante Helk e l’amazzone Clary…venite dentro in fretta che chiudiamo la porta!”

 

Dopo i saluti e gli abbracci, domandai “Come mai questa diffidenza?”

“Di notte girano strani personagi, l’altra notte abbiamo dovuto difenderci da un ribelle, da come era vestito sembrava uno straniero…sapete uno degli invasori alieni…di quelli che avevano stabiliti delle piccole guarnigioni che chiamavano “posto di controllo”…ma forse non lo era…se non fosse stato per Wolf che lo ha azzanato alla gola, credo che ci avrebbe ucciso.”

 

“Questa è una notizia molto grave, dov’è il cadavere“

 

“L’ho sepolto nel bosco…guardate aveva questo.”

 

Altar andò a sollevare il copercchio della cassapanca e tornò con uno oggetto alieno in mano, una specie di tubo di uno strano metallo, con impugnatura, vari strumenti e pulsanti dei quali non capivo l’uso ed un grilletto come hanno le balestre;;;era pesante e non avevo mai visto niente di simile.

 

Clary che, fino a quel momento, era rimasta zitta, esclamò “Lo so io che cos’è! È un pow, ne aveva

uno identico Nikra…è un arma terribile!”

 

“Sai come si usa?”

 

“Non è difficile, si preme il grilletto e dal tubo scaturiscono dei lampi che inceneriscono il bersaglio, uomo o cosa che sia, una volta le amazzoni Blu hanno distrutto un intero carico di questi pow, che l’alieno Julius Stephen tentava d’introdure di contrabbando per armare i ribelli, ma i pochi nemici sopravvissuti sono riusciti a distruggere l’intero reparto di amazzoni e hanno catturato la Comandante Moira, l’hanno stuprata e torturata per obbligarla a tradire Arthea e, quasi ci riuscivano.”

 

“Per la Dea-Madre, bisogna avvertire subito la Contessa Alyssia, ci penserà poi lei ad informare l’Imperatrice! Su tesoro andiamo via!”

 

“No! Non potete partire ora!” disse Altar “viaggiare di notte è pericoloso, rischiereste di cadere in un imboscata, aspettate l’alba, intanto riposatevi.”

 

Le parole di Altar erano sensate e così decidemmo di fermarci.

 

“Vi preparerò un letto nella stanzetta, dove avete già dormito…” disse Manha “ho sentito che ora siete sposati…è vero?”

 

Clary arrossì leggermente “Si, siamo andati al Tempio dei Sogni e la Somma Sacerdotessa ha celebrato la cerimonia.”

 

“Bene! Bene! Lo sapevo che sarebbe finito così, ho veramente piacere che sia successo.” disse Manha sorridendo.

 

La notte trascorse senza incidente ed appena il sole spuntò da sopra gli alberi, partimmo alla volta della città di Kerkos.

 

La Contessa Alyssia, con aria pensierosa, esaminava il pow…”Chissà quanti di questi arnesi sono in circolazione…è stata una fortuna che vi siate fermati presso quella fattoria, se non l’aveste fatto non sapremmo niente di tutto cio…manderò immediatamente un messaggio a Arthea per avvisarla di raddoppiare le precausioni e la sorveglianza, e poi le amazzoni perlustreranno tutto il territorio alla ricerca di altri ribelli. Non possiamo rimanere ad aspettare, dobbiamo agire per primi, forse quell’uomo era solo uno sbandato ma potrebbe anche non esserlo.”

 

“Se non sapessi che l’Imperatrice vi ha affidato un compito, vi chiederei di partecipare alla ricerca, ma credo che abbiate altro da fare, quindi andate a prepararvi “

Capitolo 2

 

CLARY

 

Il cuore aveva smesso di pulsare per un secondo e non sapevo ancora se ero viva o meno.

 

Arthea ci guardava e forse, in lei, rideva, perché aveva capito che sciocchi piani avevo fatto!

 

Volevo darmi una botta in testa per quanto mi ero dimostrata infantile!!!

 

Arthea m’aveva graziata ed io non sapevo che fare, la mia vita già la possedeva e di più non potevo offrire.

 

Senza una parola uscì dal Maschio con Helk e Ambra. La mia Comandante ci salutò ed alla sua maniera, un po’ ironica, ci augurò buona fortuna, raccomandandoci di aver cura di noi stessi.

 

Mi resi conto che mai nessun altro avrebbe preso il suo posto, perché ero una sua amazzone e, tutto ciò che lei diceva era legge per me, e lo sarebbe stato fino alla morte, ed un’altra volta, non trovando le parole giuste, rimasi zitta mentre Helk parlava anche per me.

 

Ritrovai la mia solita gaiezza arrivando alle scuderie e montando il mio cavallo.

 

E’ una bestia stupenda, me l’ha regalato uno stregone mio amico, riconosce il mio odore, le mie emozioni ed il battito del mio cuore…per questo non ha nome…non occorre che lo chiami…lui capisce quello che voglio  e quando cavalco diventiamo una cosa sola. Non mi abbandonerebbe, neppure se gli chiedessi di cavalcare tra le fiamme.

 

Galoppammo finché il sole non scomparve quasi del tutto ed il freddo incominciava a farsi sentire.

 

Helk poi disse, indicando un puntino luminoso tra le fronde.

 

“Guarda tesoro! Te lo ricordi quel posto??”

 

Non potevo certo dimenricare la casetta dei due fattori che ci avevano così gentilmente ospitati, e c’avvicinammo per chiedere di nuovo un rifugio per la notte, ma appena Helk bussò furono spente le luci….ancora bussammo e la porta venne aperta di scatto.

 

Vidi i visi stravolti dei due contadini ed i denti di quell’enorme bestia…Wolf lo chiamavano. Un cane lupo grigio con due occhi che abbagliavano e ti facevano abbassare lo sguardo.

 

Ho dimestichezza con i lupi…con un segno del capo, spostandolo di lato con uno scatto, gli intimai di stare buono.

 

Entrammo ed Altar, dopo brevi discorsi per giustificare la propria diffidenza, ci mostrò un’arma terribile…un pow!

 

Appena lo vidi, il mio cuore fece un sobbalzo, quell’oggetto aveva risvegliato una parte della mia mente, sepolta da troppo tempo.

 

Quando giunsi a Kerkos, all’età di 15 anni, la Contessa Alyssia, mi  accompagnò alla Taverna del Drago Verde…ricordo una strana botola e poi una cantina buia.

Lì trascorsi una luna intera, con un guerriero che non si fece mai vedere in viso, perciò lo chiamai Maestro Ombra. Egli mi mostrò tutte le armi ed il loro funzionamento, dalle lance alle spade, alle armi dei ribelli.

 

Imparai a riconoscere i vari clan dei ribelli, dal tatuaggio che portano impresso sul polso destro, simbolo d’appartenenza al clan e da quello riconoscere le loro postazioni e le armi in possesso.

 

Passata quella luna, Alyssia venne a prendermi e non rividi mai più Maestro Ombra, ed ora rivedo, dopo tanto tempo, quell’arma che era stata oggetto di studio per tanti giorni.

.

Dissi ad Helk tutto quanto conoscevo del pow ed Altar c’informò di aver sotterrato nella foresta il ribelle che lo portava.

 

Helk voleva proseguire il viaggio per Kerkos, senza aspettare l’alba, per informare la Contessa Alyssia, ma Altar, faccendo presente i pericoli ai quali saremmo andati incontro, lo convinse ad aspettare il levar del sole, e così rimanemmo in quella stanzetta, dove avevo dormito con il mio tesoro per la prima volta.

 

Aspettai fino a notte fonda, il pensiero di conoscere il clan di quell’uomo mi uccideva, ricordavo chiaramente le parole del Maestro….

 

“Se incontri un ribelle, fai due cose, prima uccidilo e poi leggigli il polso.”

 

Scivolai, piano…molto piano, fuori dal letto, pregando che il mio tesoro non si svegliasse. Non volevo che egli si preoccupasse per me…ma doveva sapere, ero stata addestrata per questo.

 

Usciì dalla casetta e mi guardai attorno… non sapevo dove voltarmi, né cosa fare, la foresta era immensa ed era notte, Madre Luna compariva e scompariva dietro le nuvole e non riusciva a dirmi niente.

 

Ad un tratto, sentì qualcosa sfiorarmi la gamba. Era quella bestia, Wolf, mi guardò e poi fece due balzi verso la boscaglia ed io risi “E così, amico, non ti sei impigrito a mangiare il lardo che ti danno gli umani, sei ancora un lupo selvaggio! Bene bene, guidami allora!”

 

Mi portò fino ad una radura, abbastanza lontana dalla fattoria, e si fermò sopra un cumulo di terriccio.

 

Da un albero strappai un bel pezzo di corteccia, con quello e con la spada, scavai nella terra fino a scoprire una tavola di legno, la presi a forza e tirando, riusci a sollevarla.

 

Sotto i miei occhi c’era un uomo morto, con un terribile ferita di zanne sul collo, era molto giovane e la cosa mi spaventò, era davvero poco più di un fanciullo ed ebbi quasi timore a sollevare il suo polso.

 

Non mi stupì a scorgere un taglio netto di lama, era una regola nota, incrostare il tatuaggio con il sangue, appena si scopre di non aver più speranza si restar vivo, allora mi sedetti, cominciando a staccare il sangue fermo con le dita e…vidi in tutto il suo splendore…non ricordo…un cerchio nero

…o blu scuro…sì un semplice cerchio…aspetta!!…erano due!!! Ma certo, due cerchi concentrici eppure…eppure perché ero così stanca?!

 

Ebbi soltanto il tempo di riseppellire il corpo ed appoggiandomi a Wolf, tornare fra le braccia del mio tesoro.

 

Ero come avvelenata, sentivo qualcosa correre nelle mie vene…dovevo stare molto attenta.

 

L’indomani tornammo alla città e portammo il pow ad Alyssia, ma io non riusciì a dire nulla.

 

Tutti i miei muscoli erano impegnati a sembrare quasi normali ed a reggermi in piedi…poi tornammo a casa ed il mio fido cavallo mi ci portò senza neppure un comando, perché la mia mano non riusciva più a tenere le redini.

 

Dovevo parlare con Helk e confessargli tutto.

 

Appena tornammo a casa, caddi sul pavimento, ero sudata e gli occhi mi si chiudevano, sapevo che era il classico sintomo di avvelenamento ma…da cosa??? Io non capivo cosa avevo assunto d’avvelenato!

 

Sentiì il mio dolce sposo sollevarmi e portarmi a letto, posarmi una mano sulla fronte, poi allontanarsi.

 

“No! non voglio nulla, ascoltami…ti devo raccontare quanto è successo l’altra notte…e cosi raccontai del corpo e del simbolo, dell’avvelenamento…

 

“Ora” finiì “devi dare una cosa per me, non so quanto tempo rimane, devi prendere la spada e farmi una ferita qui, sul fianco, profonda! Avanti amore mio, è il solo modo di salvarmi!”

 

Lui prese la sua spada, poi sentiì un dolore acuto al fianco ed urlai. Si fece buio attorno a me e dissi solo, attirando Helk a me “Ti amo!”

 

Avrei voluto baciarlo, ma non potevo, dovevo aspettare che il veleno fluisse, sperando che non se ne andasse troppo sangue, così, allontanai il suo volto, per non cadere in tentazione.

 

Mi risvegliai con un gran male di testa, ma viva e vegeta, accanto ad Helk, la mia mano scese sul mio fianco…cercavo la ferita ma non la trovavo, la mia pelle era liscia ed integra…Helk aveva usato i suoi poteri e mi aveva guarita…

 

Lentamente mi voltai e mi gettai sopra di lui, presi la sua testa fra le mani e lo baciai con quanto amore potevo. Rimasi con lui, distesa, ancora dolcissimi secondi, poi c’alzammo.

 

“Clary, amore, ho curato la tua ferita, il veleno era pochissimo e quindi non hai perso molto sangue, ora dimmi, che simbolo era?”

 

Io m’alzai e mi rivestiì, poi dissi “Era del clan delle montagne dell’ovest, hanno alcuni pow ed altre armi aliene, e sono esperti nell’uso dei coltelli, è strano che sia giunto fin quaggiù, secondo me sta per succedere qualcosa…sono in movimento…dobbiamo partire prima possibile!”

 

Lui annuiì pensoso,poi mi rispose, prendendomi per le spalle “Oggi; ci sarà una riunione, con i miei

ufficiali per preparare la partenza, e dovremmo parlare con Falcon.”

 

Poi si girò, s’avvicinò alla porta, quindi di nuovo si voltò verso il mio viso.

 

“Preparati, che quando tornerò, dovrò presentare il mio nuovo fidato compagno d’armi agli ufficiali.” 

 

Se ne andò sorridendo, con un viso così luminoso che, persino il sole sarebbe appatso spento nei suoi occhi.

 

 

Capitolo 3

 

HELK

 

Rientrammo a casa, strada facendo pensavo già a come organizzare la giornata, ma spesso i desideri non si realizzano…succede l’imprevvisto.

 

Avevo appena chiuso la porta alle mie spalle, che Clary crollò svenuta…cosa succedeva…che fosse rimasta incinta???…a volta succede alle donne di svenire per questo motivo…la presi fra le braccia e la misi a letto…però qualcosa non andava…aveva la fronte che scottava…aveva la febbre alta…le misi una pezza bagnata sulla fronte ed aspettai…dopo un po’ riprese conoscenza.

 

“Clary, tesoro, come ti senti? Che ti succede? Cosa…

 

Lei mi mise un dito sulle labbra e disse “Helk, ti devo parlare…

 

Lei parlò a lungo, ed io l’ascoltai, sempre più preoccupato…mi raccontò che la notte precedente, mentre io dormivo, ignaro del suoi progetti, lei si era alzata, era andata a disotterrareil cadavere del ribelle per scoprire a quale clan apparteneva, per mettere a nudo il tatuaggio aveva toccato il sangue raggrumato del morto e si era presa una forte infezione, senza un intervento immediato il mio amore rischiava di morire.

 

Stavo già pensando a come preparare un antidoto, quando lei mi disse di ferirla in profondita al fianco sinistra, il veleno sarebbe uscito dal suo corpo, feci come diceva lei, anche se non ero tanto sicuro dell’efficacia di quella cura, ma devo riconoscere che funzionò.

 

Giaceva pallida, svenuta ed io mi chianai ad esaminare la ferita, era netta, senza slabbrature, ma probabilmente avrebbe lasciato una brutta cicatrice ed avrebbe messo diversi giorni prima di rimarginarsi, ed io non volevo vedere il suo corpo deturpato e neanche aspettare, non avevamo tempo, così feci riscorso alla magia ed appoggai le mani sul suo fianco, recitando le formule di rito, non l’avevo mai fatto e quindi non sapevo a che cosa andavo incontro.

 

Sentivo come un flusso nelle braccia, le forze mi abbandonavano, sudavo freddo, avevo la fronte imperlata ma la ferita si rimarginava ed in pochi minuti il mio amore era guarito.

 

Dopo averla coccolata per un po’, decisi di fare tutto quello che mi ero prefissato di fare e dopo aver raccomandato ad Clary di prepararsi per bene, me ne uscì di casa per andare in caserma.

 

Per prima cosa andai alla Taverna del Drago Verde, ero sicuro che lì, avrei trovato Falcon, il capo delle guide, in effetti era seduto solo ad un tavolo e fissava, con malinconia, il fondo della coppa vuota che stringeva fra le mani.

 

Mi avvicinai “Salve Falcon, vorrei parlarti.”

 

Egli alzò il viso ed emmise un grugnito, non capiì se di consenso o no, ma mi sedetti.

 

“Senti Falcon, ti andrebbe di venire a casa mia, ho dell’ottimo vino.”

 

“Comandante! Perché vuoi offrirmi il tuo vino? Cosa c’è sotto?”

 

“Non posso parlare qui, ho ricevuto degli ordini, direttamente da Arthea nemmeno le Contesse sono al corrente.”

 

“E perché vorresti mettere al corrente proprio me?”

 

“Perché tu sai molte cose che io ignoro, e la più piccola informazione, anche quella apparentemente insignificante, può essere preziosa…allora ti decidi?”

 

“Va bene, vengo, ma spero che il vino ci sia davvero.”

 

Tutti i miei ufficiali erano presenti, erano curiosi di sapere perché li avevo fatti venire a casa mia, anziché parlare in caserma, e poi la presenza di Falcon e di Clary li intrigava.

 

“Bene, ci siamo tutti, allora posiamo incominciare, per prima cosa, ascolteremo Falcon, non devo presentarvelo, lo conoscete tutti.”

 

Falcon mi guardò “Cosa vuoi sapere?”

 

“Tutto quello che sai delle montagne ad ovest dell’Ondagrigia, qualsiasi cosa, e voi ascoltate bene!”

 

Falcon si riempì la coppa di vino, bevette una sorsata, si mise comodo ed iniziò a parlare.

 

“Comandante, tu vuoi sapere molte cose, ed io ti dirò quello che so, ma temo che non sia molto, dunque, una volta quelle montagne erano abitate da pastori, non direi gente pacifica, perché erano pronti a scanarsi per una capra od una pecora, oppure per il diritto di fare pascolare le proprie bestie in un posto piuttosto che in un’altro, ma tutto sommato si scanavano fra di loro senza infastidire il prossimo.”

 

“Ed ora, chi le abita? Non ci sono più i pastori?”

 

“Si, ci sono ancora i pastori, ma ci sono anche i ribelli, sono per la maggior parte i guerrieri sconfitti dell’usurpatore, poi ci sono gli alieni, quei pochi invasori che sono scampati alla distruzione delle loro guarnigioni quando li abbiamo cacciati da Betunia, ed ora ci sono anche delle amazzoni Nere sopravvissute alla battaglia di Niastros, hanno trovato rifugio sulle montagne e si sono unite ai ribelli.”

 

“Secondo te, sono numerosi? E come sono organizzati?”

 

“Non so il numero esatto di quella marmaglia, ma posso stimarli in diverse migliaia, alcuni ben armati, altri solo sbandati, ma tutti morti di fame, da quello che mi dicono sembrerebbe che i predoni, dopo la morte di Oman che, come sapete è stato ucciso da Crudelia, si sono dispersi, quelli che hanno tentato di scendere dalle montagne per attraversare l’Ondagrigia, passando da Inthynia, sono stati fatti a pezzi dalle Inthyne, gli altri si sono uniti ai ribelli.”

 

“E cosa mi puoi dire degli alieni?”

 

“Sono pochi disperati, ma pericolosi perché ben armati, però credo che guarantendo un salvacondotto per lasciare Betunia, sarebbero disposti a trattare…beh… non dico una resa…ma l’evacuazione.”

 

 

“Dunque il grosso problema sono i ribelli e le amazzoni Nere è così? Quali sono i loro rapporti con gli alieni?”

 

“Sì! è proprio così, i ribelli e le amazzoni Nere. Con gli alieni si combattono, perché vogliono le loro armi, ma senza grande succeso.”

 

“Bene allora parliamo dei ribelli e delle amazzoni Nere, cosa ci racconti?”

 

“Quelli non si arrenderanno mai, forse qualche disertore, ma niente altro, sono feroci ed odiano le amazzoni, se riescono a catturarne una, la sottopongono a tutti gli abusi sessuali possibili ed immaginabili, anche le cose più oscene, ho saputo che alcune erano state costrette ad accoppiarsi con degli animali, cani…porci….perfino asini…

 

Falcon si fermò, guardò Clary a disagio “Scusa Clary…mi ero scordato che…insomma…che c’era una donna fra noi…non sono cose da dire alle ragazze.”

 

Clary si era fatta rossa in viso, un po’ dalla collera ed un po’ dalla vergogna per le sue sorelle amazzoni torturate in quel modo, alzò il viso con piglio serio e disse “Vai avanti Falcon, una deve pure sapere cosa rischia, dunque e poi?”

 

“E poi! Niente vengono sgozzate come bestie, perché rifiutanno di sottomettersi, anche se faccendolo eviterebbe certe torture ed avrebbero la vita salva, verebbero tenute in vita per soddisfare le voglie degli uomini,…ecco! Ho detto tutto.”

 

“E le amazzoni Nere?” chiesi io.

 

“Il trattamento riservato agli uomini catturati, non è migliore, prima lo usano per il loro piacere e se il malcapitato soppravive, lo evirano e le riducono in schiavitù.”

 

“Va bene, Falcon, a parte Inthynia, esiste un posto dove si possa attraversare il fiume senza dare nell’occhio?”

 

“Comandante! Cosa credi? Se vuoi fare passare i tuoi guerrieri sull’altra riva dell’Ondagrigia senza essere visto puoi rinunciare subito al tuo progetto.”

 

“Non c’è un posto? Che ne so, io! Un guado? Un posto fuori mano, lontano dalle abitazioni?”

 

“No! però, una possibilità ci sarebbe.”

 

“Quale possibilità?”

 

“Lupanaria! Il passaggio non è completamente bloccato, pochi uomini potrebbero passare, ma non i cavalli.”

 

“Quanti uomini? Dieci, venti, trenta?”

 

“Direi una ventina, potrebbero passare senza farsi scoprire…se decidi di farlo, avvisami li guiderò personalmente.”

 

Guardai le facce preoccupate dei presenti, solo Clary sembrava perfettamente calma, mi fissava con

 

attenzione ed il suo sguardo esprimeva tutta la sua fiducia, le sorrisi poi ripresi “Per prima cosa, dovrete reclutare venti volontari, devono essere uomini svelti col pugnale, Falcon li guiderà fra le macerie di Lupanaria, il loro compito sarà di risalire lungo l’Ondagrigia verso nord ed eliminare tutte le sentinelle che i ribelli vi hanno piazzato per sorvegliare i movimenti su questa riva, una volta raggiunto la palude di Inthynia dovranno prendere contatto con le Inthyne, avvisarle del nostro arrivo ed aspettarci.”

 

Mi fermai un momento per studiare le reazioni degli uomini, poi ripresi “Divideremo i guerrieri in compagnie di cento uomini, le compagnie saranno a loro volta divise in plotoni di venti uomini, che si divideranno in squadre di quattro uomini. Ogni compagnia, plotone o squadra dovrà, in caso di necessità, essere in grado di agire autonomamente, Vi è chiaro? Ci sono domande?”

 

Così era organizzato l’esercito degli Helky, il quale non era mai stato sconfitto, neanche dovendo affrontare un nemico superiore in numero.

 

Non vi furono domande ed allora proseguiì “Ricordatevi che la guerra non è una serie di duelli fra singoli guerrieri, ma uno scontro fra due eserciti e, solo quello che rimane ordinato e compatto, conquista la vittoria, dunque tenete i vostri uomini a freno, che a nessuno venga in mente di uscire dei ranghi per sfidare un nemico. Questa notte il gruppo degli incursori seguirà Falcon attraverso· Lupanaria, noi aspetteremo tutta la giornata di domani, così avranno il tempo di compiere la loro missione, tutto deve essere pronto per la partenza delle compagnie all’alba di dopodomani e, ricordatevi che nessuno, dico nessuno, deve sapere dove andiamo, il segreto va mantenuto.”

 

L’atmosfera di perplessità e di preoccupazione era sparita, il pensiero dell’azione imminente era riuscito a catturare tutta la loro attenzione. Era giunto il momento di dare l’ultimo annuncio.

 

“Vi prego di darmi ancora un attimo della vostra attenzione. Clary, che conoscete tutti, ci accompagnerà, in qualità di mio Aiutante di Campo, non è un privilegio che mi prendo perché lei è mia sposa, ma questo è l’ordine ricevuto dall’Imperatrice Arthea, e pertanto, pure restando un amazzone, lei è un ufficiale dei guerrieri di Tahar, ora potete andare.”

 

Appena fummo soli, Clary mi saltò al collo, ci baciammo, poi lei appoggiò la testa sulla mia spalla e mormorò “Amore, sei sicuro che tutto andrà bene, non dico la conquista delle montagne, ma con i tuoi guerrieri…trovarsi una donna fra gli ufficiali…potrebbero sentirsi sminuiti.”

 

“Amore mio, nell’esercito della mia gente, ci sono reparti di cavalleria, composti da uomini ma comandati da donne, ed altri composti da donne ma comandati da uomini, e non ci sono mai stati problemi…e non ce ne saranno neanche qui.”

 

“Lo spero tanto, non vorrei essere la causa di malumori.”

 

“Tesoro, l’ordine viene da Arthea…non è discutibile, e questo lo sanno tutti, ora aiutami a stendere gli ordini per le varie compagnie.”

 

Prima di sera, ogni ufficiale al comando di una compagnia aveva ricevuto da Clary la pergamena con gli ordini scritti.

 

Ancora un giorno e saremmo partiti per la guerra.

 

 

 

Capitolo 4

 

CLARY

 

Sentiì nell’altra stanza sbattere la porta, ed un refolo di vento penetrare nella nostra dimora.

 

Conoscevo ormai il passo di Helk, sicuro e fiero, seguito da altre persone, immaginavo i suoi ufficiali e Falcon. Feci un respiro profondo ed entrai, andandomi a sedere di fronte ad Helk, tra sguardi perplessi e curiosi.

 

Non credo fosse successo di frequente che un amazzone si sedesse al tavolo di ufficiali guerrieri, e la cosa metteva in agitazione quegli animi, ma siccome il Comandante non intervenne, nessuno si azzardò ad obbiettare o domandare il perché della mia presenza.

 

Ascoltai tutto il discorso senza dire nulla; ogni tanto sorridevo nel cuore per la sicurezza e la tranquillità che aveva il mio sposo, di tanto in tanto guardavo gli ufficiali, ma appena posavano gli occhi su di me, per paura di sembrare arrogante o troppo fiera, subito distoglievo lo sguardo.

 

Finché non sentiì Falcon parlare delle atroci bestialità e soprusi fatti dai ribelli sulle mie sorelle amazzoni e divenni rossa in viso al solo pensiero, allungando la mano sul pugnale per istinto, quando poi mi chiese scusa, imbarazzato per il suo racconto, m’arrabbiai nel profondo!

 

Pensava forse che noi queste cose non le sapevamo meglio di lui? Tutte noi amazzoni, conoscevamo quel destino terribile, riportato nei più piccoli particolari dalle poche, pochissime sopravvissute che erano riuscite ad evadere!

 

“Ricordate bene!” disse Ambra al primo allenamento che feci “Voi siete amazzoni! Donne destinate a combattere per Betunia ed Arthea, il vostro solo compito è distruggere il nemico, ad ogni costo! E sappiate che, se cadrete in mano loro, beh, ragazze avrete poche possibilità si sopravvivere rimanendo fedeli alla vostra Imperatrice, dovrete dare loro tutto ciò che desidereranno, informazioni, spiate…ma in primo luogo il vostro corpo, perciò ricordate le mie parole…la morte è meglio di qualsiasi tortura, il come è affare vostro, con catene, legaci…ma il coraggio di morire…beh, quello è affare mio! Io vi insegnerò questo, ad essere guerriere fin nella carne più tenera, e v’insegnerò a morire se sarà necessario!” e così fece.

 

Ma invece d’arrabbiarmi, dissi a Falcon di andare avanti a spiegare, tanto una scenata che avrebbe portato?

 

Infine Helk, dopo aver spiegato la divisione delle truppe, mi presentò come suo Aiutante di Campo, quindi come un ufficiale del suo esercito.

 

Lo stupore fu silenzioso, ma più perceptibile di mille voci, accettavano l’ordine di Arthea e non capivo se bene o male, eppure non sentiì volare una mosca.

 

E finalmente la riunione venne sciolta e mi rilassai.

 

Ero rimasta in tensione tutto il tempo, aspettando magari che qualcuno s’alzasse e dicesse “E perché mai una donna dovrebbe venire con noi in una spedizione così lunga e pericolosa? Perché ti porti dietro la moglie Comandante? Hai paura che rimanga sola tutto questo tempo? E si sa che la solitudine può avere delle conseguenze spiacevoli!”

 

Ma poi capiì quanto quegli uomini amavano Helk e quanto rispettavano le sue parole, come io rispettavo le parole di Ambra.

 

Trascorremmo il resto della giornata scrivendo le pergamene con gli ordini per ogni ufficiale, ed infine fui mandata a portarle.

 

Camminavo veloce per le vie, andando a recapitare l’ultima pergamena, finché non vidi una figura aspettare qualcosa o qualcuno nell’ombra, appoggiata ad un muro, come mi vide, s’alzò e s’avvicinò, era Sardek, l’ultimo ufficiale. Porsi il rotolo e lui fece un sorriso.

 

“Grazie Clary, sono sicuro che la tua conoscenza delle tribù sarà molto utile.”

 

Fece per voltarsi, ma lo bloccai, nessuno degli ufficiali mi chiamava per nome, e come faceva lui a sapere tutto questo sulle mie conoscenze delle tribù???

 

Lui sorrise ancora più amichevolmente e rispose alla mia silenziosa domanda.

 

“Non ti preoccupare piccola Clary, andrà tutto bene, il Comandante è un bravissimo capo e vinceremo tutte le battaglie; tu però, stai attenta…e guarda ogni nemico negli occhi! Io non ti conosco, ma sono un uome perspicace…ah, ancora un cosa, io sarò il primo guerriero che passerà a Lupanaria, e dovrò utilizzare solo il pugnale, t’affido il mio arco e la mia faretra, me li restituirai la prossima volta che c’incontreremo.”

 

Senza che riuscissi a fermarlo, si voltò e sparì nell’oscurità, io rimasi a guardare il suo arco, era meraviglioso e teso con cura, e la faretra era carica di frecce. Perché li aveva dato a me?

