Inizio di un cammino
Prologo
“La
sua presenza nel nostro villaggio è un disonore di fronte a tutti gli elfi,
propongo perciò di esiliarlo”
“Indubbiamente
la sua presenza potrebbe danneggiare in qualche modo l’immagine della nostra
comunità…”
“Non
solo della nostra comunità, bensì di tutto Silvanesti… Trovandoci ai confini
del Reame Elfico, lui, nella sua deformità, può contribuire a creare un’idea
sbagliata della vera natura di noi elfi a chiunque giunga alle nostre porte…
Ora che ha raggiunto la maggiore età, insisto sulla necessità del suo
esilio”
Il
silenzio calò sul circolo di elfi, riunitisi a consiglio per deliberare un
provvedimento eccezionale, mai preso in tutta la storia del villaggio.
“Se
non ci sono ulteriori interventi, metterei al voto la mozione per l’esilio di
Nightguest… Raven, come oggi ha scelto di chiamarsi. Procediamo senza
indugiare”
Sedici
mani si levarono, ed il verdetto venne stabilito. Solo un elfo non aveva votato
a favore, ma nessuno se ne curò: l’anziano incantatore era presente in
consiglio solamente per una sorta di rispetto per la sua età, anche se non era
effettivamente considerato ai fini delle decisioni più importanti. Ognuno era
convinto che egli non si desse cruccio a causa della sua ininfluenza nel
consiglio, ma che fosse comunque contento di non essere stato formalmente
escluso dalla vita del villaggio.
Capitolo
#1 – Il dolce tempo della partenza
Attorno
al fuoco, dei giovani si erano trovati a danzare. Accompagnati dal suono
melodioso dei flauti e dai colpi secchi delle percussioni, diversi ragazzi
stavano ballando vicino alle fiamme vive, rischiando di strinarsi i capelli ad
ogni piroetta o salto, mentre la gran parte delle coppie si teneva a distanza
dal falò scoppiettante, per paura di scottarsi. La piazza al centro del
villaggio era un luogo di ritrovo tradizionale, dove i giovani elfi amavano
trovarsi per danzare insieme, raccontarsi i resoconti dei reciproci viaggi o
semplicemente trascorrere qualche ora in compagnia, prima del breve periodo
dedicato al riposo. Era raro che il fuoco rimanesse spento, o che non ci fosse
nessuno alla luce delle sue fiamme, specialmente a tarda notte, durante le
riunioni conosciute come i cerchi di fianco al fuoco.
Quel
giorno si era svolta per molti elfi la cerimonia del passaggio alla maggiore età,
e tutti i ragazzi avevano deciso di ritrovarsi per rivivere le impressioni della
giornata e per condividerle con gli altri più giovani, che avrebbero ascoltato
letteralmente estasiati i racconti dei più grandi, racconti rivissuti anche per
loro. Ormai il sole era tramontato da tre o quattro ore e presto il fuoco non fu
più il centro dei balli, ma divenne luce per il cerchio di elfi, ormai pronti
ad entrare nel vivo della notte. Dopo aver esaurito i resoconti della cerimonia,
che era avvenuta in modo differente per ognuno dei presenti, si passò alla
parte considerata più importante di tutta la giornata: ogni elfo si sarebbe
presentato ai presenti con il proprio nome completo. Questa tradizione veniva
tenuta in considerazione al pari del rito ufficiale, se non ritenuta più
importante, ed aveva unito diverse generazioni di elfi più di un qualsiasi
trattato o matrimonio tra famiglie. La nuova presentazione con il nome completo
avrebbe suggellato l’insindacabile appartenenza alla comunità elfica, non
solo del villaggio ma dell’intero mondo. Per primo prese la parola il più
anziano tra i presenti, quindi a seguire gli altri in senso antiorario: “Il
mio nome completo da oggi sarà Alexander Steelblade”
“Il
mio nome è Rianne Keenwolf”
“Mi
chiamo Derek Hawkfriend”
Le
parole iniziarono a scorrere, inebriando come un potente liquore i presenti,
fatta eccezione per due elfi, seduti uno di fronte all’altra, l’uno chino ad
ascoltare ed assimilare le parole dei compagni, l’altra con gli occhi fissi
sul ragazzo davanti a sé, dal quale era separata da un raggio di cerchio.
Quando circa un quarto dei nomi fu stato pronunciato, fu il turno della ragazza.
Pochi istanti prima che lei aprisse bocca, l’elfo alzò lo sguardo,
incrociando i suoi occhi azzurri come l’acqua di un ruscello, e non si chinò
se non quando la sua voce si spense. Altri nomi si susseguirono in un carosello
quasi frenetico, ma l’elfo non vi prestò particolare attenzione. Solo al
momento di pronunciare il proprio nome il ragazzo alzò lo sguardo, percorrendo
l’intero cerchio con gli occhi, soffermandosi un istante su ogni volto.
“Mi
presento nuovamente a voi, amici di lunga data, perché in questa notte la
nostra unione è diventata più forte di qualsiasi altro vincolo terreno: da
oggi entriamo a far parte della nazione di Silvanesti, da oggi entriamo a far
parte della comunità elfica. Rallegriamoci, fratelli, e stiamo uniti. Mi
presento nuovamente a voi, con il mio nome completo: Raven Nightguest”
Diversi
ragazzi avevano seguito con trepidazione le parole di Nightguest, attendendo con
curiosità di apprendere il nome che si sarebbe scelto. Ad alcuni Raven era
apparso inquietante, ma non avrebbero potuto pensare ad un nome migliore per
l’elfo; le sue parole erano state così universali al punto da far cadere ogni
eventuale accusa di stravaganza che l’elfo avrebbe potuto attirarsi altrimenti
con la sua scelta. In passato qualche adulto aveva avuto da ridire sul
comportamento di Raven, ma agli occhi degli presenti Nightguest aveva ormai
acquisito a pieno diritto l’appartenenza a Silvanesti, come qualcuno aveva
cercato invano di negare, a causa della sua condizione di debole mezzo-albino.
I
ragazzi che seguirono pronunciarono il loro nome senza molte cerimonie, cosicché
il cerchio potesse proseguire più liberamente con le domande degli elfi più
giovani, sempre desiderosi di approfondire qualsiasi aspetto del mondo “dei
grandi”. Molti si sentirono chiedere cosa li aveva portati ad optare per un
determinato nome, se i motivi della scelta non erano chiari e lampanti agli
occhi di tutti, mentre altri dovettero rispiegare da capo lo svolgimento della
propria cerimonia, avvenuta in gran segreto durante il giorno. Dopo aver
trascorso quasi un’ora in questo modo, il cerchio si ruppe per coagularsi
subito in diversi gruppetti, che presto si sarebbero sciolti per il riposo
notturno. Diverse ragazze erano letteralmente circondate da bambini e bambine
che avevano resistito svegli fino a tardi per poter stare con i loro amici
grandi, mentre un po’ ovunque i ragazzi si scambiavano battute di spirito o
complimenti. Solamente un elfo sedeva solitario, sotto le fronde di una quercia,
immerso nella penombra. Di quando in quando qualcuno gli si sedeva di fianco per
qualche minuto, ritornando poi alla luce del falò. Nessun bambino si avvicinava
a lui, per timore di disturbarlo, e qualcuno tra i più piccoli sussurrava piano
che l’elfo “era malato”, additando i capelli di Raven, un tempo
completamente neri, ora visibilmente striati di bianco. Pian piano la curiosità
passò, e con essa anche l’eccitazione di poter partecipare ad una riunione
“da grandi”, ed i bambini si allontanarono, alla spicciolata, verso le
rispettive dimore. Il rumore quasi chiassoso che aveva regnato nella piazza
scomparve come d’incanto, lasciando il posto ai sussurri delicati dei vari
capannelli di elfi.
Raven
sentì un rumore di passi a cui era familiare, e riconobbe la ragazza che sedeva
di fronte a lui nel cerchio, senza avere bisogno di aprire gli occhi. Lei si
sedette al suo fianco, passandogli una mano attorno alla vita e stringendosi a
lui.
“Ciao,
Starchild” lo salutò, sfiorandogli la guancia in un lieve bacio.
“Bella
notte di Cantovento, Nightkissed” rispose lui, sorridendole.
Da
quando avevano iniziato a frequentarsi i due elfi si chiamavano raramente con i
rispettivi nomi, utilizzandone invece altri due, che ognuno aveva creato per
l’altro sulla base del proprio.
“Come
stai?”
“Sei
sempre premurosa… Non c’è nessun problema, anzi, avrei voglia di fare
quattro passi”
“Possiamo
salire su qualche albero a vedere le stelle…” azzardò la ragazza, già
sapendo la risposta dell’amico.
“Potremmo
andare al Cancello di Legno, da dove si vedono i Monti Khalkist sud-orientali, e
la costellazione di Gilean. Possiamo chiamare anche Alexander e Derek” così
dicendo, l’elfo si alzò in piedi, cercando i due amici, felici di prendere
parte all’escursione notturna. Dopo aver informato della loro uscita, gli elfi
si incamminarono verso nord, lasciandosi alle spalle il falò al centro della
piazza.
I
quattro stavano camminando in silenzio, ed erano quasi giunti alla fine del
villaggio, quando Derek e Raven si voltarono di scatto.
“Rianne!”
esclamarono all’unisono, osservando il buio della notte l’uno con gli occhi
e l’altro con le orecchie.
Il
gruppo si fermò, e non passò qualche istante che dall’oscurità emerse una
ragazza piangente, scossa dai singhiozzi e con il volto rigato dalle lacrime.
Derek le si fece incontro e la strinse forte a sé, offrendole il rifugio delle
sue braccia. Cercando di calmarla, le accarezzò dolcemente i lunghi capelli
biondi, sussurrandole parole di conforto. Lentamente, la ragazza smise di
piangere e, con gli occhi ancora gonfi di lacrime, si sciolse dall’abbraccio
del fratello, avvicinandosi agli altri tre amici. Il suo sguardo si soffermò a
lungo su di loro, quindi, sul punto di scoppiare nuovamente in lacrime, Rianne
si rivolse a Raven: “Il consiglio si è riunito, ed ha parlato di te”
Il
ragazzo cercò di tranquillizzare l’amica e di riportarla alla calma,
facendole notare come ciò fosse piuttosto comune, dopo una cerimonia, ma lei
non gli diede retta, proseguendo nonostante fosse palese che il farlo le causava
un dolore enorme. Questa volta sembrò però che non si stesse rivolgendo a
nessuno in particolare, come se le fosse stato più facile comunicare la notizia
che portava ad un pubblico generico.
“Raven…
Raven è stato bandito dal villaggio… Da tutto Silvanesti. Hanno votato…”
Rianne non riuscì a proseguire, e gli occhi le si riempirono nuovamente di
lacrime. Derek, anch’egli sconvolto dalla notizia, riuscì appena a farla
sedere ai piedi di un albero, tentando di confortarla e di riprendersi lui
stesso.
Raven
Nightguest cadde per pochi istanti sotto shock, quindi cercò di scuotersi
leggermente dal torpore in cui era scivolato, senza però riuscire ad articolare
un pensiero coerente. Improvvisamente sentì una nota sensazione del capogiro,
come se gli fosse mancato il terreno sotto i piedi e, preparandosi al crollo, si
meravigliò invece di trovarsi ancora in piedi e semicosciente. Riacquistata un
minimo di lucidità, sentì un corpo caldo che lo stava aiutando a coricarsi
sull’erba.
“Grazie,
Nightkissed” riuscì a sussurrare, quindi si ritirò dall’impari battaglia
contro il proprio corpo, e cedette ai sintomi dello svenimento.
Alexander
osservò la ragazza prendersi cura dell’amico, e, riconoscendosi di scarsa
utilità, cercò piuttosto di scacciare qualsiasi tipo di pensiero dalla sua
mente, ma non riuscì ad evitare di affrontare l’idea dell’esilio di Raven,
idea a dir poco aberrante. Cercando di non fare troppa confusione, Steelblade
tentò di immaginare il mezzo-albino Nightguest perennemente lontano dal
villaggio dove era nato e cresciuto, lontano dall’unico posto che aveva mai
conosciuto… E dalle persone a cui aveva sempre voluto bene. Cercò di pensare
a come avrebbe fatto lui stesso, Alexander Steelblade, senza un amico così
grande sempre presente, sempre disponibile nei suoi confronti… Osservando
quella figura stesa per terra, priva di sensi, si rese conto di quanto Raven
fosse stato determinante nella sua vita. Mettendo bene a fuoco l’immagine che
aveva di fronte agli occhi, che stavano iniziando ad appannarsi a causa di un
velo di lacrime, realizzò il proprio errore: aveva iniziato a comprendere il
valore di una persona solamente quando questa stava per essere portata via dal
suo fianco. Eppure c’era chi, questo valore, lo aveva compreso da ben più
tempo di lui. Osservando Ayleen Starlight, la ragazza che Raven chiamava
Nightkissed, Alexander si sentì quasi indegno dei propri pensieri e,
scacciandoli rapidamente, si chinò per aiutarla, nel caso avesse avuto bisogno
di una mano.
“Come
va?” chiese.
“Lui
sta bene” Ayleen si voltò verso di lui, senza riuscire a trattenere le
lacrime, ma con un sorriso sincero ad illuminarle il volto.
“Entro
una decina di minuti potrebbe già riprendersi. È stato solo un brutto calo di
pressione, può capitare in simili circostanze” spiegò all’amico,
totalmente digiuno di medicina, quindi si sedette di fianco a Raven, attendendo
con pazienza.
Rianne stava ancora singhiozzando, ma per ora aveva superato la crisi più grossa, suo fratello Derek la teneva per mano parlandole per far forza ad entrambi. Alexander prese posto vicino ad Ayleen, cercando di dirle quello che provava, senza però riuscire ad articolare una frase intelligibile. La ragazza aspettò che l’amico si fosse sfogato almeno in parte, quindi lo fermò con dolcezza. Quando il suo sguardo incontrò quello del ragazzo, lui comprese che non sarebbe stato necessario spiegare a Starlight ciò che lei già sapeva, perché già sentiva. Per diversi minuti i quattro elfi rimasero fermi nel silenzio, attendendo con pazienza che Raven si fosse ripreso. Ognuno era visibilmente assorto nei propri pensieri, e nessuno avrebbe voluto distogliere gli altri dallo sforzo che stavano compiendo per accettare la notizia appena appresa.
Raven
aprì gli occhi in una splendida notte di Cantovento, assaporando l’aria
profumata di alberi e terra, rilassandosi al contatto con l’erba appena
cresciuta dopo l’inverno. La volta di foglie e rami sopra la sua testa
sembrava quasi volerlo invitare ad una danza vorticosa, ma Raven tenne a freno
la propria mente, evitando di dare inizio al folle ballo. Volgendo lentamente
gli occhi attorno a sé, scorse le sagome dei quattro amici, immobili nella
notte.
“Oggi
è la notte del primo Giorno della Luce di Cantovento, o mi sbaglio?”
Ayleen
si chinò su di lui, aiutandolo a sedersi.
“Sì,
oggi è la notte del primo Occhio della Luce dell’Alba di Primavera”
Raven
era l’unico elfo ad utilizzare prevalentemente i nomi dei mesi secondo il
calendario kender, ed i suoi amici avevano imparato a capirlo, dal momento che
Nightguest era sempre pronto a traslare i nomi nei corrispondenti elfici.
Alexander e Derek non si erano ancora impratichiti come Ayleen in quest’arte
delicata, ma alcuni non vedevano di buon occhio questa innocente abitudine.
Evidentemente, molta gente non vedeva di buon occhio parecchie cose riguardo a
Raven, al punto da deciderne l’espulsione da Silvanesti.
“Ho
paura di non essermi svegliato da un brutto sogno” proseguì il ragazzo.
“No,
mi dispiace. Siamo tutti ben svegli” gli rispose dolce Ayleen, “Adesso
andiamo a casa, a dormire per davvero”
L’elfo
si alzò lentamente, non senza qualche difficoltà nonostante fosse stato
aiutato da Starlight e da Alexander, ma si sentiva ancora troppo debole per
muovere anche solo pochi passi. Aveva cercato di non pensare al dopo, a quello
che sarebbe venuto l’indomani, quando sarebbe giunta la comunicazione
ufficiale di esilio, ma il peso della sentenza gli sembrava troppo grosso per
essere sostenuto. Non c’era alcun dubbio sulla notizia che Rianne aveva
portato: sia che avesse usato le sue doti di divinazione sia che avesse avuto
qualche soffiata dal suo anziano maestro di magia, la ragazza non aveva mai
sbagliato nel riferire una notizia. E di sicuro non si sarebbe data così tanta
pena per avvertirli di qualcosa di probabile o non pienamente confermato. Raven
era certo di essere stato bandito dal Reame Elfico, ed era altrettanto certo che
non ci sarebbe stata possibilità di appello: l’esilio era una condanna molto
pesante ed attentamente valutata, così gli era stato detto, e nulla avrebbe
potuto mutarla. Neppure la morte: gli esiliati avrebbero trovato la loro ultima
dimora al di fuori dei confini del Regno.
“Starchild,
andiamo” il sussurro deciso di Ayleen, stemperato come sempre nell’affetto,
scosse Raven dai propri cupi pensieri e gli impresse la forza di camminare fino
a casa. Un passo dietro l’altro, cercando di non cadere, ogni passo più
facile del precedente, mentre le forze tornavano lentamente e lo spazio
seminascosto dalla notte veniva consumato altrettanto lentamente. In una d0zzina
di minuti, procedendo ad un passo adeguato al mezzo-albino, il gruppo fu ai
piedi dell’albero sul quale era stata costruita la dimora di Raven. L’elfo
si staccò dal gruppo e, augurata una buona notte agli amici, scomparì tra le
fronde dell’acero. Diversi minuti trascorsero immersi nei rumori della notte,
quindi una voce si levò dal basso: “Mi fermo con lui”
Derek
afferrò per una spalla Alexander, che già si stava arrampicando sull’albero.
“Vengo
anch’io”
I
due elfi fecero per raggiungere Raven, ma il ragazzo li precedette: saltando da
un ramo più basso degli altri ritornò a terra e, con un gesto teatrale, indicò
l’immensità dell’albero.
“Dato
che lo spazio non manca, perché non vi fermate tutti? Dormire per dormire,
tanto vale tenerci compagnia. Non penso che riuscirei a prendere sonno in
solitudine, questa notte”
Sia
Rianne che Ayleen si accorsero che l’invito rispondeva ad un loro nascosto
desiderio, e non indugiarono ad accettare: in breve i cinque elfi erano radunati
nell’ampia sala principale della casa di Raven. La notte era piacevolmente
tiepida e la primavera si annunciava calda,non ci volle molto per preparare i
letti degli ospiti: erano necessarie solo poche coperte; due divani letto, già
presenti nella stanza, vennero preparati in poco tempo, mentre il letto di Raven
fu spostato vicino agli altri da Derek ed Alexander, che decise di
appropriarsene per la notte lasciando che il suo proprietario dormisse al fianco
di Ayleen. Rianne e il fratello si sistemarono nell’altro matrimoniale, come
già avevano fatto quando si erano fermati da Nightguest in passato. In breve,
tre elfi si lasciarono scivolare in un sonno ristoratore, lasciandosi alle
spalle per breve tempo gli affanni che li avevano colpiti.
“Non
dormi di notte?”
“Come
dire: non ti godi la tua ultima notte a casa tua?”
“Come
dire: una notte così, quando ti è mai capitata?”
Raven
si voltò, per incrociare lo sguardo di Ayleen.
“La
prima notte dopo la maggiore età, a casa mia con gli amici ai quali sono più
legato… E io sto qui a lamentarmi. Cosa ti spinge a sopportare uno come me?”
“È
l’istinto materno che spinge le ragazze ad occuparsi della gente come te”
Ayleen scoppiò a ridere, quindi continuò seriamente: “Un elfo così quando
lo troverò, girassi per tutta Silvanesti per tre generazioni elfiche?”
La
ragazza si fermò per qualche istante, per poi concludere, lievemente
imbarazzata: “Non riesco a trovare le parole adatte per far capire bene quello
che penso…”
“I
tuoi occhi me lo hanno già spiegato al posto tuo. Mi sento insignificante di
fronte a quello che mi hanno rivelato”
“Non
lo sei, invece. Ormai è ora di capirlo. Sei maggiorenne, non te ne sei
accorto?. Adesso ho sonno, che ne dici di dormire come ogni persona normale?”
“Non
ho mai preteso di essere considerato normale”
Raven
accarezzò i capelli biondi di Ayleen, quindi le appoggiò dolcemente un bacio
sulle labbra, sfiorandole appena. Voltatosi, tornò a contemplare le stelle che
si intravedevano tra le fronde dell’albero. La ragazza gli si avvicinò,
abbracciandolo, e gli sussurrò dapprima di riposare serenamente, quindi iniziò
un silenzioso racconto dove erano concentrati tutti i suoi desideri, la sua
fragilità e l’immensa voglia di continuare a vivere che aveva dentro di sé.
Ascoltando il fruscio del vento e delle foglie, Raven udì un canto di forza e
volontà, e si addormentò cullato dalle sue note.
Primo
Interludio –
Ayleen’s Song (Sons of the Star)
Look
at the face of steel
Deny
the gods of wheel
We're
not like iron pots
Our
being is all we got
Read
the signs that the hammer carved into the dark stone
Feel
the light and its speed filling all that unique rhymes
And
be proud, and be strong: you're the sons of stars
Epic
distances glory further I ain't calling hell
All
could happen only that way after all it is true
You
tell me we are same and sometimes I feel like you
Is
a clash in our lives, after all a war to win
Is
the same as epic sagas but this all is our life
In
this time of brainless corpses we are more than flesh
Yes
there is, there must be a kind of place behind this hell
And
you call, we scream loud only to reach there so far
Read
the signs that the hammer carved into the dark stone
Feel
the light and its speed filling all that unique rhymes
And
be proud, and be strong: you're the sons of stars
I
want to find and ask forever even if I might fall
All
the footsteps one another you can see my way
What
I feel you tell me and we stand to fight the world
Not
to death ‘cause we search only a way to be alive
Smallest
paper for our message, they take what we care
But
the words that I can’t write now are carved on my flesh
We
are not lords, not the best, but our lives pound as the earth
Pump
of blood ‘till it stops we will stand against this storm
Read
the signs that the hammer carved into the dark stone
Feel
the light and its speed filling all that unique rhymes
And
be proud, and be strong: you're the sons of stars
Wish
of night peace, broken mirrors even if they chant
No
I’m not mad: meanings ride fast burning with the rot
Not
the fog stops our eyes but the slime can break our steps
As
we take a small glance hypnotized by the worst
We
will not fall we fell too much and it comes again
Stop
to quarrel shut up dear friend now is time to end
Life
will call loud we hail and carry on our dreams
Line
lost in the space fill the void be alive more than a life
Look
at the face of steel
Deny
the gods of wheel
We're
not like iron pots
Our
being is all we got
Read
the signs that the hammer carved into the dark stone
Feel
the light and its speed filling all that unique rhymes
And
be proud, and be strong: you're the sons of stars
Capitolo
#2 – Il sentiero nascosto nel bosco
Ayleen
si era alzata all’alba, senza svegliare nessuno. Il sole del mattino riusciva
appena ad oltrepassare il muro di piante, ma la ragazza ne percepì comunque il
calore. Aveva sempre desiderato passare una notte insieme a Raven, anche
solamente dormendo vicini come avevano fatto durante quell’Occhio della Luce,
ma ora un nuovo Occhio della Notte era cominciato. Il giorno chiamato Paura
nella lingua delle creature selvagge, ma questo Ayleen non lo avrebbe voluto
ricordare. Eppure ogni pensiero spiacevole le si voleva affacciare alla mente in
quel momento, per rovinarle l’alba. Scuotendo lentamente la testa, cercando di
scrollarsi di dosso la tetraggine, la ragazza guardò ancora una volta il cielo
infuocato dell’est, calcolando mentalmente che le tre lune avrebbero dovuto già
essere tramontate da almeno mezz’ora. Prima di rientrare in casa, Ayleen lanciò
un occhiata distratta al suolo, ma intravide solamente alcuni cacciatori che si
disponevano a partire per qualche giorno in cerca di grosse prede, più in
profondità nella foresta. Distogliendo rapidamente lo sguardo e cercando di non
pensare a nulla che le potesse ricordare anche solo lontanamente un viaggio, per
quanto corto, la ragazza si risolse di rifugiarsi in cucina e tenersi occupata
sino a che i suoi amici non si fossero svegliati. Non trovando nulla di meglio
da fare, iniziò a preparare un infuso freddo di erbe, con l’intenzione di
berlo a colazione. Come un automa recuperò dai vari scaffali gli ingredienti
necessari, per abitudine le sue mani compirono il lavoro al posto suo, senza che
ci fosse bisogno di un pensiero cosciente.