 

Corsi a casa e misi tutto sotto il letto, senza più pensare a quell’incontro, poi andai a letto e sprofondai in un sonno senza sogni, senza neppure vedere Helk coricarsi, tanto ero stanca.

 

Ma mi sveglai molto presto, girandomi vidi che il mio tesoro aveva il volto accanto al mio ed il suo braccio mi proteggeva dagli incubi della notte, provai tenerezza ed amore.

 

“Comandante…io…”

 

Lo sentiì sorridere nell’oscurità.

 

“Comandante? Mhhh sei entrata bene nella parte del mio Aiutante di Campo vero? E dai che qui non c’è nessun guerriero, puoi rilassarti, amore mio, avanti dammi un bacio e torna a riposare.”

 

Ma io non avevo intenzione di riposare.

 

“Helk…quanto tempo manca perché spunti il sole? Quante ore ci separano dalla partenza di domani? Quanto tempo ho ancora per dirti l’ultima volta che ti amo prima di partire; e chissà mai quando potrò di nuovo sfiorare le tue labbra? Ma ora riposa, buonanotte Helk, Comandante!”

 

Mi girai dall’altra parte, con gli occhi pieni di silenziose lacrime ed un gran vuoto nel cuore.

 

Continuavo a chiedermi perché mai mi ero innamorata di quest’uomo? Perché mi faceva piangere per amore? E mi risposi immediatamente che senza quest’amore, io sarei stata vuota.

 

 

Lui allora, senza preavviso disse “Avanti, vieni qui!”

 

E mi prese a forza, girandomi verso di lui e posando il mio capo sul suo petto. Continuai a piangere, mentre m’accarezzava ed io comincai a baciarlo, sul collo, poi sulle guance, sulla fronte e poi, infire, sulle labbra, a lungo, assaporando ogni secondo come un regalo incredibilmente buono.

 

La mattina m’alzai per prima e mi vestiì velocemente, prendendo la spada e l’arco, sistemando la faretra, poi dissi “Helk, amore, io devo andare un attimo alla biblioteca, tornerò entro il pomeriggio!”

 

Lo baciai velocemente e poi scappai fuori, era una cosa importante! Fischiai al cavallo e montai con un balzo, cavalcando senza sella né redini fino alla biblioteca.

 

Mi feci aprire ed entrai ne grande palazzo, dove i rotoli ed i volumi rilegati e semplicemente meravigliosi, erano rintanati nelle loro cellette di maestosa quercia, vidi in fondo la Contessa Krisal su una scala e con ansia m’avvicinai.

 

“Contessa, ho bisogno del tuo aiuto!”

 

Lei scese, preoccupata dal mio viso stanco “Oh! Per le dee! Clary che ti succede? Calmati per favore!”

 

“Ho bisogno del libro del Maestro Ombre! Ho bisogno di quel volume Contessa, ora, adesso!”

 

Lei non capiva ed era in ansia per la mia inquietudine “Clary, ma di che stai parlando?”

 

Io non ce la facevo più! La bloccai per le spalle e dissi tutto d’un fiato “Contessa ti prego! Tu sai cos’è successo quando sono giunta a Kerkos! Tu sai degli insegnamenti di quel guerriero sui ribelli e le armi! Contessa Krisal, se non vorrei aiutarmi, lo cercherò da sola, ma ci vorebbero anni ed io non ho anni per questo, è una cosa urgente.”

 

Lei si fece seria ed annuì, poi salì nuovamente sulla scala, ma giunse fin sopra agli scaffali, in una nicchia tirò fuori il volume e me lo porse, dicendo “Ebbene Clary, questo è quanto hai domandato.”

 

L’abbracciai e poi mi voltai, sfogliando il libro. Cercai tutta la mattinata, e cominciavo a perdere la speranza finché…non apparve e per poco non lasciai cadere il libro.

 

Era quel simbolo! I due cerchi blu con un triangolo sopra, piccolo e perfetto!

 

C’era un disegno nel mezzo di questi due dannati cerchi…una giovane amazzone impalata all’asta di una bandiera, i suoi occhi erano completamente bianchi ed urlava, mentre gli uomini ballavano tutt’attorno a lei. Fremetti a lungo, era un avvertimento, era il destino che mi preparavano.

 

Sotto scriveva, in lettere rovinate dal tempo “Relictio est!!”

 

Questo era il simbolo dell’abbandono!

 

Ma certo, come avevo potuto scordarlo? Questo simbolo m’aveva perseguitata fin da bambina, che m’ero sentita sola ed abbandonata, scordata dal mondo! M’appariva negli incubi la notte, nei miraggi della fame di giorno!

 

Era l’emblema di un clan delle montagne! Un clan potente, detentore di strani poteri che m’avevano

attirato, come api al miele…mi stavano portando alle loro fauci!

 

Capivo cosa mi aveva legata a loro, il sentimento della solitudine che mi aveva così unito ai ribelli dei cerchi blu delle montagne, ma s’era spezzato con la venuta di Helk, la sua magia s’era dissolta, eppure ricordavo troppo bene le notti passate a piangere perché quell’immagine girava nella mia testa…dovevo riuscire ad ucciderli tutti! Dal primo all’ultimo, non si sarebbe salvato nessuno, finché non avrei visto il segno bruciare per sempre nel fuoco dell’inferno!!

 

Salutai Krisal con un abbraccio e me ne andai.

 

Era notte fonda quando tornai da Helk, che m’attendeva “Ma dove sei stata? Devi ancora preparare le tue cose!”

 

Io lo guardai negli occhi e lui s’alzò di scatto, scuotendomi e gridando “Che t’hanno fatto? Clary, ti prego!!”

 

Ero immobile, senza parlare, sconvolta da quanto ricordato…poi però la voce del mio sposo mi salvò ancora una volta…io m’inginocchiai e dissi “Amore mio, unico sostegno della mia vita! Giurami che li uccideremo tutti!!”

 

Lui semplicemente mi tolse la faretra dalla schiena, tolse il cuoio con legato il coltello e le altre armi, e posò tutto sul tavolo, poi mi prese la mano.

 

“Avanti, ora dobbiamo andare a riposarci; domani partiremo amore mio!”

 

Io sorrisi e lo baciai, poi mi tolsi l’armatura e mi gettai sotto le coperte.

 

Quella notte ci amammo a lungo, con molta passione e tenerezza, Helk fu tanto dolce ed io mi persi nell’estasi dei sensi.

 

 

Capitolo 5

 

HELK

 

Un’alba livida copriva Betunia, le compagnie, pronte per la partenza, erano allineate sul campo di manovra, aspettavano silenziose l’arrivo del Comandante. Fuori dalle mura della città, una folla di Betuniani osservava lo spettacolo.

 

Avrei preferito una cosa meno spettacolare, ma la partenza di un così grande numero di guerrieri non poteva passare innosservata. I miei incursori avevano già attraversato Lupanaria ed iniziato a ripulire la sponda occidentale dell’Ondagrigia di ogni possibile sguardo indiscreto.

 

Attraverso la grande porta, usciì dalla città, seguito da Clary che inalzava fieramente la mia bandiera, quella che mi ero portata da Tyrsis e, che non era mai più stata spiegata fino a quel giorno, un ascia bipenne d’oro in campo azzurro. Con un segno del capo salutai la Contessa Alyssia, che era venuta ad onorarci della sua presenza, e ci presentammo di fronte ai guerrieri, che alzando le spade al cielo irrupperò in un solo grido “Arthea ed Helk!!”

 

Alzai il braccio, dando così il segnale della partenza e le dieci compagnie mi seguironno sulla via del nord.

 

Nella mia vita di guerriero, ho sempre amato l’inizio delle spedizioni di guerra. È tutto così semplice e diretto; si lavora, si mangia, si dorme. Un compito può essere eseguito solo in un modo e non in un altro, non c’è posto per le interpretazioni. C’è l’arte del guerriero, che ha la grazia della semplicità, e c’è la compagnia di altri guerrieri, i quali condividono il nostro modo di vedere le cose, e questa volta, la presenza di Clary al mio fianco, mi rendeva tutto ancora più gradito. I miei guerrieri erano disposti a credere alle mie capacità di Comandante e inoltre, avevano deciso che ero uno di loro.

 

In quanto ad Clary, fu presto evidente che la guardavano come un guerriero, non davano importanza al fatto che fosse una amazzone, era l’Aiutante del Comandante…portava la sua bandiera e camminava nella sua ombra. Non c’è gioia maggiore di questo sentirsi accettato, ed il mio amore era felice di cavalcare, fiera ed orgogliosa al mio fianco.

 

La marcia verso Inthynia non sarebbe stata uno scherzo. Avremmo evitato ogni luogo abitato e viaggiato in un territorio del tutto aspro e selvaggio. Le carte in mio possesso davano scarsi dettagli e più di una volta dovetti affidarmi alla mia buona stella. Due cose sapevo comunque per certo: i carri carichi di vettovaglie per noi e di sale per le Inthyne, procedevano con difficoltà e la velocità era essenziale, perché mi ero prefissato di raggiungere Inthynia in dieci giorni.

 

Un guerriero durante una campagna vive più duramente di uno schiavo, e quella marcia, attraverso una terra desolata cosparse di rocce, fu una prova terribile come una battaglia. Ero preoccupato per Clary, fingendo di non guardarla, non perdevo occasione di osservarla, temevo che non sarebbe riuscita a resistere alle fatiche e che fosse crollata dalla stanchezza, sapevo che sarebbe stato un colpo terribile per il suo orgoglio, ma anche per il suo prestigio fra i guerrieri, i quali, molto spesso, guardano alle amazzoni come se fossero delle ragazzine che giocano alla guerra, bisogna però, ammettere che le amazzoni si sentono superiori a qualsiasi guerriero, e non né fanno mistero.

 

Ma il mio tesoro tenne duro e non sfigurò neppure in confronto al migliore dei miei guerrieri, ero veramente  fiero  di  lei  e glielo  dissi “Clary tesoro, tu sei  la  degna moglie di un Comandante, stai dimostrando di meritare i gradi di ufficiale, sono molto fiero di te.”

Lei alzò il viso e mi guardò con piglio severo “Cosa credevi? Di aver sposato una donnetta qualsiasi? Sono un’amazzone Amarante! Ricordatelo!”

 

“Non me lo dimenticherò mai più, Signora Aiutante di Campo!”

 

Il suo viso si sciolse in un sorriso luminoso, di quelli che mi stringono il cuore, in quel momento avrei voluto abbracciarla e rapirla sul mio cavallo, per fuggire con lei lontano dal mondo.

 

“Signore! È permesso ad un Aiutnte di Campo di amare il proprio Comandante?”

 

“Certo Signora, è permesso, quando l’Aiutante è una persona deliziosa come lei.”

 

“Ti amo, Helk, vorrei tanto baciarti.”

 

“Anch’io, sto morendo dalla voglia dei tuoi baci…ma cosa direbbero gli uomini nel vedere il Comandante baciare il proprio Aiutante?”

 

Lei rise, poi disse “Sarà per un’altra volta.”

 

La prima sera ci accampammo al limite del bosco, montammo le tende, piazzammo le sentinelle e, non accendemmo fuochi, per non rivelare la nostra presenza, mangiammo carne secca e pane raffermo.

 

Sotto la tenda, Clary si raggomitolò contro di me e si addormentò subito, senza darmi neanche il tempo di baciarla.

 

Per altri nove giorni, viaggiammo cosi, senza incontrare anima viva, poi una sera una pattuglia mandata in esplorazione tornò con la notizia, eravamo arrivati in vista di Inthynia.

 

Radunai gli ufficiali “Ecco, la marcia di avvicinamento finisce qui, quando calerà il sole, scenderò a valle per incontrare le Inthyne ed esaminare con loro tutte le possibilità da attraversare la palude velocemente e senza dare nell’occhio, intanto fate scaricare il sale e le provviste, perché dovremo abbandonare i carri, li nasconderemo e forse un giorno torneremo a riprenderceli, ci sono domande?”

 

Clary alzò la mano “Posso parlare Comandante?”

 

“Certo che puoi.”

 

“Hai per caso intenzione di recarti da solo ad incontrare le Inthyne?”

 

“Si! Perché? Non vedo la necessità di andarci in gruppo.”

 

“Comandante, verrò con te, l’Imperatrice nominandomi il tuo Aiutante, mi ha dato un incarico preciso, non posso lasciarti andare da solo.”

 

Reprimai a stento un sospiro, non volevo che Clary venisse con me, poteva essere pericoloso, ma non  volevo  neanche  lanciarmi  in  una  dicussione  senza speranza, perché conoscendo mia moglie

sapevo che poteva essere testarda come un mulo, decisi comunque di fare un tentativo.

 

“Avresti per caso l’intenzione di discutere le mie decisioni?”

Vedevo Clary infervorarsi e d’altra parte i miei ufficiali reprimere a stenro i sorrisini divertiti.

 

“Comandante! Hai per caso deciso di destituirmi?”

 

Non sapevo se arrabbiarmi o mettermi a ridere.

 

“Ma che discorso è questo?”

 

Ma Clary non rideva per niente, mi guardò con aria di sfida e disse “Comandante, se dovesse capitarti una incidente in mia assenza, come potrei giustificarmi davanti all’Imperatrice?”

 

Ora nessuno aveva più voglia di sorridere, quello che ai miei ufficiali era sembrato un battibecco fra un marito ed una moglie un po’ rompi, era improvvisamente diventato una questione seria, Clary mi aveva incastrato.

 

“Va bene, verrai con me.”

 

Devo riconoscere che Clary si comportò bene, non fece pesare la sua vittoria, si accontentò di annuire, senza dimostrare la sua soddisfazione.

 

Così, mentre la notte scendeva ci allontanammo dall’accampamento diretti ad Inthynia.

 

Giunti alla zona paludosa, ci sedemmo ad aspettare.

 

Clary bisbigliò “Helk, amore, sei arrabbiato con me?”

 

“No, non sono arrabbiato, sono soltanto preoccupato, se ci fosse qualche ribelle nei dintorni…..

 

Lei non mi lasciò firnre di parlare “Se ci fossero dei ribelli qui attorno, saresti solo ed io all’accampamento sarei morta dall’angoscia…lo capisci questo? Testone mio!”

 

La discussione fu interotta…era arrivata una Inthyna, si avvicinò cautamente…poi parlando a voce bassa, chiese “Tu sei il Comandante Helk?”

 

“Si, sono Helk e questa è il mio Aiutante di Campo, Clary.”

 

“Bene! Ti aspettavamo, i tuoi esploratori sono arrivati a Inthynia due giorni fa, e ci hanno annunciato il tuo arrivo, cosa possiamo fare per te?”

 

“Voglio portare i miei guerrieri sulla montagna e distruggere i nemici di Arthea, ma vorrei farlo senza essere scoperto.”

 

L’Inthyna sorrise “Sapevo già tutto questo, i tuoi uomini ce l’avevano detto…noi abbiamo preparato tutto, la prossima notte, alcune di noi raggiungeranno il tuo accampamento e guideranno te ed i tuoi attraverso Inthynia…poi saliranno sulle montagne per aprirti la strada.”

 

“Ti ringrazio, intanto se vuoi mandare della gente all’accampamento, abbiamo un grosso carico di sale per voi, è Arthea che ve lo manda.”

 

“Quando la vedrai, ringrazia l’Imperatrice a nome nostro ed assicurala della nostra fedeltà.”

 

L’Inthyna emisse un leggero fischio e, dalla notte si materializzò un folto gruppo di guerriere.

 

“Queste mie guerriere vi accompagneranno per prelevare il sale e non temete sorprese, abbiamo eliminato tutte le spie dei ribelli, da qui a due giorni di marcia, ci rivedremo domani sera, ti auguro la buona notte, Comandante ed anche al tuo aiutante faccio lo stesso augurio.”

 

Come era arrivata, l’Inthyna sparì senza rumore.

 

Non avevo mai visto queste strane creature ibride, avevano una coda sottile,  due piccole, ma robuste, corne sulla sommità del capo, ricurve come quelle di un ariete, e piccole ali palmate sulla schiena, ne avevo sentito parlare, ma avevo sempre ritenuto che erano fantasie…invece, no! esistevano davvero.

 

 

Capitolo 6

 

CLARY

 

Era da molto tempo che non mi mettevo in viaggio per un lungo periodo, ma appena saltai in sella, ritrovai in me subito quelle sensazioni note da anni: l’allerta verso l’ignoto e la voglia di superare ogni ostacolo, la ricerca della meta che è sempre un po’ più vicina, ad ogni passo.

 

Devo riconoscere che Helk è un Comandante molto efficiente e dotato. In tutti i dieci giorni di viaggio si era sempre dimostrato sicuro e saldo come una roccia, solo a guardarlo i suoi guerrieri riascquistavano la fiducia e riuscivano ad andare avanti.

 

Pochi giorni dopo aver iniziato il cammino credetti di non riuscire a finirlo mai più. La mia gola era arsa dalla sete ed il corpo stremato dalle fatiche, ma l’orgoglio mi salvò. Come una mano invisibile m’obbligò a cavalcare con la schiena eretta e gli occhi avanti, bloccò la sete e chiuse ogni pensiero di fatica, ora sapevo che niente mi poteva più fermare dal compiere la mia vendetta.

 

I soli erano tutti uguali, cavalcavamo tutto il giorno e ci fermavamo quando nell’orizzonte apparivano, meravigliose, le stelle che in quella terra parevano ancora più splendide.

 

Dopo la cena, consumata in fretta, Helk riuniva gli ufficiali, si parlava del cammino percorso durante il giorno, di quello da percorrere l’indomani, ed anche di quando avremmo dovuto affrontare i ribelli. Dopo queste riunioni, io mi dedicavo all’arco ricevuto in consegna, prima della partenza da Kerkos, non avevo molta dimestichezza con quell’arma, solo i guerrieri di Tahar la usavano, tutti gli altri usavano la balestra.

 

Avevo intrecciato con dei rami flessibili una specie di cerchio molto leggero, legato ad una lancia. La sera, subito dopo il consiglio di guerra, prendevo l’arco, la faretra ed il mio bersaglio, dirigendomi ai margini dell’accampamento, avendo cura di rimanere nel cerchio delle sentinelle. Impiantavo la lancia nel terreno per poi allontanarmi e mirare al buco della ghirlanda.

 

Non feci mai centro in tutti quei giorni.

 

La grande difficoltà era appunto la leggerezza e flessibilità del bersaglio, che si muoveva al ritmo del vento beffardo, che si divertiva a cambiare direzione ed intensità quando avevo già scoccato la freccia.

 

Ed una sera, in uno scatto d’ira per l’ennesimo tiro a vuoto, ruppì la corda dell’arco.

 

Caddì in ginocchio per questo che mi pareva un delitto ma non dissi nulla, misi via tutto, arco, frecce e bersaglio e tornai indietro, per scivolare nella tenda del mio amore ed addormentarmi immediatamente vicino al suo corpo caldo, senza neppure riuscire ad augurare la buonanotte.

 

Il decimo giorno eravamo in vista di Inthynia ed Helk decise di andare ad incontrare le Inthyne da solo.

 

Non lo avrei mai lasciato partire solitario verso una zona ignota! Potevano esserci dei nemici e lui, per quanto coraggioso e forte poteva trovarsi nei guai e poi…il mio compito era quello di stargli accanto, e se Arthea ordinava questo, ebbene io l’avrei fatto con o senza il suo consenso.

 

Poiché Helk non poteva controbattere agli ordini dell’Imperatrice, si arrese e mi permise di seguirlo; ed io lo feci.

 

Incontrammo le ibride verso sera e, dopo un breve colloquio, tornammo scortati da alcune di loro verso l’accampamento che avevamo piazzato sulle rive di un affluente del Ondagrigia.

 

Erano davvero degli esseri eccezionali e completi, di una strana bellezza selvaggia. Io ne avevo visto uno soltanto in un disegno di Althena, una mia sorella amazzone, che aveva da tempo una forte amicizia con una di loro, quando ne parlava le tremava la voce. Ogni tanto si recava a Inthynia a visitare quella sua amica, e tornava sempre trasformata, con un aria allo stesso tempo sognante e felice, la pelle che pareva più luminosa ed una rinnovata carica d’energia

 

Mentre camminavamo, m’accorsi che una di quelle creature mi guardava con insistenza e cercava, senza farsi notare dagli altri, di attirare la mia attenzione.

 

Quando giungemmo al campo, mi portai al suo fianco e le sussurrai “Cosa cerchi da me?”

 

Lei fece cenno di stare zitta e di seguirla dietro un gruppo di tende ed io ubbidì.

 

A quel punto lei mi prese per una mano e disse “Il mio nome è Iori e due giorni fa è giunto a Inthynia il gruppo dei tuoi guerrieri, uno m’ha detto d’aver una cosa per te.’

 

Sulla mia mano fece scivolare, da non so dove, una specie di lungo vermicello, lo guardai meglio e con stupore m’accorsi che era proprio la corda di un arco, come quella che avevo rotta il giorno prima! Non riuscendo a farle domande, lei continuò “M’ha detto anche di rimproverarti se per caso avessi rotto la corda del suo arco, perché non è facile costruirne una nuova e perfetta per quell’arma! Ha detto inoltre di allenarti con impegno e di voler trovare la sua arma prediletta perfettamente a posto quando verrà a riprenderla, ha anche aggiunto che è ansioso di rivederti, ora devo scappare amazzone, i miei saluti!”

 

E mi lasciò lì, imbambolata con quella corda in mano e mille quesiti per la testa.

 

Poi sul fiume, giunserò le zattere destinate al trasporto del sale, e fu allora che conobbi Misime.

 

Quella sera, nonostante la stanchezza, portai l’arco nella tenda dove dormivamo e risposi allo sguardo del mio tesoro.

 

“Comandante, ho bisogno di una mano per tendere bene la corda di quesrt’arco, io non ne sono capace.”

 

Lui prese l’arma ed agganciò da una parte la corda, mentre tirava l’arco dall’alrra, per chiuderla. Io rimasi a guardare, ma ero preoccupata, persino Helk metteva fatica nel posizionarla…era davvero uno strumento raro.

 

Alla fine fu premiata la sua forza e l’arco fu pronto. Gli saltai al collo per la felicità, facendolo cadere all’indietro.

 

Sentendo rumore strani una sentinella s’avvicinò alla tenda.

 

“Tutto bene Comandante Helk?”

 

 

Subito mi staccai da lui, che rispose “Si, tutto bene, fa buona guardia e tieni gli occhi aperti.”

 

Sospirai, neppure quella sera ero riuscita a dargli un bacio, neanche uno soltanto, ma dopotutto, sarebbe stato peggio dover attenderlo a Kerkos, senza nemmeno vederlo per troppe, troppe lune.

 

Ma mi sbagliavo, dopo aver chiuso la tenda per bene, Helk mi prese la mano e mi fece sedere a lui vicino, mi tolse la corazza e sciolse i legaci che chiudevano il mio corpetto.

 

Chiusi gli occhi e mi abbandonai alle sue carezze, non saprei spiegare cosa successe, ebbi una strana sensazione, come se il mio spirito avesse abbandonato il mio corpo per abbracciare quello di Helk, fu sconvolgente e meraviglioso, allacciati raggiungemmo le stelle lontano dal mondo, mio tesoro mi amò con tutto il suo essere, come mai mi aveva amata prima.

 

La mattina seguente non ci mettemmo in marcia come ogni giorno, ma ci ritrovammo fuori dalle tende, in uno spiazzo largo ed Helk dettò gli ordini ad ogni ufficiale per preparasi ad attraversare Inthynia..

 

Poi andammo al fiume, per vedere a che punto erano giunte le Inthyne con il carico del sale, e constatammo che questo era terminato e Misime ci annunciò di essere pronta a caricare i nostri carri per nasconderli in Inthynia.

 

Notai che mentre parlava con Helk, Misime non staccava gli occhi da me, ma credetti che lo facesse perché la vista di una donna l’incuriosiva.

 

La vista dell’acqua limpida che scorreva a pochi passi era una tentazione irresistibile, così dissi ad Helk “Come mi piacerebbe poter immergermi in queste acque così limpide, sono giorni che non riesco a lavarmi in maniera decente, ma con tutti questi uomini in giro, non mi sarà possibile.”

 

Misime sorrise e mi disse “Se vuoi davvero bagnarti, noi ti aiuteremo, erigeremo un riparo in mezzo al fiune, dove c’è quel masso emergente, e nessuno ti potrà vedere, vuoi?”

 

L’offerta era troppo allettante per rifiutarla, e dopo aver interrogato Helk con lo sguardo, accettai.

.

In pochi minuti, le Inthyne avevano eretto attorno al masso,una piccola struttura di giunchi e foglie intrecciate, ed io seguiì Misime nel fiume.

 

Per prima cosa lei prese le mie armi e le consegnò ad una sua subbordinata, raccomandandole di conservarle con la massima cura, poi mi aiuto a togliere la corazza, ed infine senza che glielo chiedessi, mi aprì il corpetto della divisa e mi spogliò.

 

Mi fece immergere completamente ed usando delle piante a me sconosciute, iniziò a lavarmi i capelli, poi, incurante delle mie proteste, mi lavò completamente. Mi aiutò ad uscire dall’acqua e; sempre con piante e fiori acquatici mi frizionò per asciugarmi. Mi ripeteva di continuo “Quanto sei bella, Clary.“. Era così piacevole che, dopo un attimo d’imbarazzo, la lasciai fare, mi sentivo bene, fresca e pulita, e gli olii essenziali penetravano la mia pelle ammorbidendola.

 

Giunte sulla riva, Misime mi s’avvicinò offrendomi un fiore “Ho colto questo fiore per te, quando tornerai dalla montagna, vorrei che tu ti fermassi a Inthynia, ti farei da guida per visitare il nostro mondo, ti sarei amica e se lo vorrai…potrei essere anche di più.”

 

Non mi era chiaro il senso di questo discorso ma accettai il fiore di buon cuore, dicendo “Misime, ti sono grata per il fiore ed anche per l’invito, ma quando, e se, scenderemo dalle montagne, non credo che mi sarà possibile di fermarmi, avrò un dovere da eseguire.”

 

“Ma il tuo Comandante non potrebbe forse autorizzarti a rimanere qui, almeno per un po’?”

 

“Certo! Il mio Comandante può autorizzarmi a rimanere qui, ma sono io che non voglio, devo presentarmi ad Arthea e rendere conto del mio operato, e poi voglio seguire mio marito.”

 

Misime mi guardò confusa, la delusione le si vedeva in faccia.

 

“Oh! Sei sposata con un uomo, e dov’è ora?”

 

La domanda mi pareva così ingenua che non riuscì a trattenere una breve risata, aumentando in questo modo la confusione di Misime

 

“Certo che sono sposata con un uomo! Le donne sposano gli uomini! È normale, in quanto a dove si trova mio marito, ebbene è qui di fronte a te, è il Comandante Helk.”

 

La povera Misime era sempre più a disagio, così Helk, che fino ad allora aveva assistito alla nostra conversazione in assoluto silenzio, decise d’intervenire e disse “Misime, non avertene a male, sono certo che Clary è felice di aver conquistato la tua simpatia, vedi per noi è ovvio che una donna sia sposata con un uomo, ed è stata la tua sorpresa a lasciarci stupiti, ma oltre che ad essere mia moglie, lei è anche una guerriera e deve ubbidire agli ordini dell’Imperatrice.”

 

Misime sorrise “Oggi ho imparato una cosa, ma vedi a Inthynia ci sono alcune donne, tutte amazzoni che sono riuscite a sfuggire ai loro aguzzini e che abbiamo accolte, sono rimaste da noi, forse si vergognavano troppo per tornare alle città, e nessuna di loro aveva mai accennato a questo cose.”

 

Poi tornò a rivolgersi direttamente a me “Malgrado tu sia sposata, accetteresti di diventare la mia amica del cuore? Non te ne pentiresti mai, te l’assicuro, perché il sentimento che provo per te è più forte della semplica amicizia o simpatia.”

 

Ignorava assolutamente il senso delle parole di Misime, e così non ebbi difficoltà a rispondere.

 

“Certo Misime, sarò felice di essere la tua amica del cuore.”

 

Lei fece un largo sorriso e dalla borsa che portava appesa alla cintura prese un anellino d’oro, raffigurante delle foglie di ninfee intrecciate, con fare quasi solenne, me lo mise al dito mignolo della destra e mi diede un bacio sulle labbra.

 

“Ora a Inthynia, tutte sapranno che sei la mia amica del cuore, sarei sempre la benvenuta e tutte ti saranno d’aiuto nel bisogno.”

 

Detto questo, Misime si allontanò per tornare ad occuparsi delle zattere.

 

Guardavo quell’anellino, mi ricordava qualcosa, ero certa di averne già visto uno simile, ma non riuscivo a ricordarmi dove…poi all’improvviso, nella mia mente, vidi la mano destra di Althena.

 

A metà mattinata arrivarono Falcon, la guida, e Sardek, l’ufficiale che aveva guidato gli incursori attraverso Lupanaria e lungo la riva occidentale dell’Ondagrigia, per fare il loro rapporto e di colpo mi dimenticai delle strane parole di Misime

 

Fecerò un lungo e dettagliato rapporto su quello che avevano fatto e quello che avevano scoperto, la discussione durò a lungo, ed Helk diede l’ordine di preparasi ad attraversare Inthynia.

 

Nel pomeriggio, Misime tornò con una mappa abbastanza dettagliata delle montagne più vicine e dopo averla esaminata non ci rimaneva che aspettare la sera.

 

Per inganare il tempo fino al momento della partenza, presi l’arco, la faretra ed il mio bersaglio, volevo fare un ultimo tentativo, mi allontanai un po’ dalle tende che gli uomini stavano già smontando e piantai la lancia nel suolo.

 

Presi bene la mira e tentai di concentrarmi molte volte, ma fu inutile! Quel dannato cerchio, l’avrei bruciato dalla rabbia che mi procurava, ad un tratto sentiì delle risa “Ah ah ah, ma Signora Auitante di Campo che combina?”

 

Era un guerriero biondo, con i capelli corti e gli occhi neri, giovane, che s’avvicinava tranquillamente, avvolto in un mantello scuro.

 

Io m’infervorai ancora di più delle sue parole e lasciai un’altra freccia che finì di molto sopra, non potei trattenermi.

 

“Accidenti! Io non ci riesco ad usare questo strumento!!”

 

Lui s’avvicinò e lo prese dalle mie mani “Mi farebbe provare?”

 

Gli diedi una freccia e lui la lanciò, mancando il centro di poco a sinistra; mi ritornò l’arma “Mhh, non sono poi molto bravo, mi spiace!”

 

Mi misi a ridere, era bravo e modesto “Non è vero! Sei bravissimo! Con questo vento poi! Dai insegnami un po’!”

 

Lui sembrava inquieto e si guardò in giro “Perché non lo chiede al Comandante?”

 

“Smettila! Dammì del tu! E poi lo sai benissimo che il Comandante è impegnato, non ha tempo per darmì lezioni di tiro con l’arco, anche se sicuramente sarebbe un bravissimo maestro!”

 

Sospirai a pensare al mio amore ed alle sue carezze.

 

Il guerriero mi fece tendere l’arco, poi si mise in meditazione ed esclamò “Più in alto quel gomito…guarda esattamente ls punta della freccia, bene ora alzalo un po’ di più e tendi ancora…ancora… ancora!”

 

Ma non riuciì a trattenere la mano e lanciai malissimo, lui sbuffò divertito vedendomi prendere l’ultima freccai dalla faretra e sentirmi dire “Bene, questa è mia!”

 

Tesi l’arco…ma stavo per non farcela. La fatica era terribile….allora l’uomo si mise dietro di me ed inclinò il mio braccio avanti, per prendere meglio la mira, poi s’avvicinò ancora e mise la sua mano sulla mia per trattenere la corda, guardammo entrambi la punta della freccia, sentivo la sua concentrazione poi sussrrò al mio orecchio “Ora!!”

 

Scoccai…ed il cerchio cadde al suolo. Rimasi impietrita a vedere la freccia conficata nella lancia, esattamente sul legaccio che avevo messo per tenere la ghirlanda unita.

 

Un altro guerriero passò di lì e ci vide, ancora vicini all’arco e corse verso di noi, urlando “Hei, tu, Zalesc! Che fai? Cosa diavolo stai facendo! Perdonalo Signora, ti prego di perdonarlo!”

 

Io tentai di spiegare “Mi stava solo insegnando a tirare con l’arco, nulla di più! Calmati per favore!”

 

Ma lui non riusciva a calmarsi e mi resi improvvisamente conto che doveva essere sembrato qualcosa di terribile!

 

Ma Zalesc bloccò il compagno per le spalle e disse “Hai sentito quanto ha detto l’Aiutante di Campo del nostro Comandante? È vero quanto dice, perciò smettila di agitarti e se ti sento parlare con qualcuno di quanto hai visto, non sfuggirai alla mia ira!’

 

Il guerriero scappò via annuendo e Zalesc si girò verso di me, spostandosi un ciuffo dalla fronte.

 

“Bene a presto Signora, la prossima volta lo centrerà stia tranquilla! Però avrebbe bisogno di un arco adatto alla sua statura, questo è troppo grande per lei. I miei saluti, è proprio una bravissima amazzone.”

 

E se ne andò come era venuto, nel vento.

 

Io mi girai con un terribile vuoto nel cuore…avevo paura che qualcuno avesse potuto fraintendere tutto, anzi, che Helk per primo potesse venire a conoscenza di verità contorte e trasformate dalla bocca di quel guerriero o peggio ancora che avesse visto lui stesso!

 

“Si fida di me, non devo preoccuparmi!”

 

Così pensavo, eppure sentivo un’ansia ed un turbamento…e maledicevo la mia leggerezza.

 

Corsi alla tenda, ma non lo trovai. Allora mi misi a riempire le sacche da viaggio, finché non sentiì una presenza posarsi accanto a me. Senza guardare dissi “Comandante ho preparato le sacche, cosa posso fare ora?”

 

Ma m’irrigidì a sentire una mano sulla mia, era aperta la tenda, lui non poteva dimostrarmi il suo sffetto davanti a tutto l’esercito! Respirai profondamente e girai piano la testa….

 

Capitolo 7

 

HELK

 

Tornammo indietro scortati da alcune guerriere Inthyne, appena giunti all’accampamento, vidi diverse zattere risalire la corrente dell’affluente dell’Ondagrigia lungo le rive del quale avevamo piantato le tende.

 

Le zattere attraccarono ed una giovane Inthyna, con un balzo, raggiunse la riva e mi si presentò.

 

“Sei tu il Comandante Helk?”

 

“Si sono Helk.”

 

“Ti saluto, il mio nome è Misime, il mio compito è di organizzare il carico del sale e di provvedere a nascondere i tuoi carri.”

 

Tornò a salutare prima di dirigersi verso le zattere ed impartire le istruzioni.

 

Da parte mia, mi affrettai a chiamare gli ufficiali.

 

“Tenete gli uomini a distanza da questi esseri, hanno troppe similitudine con le donne per non suscitare qualche pensiero nelle loro menti, mandateli a riposare, che questa sarà forse la loro ultima notte di tranquillità.”

 

Ci ritirammo sotto la nostra tenda, e dopo aver sistemato la corda di un arco, come mi aveva chiesto Clary, non poté resistere più a lungo, la presi per la mano e la feci sedere al mio fianco, poi le levò la corazza di cuoio che ricopriva il suo torace, lentamente sciolsi i legaci del suo corpetto per aprirlo e, sempre molto piano iniziai a spogliarla.

 

Lei stava ferma, teneva gli occhi chiusi ed il suo respiro si era fatto un po’ affannoso, la baciavo sulle palpebre, sulla bocca, sul collo, sulle spalle, sul seno ed, a mano a mano, che scoprivo suo corpo, la bocca scendevs. Mi spogliai in fretta.

 

Dopo giorni di astinenza e di desiderio repressi, ci buttammo nelle braccia l’uno dell’altra, le nostre labbra erano incollate, le nostre lingue erano intrecciate, le nostre mani, come dotate di volontà propria, percorrevano, con una lentezza disperante, i nostri corpi di carezze snervanti.

 

Clary raddoppiò la foga del suo bacio e fummo una sola carne; non esisteva più niente all’infuori della mia donna, solo lei riempiva i miei pensieri; nella mia mente si materializzò un essere luminoso, d’indicibile bellezza, che sorridendo mi tendeva le braccia, era lo spirito di Clary che, spinto dalla forza dell’amore, aveva infranto ogni barriera per congiungersi con il mio, ci amammo con il corpo e con la mente, fra le sue braccia ero trasportato negli spazi senza confini di un estasi infinita, solo nell’universo con il mio tesoro.

 

Il nuovo giorno ci trovò ancora avvinghiati, dopo un rapido bacio, ci alzammo e ci vestimmo in fretto, poi andammo in riva al fiume per vedere come procedevano le operazioni di carico del sale.

 

Le Inthyne avevano già completato l’opera e le prime zattere si erano già allontanate

 

Misime ci raggiunse e disse “Hai visto Comandante, le cose sono andate bene, quando torneranno le zattere caricheremo i tuoi carri e li nasconderemo a Inthynia, dove nessuno li potrebbe trovare.”

 

Ma mentre parlava, i suoi ochi non lasciavano Clary, non ci prestai molta attenzione, ritenendo che fosse semplicemente curiosa.

 

“Mi complimento con te Misime, siete molto efficienti.”

 

A questo punto intervenne Clary, manifestando la propria delusione di non poter fare un bagno nel fiume

 

Misime sorrise e propose ad Clary di fare erigere un riparo in mezzo al fiume, dove Clary avrebbe potuto bagnarsi nascosta agli sguardi indiscreto.

 

Clary mi lanciò uno sguardo interrogativo ed io annuì.

 

Pochi minuti dopo, le Inthyne avevano eretto una specia di cabina in mezzo al fiume, ed Clary, bene nascosta, sguazzava nell’acqua.

 

Quando dopo il bagno mi raggiunse; Clary era gaia come un fringuello, felice di sentirsi fresca e pulita.

 

Misime ci raggiunse e porse un fiore ad Clary, dicendole che lo aveva colto per lei, ed invitandola a fermarsi a Inthynia quando saremmo scesi dalle montagne, offrendole la sua amicizia e se lo avesse voluto anche di più…

 

Io, ignorante del fatto che le Inthyne potevano, all’occorrenza, cambiare sesso, assisteva allibito a questa scena incredibile, almeno per me, Misime stava corteggiando apertamento Clary.

 

In quell’occasione, Clary dimostrò di possedere molto tatto e sensibilità, rifiutò gentilmente l’invito pure dimostrando tutto il suo apprezzamento per lo stesso, ma quando saremmo tornati dalle montagne, lei avrebbe dovuto presentarsi ad Arthea.

 

Misime, però, non si dava per vinta ed insisteva, dicendo che io avrei potuto darle il permesso di fermarsi; non c’erano più alternative e Clary le rispose che era lei a non voler fermarsi perché intendeva seguire il suo marito.

 

Misime mostrò un grande sorpresa e disse “Oh! Sei sposata con un uomo, e dov’è adesso?”

 

Clary si mise a ridere, mandando la povera Misime in completa confusione, poi mi presentò “Ecco il mio marito! È il Comandante Helk.” E le spiego che era una cosa normale, almeno per gli umani, che le donne sposassero gli uomini

 

Misime non sapeva più come comportarsi, era rossa in viso, mi fece pena, così decisi d’intervenire nei loro discorsi, per spiegare all’Inthyna che, se Clary rideva, era per la sorpresa, non per prenderla in giro.

 

Credevo che tutto fosse finito lì, invece, Misime che non aveva intenzione di rinunciare ai suoi intendimenti, chiese ad Clary di diventare la sua amica del cuore, noi non sapevamo cosa intendessero le Inthyne con queste poche parole e, dopo avermi interrogato  con  lo  sguardo, Clary

 

accettò, ed allora, Misime, le mise al dito mignolo della mano destra un anello d’oro, poi la baciò sulle labbra e si allontanò per tornare ad occuparsi delle zattere.

 

Clary ed io ci guardavamo perplessi, c’era qualcosa che ci sfuggiva, ma non capivamo che cosa. Forse in un futuro, più o meno lontano, gli avvenimenti ci avvrebbero fatto capire in quale situazione ci eravamo lasciati coinvolgere. Infatti, prima che il sole si alzasse un’altra volta, tutto sarebbe stato chiaro.

 

A metà mattinata, arrivarono Falcon e Sardek, l’ufficiale che aveva guidato gli incursori attraverso Lupanaria e lungo la riva occidentale dell’Ondagrigia, di colpo ci dimenticammo di Misime per dedicarci ai nuovi arrivati.

 

Gli ufficiali riuniti, ascoltavano Falcon e Sardek “Dunque, Comandante, appena usciti da Lupanaria, abbiamo avvistato una postazione ribelle, l’abbiamo attaccata, distrutta ed uccisi gli occupanti, poi abbiamo iniziato la marcia verso il nord. I ribelli avevano posti di osservazione, distanti l’uno dall’altro a circa mezza giornata di cavallo,.nessuno degli occupanti si è salvato, inoltre ci siamo impossessati di alcuni pow. Solo di fronte a Inthynia non abbiamo trovato niente, le Inthyne non hanno mai permesso che i ribelli s’installassero nelle vicinanze, appena tentavano di costruire una postazione questa veniva attaccata e distrutta. Qui siamo stati accolti bene ed il sentiero che porta al passo è libero, per almeno una giornata di marcia, la cosa è certa, perché l’abbiamo percorso senza incontrare anima viva, con il favore delle tenebre, le compagnie possono attraversare il fiume in tutta tranquillità!.”

 

“Bene, preparatevi e tenete gli uomini pronti, questa notte, passando per Inthynia, raggiungeremo l’altra riva ed inizieremo a salire sulle montagne.”

 

Nel pomeriggio, Misime tornò, ci portava una carta abbastanza dettagliata dei monti e, gli insediamenti dei ribelli, più vicini, vi erano segnati, si sedette vicino ad Clary e, con la massima naturalezza, non perdeva occasione per toccarle la mano oppure il braccio, lasciandomi alquanto perplesso di fronte a tanta familiarità

 

Terminato quell’incontro me ne andai a visitare le compagnie, parlavo con gli ufficiali e gli uomini, ascoltavo le loro preoccupazioni di non essere all’altezza dell’impresa da compiere, nessuno di loro aveva mai partecipato ad una battaglia reale, ed io li rassicuravo, ma constatavo che il morale era alto.

 

Intanto Clary, si era allontanata per dedicarsi al suo passatempo preferito…il tiro con l’arco!

 

Dopo aver finto il mio giro d’ispezione, me ne tornavo verso la nostra tenda quando vidi due guerrieri azzuffarsi, non potevo tollerare una cosa simile e mi avvicinai a grandi passi.

 

“Hei!! Voi due! Che fate? Vi sembra una condotta degna di due guerrieri di Tahar? Perché litigate?”

 

Si erano fermati, tenevano gli occhi bassi, guardandosi la punta dei piedi, ma non rispondevano.

 

“Allora! Sto aspettando una spiegazione! Avanti! Parlate!”

 

Uno dei due si decise ad alzare il viso ed a parlare “La prego, Comandante, non s’arrabbi, ma io ho visto Zalesc mancare di rispetto al suo Aiutante di Campo, col pretesto d’insegnarle a tirare con l’arco, egli le stava appiccicato addosso, secondo me, non era una buona ragione per starle incollato

 

in quel modo  e…”

 

“Basta così! E tu Zalesc, cosa mi puoi dire?”

 

“Ma è la verità, Comandante, non c’era niente di riprovevole, ma questo qui invece di ascoltare l’Aiutante di Campo, si è messo a gridare e se non lo fermavo andava a gridare questa bugia per tutto l’accampamento.”

 

“E cos’ha detto l’Aiutante di Campo?”

 

“Che io le stavo insegnando a tirare con l’arco.”

 

Mi rivolsi all’altro guerriero “Per caso non credi alle parole dell’Aiutante di Campo?”

 

L’uomo in preda ad un evidente imbarazzo rispose “Si, Comandante, ma credevo che volesse coprire Zalesc per evitargli di incorrere nella tua ira.”

 

“Dunque, tu credevi che l’Aiutante di Campo mentisse?”

 

“No, Comandante, io non…..”

 

Rimase zitto, non sapeva più cosa rispondere.

 

“Bene! Raggiungete le vostre compagnie! E ricordatevi, se sento una sola parola su questo fatto, ve ne pentirete amaramente! Ed ancora, un’altra zuffa e vi mando via, non sareste più degni di fare parte dei miei guerrieri…siamo intesi?”

 

Li guardai che si allontanavano mogi mogi, e tornando verso la tenda pensavo a quanto fosse stata imprudente Clary, avrebbe dovuto pensare che non si poteva più comportare come una semplice amazzone, ora che era un ufficiale dei miei guerrieri…inoltre non potevo tollerare che la reputazione di mia moglie fosse sfiorata, neppure dall’ombra del più minimo dubbio sulla sua moralità.

 

Quando arrivai alla tenda, trovai Clary visibilmente a disagio, evitava di guardarmi in faccia, notai, leggermente sorpreso, che era senza corazza, la stava lucidando, cosa assolutamente inutile, ma lo faceva per darsi un contegno, mi fece pena a vederla così agitata, tanto che le dissi “Ciao, amore va tutto bene, non preoccuparti.”

 

Lei, finalmentre, alzò il viso per guardarmi e mi accorsi che aveva gli occhi gonfi dal pianto, feci finta di niente, non era il caso d’insistere su questa storia, però guardandomi intorno mi accorsi che l’arco e la faretra erano spariti.

 

Clary, volle comunque raccontarmi tutto quello che era causa del suo dispiacere. La situazione equivoca venutasi a creare con Zalesc e le molestie di Sardek, tentai di rassicurarla, promettendole che appena finita la guerra avrei sistemato tutto ciò. 

 

La sera scendeva rapidamente su Betunia, eravamo pronti ad iniziare la traversata di Inthynia, aspettavamo solo il segnale che le Inthyne ci dovevano dare.

 

Eravamo fermi sul limite dell’acquitrino, Clary, Misime, un’altra Inthyna di nome Iori ed io, scrutavamo la palude. Improvvisamente vidi una serie di luci avanzare in file parallele verso di noi.

“Cosa sono?” chiesi a Iori.

 

“Stanno segnando i margini del sentiero.” Mi rispose l’Inthyna.

 

“Come fanno?”

 

“Oh! È semplice, si costruiscono delle gabbiette con dei fili d’erba e vi si mettono delle lucciole, da vicino si vede bene e da lontano, anche se uno dovesse vedere, si confonde con le lucciole lasciate in libertà.”

 

Era di una semplicità e di una ingegnosità sorprendente.

 

Missime diede il segnale ed i guerrieri si misero in marcia, l’uno dopo l’altro, squadra dopo squadra, plotone dopo plotone, compagnia dopo compagnia, tutto il mio piccolo esercito ci stava sfilando davanti. Mi tornò in mente il ricordo di quando guidavo l’esercito degli Helk contro i giganti, migliaia di guerrieri, opliti e cavalieri, inquadrati in battaglioni, squadroni e reggimenti, ed ora disponevo soltanto di un pugno di uomini per compiere un impresa disperata, che nessuno aveva mai osato tentare.

 

La voce di Iori mi distolse dei miei pensieri “Comandante! Dobbiamo andare, Clary e Misime sono già sparite dalla nostra vista.”

 

Ci avviammo a piedi, con la sinistra tenevo il cavallo per la briglia, mentre Iori mi aveva preso la mano destra e mi guidava lungo quel sentiero, dietro di noi alcune Inthyne erano impegnate a togliere le gabbiette con le lucciole.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

La traversata di Inthynia prese più tempo di quanto avessi pensato, il sentiero era contorto, girava e rigiravs, tornava indietro per poi riprendere la direzione voluta, costeggiavamo isoloti dove si vedevano delle abitazioni montate su palafitte, senza guida non saremmo mai riuscito ad attraversare questo luogo.

 

Non riuscimmo a recuperare il ritardo causato dalle mie meditazioni, sicché quando, finalmente, giungemmo sulla terra ferma, eravamo soli.

 

Iori mi disse “Non preoccuparti, Comandante, ora potremo camminare più speditamente e fra poco raggiungeremo i tuoi guerrieri.”

 

Un forte vento, proveniente dalle montagne, si alzò improvvisamente cacciando le nuvole che nascondevanop la luna. La luce dell’astro notturno illuminò il paesaggio e fra la vegetazione, vidi…

Misime e Clary abbracciate…si baciavano…rimasi impietrito…

 

Non so quanto durò quel bacio…forse pochi secondi…forse un eternità…ero fermo e non riuscivo a staccare gli occhi dalla mia amata avvinghiata a Misime…mio cuore sanguinava…ecco cosa vuole dire amare…essere rapito dalla felicità più assoluta…oppure cadere nella disperazione più completa…eppure malgrado il dolore non riuscivo ad odiare Clary…anzi sentivo il mio amore per lei crescere a dismisura… mi feci forza…chiusi il mio cuore e mi avviai proprio quando Misime si staccò da Clary e s’allontanò nella boscaglia.

 

Iori si era accorta della mia sorpresa e della mia disperazione, con gesto gentile, mi sfiorò la guancia “Cos’hai, Comandante? Ti sei forse alterato perché hai assistito all’addio di Misime alla sua amica del cuore? Lo sapevi, se avevi permesso ad Clary di accettare l’amore di Misime.”

Soltanto allora capiì, per le Inthyne l’amica del cuore era la benamata, l’amante…

 

Chiusi la mia mente e scacciai il dolore, raggiunssi i miei guerrieri e trovai Clary che canticchiava piano una ballata d’amore, le rivolsi un sorriso e le chiesi di riunire i comandanti di compagnia, Falcon e Sardek, lei si mosse velocemente e pochi attimi più tardi eravamo riuniti.

 

“Preceduti dalle guerriere Inthyne e dagli incursori, risaliremo questa valle, appena sarà giorno ci nasconderemo nella boscaglia, riprenderemo la marcia al crepuscolo, voglio arrivare al passo senza destare il minimo allarme tra i nostri nemici.”

 

 

Capitolo 8

 

CLARY

 

Scoppiai in lacrime…ma cosa succedeva?…ma chi credevano di essere quegli uomini?…Zalesc che, a pensarci bene, forse si era permesso di stringermi più del dovuto, col pretesto d’insegnarmi a tirare con l’arco…tanto che avevo sentito la sua virilità premuta su di me, e chissà quanti altri avrebbero voluto stringermi così?? E poi Sardek che, guardandomi, non nascondeva la sua libidine ed aveva tentato di baciarmi.

 

Non riuscivo a calmarmi, singhiozzavo disperata…ma perché? Cos’avevo fatto di male per meritarmi questo? Niente! Ero sempre stata discreta, non me ero mai esibita in atteggiamenti provocanti…allora, mi trattavano così soltanto perché sono una donna? Non sono migliori dei ribelli! Chissà cosa mi farebbero se non ci fosse Helk?

 

Infine mi calmai, non avevo più lacrime …

 

…abbassai lo sguardo sulla mano che stringeva la mia…era Helk…non disse niente, si limitò ad accarezzarmi il viso, dicendo “Tesoro, va tutto bene, non preoccuparti.”

 

Mi venne il sospetto che la scena di Zalesc appiccicato alla mia schiena gli fosse stata riportata…ma egli non disse niente.

 

Feci un profondo respiro, dovevo dirgli tutto, non potevo tenere solo per me questo peso, dissi “Helk, amore! Ti devo parlare.”

 

“Cosa vuoi dirmi, tesoro?”

 

Gli raccontai tutto, la lezione di tiro con l”arco, l’intervento di quel guerriero di cui ignoravo il nome, la reazione di Zalesc e la mia paura di vedermi diffamata di fronte a tutto il reparto, con le possibili conseguenze sulla mia reputazione e sull’onore di mio sposo.

 

Helk sorrise, mi prese la mano e guardandomi negli occhi, disse “Tesoro, va tutto bene, il primo che si azzarda a parlare male di te se ne pentirà per il resto dei suoi giorni, quindi non parliamo più di queste cose, sono certo che non ti lascierai più coinvolgere in situazioni del genere.” 

 

Ma non ero soddisfatta, e ripresi “Non è tutto, c’è un’altra cosa da dire.”

 

Helk aggrottò la fronte e domandò “Quale altra cosa?”

 

“Sardek è venuto a riprendere l’arco che mi aveva dato da custodire…mi ha guardata in un modo strano, ed ho capito benissimo cosa voleva, non ha detto niente, ma ha tentato di baciarmi, l’ho respinto, ma è andato via ridendo e dicendo, la prossima volta sarai più docile, vedrai che ti piacerà.”

 

“Calmati amore, non farti venire inutili preoccupazioni, va tutto bene, verrà il momento e chiarirò anche questo fatto.”

 

Ma io non potevo calmarmi così, la mia vita non è mai stata semplice.

 

Diversamente da quanto hanno quasi tutti i bimbi io non avevo nessuno. Lo Spirito stesso di Betunia mi era da padre e da madre, e la natura, vecchia signora sempre bella, mi dava il privilegio di essere sua discepola.

 

Imparai molte cose nei primi anni della mia esistenza ma mai senza dolore o rinuncia.

 

Adesso, pensando agli ultimi giorni trascorsi, rifletto su quanto compii gli anni per imparare a camminare. M’issai tenendomi saldamente ad un albero ed iniziai a spostare, tremolante, un piede dopo l’altro, felice. Ma, lasciando l’albero, imciampai e battei la testa sulla roccia.

 

Capiì quindi e mi trascinai in un campo di fiori. Sulla soffice erba mossi i miei primi passi e feci le più grandi cadute della mia infanzia.

 

Poi giunsi a Kerkos, selvatica e temprate dalle tempeste, probabilmente se la Contessa Alyssia non mi avesse trovata e portata da Maestro Ombra, sarei diventata una sanguinaria bestia inferocita e, forse, sarei morta, uccisa da qualche guerriero che si sarebbe dovuto difendere dalla mia rabbia cieca.

 

Neppure amare lo affrontai con tanta facilità.

 

Era un cosa nuova, incredibile e per me assurda.

 

Ci volle molto tempo per imparare ad esprimere il mio amore e ci volle anche tanta pazienza da parte del mio sposo.

 

Ed ora ero un ufficiale, per la prima volta non potevo più comportarmi come uno spiritello libero, che si divertiva a sfrecciare nel vento ed inseguire i sogni. Dovevo stare con i piedi per terra e la mano all’elsa per stare ai miei doveri.

 

La sera rossa brucciava il nostro orizzonte ed ancora per poco ci avrebbe offerto le sue fiamme che si stagliavano nella bruma.

 

Misime, Iori, Helk ed io, eravamo sul ciglio dell’acquitrino a cercare con gli occhi i guerrieri silenziosi, ognuno accompagnato da una Inthyna, che imboccavano il sentiero che era stato segnato nella palude per attraversare Inthynia.

 

La notte era buia, basse nuvole nere copriavano Betunia, ogni tanto, la luna faceva capolino per poi tornare a nascondersi subito, il tempo non passava mai, la lunga fila dei guerrieri sembrava non dover finire mai, ed io ero ancora persa nei miei pensieri.

 

Guardai con la cosa dell’occhio il Comandante che era in piedi accanto a me. Scrutai la sua figura imponente e fiera che fissava il suo esercito con silenziosa vigilanza ed approvazione. I miei occhi puntarono i suoi lineamenti armoniosi ma forti, scesero sulle spalle e le mani. Provai una fitta lacerante nel mio spirito. Durante il viaggio alla luce del sole non potevo neppure sfiorarlo ed i miei occhi rimanevano quasi sempre bassi per non cedere alla tentazione, ma in quel momento avrei voluto saltargli tra le braccia e non lasciarlo andare. Avrei voluto assaporare il profumo del suo soffio e volevo che la nostra felicità riecheggiasse tra i monti come una valanga terribile.

 

Finalmente l’ultimo guerriero si avviò, allora Misime mi prese la mano e disse “Andiamo, ora tocca a noi.”

 

La sua presa era salda e mi dava un senso di sicurezza, scendemmo in acqua, ero immersa fino alle ginocchia ed ogni passo costava uno sforzo.

 

Camminammo in silenzio per un lungo tratto del sentiero, era così buio che non riuscivo a vedere il

guerriero che ci precedeva, sembrava di essere sole in mezzo a quest’immensa distesa d’acqua.

 

Poi Misime prese a parlare a bassa voce “Parliamo se vuoi, ma piano, i suoni sull’acqua si diffondono rapidamente e vanno molto lontano.”

 

“Sì, parliamo, mi farà sentire meglio.”

 

“Cos’hai che ti turba?”  mi domandò Misime.

 

Sentivo il bisogno di scaricarmi il cuore e le raccontai tutto, sia di Zalesc che di Sardek.

 

Lei mi ascoltava in silenzio, senza mai interrompermi, quando ebbi finito, mi strinse la mano ancora più forte e disse “Povero tesoro! Come hanno osato farti questo? Lo sa il Comandante Helk?”

 

“Sì, glielo detto, non ho nascosto niente, non sarei potuto vivere con un simile peso sul cuore.”

 

“E cos’ha detto?”

 

“Di dimenticare queste cose, e che a Sardek, ci avrebbe pensato lui, non so cosa intendeva.”

 

“Lui non può fare niente per il momento, un buon Comandante non può lasciarsi trsscinare da senrimenti personali, il successo dell’impresa passa prima di ogni altra cosa.”

 

Mi arrabiai “Ma allora quel mascalzone la passerà liscia ed io dovrò sopportare la sua presenza per tutto il tempo che staremo sulle montagne e rischiare di essere molestata appena mi troverò sola con lui?”

 

“Clary, tu sei la mia amica del cuore ed io non posso tollerare che tu venga infastidita…io non ho gli obblighi di tuo marito, io posso agire.”

 

“Come? Cosa intendi dire?”

 

Lei mi sorrise, riuscivo a malapena a distinguere il suo viso, ma vedevo i suoi occhi lanciare lampi di collera, mi mise un dito sulla bocca.

 

“Dimentica! Non abbiamo mai parlato di queste cose! Il tempo e gli avvenimenti sistemeranno turro.”

 

“Ma non capisco.”

 

“Clary, amore mio, io sono disposta a dividerti con il comandante Helk, lui è tuo marito, ha i suoi diritti, ma io sono l’amica del tuo cuore, e nessun altro ti deve toccare.”