Improvvisamente
la porta si aprì, quasi di scatto, facendo trasalire Ayleen. Una scodella di
terracotta le cadde di mano, urtando contro il pavimento di legno, senza
rompersi. La ragazza si era voltata nervosamente, tremando ancora per lo
spavento. Alexander le si avvicinò cercando di sdrammatizzare l’evento, ma
non ebbe il coraggio di sfoggiare la sua brillante ironia anche in
quell’occasione.
“Tutto
bene? Mi dispiace di averti spaventata”
“Sono solo un po’ nervosa…” il volto di Ayleen lasciava trasparire molto di più che nervosismo, e il ragazzo non poté non accorgersene. Sentendosi di troppo, fece per andarsene, ma l’elfa lo fermò.
“Rimani…
Per favore. Non mi va di stare da sola questa mattina. Dormito bene?” chiese,
per cambiare discorso.
“Sonno
tranquillo e senza sogni… Ti serve una mano? Da quando rifornisci di tisana
tutto il villaggio?” chiese, al vedere la quantità di acqua nella quale
giacevano in infusione diverse erbe aromatiche, nella proporzione corretta.
Ayleen
osservò attentamente le dimensioni del recipiente che aveva usato senza nemmeno
accorgersene, quindi accennò una risata, che però risultò isterica e falsata
da altri sentimenti. Alexander, al vedere in che stato di tensione si trovava
l’amica, le porse una sedia, gestendo al posto suo l’infusione delle erbe.
Nei momenti liberi cercava di parlare con l’elfa, palesemente tormentata da
pensieri tetri.
“Scusate se non abbiamo bussato… La porta era accostata” l’intervento di Derek e Rianne sembrò provvidenziale sia ad Alexander che ad Ayleen, che riuscirono a comportarsi normalmente almeno per qualche minuto. Era ancora presto perché anche solo la metà del villaggio fosse in piedi, e solitamente anche i due fratelli indugiavano più a lungo prima di alzarsi, ma quel giorno nessuno dei quattro sarebbe riuscito a restare nel letto un attimo in più rispetto a quelli necessari per svegliarsi. Attendendo con pazienza che la tisana fosse pronta, ognuno cercò di intavolare una conversazione su qualcosa di piacevole, ma l’unica che riuscì a coinvolgere il piccolo uditorio fu Rianne che, con la sua passione per le arti magiche, tenne viva l’attenzione degli amici con i racconti, ripetuti mille volte e sempre piacevoli da sentir ripetere, delle sue lezioni di magia arcana. I tre elfi, per natura predisposti all’interesse verso ogni tipo di incantesimo, sarebbero rimasti ad ascoltarla per ore, contemplando nelle parole di Keenwolf le infinite bellezze e gli strani risvolti della difficile e sfuggente Arte dei maghi. Ognuno dei tre aveva scelto una via diversa da seguire, senza essersene ancora pentito, ma nessuno di loro avrebbe potuto annoiarsi ascoltando i racconti di Rianne, che dal canto suo era felice di poter parlare dei propri sbagli e dei propri progressi a qualcuno che non la criticasse aspramente per ogni minimo fallimento ma, al contrario, che la incoraggiasse a proseguire nel cammino che aveva intrapreso, nonostante le difficoltà incontrate.
Nonostante l’argomento fosse interessante al pari delle altre volte, quel giorno Ayleen stava ascoltando con un orecchio solo, mentre l’altro era teso verso la camera di fianco, dove Raven stava ancora dormendo. Gli elfi, coinvolti dai racconti di Rianne, non si accorsero quasi che la ragazza era scivolata via furtivamente dalla cucina, tornando nella sala dove i cinque amici avevano passato la notte. Cercando di non muovere eccessivamente il materasso, la ragazza si sdraiò di nuovo a fianco di Raven, cercando di svuotare la mente dalle preoccupazioni e contemplando il disegno delle prime foglie primaverili che la quercia aveva gettato contro il chiaro cielo del mattino. Il dolce vento che aveva origine nella distante Baia di Balifor, a nord est, scuoteva lievemente i rami dell’albero creando un piacevole effetto ottico e un sommesso fruscio. Se fosse stato mezzogiorno, il sole avrebbe creato dei particolari giochi di luce e ombra, ma personalmente Ayleen preferiva il delicato riverbero mattutino o le intense tonalità crepuscolari, senza considerare le danze delle fiamme nell’oscurità della notte, vera passione sua e di Raven. Stranamente, la ragazza si era scoperta più vicina allo stile quasi nottambulo di Nightguest, rispetto alle abitudini di gran parte degli elfi, amanti della luce. Una dozzina di anni prima credeva ancora che crescendo sarebbe cambiata, sarebbe diventata come ogni altra persona cosiddetta normale, ma ormai aveva abbandonato quell’ingenua idea, contenta delle proprie piccole particolarità, che la rendevano unica non solo agli occhi del ragazzo che le giaceva accanto. Rabbrividendo di piacere all’aria fresca del mattino, Ayleen si scosse dallo stato di torpore in cui si era lasciata andare, e decise di svegliare Raven, nonostante fosse ancora mattino presto. L’elfa allungò una mano verso la spalla del ragazzo, ma si fermò per qualche attimo, ritornando sulla propria decisione e rimettendola in discussione.
“Buon Giorno del Fuoco, Nightkissed. Mattino fresco un’ora dopo l’alba, non trovi?” Raven si girò verso Ayleen nel momento stesso in cui lei decise di lasciarlo riposare ancora per qualche tempo.
“Felice di non avere interrotto il tuo riposo, Starchild. Ti stavamo aspettando prima di mangiare: Rianne sta raccontando delle sue lezioni di magia, per far passare il tempo”
“Vi siete svegliati tutti quasi un’ora fa, o sbaglio? Chi c’era a guardare l’alba con te?” Nightguest si alzò, cercando di sistemare al meglio le disordinate ciocche di capelli che gli ricadevano sul volto. Per qualche attimo fu tentato di raccogliere tutta la sua chioma in una coda, ma abbandonò l’idea all’istante, quasi inorridito.
“Mi potresti fare una treccia, Nightkissed?” chiese all’amica con aria innocente.
“Lo sai che hai i capelli troppo mossi, Starchild. Non riesco a farti una bella treccia…” rispose lei, con lo stesso tono con il quale si sarebbe rivolta ad un bambino.
Sia Raven che Ayleen scoppiarono a ridere, quindi si recarono in cucina, dove Rianne stava ancora intrattenendo Derek e Alexander.
Dopo un’abbondante colazione, i tre ragazzi tornarono in sala per chiudere i divani letto, mentre le ragazze si occupavano della cucina. Raven si sentì spodestato della sua condizione di anfitrione, poiché i suoi ospiti si stavano facendo in quattro per evitargli ogni minima incombenza, ma in fondo non se ne preoccupò molto. Quando non ci fu più nulla da fare, i cinque elfi si trovarono nella sala, per organizzare la giornata. Tacitamente d’accordo, avevano convenuto di non comportarsi diversamente dagli altri giorni, ma ognuno aveva consapevolezza dell’unicità di quei momenti, ed avrebbe cercato di viverli il più intensamente possibile.
Raven ruppe il silenzio calato sulla sala, ritornando sulla proposta della sera precedente: “Anche se temo che la costellazione di Gilean sia impossibile da vedere a causa della rifrazione della luce solare nell’atmosfera, potremmo arrivare sino ai confini della foresta. Le Khalkist sud-orientali sono ancora al loro posto, per quanto ne possa sapere un elfo, e non mi è mai dispiaciuta la loro vista”
“E neppure la compagnia di una certa sentinella del Cancello di Legno, ci risulta” Alexander non perse l’occasione di lanciare una innocente frecciatina all’indirizzo dell’amico, che non volle trattenersi dal ridere.
La proposta di Raven venne accettata di buon grado, ed il gruppo fu presto in cammino. I tre ragazzi avevano portato con sé le proprie armi, nell’eventualità di incrociare qualche animale da preda, ma sia Nightguest che Steelblade dubitavano dell’effettiva utilità del proprio equipaggiamento. Hawkfriend era passato da casa a prendere il proprio arco lungo, mentre gli altri due avevano portato tre spade: lo spadone a due mani di Alexander e le due lame orientali di Raven, ottime per il combattimento ravvicinato, ma piuttosto scomode per uccidere della selvaggina.
“Magari riuscite ad infilzare un cinghiale, chi può mai saperlo?” scherzò Rianne.
“Oppure un drago rosso, sulla punta della mia lama” replicò allegro Alexander, mimando il gesto di un affondo. L’elfo aveva riacquistato il proprio tipico buonumore, riuscendo presto a contagiare gli amici, alleviando in parte i loro affanni.
Il cammino fu lieve, e per qualche tempo i ragazzi riuscirono a lasciare da parte i pensieri cupi che avevano dominato la notte precedente. Muovendosi agilmente nel folto della foresta i cinque elfi impiegarono poco tempo per giungere fino all’ultimo muro di alberi, il Cancello di Legno posto al confine di Silvanesti: una fila di vallenwood sui quali erano costantemente presenti delle sentinelle elfiche, appostate tra le foglie chiare in difesa del Reame Elfico. Già diverse volte Raven aveva passato la notte in loro compagnia, ospite per poter contemplare le meraviglie del cielo stellato, ed ormai molte guardie avevano conosciuto l’elfo al punto da lasciarlo uscire e rientrare dal bosco senza fargli problemi.
“Salute a voi, sentinelle di Silvanesti” salutò.
“Salute, Nightguest, gradito ospite come sempre. Vieni a contemplare con i tuoi amici le montagne Khalkist ed il sole levarsi sul Reame Elfico?”
“Una vista sempre gradita, per chi non la può vedere quasi ogni giorno”
Raven si issò sull’albero che ospitava la sentinella che gli aveva rivolto la parola, Claude Longbow, e fece cenno ai suoi compagni di raggiungerlo.
“Ti dispiace se per oggi rimaniamo un po’ sul tuo wallenwood?”
“Non sarò certo io a disprezzare un po’ di buona compagnia… Starlight, Keenwolf e Hawkfriend, senza dimenticare il sempre armato Steelblade. Oggi siamo al completo, e per di più equipaggiati alla guerra” Claude sorrise, salutando i quattro elfi, quindi proseguì rivolta a Nightguest: “Vedo che anche tu hai portato le tue lame. A caccia di goblin, questa mattina?”
“Non penso che sia già periodo di migrazione dei goblin… Non mi sembra, almeno” rispose pronto Alexander.
“Il mese che i goblin chiamano Esplorazione è Pioggiabattente” precisò Raven
“Pioggia di Primavera” spiegarono all’unisono Ayleen e Claude, precedendo gli altri di una buona misura.
“Adesso è troppo presto per iniziare a muoversi, il tempo è ancora troppo incerto e bisogna ricostituire le provviste. Inoltre in questa zona del Cancello i goblin hanno subito pesanti sconfitte, negli anni passati… Penso che sarà difficile rivedere una tribù di goblin decisi allo scontro, almeno fino alla prossima congiunzione delle lune. Ovviamente parlo della nostra sezione del Cancello di Alberi: può essere che più a sud, qualora i goblin riescano a passare lo Stagno di Sable o le Pianure della Polvere, si possa verificare qualche scaramuccia… Ma personalmente non credo che ciò sia possibile. Non quest’anno”
“Magari dei minotauri, da nord…” azzardò Alexander.
“Non augurarcelo… Altrimenti ti manderò a chiamare per guardarmi il fianco, dato che sembri così ansioso di avere qualcuno contro cui combattere”
Steelblade fu il primo a ridere dell’idea di essere convocato a combattere tra le sentinelle, privando la temibile fanteria elfica del suo supporto.
“Parlando d’altro… Mi sono giunte importanti notizie dal vostro villaggio…”
L’espressione lieta di Ayleen si stemperò nel dolore, mentre Raven si incupì. Di riflesso, anche i tre amici persero la loro serenità. Claude rimase confusa da questo improvviso cambiamento di umore.
“Ho sentito che avete compiuto la cerimonia del passaggio alla maggiore età, non mi sembra nulla di così drammatico…”
“Ti è giunta solamente parte delle novità, ma non sarò certo io a rivelarti ciò che ancora non hai saputo. Ti piacerebbe sapere il nostro nome completo, il nome con cui Silvanesti ci ricorderà?” Raven focalizzò la curiosità di Longbow lontano dalle notizie spiacevoli, notando con piacere che anche i suoi amici avevano notato ed approvato la sua linea d’azione.
“Non attendo altro che di fare la vostra conoscenza, anche se forse Nightguest non se n’è ancora accorto” scherzò la guardia elfica.
“Da ieri sera siamo entrati a far parte a pieno diritto degli elfi di Silvanesti. Il mio nome è Raven Nightguest”
“Lieta di accoglierti tra i mie fratelli, Raven, e che nulla, nemmeno la morte, ti possa portare via dalla nostra famiglia”
L’elfo accennò un inchino, ad onorare le parole di Claude, quindi lasciò che i compagni si presentassero. Quando il rito informale fu concluso, il piccolo gruppo si sistemò tra i rami dei vallenwood, contemplando il paesaggio e discorrendo delle difese del reame altrettanto naturalmente di come si sarebbe parlato di musica o di letteratura.
Capitolo #3 – Impiccagione sulla pubblica piazza
Gli alberi gettavano ancora un’ombra allungata ed il versante occidentale dei monti Khalkist non era ancora illuminato dalla luce del sole, quando all’improvviso Raven scattò in piedi, facendo cenno agli amici di fare silenzio. Comunicando a gesti, Claude gli chiese da che parte avesse sentito provenire il rumore che lo aveva messo in allarme, e l’elfo indicò il folto della foresta. Muovendosi silenziosamente, la sentinella scivolò giù dall’albero, nascondendosi tra la vegetazione. Nightguest chiuse gli occhi, concentrandosi per cogliere le caratteristiche peculiari del suono che stava sentendo, quindi affermò sicuro: “Un elfo, seguito da un grosso animale addomesticato. Più semplicemente, l’ambasciatore druido Treeheart, con il suo cinghiale al seguito”
Claude si alzò dal suo riparo, tornando tranquillamente verso il proprio posto nel Cancello di Legno. Ricompensando l’elfo con un’occhiata di stima, si complimentò con lui.
“Non è la prima volta che mi sorprendi, sono costretta ad ammettere ogni giorno che qui un paio di orecchie come le tue ci eviterebbero tante noie. Dovresti fare richiesta per diventare una sentinella, anche se con l’arco non sei il massimo”
Longbow fu sul punto di chiedere cosa avesse portato un politico in visita al Cancello, ma preferì attendere che gli eventi rispondessero per lei. Le altre sentinelle, notato il fermento insolito attorno al vallenwood, si erano preparati in posizione di guardia, ma Claude le informò dell’arrivo del druido Treeheart, prendendosi la responsabilità della sua accoglienza. Così i sei elfi scesero dall’albero che li aveva ospitati, e si fecero incontro all’ambasciatore.
“I miei omaggi, druido Treeheart. Sono la sentinella Claude Longbow, è un piacere averla qui con noi. Ovviamente, anche il suo amico… animale” la ragazza non dimenticò che i druidi erano molto puntigliosi per quanto riguardava la bestia che si portavano appresso, al contrario dei maghi, che non si facevano invece molti problemi se ci si dimenticava dell’esistenza del loro famiglio.
“Sì, un vero piacere” farfugliò l’elfo di mezz’età, quindi aggiunse: “Vedo che anche lei è in compagnia, questa mattina”
“I vallenwood sono grandi e sei elfi sono un peso leggero per queste meraviglie della natura”
“Sì, sì, i vallenwood sono degli alberi robusti, indubbiamente, e non c’è nessun male nell’intrattenere rapporti sociali con gli abitanti di Silvanesti” il druido sembrava stranamente conciliante, ma i suoi modi risultavano piuttosto affettati, al punto che quasi irritarono Claude. La sentinella cercò di stare al gioco.
“Ecco, a proposito, vorrei presentarle…”
“Giusto, i signori Alexander Steelblade, Derek Hawkfriend, Rianne Keenwolf e Ayleen Starlight” il druido interruppe bruscamente Longbow pur mantenendo un tono apparentemente cortese.
“E Raven Nightguest, non si dimentichi di lui. Un’ottima sentinella, se decidesse di entrare nel nostro ordine. L’ha vista arrivare prima ancora che qualcuno dei nostri se ne accorgesse. Ma non ci ha ancora detto perché ci ha onorati della sua visita. Vuole forse salire anche lei su un vallenwood per osservare il Reame Elfico illuminato dal sole?” Claude si stava forse spingendo troppo oltre, ma non riuscì ad evitare di provocare il druido. Si rendeva pienamente conto che parte della sua gentilezza nei confronti dell’elfo fosse simulata, ma avrebbe preferito che anche l’altro avesse subito adottato una linea d’azione più schietta.
“No, vi ringrazio: lascio queste visioni a voi giovani, che le potete ancora apprezzare appieno. Piuttosto, sarei felce se Nightguest mi potesse seguire al villaggio, dove è atteso per una comunicazione di vitale importanza”
Sentendo le parole del druido, Ayleen si fece scura in volto, attirando palesemente l’attenzione dell’ambasciatore. Anche Claude aveva notato quel moto di stizza, e lo aveva prontamente ricollegato all’episodio di poco prima, quando lei stessa aveva nominato delle notizie in arrivo dal villaggio. Osservando meglio i ragazzi, notò che anche loro avevano mutato leggermente espressione, cercando di nascondere qualcosa che li preoccupava. Prima che il druido si insospettisse troppo, la sentinella decise di intervenire: “Le comunicazioni importanti non possono attendere, perciò propongo di incamminarci tutti quanti verso il vostro villaggio. Una volta conclusi gli impegni ufficiali, noi ragazzi potremo decidere con tutta tranquillità cosa fare. Ora, non perdiamo altro tempo”
Detto questo, si accodò alla comitiva, con l’intenzione di andare fino in fondo a quella faccenda, che aveva ormai cessato di incuriosirla, iniziando invece a farla insospettire. Avvicinandosi a Raven, lo prese per mano con naturalezza, riuscendo perfettamente a simulare un atteggiamento da giovane elfa affettuosa, in realtà iniziando a comunicare in un codice di pressioni e pause che aveva insegnato a Raven una decina di anni addietro, per diletto. Anche se i due non lo avevano più usato da molto tempo, Claude confidò che l’amico non l’avesse già dimenticato, e le sue speranze furono confermate. La sentinella riuscì a carpire una sola parola da Nightguest, ma le bastò per comprendere a grandi linee la situazione. Fingendo disinvoltura, cercò di saperne di più dal druido, che però sembrava accuratamente evitare ogni argomento legato alla “comunicazione di vitale importanza”.
Con ogni probabilità, visto il numero dei presenti, attorno alla piazza centrale del villaggio si era radunato l’intero villaggio. Le ceneri sopite del fuoco della sera precedente erano state sparse sullo spiazzo di terra battuta, per aumentare lo spazio all’interno del cerchio di persone che si era radunato. Quando il gruppo di elfi giunse dal Cancello di Legno il portavoce del consiglio stava esponendo la situazione delle frontiere settentrionali di Silvanesti, al confine con i territori dei minotauri. Sembrava che ci fosse più fermento rispetto agli altri anni, ma i messaggeri tornati dagli avamposti esprimevano il loro ottimismo riguardo alle contromisure prese dalle sentinelle elfiche. Claude non perse l’occasione per osservare come certe notizie fossero state palesemente inventate o alterate, spiegando gli errori e le lacune nell’esposizione dell’oratore, ma fu ascoltata solamente dai cinque ragazzi. Il resoconto non richiese molto tempo, ma a Raven l’attesa risultava straziante, nonostante facesse di tutto per non darlo a vedere. Ayleen si era avvicinata a lui, tenendogli la mano, mentre Claude, Alexander ed i due fratelli non perdevano d’occhio né Nightguest né il druido Treeheart che, dal canto suo, appariva impassibile: la sua espressione non era mutata da quando era giunto al Cancello di Legno. Il suo cinghiale si era fermato ai margini del villaggio, abituato a non intromettersi nelle faccende dei bipedi.
Quando il resoconto tattico sulle difese di Silvanesti fu terminato, l’elfo al centro della piazza fece un cenno verso il druido, ma Raven lo anticipò, fendendo la folla sino a raggiungere il membro del consiglio all’interno della piazza. Un mormorio si alzò dalla massa di persone attorno a lui, ma Nightguest non se ne curò.
“Mi avete mandato a chiamare, eccomi” disse in tono docile all’elfo di fronte a lui, che prontamente zittì la folla con un ampio gesto delle mani.
“Abbiamo fatto convocare Raven Nightguest” incominciò, rivolto ai presenti, “per rendere noto a tutta la comunità elfica un provvedimento deliberato in sede straordinaria di consiglio, la sera del primo Occhio della Luce dell’Alba di Primavera. Ieri, dunque, abbiamo analizzato il controverso caso di Raven Nightguest, decidendo infine di bandirlo dalla comunità elfica di Silvanesti”
L’oratore non ebbe neppure terminato di pronunciare la frase che dal popolo riunito si levò un vociare caotico: una parte della folla prese a mormorare stupita, fomentata dalle dicerie di alcuni elfi del consiglio, mentre dall’altra gli amici ed i conoscenti di Raven, che letteralmente esplosero in un boato di disapprovazione, fischiando aspramente l’accusa e l’accusatore. A fatica il portavoce del consiglio riuscì a zittire una parte dei presenti, e fu comunque costretto ad alzare la voce per poter coprire le grida di indignazione degli altri.