 

Rimasi allibita, soltanto allora, riusci a capire il significato vero di quelle poche parole, Misime si aspettava che io l’amassi, che diventassi la sua amante, che io accettassi di dividermi tra Helk e lei…era una follia…era tradire l’amore di Helk ed andavo contro tutto ciò in cui credevo…non trovavo parole adatte per dirle queste cose.

Intanto avevamo raggiunto la terra ferma, senza lasciare la mia mano, Misime mi sussurò all’orecchio “Clary, ti devo parlare in fretta!”

 

Senza aspettare una mia risposta si girò e con passo spedito percorse un sentierino tortuoso, trascinandomi al suo seguito, proseguimo in silenzio fino ad una radura illuminata a stento dalla luna che nasceva, mervigliosa madre. Misime si fermò ed imbarazzata, guardò a terra, cercando le parole.

 

Provai tenerezza per lei e le strinsi la mano. Questo parve darle la carica.

 

“Clary…” cominciò “tu sei davvero una bella e giovane donna ed il mio cuore è stato tuo appena ti ho vista. Ascolta, amore mio, ora ti devo lasciare, Iori ed io dobbiamo guidare le guerriere che devono precedervi, tu vai avanti, al massimo un centinaio di passi e troverai i guerrieri, ti lascio amore mio, abbi cura di te”

 

Dopo un primo secondo di stupore assoluto stavo per mettermi a ridere ed esclamare “Su Misime! Sei una donna! Come posso piacerti io? Avanti torniamo indietro! Non posso piacerti davver…”

 

Ma non risi e rimasi a riflettere. Si invece che potevo, Althena sempre mi diceva che questi esseri erano così completi da poter cambiare sesso, ma per me risultava impossibile pensare ad una cosa simile.

 

Eppure ora mi accorgevo che gli occhi di Misime non erano più timidi ma profondi e, o forse era una mia impressione, erano diventati neri e grandi, come quelli di un guerriero delle steppe. Quelle due fessure mi travolgevano ed ora capivo molte cose dei suoi atteggiamenti del giornio prima.

 

Respirai profondamente e dissi risoluta “Misime, siamo molto diverse e veniamo da due mondi che si sfiorano appena. Non so cosa per te vuole dire amare, ma io non ho provato questo sentimento così profondo mai per nessuno….”

 

Feci una pausa, mi era venuto l’affano come dopo una lunga corsa ed il cuore mi batteva forte. Lei sorrise, speranzosa, ed io andai avanti a parlare.

 

“…tranne che per il Comandante Helk. È una cosa che non riesco bene a spiegare Misime…la mia potrebbe essere la più terribile debolezza per un guerriero perché e ti dico il vero, nella mia testa avevo pensato di scappare dagli ordini di Arthea se non mi avesse lasciato vedere colui per cui darei la mia anima e tu sai cosa vuole dire questo per un’amazzone. Non l’ho mai detto a nessuno, tu sei la sola. Io ti posso amare come un’amica fidata, come una sorella ma il mio cuore è tutto del Comandante ed il suo è tutto qui, tra le mie braccia, e lo cullo sempre, baciandolo.”

 

Il suo viso era terribile. Era confusa e triste, non riusciva a parlare e tutto cade nel silenzio. Abbassai gli occhi e…vidi una pietra d’oro scintillare…era oro?

 

L’afferrai e Misime disse con voce terribilmente mogia “E’ pirite, una pietra molto simile all’oro e fragile. Luccicante ed è dette l’oro degli stolti.”

 

“Beh, io ci sono cascata in pieno.”

 

Ci sorridemmo, poi lei continuò “Molta gente è annegata nella paluda perché questi sassolini brillavano e li attiiravano sempre più al largo, fino ad impigliarsi nelle alghe.”

 

Mi venne allora un’idea, la frantumai in due pezzi più o meno uguali, poi tentai di sfilarmi l’anello che Misime mi aveva regalato...ma non ci riusci, sembrava che l’anello si rifiutasse di lasciarmi…

 

“Lo sai che non dovrei accettare il tuo anello, amica mia, però sembra che questo non vuole abbandonarmi, ma questa pietra sarà nostra. I due pezzi saranno uniti e, vedrai, saremo sempre vicine, come due care amiche che guardano il sole, ridendo di gioia per essere al mondo!”

 

“Non puoi toglierti l’annello, è stato forgiato dalle più abili e potenti streghe di Inthynia, gli anelli dell’amore sono indistrutibili, ormai questo ci lega indissolubilmente l’una all’altra, ed anche se ti rifiuti di ammetterlo mi ami per sempre ed io ti amerò e ti proteggerò fino alla fine dei tempi, non puoi più sfuggire all’incantesimo,  neanche se ti tagliassi il dito o la mano, perché l’annello tornerebbe sempre da te,

 

Non so se capisse il mio disorientamento, ma mi sorrise, accettando quello che le offrivo, ad un tratto però suo volto cambiò e disse semplicemente “Tu mi hai dato una pietra e questo è un ulteriore legame, ora anche io ti voglio dare un regalo! Stai bene attenta! E buona fortuna…amica del mio cuore!”

 

Si avvicinò e mi accosto al suo corpo. Le sue mani presero il mio viso e la sua bocca si schiuse sulla mia…la sua lingua cercò la mia…la trovò…l’acarezzava… la vezzeggiava…ricambiai il bacio…non so quanto durò quel bacio, forse pochi secondi, ma mi parve un eternità.

 

I miei occhi divennero ad un tratto pesanti e non riuscivo più a stare in piedi…ma…dov’ero?

 

Sentii il suo spirito impossessarsi del mio, le nostre menti si fondevano l’una con l’altra…percepivo il suo amore, un amore immenso, selvaggio ed irresistibile…fu travolta…non poté fare a meno di amarla…la sua parte maschile s’impadronì del mio corpo…ora era un uomo a tenermi stretta…erano le sue mani ad acarezzare la pelle nuda…era la sua virilità premere ed a prendermi…e dimenticandomi di Helk provai tutte quelle sensazioni meravigliose del corpo e della mente che due amanti provano quando si uniscono nell’amore…scossa dei fremiti del piacere…mi persi nella voluttà dei sensi…languida ed appagata…felice di essere sua…

 

Era la realtà od era un sogno? Avevo tradito Helk? Non volevo pensarci! Non volevo ammetterlo! Ed anche ora vorrei non essere obbligata ad ammetterlo! Ma, già allora, sapevo che era vero, perfino l’umidore che percepivo su di me diceva che non era un sogno! Tutto mi faceva capire impietosamente che non era un illusione! Non ero stata capace di resistere al richiamo dei sensi!

 

…ora mi mostrava la montagna! Mi alzavo e vedevo…si vedevo…piccole capanne di legno con brutti uomini che facevano la guardia! Erano lì, non lontano dal passo. Continuai a sorvolare la zona e vidi che c’erano tante postazioni e molto più vicine di quanto si credeva! I ribelli si erano quadruplicati ed ora, attorno ai fuocherelli accesi mangiavano tranquilli.

 

Poi dentro di me sentii voci sparse. Mi concentrai meglio e riuscii a capire.

 

“Un fido guerriero…che ti sia d’aiuto…un tale di nome Clary.”

 

Erano le parole dell’Imperatrice, quelle che avevo udito alla Città Imperiale, prima di partire.

 

“Difendilo…parti, difendilo…sai cosa intendo! Piccola Clary tu sai cosa intendo!”

 

Questa era la voce di Kyra!

Fui subito catapultata tra le braccia di Misime che si staccò da me e mi sorrise compiaciuta e furbetta.

 

“A presto, amore mio, ora devo andare, anche se lo vorrei non posso fermarmi con te più a lungo, vai ed abbi cura di te.”

 

Ero in completa confusione, non capivo più niente…non riuscivo a parlare…non sapevo cosa dire…

 

Misime aspettò un attimo, poi visto che non rispondevo, disse “Vedrai tesoro, ogni volta che visiterai Inthynia, saremo felici, sarai ancora mia come questa sera, ci ameremo e ci perderemo ancora nella passione dei sensi.”  Mi diede un leggero bacio sulle labbra e sparì nella notte.

 

Il cuore mi batteva forte, ero come imbambolata, mi venne in mente una ballata d’amore e mi misi

a canticchiare mentre raggiungevo i guerrieri.

 

Poco dopo arrivò Helk ed io tornai con i piedi per terra, ero felice di vederlo e nello stesso tempo, ricordandomi di Misime, provavo un profondo senso di colpa, volevo dirgli tutto ma non mi lasciò il tempo di parlare, soltanto mi disse. di radunare gli ufficiali comandanti delle compagnie, arrivarono tutti, compresi Misime, Iori, Falcon e Sardek, che non perdeva occasione di fissarmi con uno sguardo malandrino, mi spogliava con gli occhi aumentando ancora di più il mio disagio.

 

Come sempre gli ordini del comandante furono chiari e concisi.

 

Le guerriere Inthyne, agli ordini di Misime e Iori, e gli incursori guidati da Falcon e da Sardek, partiranno subito, le compagnie li seguiranno a distanza, all’alba ci nasconderemo nella boscaglia, al tramonto riprenderemo l’avanzata per giungere al passo prima del levar del sole.

 

Ora capivo, ora sapevo quello che dovevo fare.

 

Salutai gli ufficiali e seguii a distanza mio marito che sembrava non accorgersi di me. Era strano e pensieroso, non sapevo cosa lo preoccupava in modo così allarmante, ma non dovevo assolutamente tirarmi indietro…

 

“Comandante, io devo andare con gli incursori!”

 

Lui non si girò e rimase a guardare il fiume “Hai sentito i miei ordini ed ubbidirai, tu starai con me e le truppe e non si discute quanto dico!”

 

“Amore perdonami se puoi!”

 

Mi ripetevo nel cuore mentre grosse lacrime continuavano a sgorgarmi dagli occhi. Mi pareva di essere pugnalata da mille lame, però dovetti trovare la forza di andare avanti.

 

“No Comandante, io andrò con gli incursori, che ti piaccia a no!”

 

Oh, cosa avevo fatto? Come avevo osato? Eppure sapevo che il mio aiuto poteva essere molto utile. I ribelli avevano preparato trappole ed io ora conoscevo a memoria il territorio. E poi…la voce di Kyra, non potevo scordarla.

 

Helk si girò e vidi il suo viso, tra la collera e lo sgomento. I suoi occhi grigi erano sgranati ed aveva rughe di tensione ai bordi degli occhi, ma era bello come il sole del mattino, con voce spezzata disse “I miei ordini sono quelli e tu, Clary non puoi pensare di fare di testa tua! Anche se sei un’amazzone, ora sei un mio ufficiale e mi devi rispettare e ubbidire!”

 

Mi  rendevo  conto  che non potevo dirgli di aver baciato Misime di essermi arresa e di averci fatto l’amore, di averlo tradito, e quello che era peggio, di non provare rimorso ma soltanto disaggio. La cosa lo avrebbe stravolto e non aveva senso, era stato solo un sogno, almeno così volevo convincermi, ben sapendo che così non era. Quello che sentivo era che dovevo proteggerlo come potevo.

 

Lui era tutto ciò che volevo e per quanto una parte di me diceva di rimanere al suo fianco, codarda e silenziosa; la guerriera scalciava dicendo di andare a difendere quello che amavo.

 

“Mi spiace Comandante, ma il mio aiuto sarebbe più prezioso lì e tu sai che non lo dico per ricerca di gloria! Io amo la mia vita e mai la sprecherei così senza motivo!”

 

“Ma ti rendi conto che ti stai opponendo agli ordini del tuo Comandante? Sai che fine farebbe un soldato per questa insolenza ingiustificata?”

 

Era in collera. Son certa che non era solo questo il motivo che lo faceva arrabbiare con me e mi arrabbiai anche io.

 

“Ed allora fatelo! Avanti! Buttatemi fuori dai vostri ranghi, rispeditemi a casa ma vi assicuro che se lo farete, io questa notte sarò con gli incursori! Non potete pensare di manovrarmi come un burattino o un pedone di schacchiera! Helk smettila di considerarmi una nullità! Io vado lassù perché ti amo e posso essere utile a trovare le trappole nei vari versanti! Ce ne sono tantissime e gli uomini non sono preparati! Gli incursori son troppo pochi e non organizzati per quello che troveranno! Non capisci che ti amo? Non capisci che la mia più totale felicità sarebbe starti accanto e donarmi a te ogni momento della mia vita per placare il cuore? Oh, no! Credi che io sia di ferro? Credi che riesca a sopportare di restare qui mentre i tuoi uomini vanno alla morte? No, ti salverò a modo mio! Ed ora, Comandante Helk, gettatemi fuori se vi fa più piacere!”

 

Ero in preda all’ira cieca dettata dall’amore. Sapevo che stavo andando a rischiare la mia vita ma dovevo farlo! Gettai la mia spada ai suoi piedi.

 

“Ecco! Quella è la mia spada! Ma sappiate che l’amore che provo per Helk mai si fermerà e questa pazzia la voglio fare solo per lui. Sarò utile agli incursori Comandante. Lasciatemi andare con loro.”

 

Dovevo essere impazzita, ma non riuscivo più a capire se ero sveglia o se era ancora un sogno.

 

Helk si chinò a raccogliere la spada, ma non me la restituì, invece mi afferrò per un braccio, stringendo la sua morsa tanto forte da farmi male. Era livido in faccia, la collera era terribile, si avvicinò al mio volto e, più che parlare, sibilò “Signora Aiutante di Campo! Quale demone Le ha messo in testa l’intenzione di distruggermi? Lo sa che se un comandante non è in grado di farsi ubbidire perde la stima e la fiducia dei suoi uomini, forse lo seguiranno in battaglia, ma saranno demoralizzati ed al primo scontro fuggirano come tante lepri, e molti moriranno inutilmente.”

 

Si fermò un momento per riprendere fiato, poi prosegui “Se lei fosse un semplice guerriero, la farei legare ad un albero e di fronte alle compagnie schierate, sulla sua schiena nuda le verrebbero date cinquanta frustate, se per caso sopravvivesse rimarebbe lì ad aspettare di essere divorata dalle belve, se invece fosse un ufficiale nominato da me, sempre di fronte alle compagnie, verrebbe decapitata, ed anche in questo caso, suo corpo verebbe abbandonato alle fiere; ma lei non è né l’uno né l’altro, e non posso agire, lei ha ricevuto il suo grado da Arthea, e quindi spetta a Lei giudicarla e punirla. Se persiste nel suo attaggiamento di insubordinazione, sarà messa in catena ed accompagnata, sotto buona scorta dall’Imperatrice per conoscere la sua sorte, le auguro soltanto che nostra Sovrana sia clemente nei suoi confronti.”

 

Ero allibita, non riuscivo a credere alle mie orecchie, tutti i miei discorsi non erano serviti a niente, ma Helk non aveva ancora finito di dirmi come la pensava.

 

“In quanto a me, dovrò prendere atto che la mia impresa è fallita, domanderò a Misime ed a Iori di riaccompagnare le compagnie sull’altra riva del fiume, perché se fossimo attaccati qui sarebbe un massacro e non posso permettere che tanti uomini siano uccisi per colpa dei suoi capricci, poi salirò sulla montagna da solo, la morte laverà il mio onore dal fango che lei ha profuso a piene mani, ora sta a lei decidere, io aspetto!”

 

Abbassai il capo, Helk mi aveva sconfitta, mi arrendevo…tutti i miei ragionamenti erano sbagliati…io volevo proteggerlo ed invece lo uccidevo…

 

Riusci a bisbigliare “Ubbidirò, starò con te!”

 

“Benissimo, l’incidente è chiuso, non parliamone più.”

 

Mi voltò le spalle e si allontanò, lasciandomi sola e disperata.   

 

 

Capitolo 9

 

HELK

 

Preceduti dagli incursoi e dalle guerriere Inthyne, agli ordini di Misime e di Iori, iniziammo la salita verso il passo, il sentiero era stretto ed eravamo obbligati a procedere a piedi, tenendo i cavalli per la briglia. Prima di partire avevo avuto una violente lite con Clary, che voleva ad ogni costo accompagnare gli incursori, io invece sospettavo che volesse andare con Misime, era un problema che non potevo affrontare ora, dopo la vittoria sui ribelli avrei trovato una soluzione per risolvere la situazione senza creare scandali e pettegolezzi.

 

Non ero per niente tranquillo, il posto era perfetto per un imboscata ed, in quel caso avremmo rischiato di farci massacrare senza poterci difendere.

 

Le Inthyne sono guerriere magnifiche, temibili e feroci, hanno lunghi cannini aguzzi e, sotto le unghie delle mani e dei piedi, sono dotate di artigli rettratili, però combattono solo di notte, la loro pelle, troppo delicata, sopporta male i raggi del sole ed hanno la necessità di bagnarsi frequentemente.

 

Mi resi conto di quanto erano feroci, quando dopo circa un paio d’ore di cammino, vidi ai margini del sentiero i corpi dilaniati di alcuni ribelli, era uno spettacolo raccapriciante, in passato avevo visto tanti campi di battaglia, coperti dei corpi dei guerrieri morti in combattimento, ma mai uno scempio del genere.

 

Avrei voluto evitare ad Clary la vista di uno spettacolo simile, purtroppo non era possibile, lei mi seguiva a breve distanza e non potevo neanche rivolgerle la parola.

 

All’alba del secondo giorno raggiungemmo il passo, e le compagnie, a mano a mano, che lasciavano il sentiero, si dispiegavano in posizione di difesa.

 

Il passo non era altro che una larga spaccatura nella roccia e ci trovammo di fronte ad un falso piano, una successione di basse colline che si estendeva fino alle alte cime che sbarravano l’orizzonte.

 

Mi resi immediatamente conto che non si trattava di conquistare una montagna, ma bensì un altopiano, il che rendeva l’impresa quasi impossibile, avremmo dovuto affrontare una successione di battaglie campali con una tale disparità di forza che, neanche il coraggio dei miei guerrieri e la mia abilità tattica sarebbe riuscita a riequilibrare, Arthea ci aveva, forse senza rendersene conto, mandati al macello.

 

Iori mi raggiunse, e disse “Comandante, noi ti lasciamo, torniamo a Inthynia, ci preoccuperemo di tenere il sentiero libero per conservarti una via di ritirata se fosse necessario, potrai inviarci i tuoi uomini feriti, li cureremo, ora ti saluto augurandoti tutta la fortuna necessaria per la tua impresa.”

 

Poi aggiunse “Ti devo dire un’altra cosa, il tuo uomo, Sardek, così si chiamava credo, era con le guerriere di Misime, è morto in combattimento, mi dispiace, si è lasciato sorprendere da un ribelle che lo ha sgozzato, non abbiamo potuto recuperare il suo corpo, è caduto in un crepaccio, così profondo che non se ne vedeva il fondo.”

 

Poi con un sorriso ammagliante, mi disse “Mi ricorderò di te, Comandante, e spero che anche tu mi penserai  ogni  tanto, perché  vorrei  che  mi  accettassi per amica, allevierei la tua solitudine quando

Clary se ne starà con Misime.”

 

Cosa potevo rispondere? Che avrebbe avuto un posto nei miei pensieri! Non era proprio il caso! Che non l’avrei pensata per niente! Che non volevo la sua compagnia! Chissà come avrebbe reagito?

 

Avevo già troppi problemi da risolvere senza andare a cercarmene un altro! Mi limitai ad annuire.

 

Intanto vedevo Misime che, essendosi avvicinata ad Clary parlava a voce bassa, tenendole una mano fra le sue, e la cosa mi dava un enorme fastidio.

 

Ordinai di piantare le tende nel punto in cui ci trovavamo. Gli uomini  erano esausti e non sarebbero stati in grado di combattere per almeno due giorni. Non volevo che il nemico s’accorgesse della nostra presenza prima di allora, quindi non ci dovevano essere fuochi accesi, niente squilli di tromba o rulli di tamburi e nessuno, tranne le vedette, doveva avvicinarsi alla cresta delle colline.

 

Avremmo aspettato riposando.

 

Non feci fatica a trattenere gli uomini, la maggior parte dei quali era più che soddisfatta di restare ferma in un posto, ma non riusci a contenere me stesso. Legato il cavallo, camminai fino alla cresta della collina e, per il resto del giorno, seduto all’ombra di una grande roccia, osservai il paesaggio.

 

Pensavo ad Clary ed ero preoccupato per la sua sicurezza, lei era l’unica donna del contingente e sicuramente i ribelli sapevano dalle loro spie che era mia moglie, quindi avrebbero tentato in tutti i modi di catturarla, se li avessi sconfitti avrebbero avuto la loro vendetta, se invece avessero vinto loro si sarebbero divertiti.

 

Già m’immaginavo le torture alle quali il mio amore sarebbe stata sottoposta, gli abusi più osceni che quelle menti oscure avessero potuto concepire e per finire l’avrebbero impalata all’asta di una bandiera, forse addirittura la mia, era un pensiero insoportabile, ma dovevo eliminarlo dalla mia mente e rimanere lucido per affrontare la battaglia.

 

Dopo circa mezz’ora sentiì un avvicinarsi di passi, misi la mano all’elsa della spada ed aspettai, era Clary, in silenzio, venne a sedersi vicno a me, per un po’ non disse niente, poi si decise a parlare.

 

“Helk, amore, cos’hai? Ti vedo strano, sei triste o sei preoccupato?”

 

Avrei voluto gridarle in faccia la mia rabbia e chiederle conto della sua condotta, mi voltai di scatto e vidi il suo sguardo premuroso e preoccupato, mi sentiì disarmato e non ebbi il coraggio di rimproverarla, così, dopo un attimo di riflessione, risposi “Non ho niente, sto pensando alla prossima battaglia.”

 

“Sei preoccupato?” mi chiese lei.

 

“Solo i sciocchi non sono preoccupati prima della battaglia.”

 

“Vinceremo o saremo sconfitti?”

 

“Dobbiamo vincere, non abbiamo scelta…ma se dovessimo essere sconfitti, non mi farò catturare vivo ed anche tu dovrai morire prima di cadere nelle mani di quei selvaggi.”

 

Clary sospirò “Lo so amore, piuttosto che cadere viva nelle mani dei ribelli mi getterò sulla mia spada e morirò e, se mi dovesse mancare il coraggio uccidimi tu…Helk potrò ancora baciarti prima della battaglia?”

 

La guardai negli occhi, vi leggevo la sincerità e l’amore, ero confuso, non mi aspettava una tale domanda dopo quello che avevo visto, respirai profondamente‘”Credo di sì, questa notte ci ritireremo nella nostra tenda ed almeno baciarci ci sarà concesso.”

 

Lei non rispose, ma chiuse gli occhi e pose la mano sulla mia per stringerla forte.

 

Non capiva più niente, sembrava che Clary, pure amando Misime, mi amasse come prima.

 

Il sole era sparito dietro le cime e la notte copriva le miserie degli umani col suo velo pietoso, l’accampamneto era addormentato, si udivano soltanto i passi delle sentinelle, gli sbuffi dei cavalli ed in lontanaza il lugubro concerto di un branco di lupi che ululava alla luna.

 

Ero irrequieto, avevo spinto Clary sotto la tenda, ed  avvolto  nel  mio  mantello, mi  aggiravo  per  il campo, alzai gli occhi al cielo e vidi la faccia della luna, sembrava sorridermi.

 

Mi venne uno scatto d’ira”Cos’hai da sorridere, Signora Luna? Non vedi come tua figlia mi ha ridotto? Un anima in pena! Ecco cosa sono diventato! Come potrò affrontare un nemico feroce e crudele con questo cruccio? Eppure io l’amo più della mia vita! Perché mi ha fatto questo?

 

Ma la luna rimase silenziosa, continuava a sorridere beffarda, imprecai e mi diressi alla tenda, nella speranza di trovare un po’ di riposo; sia per il corpo sia per lo spirito.

 

Clary era sveglia, mi aspettava, non disse niente, non mi fece alcuna domanda, mi guardava con serietà. Mi tolsi la corazza e mi sdraiai sopra la coperta, senza spogliarmi, malgrado cercassi di non perdere il controllo, i miei nervi cedetterò, non poté impedire alle lacrime di scorrere sul mio viso.

 

Clary…Oh Clary…mia benamata…perché?… ma perché mi fai soffrire?…cos’ho fatto per meritarmi questa tortura?…ti ho sempre amata…ti ho sempre protetta…ma perché???

 

Clary poggiandosi sul gomito, sollevò il busto, allungò la mano e con gesto gentile me la passò sul viso asciugando la mie lacrime.

 

“Helk, amore, perché piangi? Dimmelo ti prego…non lasciarmi nel dubbio…è colpa mia? Ti prego rispondi.”

 

Avevo la gola serrata, non riuscivo a parlare, alla fine usci dalla mia bocca una sola parola “Misime”  la sentiì irrigidirsi.

 

Si allontanò un po’ per guardarmi meglio e scoppiò in lacrime, ora ero io a doverla consolare!

 

Piano piano, si calmò e fra un singhiozzo e l’altro riusci a rispondere “Oh, Helk amore, sapessi quanto sto male per quello che ho fatto, Misime mi a presa alla sprovvista ed io non sono stata capace di respingerla, mi sono arresa…ma non lo volevo…non voglio tradirti…mi credi vero? Ti giuro che è così…è tutta colpa di quest’anello magico che mi lega a lei…annulla la mia volontà e non posso levarmelo…sono prigioniera dell’incantesimo… mi perdonerai…dimmelo ti supplico!”…

 

La baciai sulla fronte “Ti ho già perdonata, tesoro, non avere paura, sei sempre il mio amore, ora

prova a dormire che domani arriverà presto.’

 

Ci baciammo, ma le emozioni e la fatica preserò il sopravvento e, senza rendercene conto, scivolammo nel sonno.

 

Alla mattina quanto ci svegliammo ero rasserenato ed iniziai a preparare i piani per la prossima battaglia, questo è un esercizio mentale che richiede molta concentrazione, per prima cosa bisogna esaminare il terreno dove avverrà lo scontro per poter disporre adeguatamento il proprio schieramento, quindi assieme a Clary ed a Falcon, accompagnati da una piccola scorta, andai a fare un giro di ricognizione.

 

Per prima cosa constatai che il nostro campo era situato su una propagine rocciosa che si spingeva nella piccola valle, poi lasciava il posto ad un terreno sabbioso, così decisi di fortificare la nostra posizione.

 

Per tutto il giorno, alcuni uomini abbatterono degli alberi per costruire dei ripari, mentre altri scavavano una profonda trincea a protezione al nostro campo, in fondo a questa feci piantare dei pali accuminati e poi ricoprire il tutto con delle frasche.

 

Quando scese la notte, tutto era pronto e gli uomini, in armi, erano nascosti dietro i ripari. Di tutti gli innumerevoli orrori della guerra, l’attesa è senza dubbio la cosa peggiore. Dovevamo assorbire tutto l’urto dell’attacco nemico, di cui non conoscevamo né la portata, né il nome: era soltanto il Nemico, un ombra vaga, scura, senza volto, che si stava ammassando su di noi. E l’assalto sarebbe avvenuto di notte, il che, in un certo modo, lo rendeva più terribile. Morire alla luce del giorno era doloroso, ma di notte si immagina la propria anima che vaga, cieca e perduta, senza conoscere riposo, in un tormento senza fine, preda dei demoni. Io ero in questo non diverso del più misero dei guerrieri ed ero oppresso dalla paura.

 

Clary era nervosa, l’attesa la sfibrava “Helk, ma credi davvero che ci attaccheranno, hanno a diposizione tutta una serie di postazioni per chiuderci in trappola, perché dovrebbero rischiare un attacco notturno?”

 

“Perché? Ricordati, non sono un esercito, da quando l’alieno Julius Stephen è morto, non hanno più un capo in grado di farsi ubbidire da tutti, ma tanti capetti, ognuno dei quali vuole prevalere sugli altri e comandare su tutti…non temere arriveranno.”

 

Nell’ora più buia della notte, quando ero rimasto l’unico a credere ad un attacco, Falcon mi si avvicinò e bisbigliò “Comandante, avevi ragione…arrivano…li sento…”

 

Improvvisamente, si alzò un grande clamore, i ribelle si lanciarono alla carica…non si aspettavano di trovarci svegli…credevano di invadere il nostro campo e di massacrarci addormentati…quando i primi raggiunserò la trincea le frasche cedetterò sotto il peso degli assalitori che sprofondarono per finire sui pali…urli di terrore e di rabbia…nitriti di cavalli morenti e quelli che venivano avanti, senza sapere cosa succedeva, non fecerò in tempo a fermarsi…calpestavano i morti ed i moribondi ed a loro volta finivano nella trappola…

 

“Accendete i bracieri e scoccate le frecce incendiarie”

 

Un migliaio di frecce infiammate solcarono l’oscurità per cadere sulla massa informe degli attaccanti, abbattendo uomini e bestie, la confusione cresceva di minuto in minuto, ora la notte era rischiarata dalle frecce e gli arcieri non avevano alcuna difficoltà a scegliere il loro bersaglio…fu una carneficina…pochi si salvarono nella fuga…

 

All’alba mandai gli uomini a sgozzare i feriti gravi ed a catturare tutti quelli in grado di camminare con le proprie gambe.

 

Il sole si alzò su uno spettacolo raccapriciante, la trincea era colme di cadaveri, uomini e bestie mescolate, il pendio che dal fondo della piccola valle saliva verso il nostro campo era coperto di morti e già i corvi, gli avvoltoi, i lupi e le iene avevano inziato il loro macabro banchetto…

 

Credo che il fetore dei cadaveri arrivasse fino al cielo e che le dee di Betunia si siano turate il naso ed abbiano distolto lo sguardo dalla follie degli uomini..