“Abbiamo deliberato e messo ai voti di bandire Raven Nightguest dalla comunità elfica di Silvanesti” ripeté, “Il provvedimento è stato approvato con schiacciante maggioranza. L’assemblea del villaggio è stata informata, la delibera deve essere messa in atto”
Ayleen fu sul punto di abbandonarsi al pianto, e Claude la strinse risolutamente vicino a sé, come per proteggerla dalla durezza delle parole dell’elfo. Alexander e Derek si sentirono avvampare di indignazione, ed il maggiore non riuscì a trattenersi dall’intervenire.
“Che discorsi sono questi? Dopo ciò che Raven ha detto ieri sera, nel cerchio di fianco al fuoco, non mi sentirei più un elfo se non mi opponessi a questa assurda decisione. Vorrei conoscere i motivi della condanna, sempre che ci sia qualche motivo plausibile”
Sovrastando la folla con la propria possente voce, Steelblade richiamò l’attenzione dei ragazzi che la notte precedente avevano partecipato al cerchio, mettendo in moto una reazione a catena che si concretizzò in un enorme moto di indignazione, con bersaglio l’oratore del consiglio, che si trovò per pochi attimi da solo all’interno della piazza, senza nessun appoggio dall’esterno. Evidentemente non aveva prospettato di dover condurre un’assemblea in queste condizioni, ed ora la situazione gli stava lentamente ma inesorabilmente scivolando fuori controllo. Cercando di riguadagnare il terreno perduto, l’ambasciatore cercò di far leva sulla parte di folla a lui favorevole, cercando di incitare una reazione per pareggiare il successo di Alexander.
“Egli... egli reca grave danno alla nostra comunità”
“Solamente perchè Raven è un mezzo-albino e non risponde alla vostra idea di elfo standard? È a causa del vostro morboso perfezionismo che avete preso questa ignobile decisione?” questa volta fu Claude ad intervenire, d’istinto.
All’udire le parole dell’amica, Raven chinò la testa, vergognandosi della propria debolezza. Ayleen si sentì stringere il cuore, trattenendosi dal correre al fianco di Nightguest, per sollevarlo almeno in parte dal peso che stava sopportando. Le dispiaceva di non potergli essere vicino, d’altra parte comprendeva che un suo intervento sarebbe stato solamente uno svantaggio per Raven. Claude fu colpita dallo sguardo che Starlight riservò per l’elfo al centro della piazza, e si ripromise di rendere impossibile la prosecuzione dell’assemblea ai membri del consiglio, oltre ad evitare l’attuazione dell’esilio. Alexander colse l’opportunità che la sentinella gli aveva concesso, tornando all’assalto.
“Essere elfi non significa essere perfetti, bensì appartenere al popolo elfico. Raven è un elfo di Silvanesti al par mio, e di tutti quelli che si opporranno al suo esilio!”
L’intervento suscitò l’effetto desiderato, conquistando gran parte della folla, ma non fu sufficiente a chiudere la questione.
“Le tue parole arroganti saranno punite. L’aver raggiunto la maggiore età non ti conferisce il diritto di parlare così liberamente” l’oratore aveva trovato un valido appiglio per controbattere, ma sentiva chiaramente che la sua causa era stata fortemente messa in discussione.
“Non siamo né Alti Ogre né Centauri, bensì Elfi di Silvanesti! La decisione del consiglio ci pone al livello di popoli considerati elitari, razzisti ed edonisti. Preferirei essere esiliato con Raven piuttosto che vedere applicata questa delibera senza aprire bocca e permettere questa insensatezza!”
A questa ultima affermazione, la folla impazzì. Il cerchio, mantenuto a stento dalla milizia cittadina, si disfò in ogni direzione: i più rissosi sfondarono verso l’interno, tutti quelli che decisero di non interessarsi alla questione cercarono di evitare di rimanere coinvolti, allontanandosi dalla piazza. Raven non abbandonò il proprio posto di fronte al rappresentante del consiglio, evitando però di rimanere coinvolto nelle dispute che stavano nascendo intorno a lui. Tutto il gruppo che la sera precedente si era trovato nel cerchio accanto al fuoco prese attivamente le difese di Raven, sostenendo scontri sia verbali che fisici, qualora fosse stato necessario, mentre i membri del consiglio tentavano di far valere la propria autorità sulla folla. Ayleen si era subito lanciata verso Nightguest, senza però raggiungerlo: dallo sguardo truce dell’oratore, ancora fermo di fronte al ragazzo, la faccenda non si poteva ancora considerare conclusa. Alexander, Derek e Claude si affiancarono alla giovane elfa, per proteggerla da eventuali aggressioni; Rianne era da qualche parte nella mischia a seminare confusione con qualche innocuo trucchetto magico.
“Sei una deformità della natura, non sei mai stato un elfo, ed io ora lo dimostrerò a tutti quelli che ancora non ci credono!”
Le parole del portavoce del consiglio avevano assunto un altro tono, ora che l’attenzione non era più focalizzata su di lui. Nessuno sembrò averlo udito, salvo Raven ed i quattro amici alle sue spalle. Claude imbracciò lentamente il suo arco lungo da guerra, nell’uso del quale la sua famiglia era specializzata da più di quindici di generazioni elfiche, ed incoccò lentamente una freccia. Il bersaglio era vicino, nessun abitante di Silvanesti avrebbe potuto sbagliare la mira o il lancio.
“La natura non genera mai deformità, è la perversione della ragione che ne crea ovunque si rechi” affermò grave la sentinella.
Per diversi istanti il tempo sembrò come bloccato sulla punta di una freccia. Tutto ciò che stava accadendo attorno ai sei elfi era diventato irrilevante, come qualcosa di estraneo e distante, finché l’incanto non si ruppe. Quattro guardie armate di spade lunghe circondarono Claude, minacciandola da ogni lato. Fulmineamente, Alexander sfoderò il proprio spadone, pronto a mordere la carne di uno dei quattro miliziani, mentre Derek e Ayleen puntarono i loro pugnali da caccia alla gola altri due soldati. Rianne era provvidenzialmente ricomparsa, puntando con gli indici ed i medi tesi l’ultima delle guardie e il portavoce del consiglio, pronta a lanciare qualsiasi magia potenzialmente letale. Raven aveva già le else delle due spade tra le mani, pronto a sfoderarle al primo cenno di ostilità. La situazione era in stallo, da un punto di vista elfico: c’erano troppe potenziali vittime, e nessuna di queste avrebbe risolto definitivamente la controversia. Forse un goblin avrebbe scoccato la freccia senza pensarci, oppure avrebbe attaccato la sentinella come “misura preventiva”, ma a Silvanesti nessuno avrebbe anche solo sfiorato l’idea di provocare così tanto spargimento di sangue per nulla di certo. Claude sarebbe stata pronta a colpire l’elfo che teneva sotto tiro, ma così facendo avrebbe innescato una carneficina a catena, senza contare che avrebbe messo in notevole difficoltà i propri amici con le guardie del villaggio. Raven stesso si sentiva bloccato, poiché temeva che, sfoderando le proprie spade, le guardie avrebbero potuto cadere in preda di un eccesso di zelo, uccidendo o comunque danneggiando Claude. Neppure l’elfo del consiglio avrebbe potuto dirsi al sicuro: era sì libero di sottrarsi alla minaccia costituita dalla freccia della sentinella, ma era costantemente tenuto sotto tiro da Rianne che, dal canto suo, si trovava più o meno nella stessa posizione di Longbow.
Nella confusione sorta nella piazza qualcuno si accorse dell’eccessiva quiete di un gruppo di elfi, avvicinandosi incuriosito. Riconosciuti il portavoce del consiglio, Raven e le guardie cittadine, l’interesse mutò presto in stupore misto a curiosità, e presto, in virtù di un efficiente passaparola, tutti coloro che non avevano perso interesse nella disputa si erano radunati per poter osservare da vicino l’evolversi della situazione, abbandonando gli scontri e le risse.
Claude cercò di sbloccare la situazione dallo stallo, ora che mille occhi erano fissi sulla punta della sua freccia. Muovendosi lentamente, abbassò la sua arma, aggirando una delle guardie, quindi ripose la freccia nella faretra e si sistemò l’arco a tracolla. Alexander, Derek e Ayleen rinfoderarono le proprie lame, e le guardie li imitarono.
“Non farai applicare l’ordine di esilio”
Tutti i presenti riuscirono ad udire Claude Longbow, ma, sia coloro che appoggiavano il suo pensiero sia coloro che avrebbero preferito che il consiglio non fosse stato contraddetto, non intervennero. Contrariamente ad ogni previsione, nessuno proferì parola, attendendo invece la replica del portavoce, che non tardò a giungere.
“Egli non deve rimanere a Silvanesti. La sua presenza è dannosa… dannosa…” pur conservando una parvenza di formalità, le parole del burocrate suonarono molto alterate da sentimenti personali.
“Non riusciamo a capire il danno che potrebbe recare Raven al Reame Elfico. Non vediamo un motivo reale per cui Nightguest debba essere esiliato. Se non c’è altro, possiamo porre termine a questa farsa”
Claude era sul punto di perdere la pazienza. La simulazione e la tergiversazione non le erano gradite, e meno ancora se la questione che si stava trattando riguardava lei stessa o persone che lei stimava. Il portavoce del consiglio fece per obiettare in merito alla legittimità della situazione, ma Rianne le ricordò con premura che lo teneva ancora sotto tiro. Alexander snudò la propria spada per una buona spanna, lanciando un’occhiata intensa alle guardie, che alzarono le mani aperte in segno di tregua. Il ragazzo rinfoderò l’arma con un gesto d’intesa, illuminandosi in volto.
Raven fissò negli occhi l’elfo di fronte a lui, come per sfidarlo a pronunciare la sua ultima accusa, già vibrante nell’aria da tempo. L’altro sembrò ritirarsi impaurito di fronte alla collera riflessa nelle iridi degli occhi di Nightguest, ma non cedette terreno.
“Lui…” la sua voce ebbe un tremito, “Lui è un elfo oscuro”
Capitolo #4 – La via che conduce alle stelle
Il suo cuore stava impazzendo, saltellando ad un ritmo impossibile da definire normale. All’ombra delle foglie del vallenwood, sdraiata su un ramo dell’imponente pianta, Ayleen aveva pianto più di quanto lei stessa avesse potuto aspettarsi, ed ora si sentiva prosciugata, svuotata fisicamente… Il suo cuore si stava rifiutando di battere ad una frequenza accettabile, martellandole colpi secchi nel petto, talmente violenti da farla star male. Per i primi minuti la ragazza aveva pensato che, continuando con quel ritmo, il muscolo avrebbe persino potuto staccarsi dalla sua sede, ma pensandoci più lucidamente si rese conto che l’idea stessa era assurda. Il suo cuore non si sarebbe spezzato o fermato, ma non si sarebbe neppure calmato, e quei battiti incessanti, che le ricordarono il ritmico rumore di una forgia nanica in piena attività, non le avrebbero dato tregua, finendo per sfibrarla e per toglierle ogni forza. Claude, a terra sotto di lei, si stava accordando con la sua divisione di sentinelle, organizzando i cambi opportuni per non lasciare scoperta la propria postazione fino a quando la Cerimonia dell’Oscurità non avrebbe avuto luogo: per quel periodo Longbow aveva deciso di rimanere al fianco di Raven, Ayleen e i tre giovani elfi che quella mattina erano giunti in visita da lei. Non conosceva molto bene i due fratelli, ed aveva incontrato Alexander solamente durante gli addestramenti congiunti della fanteria e delle sentinelle, ma non avrebbe potuto fare a meno di riporre fiducia e di appoggiarsi a loro, esattamente come loro stavano facendo con lei, a dispetto della poca confidenza che c’era stata in passato. Claude ricordava quasi ogni occasione che Raven si era fermato di notte sul suo vallenwood, accompagnato ora da Alexander ora da Derek e Rianne: mentre Longbow e Nightguest parlavano di geografia astrale e terrestre, Steelblade rimaneva affascinato a contemplare in silenzio la volta stellata del cielo, Keenwolf e Hawkfriend si fermavano quasi sempre ai piedi del Cancello, addormentandosi cullati dai sussurri segreti dell’oscurità. Ayleen, al contrario, quelle poche volte che partecipava alle riunioni notturne partecipava attivamente, dimostrandosi una buona compagnia, quasi al pari di Raven. Claude non avrebbe lasciato per nessun motivo quelle persone, amici ai quali ormai era legata anche se non così profondamente come al mezzo-albino. La ragazza risalì sul vallenwood pensando di unirsi a Starlight ma, al vederla visibilmente assorta nei propri pensieri preferì evitare di disturbarla.
Alexander studiò attentamente la guardia seduta di fianco a lui. Dopo aver riflettuto a lungo, afferrò un dado sfaccettato e lo lanciò su un piccolo supporto di legno, ottenendo un sedici. Soddisfatto, si guardò in giro, come a invitare i presenti a superarlo. Per qualche istante nessuno si mosse, quindi Derek raccolse la sfida. L’icosaedro rotolò per un tempo quasi interminabile, fermandosi sul numero diciannove. Alexander imprecò tra i denti.
“Un altro giro” disse.
Le tre guardie che stavano giocando si consultarono, quindi annuirono. Rianne aggiornò il punteggio dei partecipanti, preparandosi ad una nuova registrazione; Alexader e Derek si squadrarono con aria di sfida, provocando l’ilarità dei tre elfi più anziani. Anche se ufficialmente sarebbero stati in servizio, i miliziani ritenevano che Raven avrebbe atteso la Cerimonia dell’Oscurità senza tentare la fuga o alcunché di simile, quindi, d’accordo con il ragazzo, avevano deciso di non sorvegliarlo tutti e quattro, ma di organizzarsi in maniera più flessibile e meno oppressiva. Attualmente, il giovane elfo era in giro per la foresta insieme alla guardia di turno, mentre le altre tre si erano fermate al Cancello di Legno, cercando di far passare il tempo. Il rituale si sarebbe svolto la notte successiva, e fino ad allora ogni altro impegno sarebbe stato rimandato, permettendo all’intero villaggio di partecipare all’evento. Il giudizio sarebbe giunto direttamente dalle divinità, specialmente da Gilean, il dio dell’equilibrio, e sarebbe stato insindacabile. Raven si era dichiarato felice all’apprendere che le sue sorti sarebbero state affidate alla Cerimonia ed alla legge celeste, decisamente meno opinabile rispetto a quella terrena. In seguito al tumulto verificatosi la mattina, il consiglio era stato temporaneamente sospeso, in attesa del verdetto del giorno successivo. Se Nightguest fosse stato dichiarato un elfo oscuro l’istituzione sarebbe stata ripristinata, altrimenti gli elfi che avevano deliberato ed approvato l’esilio del ragazzo sarebbero stati imprigionati ed inviati alla capitale di Silvanesti in stato di arresto. Una volta giunti a Silvanost il Grande Consiglio Elfico avrebbe preso opportuni provvedimenti nei loro confronti.
Raven aveva creduto di trovare nella foresta un po’ di tranquillità, ma presto si accorse di essersi sbagliato: nonostante la presenza discreta della guardia non lo infastidisse, gli sembrava che il bosco si fosse spopolato quasi completamente. In lontananza si udiva solamente il lento scorrere del fiume Thon-Takar, mentre non c’era il minimo segno di vita animale. Normalmente in ogni regione di Silvanesti il silenzio assoluto era solamente un’idea astratta, ma in quel momento a Raven sembrò prendere forma concreta, sostituitasi materialmente alla fauna di Silvanesti. Immerso nell’assenza di rumori, così innaturale per un bosco, tanto più innaturale per un bosco silvano, nessun elfo avrebbe potuto rimanere tranquillo, e Nightguest non fece eccezione. Cercando di dominare l’inquietudine, il ragazzo si incamminò verso il fiume, in direzione di un villaggio di folletti, deciso a chiedere spiegazioni o quantomeno una divinazione sulla strana circostanza. Gli spiriti dei boschi non erano soliti gradire visite di estranei, ma Nightguest pensava che, se non altro, avrebbe potuto trascorrere un po’ di tempo nel tentativo di convincerli a parlare con lui. Senza fretta l’elfo giunse a destinazione, nei pressi di una serie di piccole cascate del Thon-Takar, dove sorgevano gli strani tumuli che i folletti ergevano come dimore. Raven ricordava la zona come un fermento di pixie e grig sempre intenti a progettare scherzi agli ospiti, sia che fossero ben accetti sia che non fossero graditi, ma quando vi giunse rimase sorpreso dalla totale mancanza di attività e vita. Sembrava che qualcuno avesse scacciato tutti i folletti per poter immortalare un vuoto scorcio idilliaco ma, ad un’indagine più approfondita, i due elfi trovarono segni di uno scontro piuttosto recente. Parecchi tumuli erano stati colpiti ripetutamente con delle lance, mentre a tratti si potevano scorgere resti insepolti degli spiritelli. Il terreno in alcuni punti era macchiato di sangue, mentre delle orme indistinte risalivano il fiume, sino a perdersi nella foresta. Le tracce erano troppo confuse perché Raven potesse riconoscerle o seguirle, ed anche la guardia che gli stava appresso non riuscì ad identificarle con precisione.
“Torniamo al villaggio ed inviamo una pattuglia di druidi” propose l’elfo più anziano.
Nightguest riconobbe che loro due non avrebbero potuto ricavare molte informazioni dal terreno, e si incamminò di buon grado, anche se preoccupato per ciò che aveva visto. Nessun abitante di Silvanesti, umanoide o animale che fosse, avrebbe mai organizzato un attacco ai tumuli dei folletti, per cui qualcuno avrebbe dovuto introdursi dall’esterno per poi pianificare l’offensiva. Per qualche istante Raven fu tentato di deviare verso il Cancello di Legno, non molto distante, ma abbandonò l’idea, lasciando che si occupasse della faccenda qualcuno più competente di lui. Seguì docilmente la guardia sino al villaggio, anch’esso innaturalmente tranquillo nell’inattività precedente la Cerimonia, ed attese con pazienza che il suo custode ebbe fatto rapporto al proprio superiore, quindi si incamminò verso il confine della foresta, per raggiungere i propri amici.
Entro poche ore il sole primaverile sarebbe calato ad ovest, e già il cielo sopra le Pianure della Polvere si stava tingendo di rosso. Ayleen era lentamente scivolata in un sonno inquieto, intervallato a tratti da un delirante dormiveglia, durante il quale ogni pensiero correva ad affollarle la mente, confondendola ed impedendole di riposare. Claude, al contrario, era ben sveglia, quasi con i nervi a fior di pelle. Percepiva chiaramente la presenza di qualcosa di sbagliato, ma non avrebbe saputo dire se la sensazione proveniva da sé stessa o dall’esterno. Non era in tensione per la Cerimonia dell’Oscurità, certa del futuro successo di Raven, ma era tormentata da qualcos’altro, troppo sfuggente per essere identificato. Dapprima ritenne che l’eccessiva quiete dell’attesa le avesse provocato una reazione nervosa opposta, ma l’ipotesi stessa le sembrava troppo strana. Le lunghe veglie per scorgere i primi segnali di una tribù goblin in movimento, il lento avvicinarsi delle truppe di invasori la avevano temprata ad accettare il naturale scorrere del tempo senza provare né impazienza né noia, inoltre non era la prima volta che si trovava in una situazione simile, se non peggiore. Il ritardo delle staffette che recavano i bollettini di guerra, il timore che tra i nomi dei caduti ci fosse un compagno di squadriglia o un amico rendevano la circostanza attuale più che tranquilla. E non era questa tranquillità ad assillare Claude. Appollaiata sui rami del vallenwood, sempre più inquieta con il trascorrere del tempo, la sentinella fu ben felice dell’arrivo di Raven: evitando il gruppetto di elfi intenti a giocare a dadi corse incontro all’amico, trattenendosi a stento dall’abbracciarlo. Presolo per mano, quasi lo trascinò con sé sul suo albero, dove finalmente si calmò per qualche istante.
“Se non fossi arrivato tu, probabilmente sarei esplosa prima del tramonto”
“Tutto tranquillo?” chiese Nightguest.
“Tutto tranquillo?” replicò Claude enfatizzando la domanda, “Qui non succede nulla, qui è tutto troppo tranquillo” esclamò poi, quasi stizzita.
“A onor del vero, non mi sembri molto calma e rilassata, come mi aspetterei da una situazione veramente tranquilla” replicò il ragazzo.
La sentinella scoppiò a ridere, contagiando Raven ed attirando l’attenzione delle guardie a terra, quindi cercò di contenersi per poi riprendere a parlare.
“Dove sei stato?”
“Volevo andare a trovare i folletti vicino al Thon-Takar, ma i tumuli sono stati attaccati. Le impronte erano confuse, così siamo tornati ad avvisare le guardie, al villaggio. Probabilmente invieranno dei druidi”
Claude sembrò quasi spaventata dalla notizia, quindi si domandò ad alta voce chi avesse potuto compiere l’attacco.
“Nessuno del Reame Elfico, questo è certo. Se è stata gente di fuori… Vuol dire che qualcuno è entrato a Silvanesti… Il Cancello di Legno!” esclamò la ragazza, ragionando ad alta voce, “Avete controllato se il Cancello di Legno è stato sfondato?”
Longbow si riferiva alle sentinelle dislocate sul confine del bosco degli elfi, con dispiacere di entrambi Raven non riuscì a fornirle alcuna notizia utile. Per qualche istante i due rimasero seduti in silenzio, quindi Claude si alzò, per accoccolarsi subito vicino all’amico.
“Stanca?” chiese questi.
“Dormire è un ottimo modo per far passare il tempo, ma adesso ho solo voglia di stare un po’ comoda” replicò la ragazza.
“Hai una strana idea di comodità, ma non sarò certo io ad impedirti di fare la gatta, a meno che tu non ti metta a graffiarmi”
Claude allungò una mano, artigliando l’aria con le unghie.
“Sei il primo animale selvatico che vedo, oggi pomeriggio” scherzò Raven.
La sentinella scattò improvvisamente a sedere, seria in volto.
“Come hai detto?” chiese grave.
“Scusami, non avevo intenzione di offenderti…” il gesto di Claude fece capire a Raven che non era quello ciò a cui stava pensando la ragazza.
“Hai detto che io sono il primo animale selvatico che hai visto nel pomeriggio? Come può essere, sei stato nella foresta fino a poco fa e non hai visto nessun animale?”
Il giovane elfo fece mente locale, ma confermò la propria impressione.
“Neppure un animale in giro” si disse la sentinella, quindi, rivolgendosi all’amico: “Raven, facciamo un appostamento?”
La sua era più un’affermazione che una domanda. Nightguest rimase perplesso dallo strano comportamento di Longbow. Confuso, accettò, chiedendo quali specie avrebbero dovuto avvistare.
“Non hai ancora capito, Nightguest? Dobbiamo cercare qualsiasi essere vivente là fuori, vedere se è rimasto ancora qualcuno qui intorno! Se tu non hai visto nessuno nel bosco e io non ho sentito nessuno in questa zona, ci deve essere qualcosa di strano… Adesso svegliati ed apri gli occhi. Là, nella pianura di fronte ai Khalkist, potrebbe esserci ancora qualcuno, pronto a dimostrarci che siamo solamente due allucinati”
“Efficace, come illusione di massa” Raven fu costretto ad ammettere che Claude aveva avuto un’ottima idea, ma rimase comunque colpito dal modo di fare dell’amica.