 

Questa prima battaglia avvene di Atheder, il terzo giorno del mese di Shinerule del secondo anno della Quarta Era, e tutti i guerrieri di Tahar si ricorderanno per sempre di quella data.

 

Intanto gli uomini avevano radunato un centinaio di prigionieri, per lo più ex guerrieri dell’usurpatore, una ventina di amazzoni Nere ed un paio di predoni.

 

Avevo deciso di interrogare personalmente i prigionieri e di non mostrare la minima clemenza nei loro confronti, erano tutti assassini e la loro sorte era già decisa, potevano rispondere alle mie domande ed ottenere una morte rapida, oppure rifiutarsi di parlare e morire in modo atroce.

 

Mandai degli uomini, muniti di sacchi e di bastoni a catturare tutti i serpenti che riuscivano a trovare, era di prima mattina ed i rettili erano ancora intorpiditi dal freddo della notte, in breve tempo i cacciatori di serpenti avevano riempito tre grande ceste.

 

I prigionieri guardavano curiosi e preoccupati questi preparativi, ma anche i miei uomini erano perplessi, si domandavano cosa intendevo fare, col passare del tempo il calore del sole risvegliava completamente i rettili ed ora gli uomini erano costretti a ricacciare nelle ceste quelli che tentavano di scappare.

 

Era giunto il momento dell‘interrogatorio, dissi ad Clary “Forse sarebbe meglio che tu non assistassi  a quanto dovrà succedere ora, non sarà uno spettacolo divertente, ho visto molti uomini coraggiosi, grandi e grossi non resistere alla vista di queste cose.”

 

Ma lei, orgogliosa, mi rispose “Quello che puoi vedere tu, lo posso vedere anche io.”

 

“Quant’è così, possiamo procedere.”

 

Diedi l’ordine di spogliare i prigionieri e mi rivolsi a loro “Non aspettatevi clemenza da parte mia, tutti vi siete macchiati dei peggiori crimini e sarete puniti con la morte, ma ci sono diversi modi di morire, e so che voi ne conoscete tanti, ma forse non conoscete quello che mi propongo di usare, potrete evitare una lunga e dolorosa agonia rispondendo alle mie domande.”

 

Erano degli sconfitti ed il loro atteggiamento, fra il rassegnato ed il terrorizzato, lo dimostrava, molti cadero in ginocchia ed iniziarono ad implorare pietà. Devo dire che le amazzoni Nere dimostravano più dignità e coraggio di molti uomini, e per questo mi ripromissi di non torturarle.

 

Chiesi “C’è un capo fra di voi? Su rispondete ci deve esserne almeno uno, chi mi risponderà morira in fretta senza grandi sofferenze.”

Indicai un uomo di mezz’età, dalla faccia patibolare e dissi “Portatemi quell’uomo!”

 

Quando mi fu davanti gli chiesi “Sei disposto a parlare? Indicami un capo fra i prigionieri!”

 

Per tutta risposta, l’uomo mi guardò con aria torva e sputtò sul suolo.

 

Allora presi un sacco ed un bastone, misi alcuni serpenti nel sacco ed indicando il prigioniero, ordinai che gli fosse messo la testa nel sacco e di legarglielo strettamente al collo.

 

Il malcapitato tento di resistere, ma una volta che ebbe la testa nel sacco iniziò a salterellare in modo scomposto e disarticolato, cadde al suolo, si dibatteva…perse l’urina e le feci…dopo alcuni minuti rimase immobile.

 

“Togliete il sacco, e state attenti alle serpi.”

 

La faccia dell’uomo era orrenda da vedere, era stato morso su tutto il capo, gli occhi, le labbra, la lingua, le guance …

 

Molti guerrieri coraggiosi voltarono il capo, non sopportando lo spettacolo…Clary era impallidita ma non si mosse.

 

Un fremito di terrore percorse il gruppo dei prigionieri, poi un uomo si fece avanti “Io sono Uruk e sono il capo di un clan del nord, cosa vuoi sapere?”

 

“Tutto! Dove sono i vostri accampamenti, dove avete predisposto le imboscate, di quanti uomini disponete, se avete dei prigionieri, bada a rispondere bene perché rimareai in vita fino a quando non avremo controllato le tue affermazioni, se dici il vero morirai in fretta, se menti hai visto cosa ti aspetta.”

 

Poi chiesi “E le amazzoni Nere non hanno un capo?”

 

Una bella donna, ancora giovane, alta e formosa si fece avanti “Mi chiamo Myra e sono l’ufficiale di queste amazzoni, vuoi torturare anche me, per vedere come muore un amazzone?”

 

“No, voglio da te le stesse informazioni che ho chiesto a questo uomo, se mi rispondi bene consegnerò te e le tue compagne alle Inthyne, forse diventerete schiave a Inthynia, non lo so, ma avrete la vita salva, a te di scegliere.”

 

‘Ti dirò tutto quello che so, credo di potermi fidare di te.”

 

“Va bene, a te ci penserò dopo, prima gli uomini.”

 

L’amzzone Nera si strinse nelle spalle, poi si accorse della presenza di Clary, ebbe un motto di sorpresa, la guardò dritta negli occhi “Ti conosco amazzone, non so chi sei, non conosco il tuo nome, ma so che sei la predestinata al sacrificio, stai attenta! il palo che ti trafiggerà è già pronto!” 

 

Vidi Clary prima impallidire, poi arrossire dalla collera, ma non rispose alla provocazione, perché tale riteneva quelle parole. Io invece, le presi molto seriamente….

 

Per tutta la mattinata, interrogai gli uomini, uno ad uno, e dopo aver controllato che le loro rivelazioni erano concorde, li feci decapitare.

Poi passai ad interrogare le amazzoni Nere, rispondevano con aria di sfida, ma venni cosi a saper che erano le ultime sopravissute delle amazzoni di Artak, non imploravano pietà ed erano pronte a morire, ma avevo dato la mia parola, le feci incatenare e sotto buona scorta le mandai a Inthynia, quale dono per le Inthyne.

 

Ora avevo solo due prigionieri, quel tale di nome Uruk che affermava di essere il capo di un clan del nord e Myra l’ufficiale delle amazzoni Nere, ma a loro ci avrei pensato il giorno successivo, li feci incatenare e ricevettero del cibo e delle coperte per ripararsi dal freddo, erano comunque tenuti separati e sorvegliati a vista da guardie che venivano sostituite ogni ora.

 

La notte era scesa sull’altopiano, era l’ora  del  riposo, spinsi  Clary  nella  nostra  tenda, le  voltai  le spalle un attimo e sentii un forte colpo in mezzo alle scapole, il piccolo pugno di Clary era dura come un sasso, mi voltai sorpreso.”Ma cosa ti salta in mente? Perché mi hai picchiato?”

 

Era rossa in viso, i suoi occhi verdi lanciavano lampi di rabbia “Cosa sono queste storie con quel ufficiale? Ti piace per caso? Perché non viene trattata come gli uomini? È una criminale anche lei, chissà quanti uomini ha torturato ed uccisi? Ma no! Per le Signore c’è un trattamento di favore, parlate ed avrete la vita salva! Vi manderò a Inthynia, diventerete l’amica del cuore di qualche Inthyna vogliosa e vivrete felici e contente!”

 

Mi venne da ridere e, riconosco, un po’ crudelmente, non poté fare a meno di una battuta “Eh, sì! È una bella donna, sicuramente sa come dare piacere ad un uomo, senza per questo dimenticare la propria soddisfazione. Ma sei gelosa di me, oppure hai paura che Misime metta gli occhi su quella donna?”

 

Divenne pallida e fece per uscire dalla tenda, ma la bloccai “Allora? Perché fuggi?”

 

Si morse le labbra poi rispose “Helk, sei cattivo! Sei crudele! Lo sai come è successo, sono caduta in una trappola, non sapevo cosa significassero le parole di Misime e non lo sapevi neanche tu, perché hai acconsentito al fatto che diventassi la sua amica del cuore…ora mi rimproveri…vuoi mettere una barriera fra di noi? E poi credi che non abbia notato come Iori ti guardava?”

 

“Va là, sciocchina, voleva scherzare, e Iori non m’interessa, lo sai che voglio solo te.”

 

“Macché scherzi!…una volta mi dissi che su certi argomenti, come l’amore, l’onore e l’amicizia, non ci si scherza..hai cambiato parere?”

 

“Va bene, hai ragione tu, mi scuso per la cattiveria.”

 

“Helk, lo sai che ti amo, ero pronta a sacrificare la mia vita per salvare la tua, ed anche se Misime si è preso il mio corpo e parte del mio cuore con l’inganno, nella mia anima ci sei solo tu, sei tu il mio grande amore.”

 

“Si lo so, e per quanto riguarda Misime, dopo la guerra cercherò una soluzione, forse dovremo andare ad Om’Tzala da Abuknazir, ma non lascerò niente di intentato.”

 

“Ma ora parliamo di cose serie, hai sentito cosa ha detto quell’amazzone Nera? Sei la vittima predestinats, io lo temevo ed è questo uno dei motivi che, oltre alla gelosia nei confronti di Misime, mi hanno spinto a rifiutarti di andare con gli incursori, non so se farei bene, ma credo che dovrei dimenticare la mia gelosia e mandarti a Inthynia.”

 

Clary si fece seria, sgranò gli occhi e disse “Ma vuoi gettarmi nelle braccia di Misime? Non se ne parla neanche!…io resto con te!…e non venirmi a parlare d’insubordinazione, non sarebbe leale!”

 

“Bene! per il momento rimarrai con me, ma se le cose si mettono male andrai via, ti prego non dirmi di no, sapendoti in pericolo non potrei concentrarmi sul nemico.”

 

Clary fece una risata amara “E sapendomi nelle braccia di Misime, saresti più tranquillo?”

 

“Tesoro, quello che m’importa è la tua vita, non la mia gelosia.”

 

Clary mi si buttò addosso e mi baciò, lasciandomi senza respiro, si staccò e disse “Oh, Helk…amore! Cosa farei se dovessi rimanere ucciso? Sarei sola per sempre.”

 

Avrei voluto rispondere “E Misime dove la metti.” Ma sarebbe stato una crudeltà inutile e non dissi niente.

 

Quella notte ci amammo come non avevamo più fatto da giorni e ci addormentammo in pace con noi stessi.

 

Passai tutta la giornata successiva ad interrogare i due prigionieri, avevo preteso che Clary fosse a mio fianco per dimostrare a tutti la mia considerazione nei suoi confronti.

 

A sera avevamo saputo tutto quello che c’era da sapere, sapevamo dove il nemico stava radunando le sue forze, perché quelli che ci avevano attaccati erano soltanto una parte del loro esercito, se si poteva chiamare esercito una massa indisciplinata e disordinata, avevamo saputo quali erano i tranelli che ci avevano preparati ed avevamo saputo dove tenevano diverse amazzoni ed anche alcuni guerrieri in cattività.

 

Così decidemmo di levare il campo e di iniziare la conquista dell’altopiano. Fu allora che si verificò un fatto inatteso, stavamo ancora decidendo quale direzione prendere, quando un guerriero si presentò trafellato.

 

“Comandante, abbiamo una visita, sono qui per parlamentare tre inviati degli alieni, sono disarmati, cosa facciamo?”

 

“Per tutte le dee di Betunia, falli venire.”

 

Erano in tre, vestiti con le divise degli invasori alieni, il più anziano prese la parole e si presentò

 

“Sono il capitano Conley, questi sono i tenenti LeJeune e Peterson, vogliamo parlamentare. Sappiamo che avete combattuto contro i fuorilegge ed avete vinto la prima battaglia, ma ce ne saranno delle altre, noi vi offriamo il nostro aiuto ed in cambio vi chiediamo di aiutarci a lasciare questo pianeta. Possiamo mettere in campo circa cinquecento uomini, bene armati ed equipaggiati, tutti bravi combattenti.”

 

“E come potremmo aiutarvi a lasciare Betunia? Non possediamo quelle navi che volano.”

 

“Noi sappiamo dove i contrabbandieri atterrano, basterebbe che ci aiutaste a raggiungere quel posto.”

 

“E chi mi dice che, eliminati i ribelli non vi rivolterete contro di noi?”

Il capitano arrossì e rispose “Signore sono un soldato, un guerriero come dite voi, ho una sola parola, e sul mio onore vi assicuro che se ci accordiamo rispetterò il mio impegno.”

 

“La voglio credere, ma i suoi compagni rispetteranno il nostro patto?”

 

“Certo, non parlo a titolo personale, ma per tutto il mio reparto.”

 

“E giurerete di non tornare mai più su Betunia?”

 

“Tutti noi lo giureremo.”

 

“Quant’è così, potete considerarvi i miei alleati, per quanto possibile dopo la guerra, vi aiuterò a lasciare Betunia, avete la mia parola.”

 

L’ufficiale terrestre mi chiese “Posso sapere con chi ho l’onore di parlare?”

 

“Certo! Il mio nome è Helk sono il comandante dei guerrieri di Tahar, e questa è la Signora Clary il mio Aiutante di Campo.”

 

L’uomo s’inchinò di fronte a mia moglie dicendo “I miei rispetti, Signora!”

 

Clary era confusa, ignorava tutto delle regole dell’etichetta militare, si limitò ad un breve cenno di testa.

 

Feci chiamre i miei ufficiali, li misi al corrente dell’arcordo raggiunto, ed insieme agli stranieri, passammo la notte a concordare un piano di azione.

 

L’indomani avremmo iniziato l’avanzata per andare incontro al nemico, gli stranieri sarebbero intervenuti con le loro armi, attaccando i ribelli alle spalle. 

 

Così era deciso, iniziava la conquista dell’altopiano!

 

 

Capitolo 10

 

CLARY

 

Ero ancora sconvolta dopo la lite avuta con Helk, quando egli diede l’ordine per la partenza. Prima partirono Misime e Iori con le guerriere Inthyne e gli incursori agli ordini di Sardek, accompagnati da Falcon. Helk lasciò passare alcuni minuti, poi si mise in testo alle compagnie ed iniziammo a salire verso il passo.

 

Lo stretto sentiero che portava al passo, si snodava in fondo ad una stretta gola, le pareti ricoperte di una folta vegetazione, incombevanno su di noi, la pendenza era così ripida che dovevamo andare a piedi guidando i cavalli per i redini, era tanto buio che, davanti a me distingueva a malapena la sagoma del cavallo di Helk.

 

Non mi sentivo per niente tranquilla, e credo che nessuno degli uomini lo fosse, non serviva essere un gueriero esperto per capire che, se i ribelli ci avessero tesa un imboscata in quel posto, nessuno si sarebbe salvato.

 

Fortunatamente le Inthyne e gli incursori ci precedevano, e pocco prima dell’alba vidi i primi ribelli caduti sotto i loro colpi, non avevo mai visto niente di simile, i corpi erano letteralmente dilaniati, neanche un branco di lupi sarebbe riuscito a compiere un tale scempio.

 

Per tutta la giornata rimanemmo acquattati nella boscaglia ad aspettare il tramonto, per tutta la notte salimmo ed all’alba eravamo al passo.

 

Tutti uomini ed animali erano sfiniti, se il nemico ci avesse aspettato lì, non avremmo avuto molte possibilità di vincere, eravamo così stanchi da non essere in grado di combattere.

 

Raccomandando a tutti il massimo silenzio, Helk fece montare il campo, lo vedevo intento a parlare piano con Iori, quella civetta antipatica era lì a fare gli occhi dolci al mio uomo! Mi venne una rabbia, non so cos’avrei fatto per farla pagare ad Helk che stava lì ad ascoltarla. In quel momento arrivò Misime a distogliere la mia attenzione, mi prese la mano dolcemente fra le sue.

 

“Amore mio, ora devo tornare a Inthynia, non posso baciarti, anche se lo desidero ardentemente, ma ci sono troppi sguardi su di noi…pensami che io ti penserò ogni minuto del giorno e della notte…ti devo dire un’altra cosa prima di lasciarti…Sardek non t’importunerà più, un ribelle l’ha ammazzato.”  Detto questo si allontanò, lasciandomi perplessa.

 

Il campo era stato montato, avevo sistemato le nostre sacche dentro la nostra tenda, ma Helk non si faceva vedere, dove era andato? Decisi di andare a cercarlo.

 

Uscì e chiesi al primo guerriero che incontrai “Hai visto dove è andato il Comandante?”

 

“Sì, Signora, è dietro quella roccia, di qui no lo puoi vedere ma è lì che si trova.”

 

Effettivamente, Helk era seduto al’ombra della roccia ed osservava il paesaggio, lo vedevo assorto in chissà quale pensiero, mi sedetti accanto a lui, ma non mi dise niente, come se non si fosse accorto della mia presenza. Per un po’ rimasi in silenzio, ma era più forte di me, volevo sapere il motivo del suo atteggiamento, così gli chiesi “Helk, amore, cos’hai? Sei triste o sei preoccupato?”

 

Non mi rispose subito, si limitò a guardarmi, in un modo strano, non capivo, non l’avevo  mai  visto

così.

 

Dopo un po’ si decise a rispondere “Sto pensando alla prossima battaglia”

 

Gli chiesi “Sei preoccupato?”  ed egli mi rispose che solo i sciocchi non si preoccupavano prima di una battaglia e, quando gli domandai se credeva che avremmo vinto, mi disse che non potevamo perdere, perché l’alternativa era di morire.

 

Mi disse anche che non sarebbe caduto vivo nelle mani dei ribelli e mi raccomandò di non farmi catturare viva, meglio era la morte della cattura.

 

Rimanemmo così, seduti contro la roccia, la sua mano chiusa nelle mie, fino al tramonto. Helk era strano, rimaneva in silenzio, con gli occhi fissati sulle montagne, da parte mia tentavo di istaurare un minimo di conversazione, ma senza ottenere un grande successo. Alla fine gli chiesi se avremmo ancora potuto baciarci prima della battaglia, mi guardò sorpreso, come se la mia domanda fosse inattesa, poi mi disse che la notte ci avrebbe permesso di stare sotto la tenda e che avremmo potuto baciarci.

 

Quando scese la notte, Helk mi spinse gentilmente dentro la tenda e, col pretesto di dover dare un ultima occhiata al campo, si allontanò. Lo aspettai a lungo, quasi mi veniva voglia di rivestirmi e di andare a cercarlo, poi arrivò, si tolse la corazza e senza spogliarsi si distese sul giaciglio, sopra la coperta, come se si riufiutasse di accortarsi a me, ed io non sapevo più cosa pensare di questo strano comportamento.

 

Ed ecco che ad un certo punto, mi accorsi che il mio amore piangeva…non avrei creduto che fosse possibile…Helk piangeva in silenzio…allungai la mano per asciugare le sue lacrime e gli chiesi il motivo del suo pianto.

 

Per un momento rimase zitto poi, con voce strozzata, pronunciò una sola parola “Misime”

 

Mi sentì mancare…egli sapeva…egli aveva visto…egli soffriva per colpa mia! Sentiì tutto il peso del rimorso schiacciarmi e scoppiai in lacrime a mia volta.

 

“Oh Helk…non volevo…Misime mi ha preso alla sprovvista…è tutta colpa di quell’anello magico…mi ha lanciato un incantesimo…non voglio tradirti, ma non sono capace di resistere alla magia dell’anello…perdonami…dimelo che mi perdoni.”

 

Ed Helk che, mi amava senza bisogno di magia, mi perdonò, mi coccolò e mi addormentai stretta a lui.

 

Alla mattina avevamo ritrovato la serenità, lui mi amava ed io amavo lui, ed avevamo cacciato via il fantasma di Misime. Con Falcon, accompagnai Helk ad ispezionare la zona che si estendeva sotto il passo, Helk sembrava soddisfatto e quando tornammo indietro, egli diede l’ordine di abbattere degli alberi per costruire dei ripari per gli arcieri, fece scavare un fossato a protesione del campo ed in fondo a questo fece piantare dei pali appuntiti, ed infine fece ricoprire tutto con delle frasche.

 

Helk si aspettava che i ribelli ci avrebbero attaccato la notte successiva, non capivo il motivo di questa convinzione. I ribelli avevano disseminato il nostro cammino di trappole, non avevano alcun bisogno di attaccarci per distruggerci, ma mio marito era convinto del contrario e quando gli chiesi il motivo di tale certezza, mi rispose che il nemico era solo un accozzaglia di bande di briganti, non un esercito posto sotto il comando di un unico capo, ed ogni capetto che comandavo su un centinaio di uomini si credeva un grande condottiero ed era ansioso di dimostrarlo.

 

Passammo la notte nascosti dietro i tronchi degli alberi che Helk aveva fatto abbattere, ma nessuno credeva che i ribelli si sarebbero fatti vivi. Mi ero assopita, quando Falcon arrivò per avvisare Helk che il nemico stava arrivando.

 

Fu una cosa terribile, non avevo mai immaginato che una battaglia campale fosse così cruente. Il nemico si lanciò alla carica per invadere il nostro campo, e finirono per cadere nel fosso che Helk aveva fatto scavare, poi gli arcieri lanciarono delle frecce incendiarie, fu un massacro.

 

Alla mattina Helk fece radunare i prigionieri, un centinaio in tutto, compreso una ventina di amazzone Nere, li fece spogliare nudi di modo che non potessero nascondere armi. L’interrogatorio iniziò, Helk voleva scoprire un capo fra i prigionieri, non esitò s torturare in modo orrendo un uomo che si era rifiutato di rispondere, gli fece mettere la testa dentro un sacco pieno di serpenti, una morte atroce, fu sul punto di svenire, mio marito mi aveva detto di allontanarmi, ma orgogliosa come sono, mi ero rifiutato di dargli ascolto.

 

Dopo questo spettacolo un capo si consegno spontaneamente, un tale di nome Uruk ed anche  l’ufficiale delle amazzoni Nere, una donna poco più che ventenne di nome Myra si consegnò.

 

Helk dopo averli interrogati, fece decapitare tutti gli uomini, mentre per le donne prese una decisione diverse, le mandò a Inthynia in dono alle Inthyne. Questa decisione non mi piacque, perché non le faceva giustiziare? Forse quella Myra, una bella ragazza, gli piaceva?

 

Ma Myra quando mi vide, si fermò stupita e mi disse che ero predestinata a finire impalata, come succedeva nei peggiori dei miei incubi. Io, incredule, ritenevo che fosse una provocazione e sentiì la collera montare, ma non dissi niente, Helk invece, prese quella minaccia molto seriamente.

 

Tornati sotto la tende, rimproverai Helk per il trattamento di favore riservato alle amazzoni traditrici, e spinta dalla gelosia, gli chiesi se per caso qualla Myra gli piacesse, egli fu crudele con me.

 

Prime mi disse che era una bella donna, sicuramente capace di soddisfare un uomo, poi mi torturò dicendo che forse temevo che Myra andasse a Inthynia e piacesse a Misime, non potevo accettare una cosa del genere, litigammo e feci per uscire dalla tende, ma egli mi fermò e si scusò per la cattiveria.  .

 

Ma poi mi fece parte delle sue preoccupazioni al riguardo della mia sicurezza, perché lui credeva veramente all’avvertimento minaccioso di Myra, e mi disse che in caso di pericolo mi avrebbe rimandata indietro a Inthynia.

 

Ero sconcertata, ma allora, non gliene importava niente di me, di sapere che avrai ceduto alle pretese di Misime, mi consegnava a lei, o forse si dovrebbe dire a lui, ben sapendo che non avrai potuto evitare di concedermi totalmente, detto brutalmente, di andarci a letto, di fare l’amore con quell’ibrida.

 

Protestai, lo rimproverai, ma egli mi rispose che la mia vita era, per lui, più importante della mia fedeltà. L’unica concessione che fece, fu la promessa di non allontanarmi, se non in caso di estreme pericolo. E mi promisse che, a guerra finita, mi avrebbe accompagnata da un grande mago, molto potente, un suo amico, che viveva lontano, in una città, che non avevo mai sentito nominare, chiamata Om’Tzala.

 

Quella notte facemmo la pace, ci amammo con tutta la passione di cui eravamo capaci, fu l’ultima volta che fu sua durante la guerra.

 

Il giorno dopo, interrogammo Uruk e Myra, i quali ci dissero tutto quello che sapevano e veramente era molto di più di quanto ci aspettavamo. Rimasi sorpresa perché quelle informazioni non coincidevano con quelle che Misime mi aveva fatto vedere quando mi aveva baciata, per poi impadronirsi del mio corpo e della mia anima.

 

Non dissi niente, perché Helk credeva che si era trattato soltanto di un bacio, per quanto sensuale ed erotico, era soltanto un bacio, io invece, sapevo che quella sera, la parte maschile di Misime si era preso il mio corpo, senza che opponessi resistenza, l’avevo tradito, ma il dubbio di essere stata ingannata da Misime s’insinuò nella mia mente.

 

Ma le sorprese non finiscono mai, ecco che si presentarono tre parlamentari degli alieni, che non avevano avuto la possibilità di lasciare Betunia, offrivano un alleanza per combattere i ribelli, in cambio chiedevano di essere aiutati, a guerra finita, a lasciare il pianeta.

 

Fu una trattativa veloce, quegli uomini parlavano una lingua onesta, non mercanteggiavano, volevano un accordo franco e senza inganno. Non avevo mai visto i guerrieri alieni prima di quel giorno, ma i loro modi mi piacquerò, erano cortesi ma senza inutile servilismo, trattavano alla pari, tanto ti do e tanto ti chiedo.

 

Il loro capo, prima di lasciarci, mi salutò in modo molto formale, come se si fosse rivolto ad una donna di grande prestigio e potere, facendomi sentire un po’ a disaggio, ma come se fossi, in quel momento, l’unica donna al mondo.

 

Conclusa l’alleanza, non ci rimaneva che andare alla conquista dell’altopiano.

 

Capitolo 11

 

HELK

 

Il tanfo dei cadaveri in decomposizione rendeva l’aria irrespirabile, non potevamo rimanere lì, dovevamo spostare l’accampamento, e l’unica scelta che avevamo era quella di attraversare il campo di battaglia ed inoltrarci nell’altopiano.

 

Avevo mandato alcune squadre di volontari a liberare il passaggio e, prima della metà del giorno, ci mettemmo in marcia.

 

Falcon con la squadra degli incursori era partito all’alba, ora le compagnie erano pronte. In testa marciavano, sotto stretta sorveglianza, Uruk e Myra, erano stati rivestiti, al collo avevano un collare di ferro che, con una robusta catena, era attaccata ai bracciali che portavano stretti ai polsi.

 

Attraversare la piccola valle coperta di cadaveri fu davvero una cosa spiacevole, e più di un uomo diede di stomaco. Francamente devo ammettere che, se non fossi ricorso ai miei poteri per chiudere la mia mente, avrei probabilmente fatto la stessa fine. Mi preoccupai anche di proteggere la mente di Clary, per evitarle di svenire o comunque sentirsi male.

 

Finalmente uscimmo da questo luogo infernale e ci sembrò di rivivere, proseguivamo lungo il corso di un piccolo affluente dell’Ondagrigia diretti ad ovest, per due giorni andammo avanti senza incidenti, senza vedere traccia del nemico, eppure sapevo che era sempre lì ad osservarci.

 

Il terzo giorno i ribelli si fecero vivi, sulla cresta della collina che si trovava di fronte a noi, una decina di cavalieri era ferma ed osservava la nostra avanzata, tre uomini si staccarono dal gruppo e scesero il pendio, per venirci incontro.

 

Ordinai alle compagnie di fermarsi ed accompaganto da Clary e da Falcon, andai incontro ai ribelli.

 

Ci fermammo a circa venti passi, i ribelli agitavano un ramo in segno di tregua, aspettavano un cenno da parte mia.

 

“Cosa volete?” domandai.

 

“Vogliamo parlare.” Mi rispose quello che sembrava essere il capo.

 

“Bene…smontate e parleremo.”

 

Smontarono e si avvicinarono, a nostra volta, Clary, Falcon ed io, smontammo ed andammo incontro agli emissari del nemico.

 

“Di che cosa volete parlare?”  chiesi io, mentre li osservavo attentamente.

 

Il primo, quello che aveva parlato, era un uomo di mezz’età, alto, robusto, dal portamento autoritario, al collo portava una pesante catena d’argento con attaccato un grosso medaglione dello stesso metallo, era curato nel vestire e nell’aspetto.

 

Il secondo, era più anziano, indossava una corazza di cuoio sotto un mantello di pelle di lupo, non mi piaceva per niente, aveva lo sguardo sfuggente, lo giudicai subito come un avversario pericoloso, forse non era un grande guerriero, ma i suoi modi mi dicevano di stare in guardia, egli emanava malvagità da tutti i pori.

 

Il terzo era un vero gigante, grande e grosso, dagli occhi bovini e dalla faccia stupida, aveva un sorriso ebete stampato sula bocca.

 

Il primo mi si rivolse con aria canzonatoria “Sei venuto sulla montagna a sfidarci con un pugno di uomini, hai vinto una battaglia con l’inganno, non hai avuto il coraggio di combattere lealmente, uomo contro uomo, ma hai teso un tranello a quanti ti erano andati incontro e li hai massacrati senza pietà.”

 

“E sei venuti fin qui per dirmi questo?”

 

“No sono venuto per vedere in faccia quello che Arthea, la falsa Imperatrice, figlia di una meretrice e di un padre sconosciuto, meretrice essa stessa che ha partorito una figlia da un uomo di cui non si conosce il nome, ha mandato qui a morire inutilmente. Ti offriamo la possibilità di salvare la tua vita e quella dei tuoi uomini, unitevi a noi e vi sarà dato un territorio tutto vostro, in caso contrario vi stermineremo.”

 

Clary ad udire l’insulto rivolto all’Imperatrice era impallidita ed aveva portato la mano all’elsa della spada, afferrai in fretta il suo polso, impedendole così di compiere un gesto scondiferato.

 

Dissi, nel modo più insultante di cui fossi capace “Come ti chiami amico? Perché quando ti ucciderò vorrò sapere il nome di colui al quale taglierò le palle.”

 

L’uomo divenne livido, per un attimo rimase zitto, poi mi disse “Sono Colanino, il comandante dell’esercito e tu sbruffone chi sei? E quella piccola sgualdrina che ti porti dietro per riscaldarti di notte, come si chiama?”

 

Sorrisi, mostrando i denti “E’ giusto, devi sapere il nome di chi ti manderà all’inferno, mi chiamo Helk e comando i guerrieri di Tahar, invece la Signora che si trova al mio fianco è il mio Aiutante di Campo e si chiama Clary.”

 

“Bene…bene! Helk sarà un piacere spargere le tue budella al suolo…ma no! darò ordine di catturrarti vivo, poi ti farò tagliare le palle che non ti serviranno più ed un asino ti allargherà il passaggio che hai fra le natiche, ti vestiremo da donna e sarai mandato in giro per gli accampamenti a soddisfare gli uomini, vedrai finirà col piacerti, in fondo fare la puttana è sempre meglio che morire! ahhahahah.”

 

Facendo un grande sforzo di volontà riuscì a rimanere impassibile e domandai “E poi?..”

 

Colanino smise di ridere e si volse a guardare Clary, sorrise in modo malevole e disse “E tu piccola sgualdrina, ti domerò personalmente, così saprai cosa vuole dire aver un uomo vero in mezzo alle cosce, e griderai di piacere, poi ti cederò ai miei ufficiali ed a tutti quelli che ti vorranno e, quando più nessuno ti cercherà, ci divertiremo molto ad infilarti un bel palo fra le natiche e tirarti per i piedi finché la punta non sarà entrata almeno per la lunghezza dell’avambraccio, urlerai…oh sì! che urlerai, ma non morirai subito, perché dovrai vivere a lungo ed agitarti per bene, per fare entrare il palo sempre più.”

 

Il mio tesoro arrossì violentemente, ma non diede a Colanino la soddisfazione di rispondere.

 

Sfoderai la spada che, immediatamente lanciò i suoi bagliori, Colanino arretrò impallidendo, gli dissi “Sparisci dalla mia vista, prima che mi dimentichi che sei un parlamentare e ti ricacci nella gola i tuoi insulti con la punta della spada.”

 

Il colloquio era terminato e tornammo a raggiungere il grosso del mio piccolo esercito.

 

“Comandante!” chiese Clary “ed ora?…cosa succederà?” cercava di non darlo a vedere, ma le minacce di Colanino nei suoi confronti l’avevano scossa.

 

“Niente che non era stato previsto, andremo avanti e li sconfigeremo.”

 

Per altri tre giorni andammo acanti, ci furono alcuni combattimenti di breve durata, destinati ad eliminare le imboscate ed i tranelli che i ribelli ci avevano preparati.

 

Il quarto giorno, gli esploratori tornarono in compagnia di un pastore, l’uomo diceva di odiare i ribelli, questi gli avevano saccheggiato l’ovile e gli avevano violento la moglie e le figlie, non ancora adolescenti, sotto i suoi occhi, era quindi ben felice di poter vendicarsi in qualche modo. Ci avviso che l’indomani ci saremmo inoltrati in una zona paludosa, che al solito i ribelli evitavano, ed era disposto a guidarci per attraversarla, facendoci così guadagnare almeno un paio di giorni, per poi giungere alla spalle di un grosso contingente di ribelli che ci aspettava lungo la strada.

 

Ci disse anche che, a poca distanza della palude stessa, i ribelli avevano raggruppati i loro prigionieri.

 

Era una decisione difficile da prendere, in fondo che ci assicurava che l’uomo fosse sincero, poteva attirarci in un tranello, c’era un solo modo per saperlo.

 

Congedai tutti, anche Clary, che si seccò moltissimo, e rimasi solo con l’uomo, gli offrì da bere per metterlo al suo agio, poi m’imposseai della sua mente. Fu una cosa facile, la sua era una mente semplice ed egli si fidava di me. Scoprì tutti i suoi segreti ed i suoi ricordi, le storie delle pecore rubate, della moglie e delle figlie stuprate erano vere, ed il suo odio per i ribelli era violento.

 

Era stato sincero.

 

La traversata della palude fu più facile di quella di Inthynia, l’acqua era meno profonda e gli antichi abitanti dell’altopiano avevano, con segnali a loro solo conosciuti, indicato la strada da seguire. In meno di un giorno avevamo raggiunto la terra ferma, senza essere stati avvistati dai ribelli, che non si curavano affatto di sorvegliare l’acquitrino, ritenendolo impraticabili

 

A questo punto, potevo decidere di andare avanti, oppure di attacare i ribelli che, ignari della nostra presenza, ci aspettavano per fermarci e distruggerci.

 

Alcuni ufficiali erano del parere di andare avanti, ma io non volevo lasciarmi alle spalle la minaccia di un grosso contingente di ribelli, così tagliai corto, lì avremmo attaccati.

 

Allora Clary si decise ad intervenire “Comandante, non potremmo mandare una compagnia a liberare i prigionieri? Quando attaccheremo i ribelli che ci aspettano sulla strada, i carcerieri si accorgeranno della nostra presenza, non potranno fare niente contro di noi, ma potrebbero spostare i prigionierui o peggio massacrarli, e noi invece dovermmo salvarli, vero?”

 

“Hai ragione, ma siamo in pochi e non posso privarmi di un intera compagnia, però forse potremmo mandare gli incursori.”
.
.Mi girai verso Falcon “Cosa né pensi?”

 

“Si può fare Comandante, il tempo che organizzi l’attacco e saremo già di ritorno, se quest’uomo accetta di guidarci.” E così dicendo, indicò il pastore.

 

L’uomo sorrise “Guiderò i tuoi guerrieri Comandante, e farò di più, andrò per l’altopiano e solleverò i pastori contro i ribelli, tutti hanno qualche conto da regolare con queoi banditi.”

 

“E così sia, ma fa in fretta, perché il tempo è poco.”

 

Guidati dal pastore, Falcon e gli incursori erano partiti, verso il campo dei ribelli per liberare i prigionieri, mentre io mi preparavo a tornare vero est, costeggiando l’acquitrino, alla testa delle compagnie.

 

Pensavo alla prossima battaglia e, mi venne in mente che i miei guerrieri non erano stati addestrati per affrontare delle battaglie campali, ma per eseguire delle cariche di cavalleria a sostegno della fanteria, oppure per rapide azioni di disturbo ed imboscate dietro le linee nemiche.

 

La battaglia del passo era stata vinta perché difendevamo una posizione, in qualche modo fortificata, e si sa che chi si difende in quelle condizioni è avvantaggiato, ma ora mi sarebbe toccato attaccare un nemico, che ritenevo potesse disporre di cinque guerrieri per ognuno dei miei, dovevo per forza trovare il modo di spingerlo ad attaccarmi sul terreno da me scelto.

 

Non avevo sicuramente il tempo di fare scavare delle trincee o di elevare dei ripari, ma qualcosa potevo comunque fare.

 

Mandai gli uomini nei boschi, ognuno di loro doveva procurarsi un asta di legno, solida ed alta almeno il doppio della propria statura, appuntirla ed indurire la punta col fuoco.

 

Non sapevo ancora se i miei cavalieri avrebbero utilizzato quelle aste a modo di lancia per caricare il nemico, oppure se sarebbero servite per creare una specie di barriera per frantumare il fronte della carica dei ribelli.

 

Clary mi si avvicinò e, parlando piano, per non essere sentita, mi chiese “Helk, amore! Cosa pensi di fare ora?”

 

“Andare avanti, studiare il terreno e poi deciderò.”

 

“Ce la faremo amore”

 

“Tesoro! Dobbiamo farcela, perché l’alternativa è morire!”

 

Lei sbarrò gli occhi e, forse per la prima volta, vidi il timore affacciarsi dentro quei bellissimi occhi verdi, che tanto mi piacevano e che mi avevano stregato sin dal giorno del nostro primo incontro, ma non disse più niente.

 

La notte scendeva e diedi l’ordine di non accendere i fuochi che avrebbero potuto segnalare la nostra presenza da lontano.

Clary ed io, passammo la notte stretti sotto il mio mantrllo per tenerci caldi. Alla mattina diedi l’ordine di parire, procedevamo in silenzio, nessun aveva gran voglia di parlare, neanche Clary, che di solito chiacchierava volentieri.

 

Per tutto il giorno procedemmo, preceduti dalle pattuglie mandate in edplorazione, senza incontrare anima viva, verso sera, arrivò una staffetta,il nemico era in vista.

 

Diedi l’ordine di fermarsi e di stare in silenzio. Radunai gli ufficiali ed iniziammo ad interrogare la staffetta.

 

Il nemico era accampato nel fondo di un piccolo avvallamento che, nelle sue intenzioni, doveva tenerlo nascosto, fino all’ultimo momento, a chi giungeva da est, e non c’erano sentinelle a sorvegliare il territorio verso ovest.

 

Schiacciati sul terreno, a pancia in giù, Clary, io e Rupert, che era l’ufficiale più anziano fra i comandanti di compagnia, dalla cresta dell’avvallamento osservavamo il campo dei ribelli. Era un ammasso disordinato di tende e di capanne di frasche, i cavalli erano radunati all’estremità occidentale dell’accampamento, gli uomini erano seduti attorno ai fuochi e consumavano il pasto serale, sembravano tranquilli e, certamente, non si aspettavano di essere attaccati.

 

Tornammo dalle compagnie ed Clary mi chiese “Hai deciso cosa fare?”

 

“Sì, adesso lo spiegherò a tutti, è molto semplice, aspetteremo la notte, poi ci lanceremo al galoppo attraverso il campo, porteremo delle torce per incendiare le tende e le capanne, disperderemo i cavalli ed uccideremo tutti quelli che incontreremo sulla nostra strada, vedrai, non saranno in grado di organizzare una resistenza seria e fuggiranno come tante lepri e noi li inseguiremo, nessuno si dovrà salvare.”

 

E così abbiamo fatto, tutto è andato come avevo stabilito, non abbiamo subito perdite, solo alcuni feriti leggeri, ed abbiamo catturati un buon numero di cavalli.

 

Clary, col viso rosso dall’eccitazione della battaglia, con il dorso della mano, si asciugava il sudore che le imperlava la fronte. Il suo respiro era affannoso, le riusciva difficile ritrovare la calma, credo che avrebbe voluto gridare il suo trionfo, ma non aveva più fiato a sufficienza, fino a quel giorno aveva sostenuto solo dei duelli, questa era stata la sua prima vera battaglia ed alzava la spada ancora rossa dal sangue dei nemici che aveva uccisi.

 

Mi si avvicinò ed a voce bassa, mi disse “Helk, amore! Che roba! Non credevo che una carica fosse così sconvolgente! È eccitante…quasi come fare l’amore!”

 

“Hai ragione, tesoro, ma per eccitarmi, preferisco fare l’amore con te!” risposi io ridendo.

 

Potai presto constatare che Clary non era l’unica ad essere eccitata,tutti gli uomini lo erano, ed andando in giro per le compagnie, ascoltavo i racconti delle loro prodezze e le loro vanterie, il morale era alto e si illudevano di essere invincibili.

 

Nel pomeriggio arrivò Falcon ed il suo gruppo, scortava una trentina di donne ed alcuni uomini, erano i prigionieri liberati. Sicuramente la battaglia era stata violente, perché Falcon aveva una fasciatura macchiata di sangue attorna al capo e, quando smontò, mi accorsi che claudicava  vistosamente, e tutti i suoi uomini erano, più o meno gravemente feriti. Falcon era scuro in viso, così come lo erano i guerrieri che lo avevano accompagnato. Non era tornato il pastore, si era vendicato, ma era rimasto ucciso.

 

“Cosa c’è Falcon? Non mi sembri molto soddisfatto.”

 

“Soddisfatto!…come potrei esserlo?…ho scanato con le mie mani alcuni di quei selvaggi, ma non mi ha dato il piacere che speravo…se avessi visto quello che ho visto io, neanche tu saresti soddisfatto.”

 

“D’accordo ce lo dirai più tardi, ora dobbiamo occuparci di quelle donne e di questi uomini.”

 

Le donne erano tutte giovani amazzoni, un po’ di tutti i reparti, c’erano amazzoni Blu, Rosse, Verdi, Gialle ed Amaranti, non catturate in combattimento, ma più semplicmente rapite con l’inganno, erano in uno stato pietoso, erano state stuprate nei modi più osceni e portavano sul corpo tutti i segni dei maltrattamenti subiti, ma non si erano sottomesse. Erano forse distrutte nel corpo, forse avevano perso la capacità di amare, ma non erano distrutte nell’anima ed ardevano dal desiderio di vendicarsi, chiedevano a gran voce delle armi per combattere e, d’accordo con Clary, decisi di accontentarle.

 

I cavalli e le armi non ci mancavano, quelle dei ribelli uccisi erano a disposizione, così le inquadrammo in un piccolo reparto che fu posto agli ordini di Clary.

 

Gli uomini invece erano guerrieri catturti in vecchie battaglie della Seconda o della Terza Era, erano stati evirati e ridotti nella più abietta delle schiavitù, erano impazziti ed apatici, non vivevano più…vegetavano, non potevamo fare niente per loro, se non far in modo che raggiungessero Inthynia sani e salvi, le Inthyne si sarebbero preso cura di loro.

 

“Ed ora cos’hai visto? Su racconta!”

 

Falcon volse la testa in direzione di Clary, ma lei lo apostrofò “Non guardarmi così! Rispondi al Comandante, quello che possono ascoltare gli uomini, lo posso ascoltare anche io!”

 

“A me non importa, ma se poi non ti piace, ricordati che l’hai voluto tu!” rispose Falcon rassegnato.

 

“Abbiamo visto la strada che portava al luogo dove erano tenuti i prigionieri, era costeggiata di pali, su alcuni c’erano rimasti soltanto le ossa di quelle poverine, altre erano morte da giorni ed i corvi e gli avvoltoi avevano già fatto strage dei loro corpi, alcune erano ancora vive, li ho uccise io, ponendo così fine alle loro sofferenze, ecco quello che abbiamo visto!!!” la voce dell’uomo era alterata, non riusciva più a parlare, poi si riprese”donne impalate vive…infilzate come conigli sullo spiedo…ecco quello che abbiamo visto!!!”

 

La notte successiva, mi svegliai di soprassalto, Clary che dormiva rannicchiata contro di me, era in preda ad un incubo, tremava, si lamentava, era coperta dal sudore, le lacrime scorrevano sul suo volto.

 

“Clary, amore! Che ti succede? Svegliati? Che ti succede?”

 

Senza sveglarsi del tutto, lei mormorò “Mi chiama…dice…vieni…vieni…il palo è pronto per te…ti aspetto…”

 

Poi si svegliò del tutto e si strinse forte a me “Oh Helk! È spaventoso…mi chiama…sono predestinata sin dalla nascita…mi vuole mettere sul palo  per farmi morire così…”

 

“Calmati tesoro, è stato solo un brutto sogno…torna a dormire, sei qui con me, nelle mie braccia, sei al sicuro…dormi tesoro mio…dormi.”

 

Ma non era così semplice, il sogno divenne ricorrente ed Clary incominciò a dare segni d’insicurezza, perdeva il suo entusiasmo ed io ero molto preoccupato, sicché una sera, anziché svegliarla, decisi di fare quello che mi ero sempre rifiutato di fare, entrai nella sua mente.

 

Immediatamente notai una presenza malvagia, c’era uno stregone, sicuramente molto potente, visto che riusciva ad entrare nella sua mente da grande distanza, che le ordinava di raggiungerlo per essere sottoposta al supplizio.         

 

Dovetti lottare a lungo per allontanarlo e, quando alla fine ci riuscì, il mio tesoro riprese a dormire tranquillamente. Io però, ero spossato, non avrei potuto sostenere un'altra lotta così a breve, dovevo proteggere la mente del mio amore, per impedire che fosse catturata.

 

Io ero sempre più preoccupato per la sicurezza di Clary, di notte mi era facile proteggerla, visto che mi stava vicino, ma di giorno, io ero in testa e lei con le sue amazzoni, e non potevo rimanere concentrato su di lei e contemporaneamente guidare i guerrieri.

 

Lei era sostenuta dall’orgoglio e dal fatto di aver il comando di quel piccolo reparto di amazzoni, cercava di nascondere la sue paure, e riconosco che lo faceva benissimo, ma io che la conoscevo bene capivo il suo stato d’anima.

 

Dovevo prendere una decisione, se volevo salvare la vita del mio amore, dovevo allontanarla mandandola a Inthynia.

 

Ero cosciente che così facendo, la buttavo letteralmente nelle braccia di Misime, perché Clary, sotto l’influenza dell’anello, avrebbe accettato e ricambiato le attenzioni amorosa e le carezze dell’Inthyna, fino a concedersi completamente e mi avrebbe tradito. Ero straziato, ero nella morsa della gelosia, ma questo era il prezzo che le divinità pretendevano per la vita del mio tesoro, potevo salvarla soltanto rinunciando alla sua fedeltà. Speravo che quando mi avrebbe rivisto, mi sarebbe corsa incontro per rifuggiarsi fra le mie braccia ed avrebbe implorato il mio perdono che, anche se lei non lo sapeva, le era già dato ancora prima che ci fosse qualcosa da perdonare.

 

Decisi di affrontare il problema senza indugi e chiamai Clary. Fu una discussione lunga e penosa, alla fina Clary, in lacrime, si piegò alle mie ragioni e se ne andò arrabbiata, rifiutando di baciarmi e. senza salutarmi

 

Feci chiamare Falcon per comunirgli le mie decisioni “Con i tuoi uomini, andrai a Inthynia, tutti voi avete bisgno di cure che noi non possiamo darvi qui, andranno anche gli uomini che avete liberati e le amazzoni, queste, al momento, non sono fisicamente in grado di affrontare un combattimento, si farebbero massacrare inutilmente.”

 

“C’è un'altra cosa, sarà Clary a guidarvi, ma io te l’affido, non deve assolutamente tornare indietro, se dovesse tentare di farlo dovrai impedirglielo, anche con la forza se necessario.”

 

“Quando giungerete a Inthynia, dovrai parlare con Misime e dirle di non lasciarsi sfuggire Clary fino a quando non verrò io a riprenderla.”

Falcon mi guardò esterrefatto “Ma Comandante…cosa succede?…perché vuoi mandare via Clary, lei è il tuo Aiutante di Campo ed è anche tua moglie…perché?…gli uomini diranno che lo fai per evitarle il pericolo e lei perderà prestigio…perché?”

 

“Falcon! Nessuno può dubitare del coraggio di Clary, tutti l’hanno vista combattere quando abbiamo attaccato l’accampamento dei ribelli.”

 

Allora parlai degli incubi di Clary e del potente stregone che tentava di sottometterla ai suoi voleri, non c’era altra soluzione.

 

Falcon annuì “Ora capisco, fai bene, ma agli uomini cosa dirai?”

 

“Non dirò niente, darò pubblicamente al mio Aiutante di Campo un incarico da portare a termine nel più breve tempo possibile e l’inviterò a tornare in fretta, ma come affronteremo il nemico prima ancora che abbiate raggiunto Inthynia, non ci sarà niente da dire.”

 

Ancora prima della metà del giorno, la colonna dei cavalieri, agli ordini di Clary, che se ne stava impassibile e rigida in sella, aveva preso il via diretta al passo, ed io sentivo una spada trafiggermi il cuore.

 

Con la rabbia nel cuore, ordinai di riprendere la marcia verso ovest, per andare incontro ai ribelli.

 

Fu allora che, inaspettatamente, giunse Iori con un folto gruppo di guerriere Inthyne, mi si presentò davanti e mi salutò “Comandante, siamo venute a combattere al tuo fianco, spero che ci vorrei accogliere.”

 

“Certo che siete accolte, ma come farete sotto il sole, lontano dall’acqua?”

 

“Le noste maghe ci hanno preparato un unguento per proteggerci, l’abbiamo provato per diversi giorni e funziona, quindi siamo venute.”

 

 

Capitolo 12

 

CLARY

 

E dopo una battaglia, né arriverà un'altra. Non era facile accettarlo, non era facile pensare di perdere ancora vita su vita, di veder sangue e morte ma ormai ci stavamo avvicinando al nemico, il suo cuore quasi lo vedevo, la lancia fremava, i miei pugnali pizzicavano sulla pelle nuda, chiedevano loro stessi di muoversi.

 

Un giorno giunserò da noi, tre emissari del nemico. Il secondo richiamò la mia attenzione, era un vecchio dal viso fiero ma schivo, nascosto nella pelle di lupo, non posava mai lo sguardo sui volti, ma vedevo che mi guardava di sfuggita, insistentemente.

 

Colanino, uomo perfido e rabbioso, attaccò ad insultare la nostra amata Imperatrice, poi Helk.

 

Questo era troppo! Non accettavo da nessuno, neppure da un cane come quello, sentire voci simili.

 

Tentai di sguainare la spada ma il mio Comandante mi precedette, mi conosceva troppo bene.

 

Poi però Colanino si rivolse a me, mi disse apertamente quanto sarebbe capitato al mio povero corpo se fossi caduta nelle loro mani, sarei divenuta suo strumento di piacere, forse per qualche notti, notai però che l’uomo dal mantello di lupo tremava leggermente a quelle parole, lo fissava con odio, per poi guardarmi negli occhi un millesimo di istante ed allora capiì, quello sarebbe stato ancora più pericoloso.

 

Non avevo nulla da temere ancora, però qualcosa nella mia mente si fece oscura da quell’istante, come un nero uccello si posò sul mio albero e, per quanto provassi a scacciarlo lui gracchiava sempre più forte.

 

Diventai molto più silenziosa, cavalcavo accanto ad Helk e combattevo con rabbia nei piccoli attachi dei ribelli.

 

Infine Falcon tornò, con i suoi guerrieri ed un montanaro che aveva toccato con mano l’orrore di quelle bestie travestite da uomini, che vivevano sui monti.

 

Helk congedò tutti, anche me. Cos’era che non potevo ascoltare? Non lo capivo e questo mi fece innervosire ma poi mi calmai, vedendo il suo volto serio, se il mio grande amore diceva che era meglio se non assistevo, io non avrei assistito e sicuramente aveva ragione lui.

 

Così andai a prendere il mio cavallo.

 

“Non puoi! È stanco, deve riposare.” Mi disse il guerriero che se ne stava occupando, ma io lo ignorai e montai. Lui mi si parò davanti, poi però sentì una voce accanto a me.

 

“Bereth, non vedi che la Signora Aiutante di Campo vuole il suo cavallo? Che ti rifiuti di ubbidire?”

 

“Zalesc, ma io non…mi perdoni Signora!”

 

Zalesc? Ma certo! Era quel ragazzo che mi aveva insegnato a tirare d’arco! Lo guardai ed annuiì, poi partimmo al galoppo.

 

“I miei sono morti quando avevo 18 anni, ma non furono mai nulla per me. mia madre era un’amazzone e passava poco tempo a casa nostra, mio padre invece era un mercante e molti mesi stava via, lasciandomi solo…”

 

Eravamo in una piccola fossa, poco distante dal campo, era il posto più fresco in quell’ora crepuscolare, io ero appoggiatia ad un albero con la schiena e giocaco con il mio pugnale.

 

“Quali sono i tuoi sogni?” gli chiesi.

 

“Diventare un ufficiale dei guerrieri di Tahar, poter cavalcare al fianco del Comandante, dimostrare al mondo intero il mio coraggio e la mia lealtà a Arthea, ai Tahar. Il Comandante ha sempre operato bene anche se…”

 

“Anche se…” ero curiosa di sentire dove, secondo questo guerriero, Helk aveva sbagliato.

 

“Portare una donna come voi con i suoi guerrieri non è stato saggio. Insomma, in un periodo così lungo, vedere ogni giorno una bella amazzone davanti agli occhi, non fa bene di certo!”

 

Senza pensare presi il mio pugnale e spinsi Zalesc al suolo, puntandoglielo alla gola.

 

“Pensi che non riesca a cavarmela? Pensi che non possa tener fronte alle difficoltà?” lui si buttò di lato e si gettò su di me, immobilizzandomi

.

“Penso solo che sarebbe stato più saggio lasciarvi al sicuro a casa che portarvi qui con il rischio di farvi impalare viva e diventare l’oggetto di tutti i ribelli! Penso che se vi succedesse qualcosa, si sarebbe potuto evitare. Il Comandante dovrebbe rimandarvi a casa. Siete troppo bella e troppo fiera per non fare gola a quei cani! Voi potete anche essere la più brava delle amazzoni sulla faccia di Betunia che loro vi prenderebbero in qualche modo! Andate via, vi prego! Non sciupate la vostra vita.”

 

Mi prese il volto con le mani e poi mi carezzò con i pollici “Andate via questa notte, forse domani ci sarà una carica, andate via! Vi accompagnerò fin dove potrò, poi tornerò indietro per ricevere la punizione che merito per aver tradito gli ordini, ma se il Comandante non vuole farlo, lo farò io.”

 

Io lo fissai e poi gli sputai in faccia “Guerriero, come osate parlare così con me, capito? Non osate darmi della bambina ed ora filate via prima che i miei pugnali decidino di fare un po’ di moto!”

 

Lui si alzò ridendo e fece un mezzo inchino, sparì con il suo cavallo.

 

I giorni susseguirono ai giorni ed attraverammo una palude guidati da quel montanaro che si era chiuso sotto una tenda con Helk.

 

Ad un certo punto però ci fermammo, Helk aveva deciso di attaccare i ribelli, attaccarli senza pietà e distruggerli.

 

Sulla riuscita non avevo dubbi, ma sapevo che loro avevano fatto sempre prigionieri anche fra  le Amaranti ed io ero impaziente di rivedere le mie sorelle, non volevo perderle per un attacco. Così il Comandante mandò Falcon e gli incursori ed io mi calmai per un poco.

 

Infine calò la notte sospirata, la notte un cui i fuochi ignari dei ribelli che bevevano a poco da noi si sarebbero spenti per sempre.

Giungemmo come spiriti della notte, a cavallo, brandendo le nostre armi.

 

Il primo ribelle che uccisi aveva ancora il boccone della cena in bocca, con il petto nudo, gli portai un affondo al collo e morì all’istante. I più fuggirono, pochi riuscirono ad avere il sangue freddo di prendere in tempo le armi. Inseguiì un cavaliere fino ad un campo, finché lui non si voltò e mi venne addosso. Mi si gettò a peso sopra e cademmo a terra.

 

Lui mi sussrrò “Adesso morirai, come le altre, come tutte le altre!”

 

Le avevano quindi uccise? Tutte uccise? Non poteva essere!

 

La rabbia cieca s’impossessò di me e lo uccisi senza pietà, con un coltello piantato nel cuore. Infine abbandonai il suo corpo e presi i cavalli, conducendoli verso il campo di battaglia. Ci furono pochi feriti tra i nostri, quei cani stavano per soccombere, quei cani mi avrebbero finalmente dato pace!

 

Infine vidi Falcon tornare verso di noi; accompagnava un gruppetto di uomini e donne: mi avvicinai e riconobbi il volto di alcune di loro. Erano amazzoni, alcune anche Amaranti, ma talmente dilaniate che sembravano spiriti senza anima, stavo per vomitare, sapendo che quella sarebbe stata la mia sorte in mano agli uomini delle montagne.

 

Tutte le donne chieserò di rimanere e di combattere, per vendetta, ed Helk decise di assegnarmi il loro comando.

 

Quel giorno mi presi cura di loro. Le curai personalmente come potei, piansì con loro per tutte le compagne distrutte, ascoltai in silenzio tutte le loro storie, poi rimanemmo in silenzio.

 

Ad un tratto senrtiì bisbigliare e m’avvicinai “Cosa state parlando voi? Dovreste riposarvi che poi non avrete più modo di farlo!”

 

Una amazzone Rossa si alzò e con occhi bassi ed un sorisetto umile in faccia disse “Ci perdoni Comandante, stavamo…stavamo…”

 

Cominciavo ad essere curiosa, mentre lei arrossiva sempre di più “Avanti parla!”

 

“Ci stavamo chiedendo se lui appartiene ad una donna…”

 

“Ma di chi state parlando?”

 

M’indicarono con il dito un gruppo di guerrieri, poi vidi che indicavano l’uomo in piedi, che sorrideva, Helk!

 

Sul primo mi arrabbiai ma decisi di esplorare oltre “Perché? V’interessa il Comandante?”

 

Lo dissi senza  dare a vedere emozioni, e loro mi guardavano stupite.

 

“Ma Comandate Clary, non mi dica che non le piace un uomo cosi!”

 

Mi avvicinai al cavallo e, montando, dissi “Certo che mi piace, se no perché mai me lo sarei sposato?”

 

 

Loro rimasero a bocca aperta, “Adesso fatevi dare un cavallo e delle armi, preparatevi, bisogna sempre essere pronte! E per questa storia…non ne parliamo più, sappiate soltanto che se scopro qualcuna a fargli gli occhioni dolci…sappiate che tengo i pugnali pronti in ogni momento! Adesso amazzoni avanti!”