“E poi quello strano sono io” le disse, quindi si sdraiò prono sul vallenwood, gli occhi fissi sul cielo sopra le montagne e sulla pianura ai suoi piedi. Claude lo imitò, scrutando l’orizzonte con l’occhio allenato delle sentinelle. Per mezz’ora i due osservarono il cielo e la terra in cerca di tracce di vita, senza successo. Come se si fossero messi d’accordo, i due si voltarono contemporaneamente, guardandosi negli occhi, quindi si alzarono, intorpiditi dall’immobilità ma soprattutto preoccupati per ciò che non avevano visto. Raven ebbe un piccolo capogiro, dovuto all’eccessiva rapidità con la quale era tornato in posizione eretta, ma si riprese in poco tempo. Scesi dal vallenwood, i due ragazzi informarono le guardie della loro scoperta, quindi, appurato che non avrebbero potuto fare nulla in merito alla questione, decisero, seppur preoccupati, di tornare a godersi il tramonto primaverile. Ritornati sull’albero, salirono su di un ramo esposto ad ovest, per poter contemplare meglio il cielo in fiamme che si scorgeva all’orizzonte. Raven dapprima aveva pensato di chiamare qualcun altro a far compagnia a lui e a Claude, ma poi abbandonò l’idea, rapito dalla maestosità della vista crepuscolare. Quasi non si accorse che la ragazza si era nuovamente rannicchiata al suo fianco, appoggiandogli la testa in grembo.
Raven attese che il tramonto fosse terminato e che il riverbero del sole calasse d’intensità, quindi decise di svegliare Ayleen. Claude si alzò con lui, rabbrividendo per il fresco vento della sera. Massaggiandosi le braccia e le gambe per riattivare la circolazione, attese Nightguest e Starlight per organizzare la serata: Derek, Alexander e Rianne avevano deciso di accompagnare le guardie al villaggio, fermandosi là fino alla mattina seguente, lasciando soli i tre elfi.
Dopo un pasto morigerato, consumato perlopiù in silenzio, Claude scese sul terreno per accendere un piccolo fuoco. Il Cancello di Legno non era luogo tale da poter essere nascosto, per cui nessuna delle sentinelle in servizio si curò delle fiamme che, scoppiettando allegre, risaltarono nella notte come un piccolo faro. Longbow fece per tornare sul vallenwood, ma, gettata un’occhiata ai due ragazzi, ritenne preferibile attenderli al suolo.
Ayleen stava cercando di liberare la mente dai pensieri che l’avevano assillata durante tutto il pomeriggio, tormentando il suo dormiveglia. Dopo essersi svegliata parte della confusione che le albergava in testa scomparve, lasciando però il posto ad una sensazione di estraneità e distacco che ricordava molto una sbronza da birra. Durante la cena la ragazza aveva tentato inutilmente di sbrogliare la matassa di immagini ed idee che le albergavano in testa, riuscendo solamente in parte. Ancora persa nei pensieri si accorse appena che Raven le si era avvicinato, sedendosi di fianco a lei.
“Non sono di grande compagnia questa sera, Starchild”
“Cosa ti preoccupa? Andrà tutto bene, Nightkissed. Nessuno può modificare in proprio favore il giudizio di Gilean, se non chi è nel vero” il ragazzo strinse dolcemente a sé l’amica.
“Dovrei essere io a consolarti, e tu a cercare rifugio tra le mie braccia…” replicò Ayleen, cercando di rilassarsi e di sciogliere la tensione che l’aveva assalita durante tutta la giornata.
“Se non ti calmi un po’ come speri di passare una bella serata? Hai la pressione alta, ed hai parecchie tachicardie. Sei quasi peggio di me da piccolo”
Ayleen non si trattenne dal ridere all’ironico paragone, ma comprese la sensatezza del consiglio di Raven, ciò nonostante non riuscì a metterlo in pratica, ancora inquieta per qualcosa che non riusciva ad identificare bene.
“Dimmi che è tutto normale” implorò.
“Non c’è nulla di che preoccuparsi” rispose sicuro l’elfo.
“Non è vero, ma cercherò di far finta che sia così” la ragazza sorrise, quindi si abbandonò completamente all’abbraccio di Raven, ritrovando almeno in parte la quiete. Il ragazzo rimase immobile per qualche minuto, quindi lanciò un’occhiata furtiva a terra, scorgendo Claude seduta di fianco al fuoco che aveva acceso poco prima. L’elfo si sentì in colpa per aver lasciato l’amica da sola, come ricompensa dell’ospitalità e dell’amicizia che lei gli aveva dimostrato.
“Ti va di scendere con Claude?” chiese ad Ayleen, scuotendola dal torpore che l’aveva colta.
“No” rispose la ragazza, convinta, “Ma andiamo comunque… Non penso che avrei voglia di fare qualsiasi cosa di diverso dallo stare qui con te, ma in fondo anche a me dispiace lasciare Claude da sola per tutta la notte”
Raven abbozzò un sorriso, quindi raggiunse la sentinella, sedendosi accanto a lei, mentre Ayleen li raggiunse poco dopo, combattuta tra il desiderio di rimanere alzata fino a tardi in compagnia degli amici e quello di cedere al sonno tra le braccia di Nightguest. Infine optò per la seconda ipotesi, trovando finalmente ristoro alla stanchezza che l’aveva colta a partire da quel pomeriggio. Non appena Claude fu sicura di non svegliarla, chiese a Raven cosa turbasse la ragazza.
“Non lo so. Certo non si può dire che è tutto normale, qui intorno”
La sentinella annuì, scrutando l’orizzonte, oltre il Cancello di Legno.
“Forse i preparativi per la Cerimonia dell’Oscurità potrebbero aver causato la scomparsa repentina degli animali nella foresta…” disse, appigliandosi ad una minima speranza di ricondurre alla normalità l’anomala situazione, ma Raven la dovette smentire, seppure con dispiacere.
“L’uso massiccio della magia non giustificherebbe l’allontanamento degli animali nella pianura oltre Silvanesti, inoltre dobbiamo considerare l’attacco ai tumuli dei folletti. Non si può ricondurre tutto ai rituali arcani”
Claude dovette ammettere, seppure con lieve amarezza, che l’amico aveva ragione. Entrambi avrebbero preferito trovare una valida spiegazione agli strani eventi della giornata, ma sembrava quasi che il mondo avesse iniziato a girare al contrario, impedendo loro di capire il perchè. I due elfi non riuscirono ad evitare di pensarci per tutta la serata, finché infine non si assopirono vicino alle ceneri del fuoco agonizzante. La guardia rimasta a vigilare su Nightguest gli lanciò un’occhiata invidiosa, prima di addormentarsi ai piedi di un vallenwood.
Un raggio di sole si aprì uno spiraglio tra le foglie sino a colpire l’occhio di Raven, svegliandolo. L’elfo si guardò intorno per pochi istanti, confuso dalla vegetazione del Cancello, così diversa da quella visibile dal suo albero, quindi gli eventi della giornata precedente gli tornarono alla mente, rendendogli tutto più chiaro. Ayleen giaceva ancora tra le sue braccia mentre Claude, poco distante da lui, era intenta a pulirsi i folti capelli dai rametti secchi e dalle foglie che le si erano ingarbugliate nella folta chioma durante la notte. La ragazza si stava districando un bastoncino di legno da una ciocca piena di boccoli, quando incrociò lo sguardo di Nightguest, che si stava alzando. Al vedere l’espressione di Longbow, l’elfo non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere. Leggendogli nel pensiero, Claude lo fissò intensamente, fermandosi per un attimo, quindi decise di lasciarsi andare, perdendo ogni ritegno.
“Miao”
Ayleen fu svegliata dalle incontenibili risate di Raven, e per qualche attimo fissò l’elfo, senza capire. Quando si voltò verso la sentinella, improvvisamente le fu chiaro il motivo dell’ilarità dell’amico, e a sua volta non poté evitare di unirsi a lui.
“Non pensavo che tra le sentinelle elfiche assumessero anche degli ibridi felini” disse a Claude non appena riuscì a proferire parola.
“Ci tengo a precisare che non ho intenzione di diventare la nuova attrazione del luogo. Non è colpa mia se fraintendete ogni mia mossa” scherzò Longbow.
“Però ti diverti a vedermi rotolare per terra a ridere” concluse Raven, che non si era mai abituato alle stranezze di Claude. Scrollandosi violentemente i capelli l’elfo risalì sul vallenwood in cerca di qualcosa da mangiare, inseguito dalla sentinella che temeva per le scorte della propria dispensa.
Ayleen seguì i due sull’albero, trovandoli intenti a dividersi una torta salata come se non ci fosse stato nulla di più importante al mondo, e si sedette ad osservarli nella loro spensieratezza. Lei stessa si era svegliata riconfortata dalla notte, ma non sarebbe mai riuscita a scherzare come Claude e Raven stavano facendo in quei momenti. In vista di una prova come la Cerimonia dell’Oscurità lei avrebbe cercato di prepararsi in vista del giudizio, oppure avrebbe passato il tempo a scaricare la tensione, mentre invece era stato proprio Nightguest a rincuorarla, la sera precedente, quando nulla le sembrava girare nel verso giusto.
“Vuoi un po’?” Claude le aveva porto una fetta di torta, riportandola alla realtà.
Ayleen accettò volentieri, abbandonando le proprie riflessioni. In breve, anche se con qualche difficoltà, si lasciò alle spalle ogni pensiero superfluo, partecipando alla serenità degli altri due. Il tempo iniziò a trascorrere lievemente, e la giornata scivolò serena sino all’ora di pranzo, quando giunsero dal villaggio Alexande, Derek e Rianne.
Nel pomeriggio i sei amici organizzarono delle piccole competizioni, insieme alle tre guardie, per trascorrere il tempo in modo diverso rispetto al giorno precedente. Alexander propose una gara di combattimento in mischia, perdendo il suo ultimo scontro affrontando uno dei miliziani, ma si rifece nel combattimento a coppie, dove lui e Derek ebbero la meglio su tutti gli altri concorrenti. Raven e Claude, nonostante i loro sforzi, vennero eliminati al primo incontro, dopo un combattimento interminabile contro Ayleen, in squadra con una guardia. In questo turno Rianne non partecipò ai combattimenti, per pareggiare il numero dei concorrenti. Alexander cercò invano di coinvolgere il quarto miliziano, che però si rifiutò di partecipare. Steelblade avrebbe voluto disputare il combattimento in gruppi da tre subito dopo la gara precedente, ma incontrò l’ostilità degli altri elfi, rinunciando così ad imporre la decisione. Dopo un breve riposo, si passò alla gara di tiro con l’arco, interamente dominata da Claude, che ridimensionò notevolmente l’orgoglio di Derek, che ottenne il secondo posto. Molte sentinelle avrebbero voluto partecipare alla competizione, ma le guardie si opposero, per evitare un’umiliazione ancora più pesante di quella già subita. Raven si classificò quasi al loro stesso livello, ma ebbe il merito di indovinare l’esito di ogni lancio prima ancora che la freccia venisse scoccata dall’arco. Il sole sarebbe tramontato presto, e sia Claude che Rianne e Ayleen avrebbero volentieri terminato le gare, ma Alexander insistette a lungo perché venisse svolto l’ultimo combattimento a squadre. Fu impedito ai tre combattenti di competere insieme, per evitare una prova monotona, così ancora una volta Steelblade e Hawkfriend non incontrarono grosse difficoltà nel vincere, ed ancora una volta Raven e Claude furono sconfitti da entrambe le formazioni avversarie. La sentinella protestò per la concessione concordata a Rianne di utilizzare la magia, ma le sue lamentele non valsero a ripetere il combattimento. Intorno all’ora di cena gli elfi si recarono al Thon-Takar per lavarsi di dosso il sudore e la terra accumulati durante il pomeriggio, quindi si recarono insieme al villaggio per mangiare qualcosa, in attesa che giungesse l’ora stabilita per la Cerimonia dell’Oscurità.