 

Alcune ancora mi guardavano a bocca aperta quando entrai nella tenda di Helk, la sera, per dormire.

 

Poi una notte feci uno strano sogno…ero vestita da ancella e portavo un’otre d’acqua, ad un tratto il guerriero con la pelle di lupo mi venne accanto e si fermò davanti a me sussurando “Stai giungendo, ti sto aspettando; non sai da quanti anni bramo di trovarti…lo sai chi sono, vero piccola mia?”

 

Lo sapevo, era l’uomo dei miei incubi, quello che mi aveva tormentata con il suo simbolo fin da bambina.

 

“Tu sei destinata a me, io ti voglio e con me non avrai nulla da temere. Dopo il palo io farò rinascere il tuo spirito nel corpo e ti legherò a me, sarai mia per sempre e mi darai molti figli, tu sei destinata a me…tu sei destinata al palo!”

 

“Ti sbagli…io ero destinata a mio marito e tu non riuscirai a portarmi via, lui mi difenderà!”

 

Lo vidi vacillare per un secondo, infine ridere “Quel mezzo stregone? Padre di mille bastardi? ahahahahah più donne hanno conosciuto la geografia del suo corpo che gli esploratori le mappe! Dimmi, è con lui che vuoi rimanere? Con lui? E quando i figli saranno grandi e tornerenno a reclamare il padre? E se una donna decidesse di voler divenire sua moglie perché madre di un suo figlio? Rimaresti sola nel tuo dolore fanciulla mia! Vieni dal palo! Poi ti farò rinascere e vivremo assieme, io ti attendo da troppo tempo, bramo il tuo viso ogni notte, mentre lui sogna solo guerre e morti, io ti sogno come la protettrice del mio cuore! Ti difenderà dicì? I ribelli vi uccideranno tutti a nostro ordine e lui dovrà scegliere o la sua vita stessa o la tua…piccola mia credi che rinuncerà a se stesso? oh, amore mio non fare l’ingenua!”

 

Mi misi ad urlare. Non potevo ascoltare oltre. Lui si guardò attorno, sentiva presenze, aveva fremiti.

 

“Ora devo andare piccola, ma ascoltami bene…lui non ti desidera al suo fianco, per lui sei inutile! Credimi! Infatti, vedrai se mento, ti manderà via, rimarrà solo qui e ti abbandonerà dalle ibride, ad amare Misime!”

 

“Come la conosci?”

 

“ahahahah piccola mia, io posso essere molte cose, il mio spirito può abbandonare queste terre, rinnegare i ribelli per qualche giorno e venire a trovare le ibride, ed entrare in un’ibrida, o in un oggettino dorato che porti al dito! Io ho tante forme. Pensi che una stupida ibrida potesse sola farti un incantesimo? Mia dolce ingenua! Ora tuo marito mi sta mandando via dalla tua testa, ahahahah ha paura che tu sappia la verità! Vieni al palo mio amore!”

 

L’incubo terminò quando Helk svegliato dal mio pianto, mi svegliò a mia volta e mi consolò.

 

Però quel sogno mi perseguitava tutte le notti, ed io diventai sempre più depressa ed ansiosa.

 

Una notte mi svegliai si soprassalto e vidi Helk che mi teneva stretta al suo petto, piansi su di lui, perché sapevo che mi avrebbe mandata via.

 

Infatti la mattina seguente mi prese in parte e mi disse “Clary devi tornare a Inthynia, qui sei in  pericolo, una presenza malvagia ti sorveglia, è troppo pericoloso ed io non posso proteggerti sempre! Devi andare!”

 

Io cominciai ad urlare che lui non capiva, che io non volevo, che non volevo andare via, lasciarlo!

“Helk, amore, se tu ora mi mandi via, io mi sentirò la più umiliata tra le amazzoni!”

 

Piangevo, poi mi calmai e gli dissi soltanto “Amore, ti amo.”

 

Indietreggiai quando lui voleva baciarmi e mi voltai a preparare le mie cose.

 

Falcon ed i suoi, con tutte le amazzoni mi accompagnarono, anche loro dovevano restare a Inthynia. Il comando era mio, ma Falcon mi sorvegliava.

 

“Falcon lasciami scappare, per favore!”

 

“No, non posso Signora, non chiedermi questo!”

 

Non insistetti più, e con il cuore affranto mi buttai nella disperazione.

 

Arrivammo a Inthynia ed io la vidi, Misime, che mi attendeva “Sapevo che saresti giunta!”

 

E così mi baciò ed io mi senriì avvolta dalla sua parte maschile, dal suo spirito da uomo.

 

Mi portò alla sua dimora, una specie di capanna accanto alle paludi, avvolta nella nebbia. Misime ora era un uomo, lo sentivo da molte cose, il corpo duro che mi stringeva, persino dall’odore.

 

Mi gettai sul letto, esausta, ma stavo bene, ero in una specie di sogno, e Misime s’era trasformata ai miei occhi. Il suo volto, l’espressione, la voce, erano cambiati. Mi si sedette accanto e mi accarezzo il viso “Clary, quanto ti ho attesa!”

 

“Mi hai atteso? E perché?”

 

Misime s’avvicinò “Perché ti avevo visto, fin da piccina, ti ricordi di me nei tuoi sogni? Oh, non sono uno stregone cattivo qui, Clary, son solo un uomo, l’uomo che ti ha tanto amato ed ora è venuto a prenderti!”

 

La sua voce era calda e convincente, mi distesi e chiusi gli occhi, sussurando “Eccomi.”

 

Mi vidi volare sopra i monti, come la prima volta che l’ibrida mi aveva baciato, ma ora, ad attendermi in una buia foresta, era una figura come di guerriero.

 

“Chi sei?” chiesi.

 

“Sono Misime, son parte di lei, e tu lo sai, amore mio, tu lo sai!”

 

Aprì gli occhi e vidi la Inthyna che mi fissava, poi s’avvicinò a me e mi baciò il collo, io richiusi gli occhi. Quel guerriero era avventato al mio collo, io gli sollevai la testa e così feci anche con l’ibrida, ormai il sogno e la realtà si confondevano in una dormiveglia da brivido. Tutto diventava così vero, il sogno svaniva per fare spazio alla realtà.

 

Lui mi prese le braccia e le guardò, poi il mio viso, ed io rimasi ferma, respirando pesantemente.

 

“Clary…oh Clary!”

 

Mi fissò e poi sussurrò “Ti vorrei mangiare, come un frutto maturo…”

 

Non ragionavo più con la mia testa, ero stregata dai suoi occhi…gli presi il capo e lo baciai con passione, poi baciai Misime con lo stesso ardore, ed allora avvenne un fatto straordinario, il guerriero spariva per reincarnarsi nel corpo di Misime, erano diventati una sola cosa e così fu per sempre. Il corpo era di Misime, ma la voce, le parole e la mente erano del guerriero, ed io non lo trovavo per niente anormale.

 

Le sue mani cingevano la mia schiena esplorandola dalle spalle fin giù…giù, mi spogliava, poi gentilmente mi fece sdraiare sull’erba soffice… mi abbandonai, anima e corpo, alle sue brame, ed in quell’istante l’immagine di Helk era già lontana mille miglia dalla mia mente.

 

Sia io che le mie compagne amazzoni trascorrevamo i giorni con le ibride, ridendo e dimenticando di essere guerriere. Sguazzavamo in uno stagno pulito e poi ci asciugavamo al sole, infine ci raccontavamo avventure che avevamo vissuto ma che sembravano troppo lontane, parevano la vita di un altro.

 

Ed in quel tempo Misime mi rimase sempre accanto, il suo amore per me era profondo e quel guerriero, che di notte mi aspettava nella foresta, mi cullava tra le sue braccia ed io, spontaneamente, mi davo completamente a lui, …felice di acconsentire ad ogni sua richiesta…mi piegavo ad ogni suo desiderio …ad ogni sua pretesa, anche a quelle più trasgressive, senza esitazioni o ripensamenti, mi insegnava la lussuria ed io imparavo tutto, non sapevo quello che mi stava succedendo, non mi rendevo conto che così egli mi spingeva sempre più in basso sulla via della perdizione e della perversione…finché…un guerriero, uno soltanto tornò a Inthynia, era Zalesc, ferito gravemente ad una spalla.

 

In quell’istante mi accorsi della vita che stavo facendo, mi accorsi di aver ceduto all’incantesimo, di essere caduta nella trappola e di condure una vita indegna di qualsiasi donna onesta, di essere diventata peggio di una prostituta de Lupanaria.

 

Corsi da Zalesc e lo presi tra le braccia, piangendo e cullandolo come un fanciullo.

 

Ma lui doveva parlarmi e con fatica si liberò dal mio abbaccio, mi afferrò il braccio, sussurrando.

 

“Helk, sta bene…vedrai, finiremo la guerra presto, tornerà a prenderti.”

 

Io piansi, come facevo a dirgli quanto era successo? Come facevo a raccontare i miei tradimenti?

Come facevo a confessare la mia vergogna?

 

“Zalesc..oh Zalesc!” gli riavviavo i biondi capelli, lasciando scivolare le mie lacrime sul suo volto.

 

Poi però giunse Misime “Clary, cosa stai facendo?” vide il guerriero ed arrossì violentemente, sibilando “Chi è costui? Clary, non dirmi che ti porterà via!”

 

Zalesc si mise in piedi ed estrasse la spada, puntendogliela alla gola “Misime saresti tu? Ibrida! Cos’hai fatto alla moglie del Comandante? Cosa le hai fatto? Parla!”

 

“Zalesc, il Comandante non verrà a prendermi ed ora Misime si prende cura di me!”

Lui mi guardò con sguardo stupito “Clary…Clary ti prego! Lui tornerà e ti vedrà abbracciata a quell’ibrida?”

 

“Mi spiace Zalesc.”

 

Lui non volle sentire ragioni, mi prese per un braccio e mi caricò sul cavallo, mentre io urlavo e strepitavo e Misime rimaneva sconcertata e disperata senza sapere cosa fare.

 

Il cavallo esausto, ce la faceva a malappena, ma si lanciò al galoppo, trascinando me e Zalesc fino ad una foresta. Io mi scaraventai per terra.

 

“Brutto! Come hai osato fare questo? Come hai potuto? Oh ma Misime verrà a cercarmi, vedrai!”

 

Lui si buttò a terra, perdeva sangue dalla ferita alla spalla “Ed io l’attenderò. Questa stregoneria va curata Clary, qui sarai al sicuro dei ribelli, ma la magia t’incatena, devi reagire!”

 

“Smettila! Riportami indietro! Non voglio ascoltare le tue mensogne! Io voglio andare a Inthynia, voglio tornare lì!!”

 

Lui mi legò le mani ed i piedi, poi si abbandonò con la testa accanto a me, addormentato, e la mano sulla spada. Non capiva! Io volevo tornare a Inthynia! Perché mi teneva legata? Oh; ma Misime sarebbe arrivata, mi avrebbe portata via con sé.

 

Ma nello stesso tempo non riusciì a non provare tenerezza per quel giovane uomo. Mi accoccolai accanto a lui con il volto per riscaldarmi e mi addormentai, come un cane accanto al focolare o il lupo dominante alla giovane luna mentre tutto attorno il mondo tace.

 

 

 

Capitoli 13

 

HELK

 

Ero lì fermo a guardare Clary allontanarsi, la stavo perdendo, forse per sempre, il mio cuore sanguinava, l’unica mia consolazione era sapere che, agendo in questo modo, avevo fatto il massimo possibile per salvarle la vita e l’onore.

 

Ero disperato perché sapevo che lei non aveva capito quanto mi era costato allontanarla, non capiva il sacrificio che mi ero imposto. Non chiedevo riconoscenza, sarebbe stato chiedere troppo, ma avrei voltuto almeno la comprensione, e mi rendevo conto che anche questa mi era negata.

 

Feci uno sforzo di volontà ed allontanai da me la disperazione, dovevo concentrarmi sulla guerra, avevo sulle spalle la responsabilità della vita di un migliaio di uomini, loro si fidavano di me e non potevo deluderli, era per me un obbligo morale riportarli vivi e vincitori nelle loro case.

 

Una cosa mi fu subito chiara, la guerra si sarebbe combattuta su due fronti; le battaglie contro la marmaglia guidata da Colanino, e la lotta mentale per distruggere quell’essere diabolico che si era impossessato della mente di Clary e che, sicuramente avrebbe usato i suoi poteri per impaurire e demoralizzare i miei guerrieri.

 

Chiamai Rupert, quando mi si presentò gli dissi “Rupert, scegli il guerriero migliore della tua compagnia ed affidagli il comando, perché da questo momento sei il mio Aiutante di Campo.”

 

Rupert mi guardò sconcertato “Ma Comandante presto tornerà Clary…forse è uno spostamento inutille.”

 

Sapevo dell’amicizia fraterna che legava Rupert ad Clary, quindi decisi di parlare chiaramente.

 

“Rupert! Clary non tornerà e forse non la vedremo mai più!”

 

“Ma cosa dici Comandante! Non credo che esista una potenza al mondo capace di tenere Clary lontana da te!”

 

“Invece sbagli, non sei al corrente di alcune cose che ora ti racconterò, perché devi sapere tutto, devi capire i motivi di certe azioni per compiere il tuo dovere fino in fondo, e quanto ti dirò è la prova di quanto mi fido di te, perché finora solo Clary e Falcon erano al corrente, ora ascoltami in silenzio.”

 

E gli raccontai tutto, fin nei più minimi dettagli, l’incontro con Colanino e le sue minacce, gli incubi di Clary e le mie lotte mentali con lo stregone, gli parlai di Misime e non gli nascosi neanche l’incantesimo dell’anello.

 

A mano a mano che proseguivo nel mio discorso, vedevo Rupert sbiancare in volto, quando terminai di parlare, egli mi guardò allucinato.

 

“Comandante…non è possibile…non posso credere che Clary ti tradirà o che finirà nelle mani di quel stregone…però se lo dici tu…devo credere alle tue parole…tu comanda ed io ubbidirò…farò tutto quello che sarà in mio potere di fare per salvare Clary e liberarla dalla stregonerie che l’incatena…conta pure su di me…quali sono i tuoi ordini?”

 

“Avanzeremo lentamanete, preceduti da esploratori per evitare le imboscate ed i tranelli, tu dovrai fare in modo che tutto proceda per il meglio, perché io da questo momento, ancora prima di affrontare Colanino con la spada in pugno, mi dovrò impegnare a sconfiggere quell’essere malvagio, lo devo distruggere, dovesse costarmi la vita, se dovessi morire ti affido Clary, rintracciala e riportala alla casa, dille che sono morto con il suo nome sulle labbra.”

 

“Tu non morirai Comandante, tu devi vivere e condurci alla vittoria, tu dovrai rintracciare Clary e ricominciare a vivere una nuova vita con lei al tuo fianco, ed io m’impegno di fare di tutto perché ciò avvenga.”

 

E fu così che Rupert divenne il mio Aiutante di Campo, in realtà era il Vicecomandante, si prendeva cura di tutto con una diligenza degna d’encomio ed io iniziai a sondare l’altopiano alla ricerca dello stregone, dovetti spingere la mia mente molto lontano prima di riuscire a trovarlo, rimasi ad osservare, senza interferire, i suoi maneggiamenti, per combatterlo efficaciamente dovevo prima conoscerlo a fondo.

 

Era forse la mente più malvagia che potesse esistere sotto la luce del sole, era assetato di potere e pieno d’orgoglio, lo stesso Colanino non era altro che un giocattolo nelle sue mani. Ignaro della mia presenza e sicuro di non aver rivali degni di questo nome, non si preoccupava minimamente di mascherare le sue intenzioni e di schermare adeguatamente la sua mente, era un pazzo sanguinario!

 

Non si preoccupava di noi, tanto era certo che Colanino avrebbe fatto un solo boccone del mio piccolo esercito. Al momento, l’unica cosa che l’interessasse era Clary, la voleva per sacrificarla nel modo più osceno agli spiriti infernali, nella speranza che questi lo avrebbero aiutato a diventare ancora più potente.

 

Prima di sfidarlo dovevo risvegliare i miei poteri, assopiti da un lungo periodo di inattività, così, mentre una parte della mia mente continuava sorvegliarlo, mi concentrai in esercizi mentali come mi avevano insegnato gli sciamani dei nomadi delle steppe. In un primo momento, questo continuo lavoro della mente riusciva a sfinirmi, ma dopo alcuni giorni mi accorsi che, non soltanto non mi stancavo più, ma la mia potenza mentale aumentava notevolmente.

 

Oramai mi sentivo in grado di affrontarlo, ma il momento doveva essere scelto bene, volevo portare un unico attacco definitivo e distruggerlo, non potevo permettermi di lasciarlo sfuggire, di lasciarlo nascondersi per poi tornare più potente di prima.

 

Non avevo più alcuna difficoltà a trovarlo, potevo seguire tutti i suoi movimenti senza che egli se né accorgesse, c’era però una cosa che mi lasciava perplesso, al calar della notte perdevo le sue tracce, inizialmente pensai che egli si ritirasse a riposare, ma poi pensandoci bene mi resi conto che il mio ragionamento era sbagliato…il riposo rallenta l’attività mentale ma non la ferma mai del tutto, quindi nelle ore notturne egli sfuggiva alla mia sorveglianza. Decisi di stare più attento, e dopo diversi giorni, mi accorsi che egli lasciava il campo dei ribelli e si trasferiva in un altro luogo, lo seguiì e feci una scoperta che mi lasciò sgomento, andava a Inthynia.

 

Non ci misi molto a capire il suo gioco, egli manovrava Misime, che inconsapevolmente, era diventata il suo strumento per plagiare Clary. Mia moglie era diventata il suo giocattolo, lei ci faceva l’amore ed ascoltava le sue mensogne, egli le prometteva di non farla soffrire quando l’avrebbero messa sul palo, per poi farla rinascere e vivere per sempre al suo fianco, mentiva spudoratamente, insinuava il dubbio nelle sua mente, le diceva che non sarei mai tornato a prenderla, che lei non contava niente per me e che ero felice di essermene sbarazzato, ed erano giorni che istillava quel veleno nella mente di Clary, purtroppo lei ci credeva ciecamente.

Appena lo scoprì, mi sarei ucciso dalla disperazione, ma poi la rabbia prese il sopravvento…lo volevo morto.

 

Poi successe un'altra cosa, che non riuscivo a spiegarmi, Clary aveva lasciato Inthynia all’insaputa dello stregone, Misime era disperata, e sondando la sua mente scopriì quanto era successo, era stato Zalesc, uno dei miei guerrieri che ferito nel corso di un combattimento con un piccolo gruppo di ribelli era stato mandato a Inthynia per essere curato.

 

Giunto lì, Zalesc aveva scoperto, senza capirne la portata, la tresca esistente fra Clary e Misime, e preso dalla collera aveva rapito Clary per sottrarla all’influenza dell’ibrida.

 

Lo stregone, però aveva trovato la sua mente, ma non riusciva a localizzarla perché era continuamente in movimento, nei rari momenti durante i quali riusciva contattarla, continuava ad invitarla prepotentemente a raggiungerlo, le ordinava di usare qualiasi mezzo per uccidere Zalesc e fuggire.

 

Era giunto il momento, non era con Clary e quindi non era nella sua mente, potevo agire. Aspettai pazientemente che aprisse il suo schermo prottetivo per uscire e, senza colpo ferire, m’impadronì della sua mente e la saccheggiai letteralmente, conobbi tutti i suoi segreti ed i suoi ricordi immondi, poi chiusi tutti i sinopsi del suo cervello ed egli morì mentre il suo spirito si dissolveva nel nullo. Udiì in lontananza un forte grido, era Misime che moriva assieme al suo padrone.

 

Ora dovevo trovare Clary, mi preparavo  sondare la foresta e l’altopiano, sapevo che era viva, ma dove era?

 

L’arrivo di Rupert interuppe le mie meditazioni “Comandante, il nemico è in vista!”

 

Quindi era venuto il momento di occuparmi di Colanino!

 

Di fronte a noi si estendeva un ampia pianura erbosa, Colanino aveva scelto bene il terreno per lo scontro finale, era accampato in cima ad un leggero pendio, il che significava che per attaccarlo, avremmo dovuto caricare in salita, invece lui aveva il terreno in discesa a suo favore.

 

Ordinai di scavare dei terrapieni a protezione del nostro campo e mi stavo preparando ad andare a studiare più da vicino quella pianura, quando vidi arrivare uno di quei strani veicoli, volanti ad un paio di spanne dal suolo, utilizzati dagli alieni, si fermò a poca distanza e né saltò giù il tenente Peterson.

 

“Comandante! Le porto i saluti del capitano Conley, egli La vuole informare che siamo appostati a poca distanza, dietro il fronte dei banditi, appena inizierà la battaglia li attaccheremo, sono circa dieci mila, il loro capo ha richiamato tutti gli uomini di cui potevano disporre, i pochi che sono rimasti indietro o isolati, sono stati da noi già eliminati, questo è quanto dovevo dirLe.”

 

“Grazie tenente, dica al capitano Conley che lo ringrazio, gli dica che per almeno un paio di giorni eviterò di dare battaglia, devo prima studiare il terreno.”  

 

Con una piccola scorta, accompagnato da Rupert, andai ad ispezionare quella prateria, l’erba era folta ed alta, poteva nascondere qualsiasi insidia.

 

“Comandante!”  mi disse Rupert “come faremo a lanciare i cavalli al galoppo in questo luogo?”

 

“Non lo so ancora, ma lo stesso discorso vale per i ribelli, devo pensare.”

 

Mentre pensavo ascoltavo distrattamente i discorsi dei guerrieri, erano ragazzi giovani che avevano lasciato il loro villaggio, stanchi di lavorare la terra, per arruolarsi, però erano dei contadini e facevano discorsi da contadini.

 

“Che razza di terra è questa, si rischierebbe di rompere almeno un paio di vomeri di buon rame prima di riuscire a dissodare un campicello che, non ti darebbe neanche un raccolto sufficcente per nutrire una moglie.”

 

“E sì, e questa dovrebbe orinare molto per irrigarlo, non c’è un sorso d’acqua in giro, e poi se cadesse un fulmine, tutta quest’erba andrebbe a fuoco e ti rovinerebbe il raccolto.”

 

Un fulmine! Un incendio! Ringraziai la Dea-madre, quei ragazzi mi avevano fatto venire l’ispirazione, già da giorni avevo notato che il forte vente che spazzava l’altopiano, la mattina soffiava da est ad ovest, e quando il sole raggiungeva lo zenit cambiava direzione per soffiare in senso inverso.

 

Arrivato all’accampamento, radunai gli ufficiali “Attaccheremo all’alba di dopodomani, appena il vento soffierà in direzione del campo dei ribelli, squadre di uomini muniti di torce usciranno per dare fuoco alla prateria, quando il fuoco sarà lontano mille passi le compagnie usciranno, pronte a dare battaglia.”

 

Per tutto il giorno e la notte successiva, ci preparammo alla battaglia, feci uscire le pattuglie e ci furono alcuni combattimenti, con diversi feriti, ma niente di grave, Colanino mandava i suoi ad osservare i lavori di terrazzamento fatti per inalzare i terrapieni, e quindi riteneva che ci saremmo chiusi lì per sostenere un assedio, era fiducioso, aveva i numeri dalla sua parte.

 

Era ancora notte quando il vento iniziò a soffiare, Rupert diede l’ordine e le squadre munite di torce sceserò nella prateria.

 

Il fuoco è un elemento terrificante, non esiste cavallo capace di correre più veloce delle fiamme e Colanino lo imparò a spese sue, perché aveva lasciato la sua posizione e veniva ad attaccarci, quando le fiamme si alzarono, la maggior parte dei ribelli era già giunta a qualche centinaia di passi dalle nostre posizioni e, non fu abbastanza veloce per fuggire e rimase vittima dell’incendio.

 

Le fiamme divoravano tutto, erba, cavalli e uomini, quando iniziammo ad avanzare trovammo uno spettacolo raccapriciante, corpi carbonizzati di uomini e di cavalli coprivano il pendio e quelli che erano sfuggiti al fuoco andarono a gettarsi nelle braccia degli alieni che li massacrarono fino all’ultimo.

 

Seguendo a distanza l’incendio che, avendo trovato un terreno roccioso, si spengneva in fretta, calpestando i cadaveri carbonizzati, risalivamo il pendio, era uno spettacolo orribile, neanche il massacro avvenuto alla battaglia del passo era confrontabile, in tutti gli anni di guerre non avevo mai visto niente di simile.

 

Giunti alla sommità del pendio, trovai una brutta sorpresa, Colanino era lì, unico superstite della sua armata, mi aspettava brandendo un pow. Rideva , una risata pazza, allucinata “Eccoti! Maledetto te ed i tuoi inganni! Hai vinto le tue battaglie, io morirò ma tu verrai con me, e dove sta quella sgualdrinella che dicevi fosse il tuo Aiutante di Campo, quando avresti dovuto dire Aiutante di letto!!!ahahahah.”

Era giunto il mio momento, avrei incontrato la Nera Signora e non avrei mai più rivisto il mio amore, mi voltai verso Rupert che mi stava di fianco e dissi in fretta “Ricordati della promessa che mi hai fatto a proposito di Clary, trovala e dille che muoio con il suo nome sulle labbra e che il mio amore per lei non è cambiato.”

 

Rupert, pallido in viso annuì, senza rispondere.

 

Colanino abbasso l’arma puntandola su di me, ma improvvisamente vide Uruk ed esclamò “Traditore!”  e sparò. Uruk morì all’istante.

 

Di nuovo Colanino si voltò su di me e sparò, ma la sua mira era imprecisa, sentiì un forte colpo nella schiena e mentre cadevo bocconi, col fianco squarciato, vidi un pugnale volare nell’aria e conficarsi nella gola di Colanino.

 

Girai la testa ed incontrai il viso sofferente di Iori, era stata lei a spingermi ed a lanciare il pugnale, ma si era preso in pieno il colpo che mi era destinato.

 

Iori mi fece un debole sorriso poi, più che parlare, mormorò “Comandante! Ti saluto, io vado, non ci vedremo mai più, ricordati di me che ti amavo.” E morì.

 

Io persi i sensi, quando tornai in me ero adagiato sul giaciglio nella mia tenda, riuscì a vedere la faccia preoccupata di Rupert, inginocchiata accanto a me c’era Myra che mi detergeva la fronte con un panno bagnato e c’era uno straniero che non conoscevo.

 

“Comandante!” disse Rupert “Per tutte le dee di Betunia! Sei vivo! Ci hai fatto prendere una bella paura! Avevi un bucco tale che si vedevano le tue budella! Ma il cerusico degli stranieri ti ha ricucito!”

 

Riuscì a mormorare “Che ci fa qui Myra?”

 

“Ti ha curato sempre dal giorno della tua ferita, ti ha vegliato giorno e notte, dovresti ringraziarla!”

 

Di nuovo sprofondai nell’incoscienza. Andai avanti così per giorni e giorni, tra momenti di lucidità e momenti d’incoscienza, finché un giorno mi svegliai, mi sentivo debole, ma avevo la mente chiara.

 

Myra si alzò ed uscì dalla tenda, per tornare dopo un attimo in compagnia di Rupert e del cerusico, questo mi si avvicinò mi prese il polso per tastare i battiti del cuore, mi sollevò la palpebra puntandomi una luce nell’occhio, sembrò soddisfatto, mi sorrise e disse “Comandante, lei è fuori pericolo, dovrà stare a riposo, non potrà muoversi per un po’ di tempo, ma guarirà; lei è un uomo forte e, da quello che ho visto, non è questa la sua prima ferita, ora posso andare tranquillo, a lei serve solo il riposo e niente altro.”

 

Soltanto allora mi resi conto di essere nudo sotto la coperta, dovetti fare una faccia strana, perché Myra si mise a ridere “Comandante, ti vergogni d’essere nudo? Abbiamo dovuto spogliarti per curarti, non preoccuparti per me, avevo già visto un uomo nudo prima di te, e neanche per te, sei tutto intero, non ti manca niente!”

 

Chiamai Rupert a me vicino e domandai “Stai facendo cercare Clary? Da quanti giorni sono qui?”

 

“Falcon ed i suoi uomini sono tornati da Inthynia ed anche le amazzoni, li ho mandati in giro per i boschi e per i monti a cercare Clary, ma finora non hanno trovato niente.”

 

Si fermò un istante, poi riprese “ Non agitarti Comandante, così facendo ritardi la tua guarigione!”

 

“Da quanti giorni sono qui?”

 

“Domani sarà il ventesimo giorno.”

 

Venti giorni, erano passati due mesi da quando Clary era partita per Inthynia…due mesi senza il mio amore…due mesi di sofferenza…due mesi di tortura…Clary!…Oh Clary! dove sei amore mio?…

 

Oh Clary! tesoro mio adorato torna  da me…ti supplico…non temere il mio giudizio…tutto quello che è successo non conta…non ti rimprovererò…non hai colpa…non ne parlerò mai! Ma torna rendimi la vita…

 

Chiusi gli occhi e sprofondai nell’incoscienza un’altra volta.

 

I giorni passavano lenti e, piano piano le forze mi tornavano, non avevo più svenimenti e riuscivo perfino a stare seduto, per mangiare, Myra mi serviva e tentava di guadagnare la mia simpatia, ma il suo passato me la rendeva odiosa, malgrado lei facesse di tutto per farlo dimenticare.

 

Gli alieni avevano abbandonato Betunia, li avevo fatti scortare fino al punto dove sapevano di trovare uno di quei strani vascelli volanti che avrebbe potuto riportarli sul loro pianeta.

 

Intanto le ricerche per ritrovare Clary e Zalesc proseguivano, ma sembravano spariti nel nulla, allora decisi di provare a cercarli io.

 

Chiusi gli occhi, fingendo di dormire, nessuno avrebbe interrotto la mio sonno. Cercai a lungo, pertendo da Inthynia ed esplorando i pendii, le valli nascoste, i boschi, le fore e le grotte, ma ero ancora debole e non riuscivo a rimanere così per molto tempo.

 

Finché un giorno, la trovai e rimasi sconvolto, lei si lasciava morire, non volevo vivere, non osava neanche pensare ad incontrarmi, però ora sapevo esattamente dove andare a prenderla.

 

Decisi di ricorrere alla magia per affrettare la mia guarigione, di notte recitai le formule e fortunatamente il risultato fu immediato.

 

Alla mattina ero tornato come nuovo e, senza aspettare l’arrivo di Myra mi alzai, presi i mei vestiti, li indossai, presi le armi ed usciì dalla tenda.

 

Myra mi corse incontro “Comandante! Dove vai, dovresti essere a letto…non puoi alzarti…rischi di fare riaprire la ferita!”

 

“Taci Myra! sto bene ed ora vado a prendere il mio cavallo!”

 

Attirati dal trambusto erano arrivati Rupert ed altri ufficiali, rimaserò allibiti nel vedermi vestito ed armato di tutto punto.

 

“Dove vai Comandante?” mi chiese Rupert.

“Vado a prendere Clary, so dov’è, tempo quindici giorni e l’avrò trovata.”

 

“E vuoi andare via così da solo?”

 

Sorrisi “Vuoi venire con me?”

 

“Certo che lo vorrei, se me lo permetti.”

 

“Allora sbrigati, non voglio aspettare più di tanto per partire.”

 

Mentre ero sotto la tenda a lottare tra la vita e la morte, Rupert aveva mandato le compagnie a perlustrare tutto l’altopiano, non c’era più un solo ribelle, quindi potevamo partire senza aver pensieri.

 

Prima di partire feci chiamare Myra “Myra per me sei sempre una criminale, ma dopo i massacri che hanno insanguinato questa terra, non me la sento più di erigermi a tuo giudice, ti devo la mia riconoscenza e come, malgrado i miei numerosi difetti, non sono un ingrato, ti rendo la tua libertà, ti sarà dato un cavallo, delle provviste ed un coltello, potrei andare dove vuoi.”

 

Myra scoppiò in lacrime, mi si gettò ai piedi  “Comandante, ti ringrazio per la tua generosità, ma ti prego tienimi con te, ti servitò, sarò la tua schiava e di notte ti amerò, senno dove mai potrei andare? Ormai sono marchiata, sarò sempre segnata a dito, ed anche chi non sa niente di me mi darà la caccia solo perché ero un amazzone Nera.”

 

“Vai a Inthynia, vi troverai le tue compagne e le Inthyne ti accoglieranno sicuramente.”

 

“Ma Comandante” disse Falcon “Va bene lasciarla libera, darle un cavallo e delle provviste, ma un coltello!”

 

“Falcon, amico mio, nei giorni passati Myra avrebbe avuto mille occasioni per farmi morire, e non l’ha fatto, vuoi che lo faccia adesso?”

 

Falcon non rispose, ma vedevo che non era per niente convinto.

 

Partimmo nelle luce del mattino diretti a Inthynia, muniti di provviste ed accompagnato da un piccolo branco di cavalli per poter cambiare montatura frequentemente Falcon aveva voluto ad ogni costo accompagnarmi e, conoscendo le sue qualità d’esploratore fu ben felice di accontentarlo.

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Capitolo 14

 

CLARY

 

Un giorno felice apparve sulla terra di Betunia, ma non per me. Mi ritrovai legata, mentre Zalesc stava arrostendo un coniglio.

 

Mi porse un poco, dicendomi di mangiare, ma io non volevo mangiare.

 

“Non voglio niente da te! Voglio essere portata subito a Inthynia, da Misime, il mio posto è lì ed anche se tu non vuoi, lei verrà a prendermi ed allora morirai. Avanti però, slegami e forse avrai risparmiata la vita.”

 

Lui sembrava non darmi ascolto ed anzi, rideva beffardo, facendomi adirare ancor di più.

 

Infine si alzò e si avvicnò a me “Non ho paura di quell’ibrida, io ti libererò solo dandoti al mio Comandante, Helk! Solo a lui potrò ubbidire e così farò, quindi ora stai in silenzio!”

 

Io lo guardai con occhi in fiamme e quasi urlai “Helk? Ah, mio marito che mi ha abbandonata! Lui sì! Ah, lui verrà a liberarmi? Ma se non mi vuole neppure!”

 

Poi abbassai gli occhi e sussurrai, più a me stessa che al guerriero “Io tanto lo amavo, e lui mi ha mandata via, mi ha portato da Misime e forse è la cosa migliore che abbia mai fatto! Ed ora smettiamola di parlare di quest’uomo!”

.

Per alcuni giorni vagammo nella foresta, ed io rimasi legata come una schiava, lo seguivo in silenzio, mangiando quanto mi dava per la fame che mi divorava. Zalesc la sera si sedeva accanto a me, e mi guardava tentando di farmi parlare, ma io toglievo il capo o fingevo di dormire e quando, proprio mi faceva arrabbiare, mi alzavo e lo minacciavo, con occhi terribili, ma io ero legata e lui armato e libero, che paura poteva avere? Rideva ed alzava le spalle, per lui l’unica cosa importante era tenermi distante da Inthynia.

 

E poi c’erano le situazioni imbarazzanti, come tutti gli esseri umani, anche io ho le mie necessità corporali, come potevo fare, legata come ero, senza ricorrere all’aiuto di quel mostro, lui mi sleggava le caviglie, mi tirava su la veste voltando il viso dall’altra parte,.ed io arrossivo dalla vergogna.

                                                                                        

Una notte però arrivò il mio amato guerriero, nella mente si fece spazio e mi disse in un sussurro “Clary, vieni, vieni sul monte, io lì ti attendo.”

 

“Ma come faccio?” gli dicevo “ io sono legata! E lui non ha timore di me!”

 

“Clary, tu puoi sconfiggerlo, ma non con gli insulti, usa il tuo corpo, usa la tua arma, Zalesc non potrà resistere, devi concederti a lui e quando sarà reso vulnerabile allora ti libererai e avrà finito di rovinarci, poi verrai sul monte, io lì ti attendo amore mio!”

 

“Fammi capire, io devo farci l’amore? È questo che vuoi?”

 

“Si lo voglio, accontentalo per quattro o cinque sere e poi uccidilo.”

 

 “Farò come dici tu.”

E così avrei fatto, non credo sarebbe stato difficile, il mio guerriero mi aveva insegnato tanti modi per ridurre un uomo in mio potere, avevo imparato la lussuria, la voluttà del peccato, ed ogni sorta di trasgressione, fino alle più spinte, ed avevo perso ogni senso morale, niente più mi faceva provare  vergogna, oramai ero diventata peggiore delle meretrici di Lupanaria. Guardai Zalesc con la code dell’occhio…era un bel ragazzo, mi sarei anche divertita prima di sgozzarlo, e poi avrei dovuto salire dal mio amore!

 

Ebbene adesso dovevo agire!

 

Così smisi di essere con lui scortese e non parlavo più di Misime, ma rispondevo gentilmente e lo guardavo con i miei occhi verdi sognanti.

 

Le sere lui ancora si sedeva accanto a me, allora io trovavo sempre la scusa di prendergli la mano, o toccargli la gamba con la mia, mi chinavo in avanti con la veste aperta, mostrandogli il mio seno.

 

Lui fingeva di non accorgersene ed io ridevo in cuore mio, felice, sapevo che questo stratagemma avrebbe funzionato.

 

Tutte le notti, il guerriero tornava, mi ripeteva sempre le stesse cose e mi chiedeva a che punto ero giunta nella mia opera di seduzione, m’incoraggiava a fare l’amore con Zalesc al più presto, tanto che la sua insistenza su questo punto iniziò ad infastidirmi, ma lui avendo capito il mio disaggio all’idea di tradirlo, mi diceva che questo era il prezzo della mia libertà ed era l’unico modo per ottenerla, allora, a malincuore, mi rassegnavo, ero pronta a fare tutto quello che il mio adorato guerriero mi diceva.

 

Un giorno costeggiando un piccolo fiume, mi rivolsi a Zalesc “Senti, guerriero, io avrei proprio bisogno di fare un bagno, ti spiace?”

 

Egli mi guardò perplesso “Ma Clary, non vorrei mica spogliarti nuda di fronte a me?”

 

“Mi bagnerò con la veste addosso, così non dovrai vergognarti di guardarmi.” Risposi io con un sorriso.

 

Egli mi tirò giù dal cavallo ed io mi presi, con le mani legate, il suo braccio, per poi scendere in acqua. Non mi sleggò, ma io, ugualmente, nuotavo come una sirena nelle acque, sotto il vigile controllo di Zalesc, che mi fissava con le gambe a mollo, pronto a riacciuffarmi e farmi tornare a riva.

 

Quando però riaffiorai egli mi prese subito sotto le braccia per alzarmi. La veste si era completamente incollata al corpo e ne delineava ogni curva, rendendosi quasi impalpabile. Zalesc arrossì violentemente guardandomi ed io feci finta di non accorgermene.

 

Facevo il bagno ogni volta che potevo, per provocarlo, per vederlo lottare contro se stesso per non raggiungermi.

 

Il mio guerriero ogni sera mi visitava e con carezze mi diceva e ripeteva all’infinito “Mia cara, devi farein modo che egli si lasci andare, avanti, per il nostro amore so che ci riuscirai!”

 

E così quella sera, quando si sedette accanto a me gli dissi “Zalesc, avanti che succede? Hai visto che posso essere una buona bambina? Avanti cosa ti costa? Liberami le mani, così almeno che io possa pettinarmi!”

Ma egli esitò troppo, così mi portai alla sua schiena e lo incatenai con le braccia, sussurrando “Avanti, che male posso farti ora? Sono disarmata! Avanti Zalesc!”

 

Lo convinsi ed egli mi slegò le mani. Io sorrisi e lo feci distendere, distendendomi sopra di lui e massaggiadogli la schiena.

 

“Sei esausto eh? Guerriero mio, sei stanco?”

 

Egli però resisteva, perdurava, mi adirai nel profondo, io volevo scappare e dovevo finire in fretta quel gioco che iniziava a stancarmi seriamente ed a nausearmi, ma il mio guerriero voleva così ed io avrei fatto, mi sarei concessa senza indugi, senza premesse. Gli baciai la schiena ma sentendolo irrigidirsi decisi di non andare oltre, non me la sentivo proprio, avrei rimandato a domani, ma per essere sicura lo feci girare e gli sforai le labbra, anche se lui rimase immobile, con gli occhi semi chiusi, senza cedere.

 

Il mio guerriero era molto soddisfatto si me, di come mi comportavo, poi una sera che lo aspettavo, udiì nella mente un forte grido d’agonia…poi più niente…mi sentiì come se mi avessero liberata da un peso, incoscientemente giocavo con l’anello, facendolo girare sul dito… l’anello scivolò…me lo ritrovai sul palmo della mano…sbarrai gli occhi…ero libera dalla maledizione…senza pensarci due volte lo gettai lontano nel fiume.

 

Mi guardai attorno ed i miei occhi si specchiarono in quelli di Zalesc. Io arrossì violentemente e chiusi meglio la veste. Poi sorrisi, con un sorriso che non avevo più da troppo tempo.

 

“Zalesc…Oh Zalesc! Sono libera! L’incantesimo è rotto…sono libera…capisci cosa significa? Sono libera…”

 

Ero eccitata, mi alzai e mi misi a ballare sull’erba.

 

Quella notte, per la prima volta da tanto tempo, riuscì a dormire senza sognare, né palo, né guerriero, né Misime…niente…poi nella mia mente si affacciò il viso di Helk….si Helk!…mio marito…mio dolce amore…stava venendo a prendermi! Si…ma io? Io lo avevo tradito! E non era tutto, se solo l’incantesimo si fosse spezzato un sole dopo, io l’avrei tradito ancora, con Zalesc che poi avrei ammazzato …Oh che vergogna! Oh, lui non doveva cercarmi, non ero degna del suo amore, anche se mi fossi inginocchiata ed offerto ogni mio bene che ormai era nessuno, perché neppure la mia anima era più pura! Oh quale castigo! Oh quale punizione per i miei peccati! L’incantesimo era rotto…ero libera…ma non ero libera dei ricordi e dei rimorsi!

 

La mattina seguente rimasi raggomitolata sotto una coperta e piansi con il volto fra le mani, tremando come una fanciulla.

 

Zalesc era preoccupato e continuava a ripetermi, posandomi una mano sul capo ed accarezzando i miei capelli “Avanti, su, il Comandante sta arrivando, vedrai,  tra un po’ sarà qui con te!”

 

Ma io allora lo guardavo e rispondevo in un sussurro, lanciandogli via la mano dalla mia testa. “Mi stai torturando! Io non sono più una sposa pura, non sono più degna di lui, l’ho tradito con Misime e forse…” poi lo guardai e lui abbassò gli occhi “ma non è successo Clary, calmati, avanti!”

 

“No! Non posso calmarmi! Che razza di moglie, non sono degna di lui. Per favore Zalesc, lasciami libera così posso tornare nei boschi e vivere ancora un poco nel mio tormento!”

 

Poi venne la febbre e così deliravo giorno e notte, tenendo sveglio quel povero guerriero che accanto a me parlava, mi raccontava della sua vita, pensando che io non riuscissi a sentire. Una sera però sentiì che sospirava “Clary, se solo ti avessi conosciuto prima del Comandante, se solo fossi stato io tuo marito, forse a quest’ora niente sarebbe successo e noi saremmo a casa con i nostri cinque figli!”

 

“Ma non è stato così Zalesc” lui si sorprese ed arrossì violentemente “Cosi non è stato, guerriero, io ero destinata a quell’uomo meravigliuoso che però adesso non deve più trovarmi, o morirò di vergogna!”

 

“Scusa se ti ho mancato di rispetto Clary, non volevo, io fantasticavo…perdonami!”

 

 Io allora strisciavo accanto a lui ed egli mi metteva la testa sulla sua gamba,bagnandomi la fronte con un panno.

 

“Sei già perdonato, sarai sempre perdonato da me, perché mi hai salvato la vita da Misime ed io ti sono debitrice.”

 

Andammo avanti finché un giorno trovammo una capanna sulla nostra strada, vi abitava una vedova con sua figlia adolescente, il marito era stato uscciso dei ribelli perché si era rifiutato di unirsi a loro.

 

Zalesc mi portò nella capanna e la vedova si prese cura di me, mi obbligava a mangiare, mi teneva sotto stretta sorveglianza perché, sia lei che Zalesc, temevano che avrei tentato di togliermi la vita, la mia salute fisica migliorava, ma ero distrutta moralmente. Non parlavo, non sorridevo, quasi non respiravo più.

 

Appena mi addormentavo, sognavo Helk, che mi attendeva felice ma io sapevo di non poter raggiungerlo e scappavo via, lontano.

 

Helk…Oh Helk! Come può ora andare avanti una donna così? Un fiore senza più profuma, un albero senza boccioli, una rosa senza colore…l’hanno distrutta, e lei è stata complice, lei non si è sottratta, l’amore è stato troppo debole ed ora ti abbandonerà per sempre! Prendi la spada fatata, distruggi il suo corpo perché non è degno di restare un secondo di più su questo mondo! Avanti, avanti caro amore, fallo! Così renderai un piacere sia a te che a lei, perché straziarsi per un anima impura?Ripudia quest’essere e non voltarti mai pùi… 

 

Ma Helk sorrideva e perdonava, tutto perdonava, tutto lasciava correre e sorrideva ancora…

 

Ma io non ero degna, non ero degna di tutto l’amore. Come poteva ancora pensare di soltanto sfiorare quel corpo con tutto il peccato, il tormento che aveva passato?

 

Oh! Amore, prendimi te ne prego, solo la mia vita, perché è la sola cosa che posso darti ora che non ho neppure più l’orgoglio e le fierezza. .

 

Ma i giorni passavano sempre uguali ed Helk non arrivava, nel mio cuore sapevo che era in marcia, lo sentivo sempre più vicino, ogni notte la sua immagine era più nitida.

 

Divenni apatica, mangiavo solo se mi obbligavano a farlo, la vedova mi curava come una figlia, mi pettinava, mi lavava, perché da sola non lo facevo più.

 

La vedova tentava d’incoraggirmi, mi diceva “Povera piccola, è tutto finito, i ribelli sono stati sconfitti, neanche uno si è salvato, l’ho saputo da un boscaiolo di passaggio, mi ha anche detto che il capo dei guerrieri è stato gravemente ferito, forse morirà, ma almeno la pace tornerà sui nostri monti.”

 

A sentire queste parole svenni, e quando Zalesc tornò dalla sua caccia, mi trovò priva di sensi, rimproverò aspramente la vedova, la quale non sapendo che ero la moglie di Helk, non si era resa conto del male che mi faceva.

 

Venne da me e mi fece rinvenire, ma io non mi alzai, mi limitai a stringere il braccio del guerriero, che con me rimaneva più spesso, tenendo la mia testa sul suo petto, per farmi sentire il calore di una persona amica, ma io ripetevo solo “morto…morto…”

 

Da quel giorno non mi alzai più dal letto.

 

Helk…ora mi lasci, ma sarà per poco mio caro, me ne vado anche io se tu te ne vai. Dimmi che senso ha restare. Non avrei mai confidato in un perdono che non avrei mai potuto ricevere, ma almeno avrei voluto morire per mano tua, vederti in volto un ultimo istante, ma le Dee neppur questo ci concedono e neppure da morti troveremo pace…io finirò tra le fiamme e tu nel paradiso degli eroi, perché quello è tuo posto…e gli inferi il mio…….

 

 

Capitolo 15

 

HELK

 

Galoppammo dalla mattina alla sera, fermandoci soltanto per cambiare montatura, spingendo i cavalli al limite della resistenza.

 

Tenevo sempre la mente concentrata su Clary, conoscevo il suo stato d’anima, le sue angosce, i suoi rimorsi e tentavo d’infonderle pensieri d’amore e di serenità, ma era refrattaria, rifiutava di farsi aiutare, ed ero sempre più disperato, temevo di arrivare troppo tardi.

 

In meno di due settimane, dopo aver azzoppato un paio di cavalli, eravamo in vista di Inthynia, che sarebbe stato il punto di partenza delle nostre ricerche.

 

Clary era vicina, lo sentivo, quasi percepivo la sua presenza fisica, per due giorni vagammo nei boschi, oramai non cercavo più le sue tracce…la sua mente, per quanto debole, mi guidava, come la luce del falò guida il viaggiatore nella notte.

 

Il segnale era forte, lei era a portata di mano, vidi la capanna, era lì, ne ero sicuro, fuori dalla porta era legato un cavallo, un cane vedendoci abbaiò, la porta si aprì e ne uscì un uomo con la spada in mano, lo riconobbi subito era Zalesc.

 

Questo quando ci vide, lasciò cadere la spada e ci corse incontro gridando “Comandante! Meno male sei arrivato, affrettati è ancora viva, ma non so per quanto.”

 

Mi precipitai nella capanna…Clary era distesa sul giaciglio, pallida come la morte, magra da fare paura, teneva gli occhi chiusi e respirava con affanno, spinsi gentilmente la vedova e sua figlia fuori dalla porta, per rimanere solo con il mio tesoro ritrovato.

 

Misi la mano sulla sua fronte e mi chinai a baciarle le labbra, lei aprì gli occhi e mi guardò con un debole sorriso.

 

“Helk amore, sono dunque morta ed il tuo spirito è venuto a prendermi…Oh amore! Ti ho aspettato tanto, non volevo partire senza sapere di te, mi porterai via con te nell’altra vita, anche se sono una moglie indegna?”

 

Gli misi un dito sulle labbra, una volta così velutate, ed ora secche.

 

“Ssst, amore non parlare, riposa sono qui e più niente ti farà del male…dormi amore mio adorato…dormi mio dolce tesoro…ti veglio io e scaccierò i brutti pensieri che ti assillanno.”

 

Probabilmente lei non mi capiva, era persa nei suoi incubi, e mi misi all’opera, appoggiai il palmo delle mani sulle sue tempie, per darle così la serenità, mi introdussi nella sua mente e le ordinai di dormire fino a quando non le avrei permesso di svegliarsi, sollevai le coperte e la spogliai completamente, poi mi misi a frizionarla su tutto il corpo per scacciare i veleni che la cattiva magia dello stregone aveva accumulato nel suo corpo e fare circolare il sangue più velocemente, poi la rivestiì e la ricoprì.

 

Ora dormiva tranquilla, il suo respiro si era fatto regolare ed un leggere colorito le era tornato sulle guance.

 

Rimasi così a vegliarla fino a sera inoltrata, sondai la sua mente e potai constatare che i suoi pensieri di morte erano svaniti, però non riuscivo a fare sparire i brutti ricordi ed i rimorsi, ci sarai riuscito, ma solo col tempo, per il momento potevo soltanto attenuarli e renderli sopportabili.

 

Chiamai la vedova, sua figlia, i miei compagni e naturalmente Zalesc, cenammo con le nostre provviste, finita la cena tutti uscirono per discrezione, solo Zalesc rimase dondolandosi ora su un piede ora sull’altro.

 

“Cosa c’è Zalesc, vorresti parlarmi? Dimmi pure.”

 

Il ragazzo era rosso come un papavero, non sapeva da che parte iniziare i suoi discorsi.

 

“Forza Zalesc, non vorrei farmi aspettare tutta la notte.”

 

Si fece forza e guardandosi la punta dei piedi, iniziò a parlare velocemente, senza neanche prendere il tempo di respirare.

 

“Comandante, mi sono macchiato di una colpa grave, ho mancato di rispetto a tua moglie, no, non pensare male, non sono arrivato a tanto, non l’ho toccata se non che per legarla per obbligarla a seguirmi in questi boschi lontana da quell’ibrida che le aveva messo un incantesimo addosso, ma mi sono permesso di concupirla…sì lo confesso, la desideravo ardentemente, e non so per quanto tempo sarei stato in grado di resistere ancora, ecco la mia colpa, puniscimi, me lo merito, ma credimi lei è senza colpa.”

 

Sorrisi di fronte a tanta sincerità, non potevo dire al ragazzo che sapeva già tutto ciò , che sapevo anche perché era avvenuto, non potevo dirgli che se avesse ceduto alla libidine sarebbe morto sgozzato come un capretto.

 

“Zalesc, non devi scusarti, sei giovane e vivere da solo con una donna come Clary può fare venire dei cattivi  pernsieri a tutti quanti, non preoccuparti, domani o dopo tornerai alla tua compagnia e lascia che ti dica, in questa guerra hai fatto onorevolmente la tua parte e sarai equamente compensato, ora vai che devo occuparmi di mia moglie.”

 

Mi avvicinai al mio amore, e tornai a tastarle la fronte, a contare i battiti del suo cuore, poi recitai le formule magiche del caso e mi chinai sul suo viso per soffiare il mio respiro nelle sue narici, le feci aprire la bocca ed aspirai il suo fiato per poi soffiarlo nel focolare ed ogni volta la fiamma prendeva uno strano colore verdastro e si alzava sibilando rabbiosamente, l’aria si riempiva dei lamenti e dei gemiti dei demoni che riuscivo a scacciare, per poi tornare normale fino a quando non avessi soffiato ancora l’aria che toglievo dei polmoni di Clary.

 

Ripetai l’operazione diverse volte, fino a quando le fiamme del focolare smiserò di cambiare colore e di alzarsi ad ogni mio soffio.

 

Infine le presi la testa fra le mani ed appoggiai la mia fronte sulla sua, sentivo la sua mente fondersi con la mia, non opponeva più resistenza si lasciava curare. Di più in una sera non potevo fare, così dopo aver la coperta per bene, invitai tutti a rientrare per scaldarsi vicino al focolare.

 

Erano pallidi e terrorizzati, avevano visto le fiamme uscire dal caminetto ed avevavo sentito le urla dei demoni che avevo scacciati, ma nessuno di loro ebbe l’ardire di chiedermi qualche spiegazione.

 

“Rupert, ti affido questo ragazzo, vorebbe diventare ufficiale dei guerrieri di Tahar, ha dimostrato coraggio e spirito d’iniziativa, nonché una grande lealtà, vedi un po’ cosa si può fare di lui.”

 

“Comandante, non tornerai con noi sui monti? Dove andrai?”

 

“No Rupert, non tornerò sui monti, almeno per ora, con Clary andremo dall’Imperatrice ad annunciare la fine dei ribelli della montagna, poi chiederò all’Imperatrice di accordarci un periodo di riposo per poter andare a trovare un mio amico che abita in un luogo molto distante, sarà un viaggio lungo, ma so che le compagnie saranno in buone mani durante la mia assenza.”

 

Alla mattina chiesi a tutti di lasciarmi solo con Clary e la svegliai.

 

Lei aprì gli occhi e vedendomi sorrise, poi sbarrò gli occhi e balbettò “Helk…quando sei arrivato…non mi ricordo di averti visto ieri sera..ma forse dormivo e non mi sono svegliata…Oh Helk! Mi avevano detto che stavi per morire, ed anche io volevo morire…Oh Helk! Tu non sai tutto quello che mi è capitato, né quello che ho fatto!!! Voglio….

 

La guardai con piglio severo “Taci moglie! Non voglio sentire pettegolezzi, né storie varie, tu sei qui ed io sono qui, questo conta, tutto il resto era nelle mani delle dee e noi, poveri mortali, siamo il loro divertimento, ci usano e poi ci gettono via, oppure ci lasciano tornare alla vita, ed è questo che tocca a noi, ora moglie mia, mi concederesti un bacio, visto che l’ultima volta che ci siamo visti hai rifiutato di baciarmi.”

 

Clary mi gettò le braccia al collo, ma piangeva così forte che dovetti aspettare a lungo per quel bacio.

 

Capitolo 16

 

CLARY

 

E così mi svegliai, come da un incubo e lui era lì, ad attendermi, sorridendo. Non riuscivo bene a crederci ed allungai una mano per toccargli la guancia, sì era proprio lui.

 

Ma poi mi ricordai di quanto dovevo dirgli e mi si chiuse la gola, dovetti trovare tutta la forza del mondo per dire “Helk…quando sei arrivato…non mi ricordo di averti visto ieri sera…ma forse dormivo e non mi sono svegliata…Oh Helk! Mi avevano detto che stavi per morire, ed anche io volevo morire…Oh Helk! Tu non sai tutto quello che mi è capitato, né quello che ho fatto!!! Voglio…

 

Ed egli mi fece tacere, in modo brusco, dove in una società matriarcale mai si sarebbe permesso, ma in quell’istante chi era la società? Chi erano gli altri? Nessuno. C’eravamo solo lui ed io, soli e soltsanto noi, nell’intero universo.

 

Non sentiì ne capiì bene le parole, ma seppi in cuore mio che già conosceva da tempi antichi ogni cosa, che lui mi aveva perdonata e riportata alla vita, egli ancora mi aveva salvata.

 

Chiedeva un bacio, uno soltanto…come potevo farlo quando avrei voluto sommergerlo? Come poteva volere un bacio da questa donna infame? Ma il mio tesoro, unico astro, richiedeva un bacio.

 

Piansi con la testa al suo petto e le mani che tanto bene conoscevo che mi proteggevano ancora, per sempre. Finalmente, ora non avevo più paura, potevo solo dare a lui quanto gli era sempre appartenuto, anche se parte di me non lo conosceva, il mio cuore, la mia mente, il mio spirito.

 

Presi il suo volto con dolcezza ed infine posai le mie labbra stanche sulle sue, come un viandante si posa su una seggiola dopo un lungo girovagare, come un uomo che ha trovato la sua strada nel mondo, anche io avevo ritrovato il mio luogo, che non era un luogo era solo esser con lui, con il mio amore, in qualsiasi posto a qualsiasi ora, ma con lui, legata a lui per l’eternità.

 

E così fu ancora.

 

Capitolo 17

 

EPILOGO

 

Dal giorno dell’arrivo di Helk alla capanna nel bosco, erano passate due settimane e Clary era rifiorita, le cura e l’amore di suo marito l’avevano rimessa a posto velocemente.

 

Il pallido sole di Pluvirule illuminava l’oro ed il sangue dei boschi, l’aria era fresca e la piccola comitiva si affrettava per raggiungere il fondovalle.

 

Fermi sulla riva dell’Ondagrigia, Rupert, Falcon e Zalesc, guardavano i due cavalieri che stavano guadando il fiume.

 

Helk per evitare di riaccendere brutti ricordi aveva preferito evitare di passare per Inthynia, erano scesi lungo il fiume, più a valle dove sapevano di poter trovare un guado.

 

Cavalcavano con il sole in faccia, diretti alla Città Imperiale per annunciare a Arthea la fine della loro missione.

 

Poi con il Suo permesso, sarebbero andati ad Om’Tzala da Abuknazir.

 

Ma questa è un’altra storia

 

 

Helk dei Kanakis