Capitolo #5 – Il corvo torna a volare
Durante l’intera giornata Ayleen aveva lasciato dietro di sé ogni timore e paura, godendosi interamente i giochi del pomeriggio, il bagno fresco con Claude e Rianne ed infine l’ottima cena, offerta dalle guardie del villaggio. Ripensando a quando la storia era incominciata, due giorni prima, riconobbe che Raven non aveva sbagliato consigliandole di evitare di affannarsi inutilmente: in breve la parentesi dell’assurda richiesta d’esilio sarebbe stata chiusa e poi solamente ricordata con allegria durante le feste o nei racconti delle lunghe serate d’inverno.
Alexander, Derek e Rianne avevano vissuto quelle giornate con pari intensità, ma si erano ripresi in meno tempo dalla tensione accumulata durante la prima notte: Alexander si era scaricato durante l’assemblea in piazza, mentre i due fratelli si erano sostenuti a vicenda, riuscendo a superare facilmente lo shock, una volta che gli eventi si furono incamminati per il meglio. Ora i tre si erano diretti verso il luogo dove avrebbe avuto luogo la Cerimonia, una radura poco distante il villaggio, per poter essere utili nel caso ci fosse stato bisogno di aiuto negli ultimi preparativi. Claude, Raven ed Ayleen si erano fermati sotto una quercia, vicino al fuoco già acceso: diverse coppie si erano trovate a danzare, prima di assistere al giudizio di Nightguest. La notte era fresca, e l’atmosfera era allegra e gioiosa. Diversi ragazzi si avvicinarono al mezzo-albino, esprimendogli il loro appoggio e la loro sicurezza su di un verdetto a lui favorevole, fermandosi a chiacchierare per qualche minuto. Raven ne fu lieto, ringraziando ognuno degli elfi che si erano fermati a fargli compagnia; il viavai non cessò finché tutti i presenti non furono passati anche solo a salutarlo.
Claude fece per andarsene, quasi sentendosi d’ostacolo a Nightguest, ma rimase bloccata in piedi senza riuscire ad all0ntanarsi dai due amici. Il suo sguardo si perse oltre l’orizzonte, nel profondo di sé stessa, ed iniziò a scrutare nell’oscurità che scorgeva. Pensando di riconoscere sagome note, la sentinella si spaventò del vuoto che trovò, assolutamente privo di vita. Una grande forza lo permeava, un grido profondo si levava da esso, ma tutto ciò non riusciva a concretizzarsi in qualcosa di reale, rimanendo così indistinto nelle tenebre. La ragazza si sentì smarrita per un tempo che le sembrò interminabile, quando, inaspettatamente, si sentì abbracciata da una nuova presenza, che diede luce all’oscurità e rese possibile la realizzazione di ciò che questa celava. Aprendo gli occhi, aprendosi nuovamente alla tiepida notte di primavera Claude incrociò lo sguardo di Raven, perdendosi e ritrovandosi nella sua grandezza. Il ragazzo le stava tenendo la mano con la stessa semplicità di sempre, ma la sentinella comprese solo in quel momento la profondità del gesto.
“Nessuno mi aveva mai guardata così” sussurrò a Nightguest, quasi timorosa che quei momenti le scivolassero tra le dita e si perdessero come una parentesi nel passato. “Non ero mai riuscita a vedere che mi guardi così” aggiunse subito dopo, quasi con timore, riuscendo ad esprimere con precisione quello che intendeva dire.
“Non potrei guardarti in nessun altro modo, amica mia” Raven le sorrise.
Diversi istanti trascorsero immersi nel silenzio della sera, immortalandosi nella memoria dei due elfi.
“Ti voglio bene” le parole scivolarono di bocca a Claude quasi involontariamente, facendola arrossire di vergogna.
“Anch’io te ne voglio” la risposta dell’elfo giunse spontanea, riempiendo di gioia e serenità la sentinella.
Dopo una lunga pausa, Raven riportò le due amiche all’imminenza dell’inizio della Cerimonia, ed in breve i tre si incamminarono verso il luogo dove si sarebbe svolto il giudizio dell’elfo.
Il piccolo gruppo non impiegò molto tempo a raggiungere la radura preparata per la Cerimonia dell’Oscurità, dove si erano già radunati tutti gli elfi del villaggio, insieme a qualche viandante curioso di assistere alla prova. Nonostante la grande quantità di elfi, il silenzio era quasi totale: al di là dei maghi che stavano impartendo le ultime istruzioni per smantellare diverse apparecchiature arcane, nessuno osava parlare, neppure a bassa voce.
La radura assomigliava ad un anfiteatro naturale modellato a conca, permettendo a tutti di vederne la parte più bassa, dove erano stati innalzati diversi circoli di megaliti a formare degli altari più o meno grandi. Alcune delle pietre erano isolate, a coppie o a gruppi, riproducendo simbolicamente le costellazioni delle divinità venerate dagli elfi; diverse rune vi erano state incise dai mastri artigiani ed incantate dalla gilda dei maghi devoti a Lunitari, la luna patrona dell’equilibrio. Convergenti nel centro esatto della costruzione quattro catene di ferro si levavano dal terreno, mentre altrettanti cerimonieri attendevano pazienti l’arrivo di Raven.
La folla si aprì silenziosamente all’arrivo del ragazzo, richiudendosi altrettanto silenziosamente dopo il suo passaggio. Ayleen e Claude si fermarono in disparte al limitare del bosco, osservando Nightguest allontanarsi, sempre più lontano ma mai indistinto tra la massa di elfi.
Il percorso tra la gente fu quasi interminabile, uguale eppure sempre diverso, ripetitivo e ossessivo. Diverse facce si alternavano di fronte a Raven: volti più o meno noti con le più svariate espressioni, alcuni solidali ed altri sprezzanti, alcuni timorosi, schifati o aggressivi. Raven non riuscì a scorgere neppure un elfo che non lo scrutasse nel profondo in cerca di qualche segno della sua vera natura, corrotta o pura che fosse. Dopo poche decine di passi tutti quegli sguardi iniziarono a pesargli addosso, confondendolo e sfibrandolo come una lunga marcia forzata compiuta senza mai riposare. Cercando di resistere ai capricci del proprio corpo, indebolitosi tutto d’un tratto, Raven si impose di continuare a camminare a dispetto del fastidio che provava. Ogni passo gli pesava sempre più, come se ogni sguardo che si posava su di lui lo avesse caricato di un peso invisibile ma reale, al punto da piegare la schiena dell’elfo. Ben presto i suoi occhi si fecero vacui, rendendogli indistinto il cammino e mescolando i colori tra loro, impedendogli quasi di vedere, quindi tutto si stemperò dolcemente nel nero della notte, dando finalmente riposo alle membra affaticate.
Ayleen e Claude videro con apprensione il cerchio di elfi attorno a Raven farsi sempre più largo, e solo in un secondo momento riuscirono a notare la sagoma del ragazzo, crollato a terra a metà del suo cammino. Starlight e Longbow si gettarono subito verso l’amico, ma furono bloccate dall’impenetrabile muro di folla che era frapposto tra loro e lui. Facendosi strada a forza di braccia tra la massa di elfi, la sentinella riuscì a percorrere qualche metro, dopo di che fu quasi soffocata dal rigurgito di persone che spingevano verso l’esterno. Compressa da ogni lato, Claude cercò di ricavarsi un minimo di spazio per poter respirare, ma la massa che premeva contro di lei era tale da impedirle ogni movimento. D’un tratto la ragazza si sentì scivolare e risucchiare verso il basso, da dove sarebbe stato quasi impossibile risollevarsi in piedi ed evitare di essere calpestata o schiacciata. Con un enorme sforzo, dettato dalla determinazione e reso possibile dall’attacco di panico che stava avendo ragione di lei, la sentinella si rialzò in posizione eretta, puntellandosi con le braccia sui corpi che le stavano di fianco per innalzarsi al di sopra della folla e poter respirare qualche boccata di aria pura. Boccheggiando per lo sforzo, inspirò a pieni polmoni l’aria fresca della notte, traendone ristoro immediato. In pochi istanti la ragazza riacquistò sufficiente lucidità per poter stimare i suoi progressi, troppo miseri per la meta che avrebbe voluto raggiungere. Con nuova determinazione cercò di innalzarsi completamente al di sopra della folla, per poter giungere più agilmente dall’amico, ma si sentì afferrata da numerose mani, che la trascinarono nuovamente in basso, a terra. Tirata e strattonata da ogni lato, nuovamente assalita dalla paura, non riuscì a mantenere l’equilibrio sufficiente per rimanere in piedi, scivolando lentamente a carponi. Cercando di farsi strada nella selva di gambe che sembravano essersi messe d’accordo per travolgerla, Claude riuscì a muoversi di qualche passo, ma si trovò nuovamente bloccata. Nonostante la situazione fosse relativamente più tranquilla, la sentinella non riuscì a rialzarsi neppure dopo diversi tentativi. Ansante, la ragazza si sentì mancare l’aria ed iniziò a gridare, nuovamente in preda al panico, sperando di essere sentita ed aiutata da qualcuno. All’udire il suo urlo carico di angoscia, la folla se ne fece contagiare e il terrore, come un’onda dilagante, si diffuse presto alla gran parte degli elfi presenti, cosicché ben presto da tutta la radura si levò un folle inno di paura. Claude, ancora inginocchiata in mezzo alla gente, scoppiò in un pianto disperato, cercando ancora una volta di rialzarsi. Il suo ultimo tentativo conobbe un nuovo fallimento. La sentinella non riuscì più a continuare la sua lotta contro il panico, e si lasciò andare, sia fisicamente che emotivamente. I pensieri più tetri la assalirono, facendole perdere ogni speranza di salvezza, mentre da ogni lato la calca sembrava essere stata assalita dalla frenesia di schiacciarla. Sentendo su di sé una moltitudine infinita di corpi, la ragazza si rannicchiò , cercando di farsi scudo in qualche modo con le braccia, ma in pochi istanti si sentì privata dell’aria, soffocando ignorata nella folla.
Improvvisamente la cappa di calore che aveva attanagliato Claude si dissolse, lasciando spazio alla fresca atmosfera notturna. La ragazza annaspò ed inspirò quanta più aria riuscì, non credendo quasi a quello che i sensi le trasmettevano, quindi cadde sull’erba, rotolando per pochi metri. Convulsamente cercò di aggrapparsi a qualche appiglio, mentre i suoi polmoni si cibavano avidamente dell’ossigeno a lungo negato. Quando infine Claude giunse alla calma e si decise ad aprire gli occhi, riuscì a scorgere Alexander, a capo di un piccolo gruppo di fanti elfici, intento a contenere la folla. La sentinella cercò debolmente di alzarsi, e sentì due braccia aiutarla a rimettersi in piedi. Riprendendosi, la ragazza riuscì a scorgere Derek e Rianne, entrambi al suo fianco. Barcollando leggermente, riuscì a muovere qualche passo da sola, nonostante le tremassero ancora le gambe per lo sforzo e per la paura intensa, quindi, riacquistando il pieno controllo di sé, Claude si avvicinò con passo sempre più sicuro ad Ayleen ed a Raven.
“Non mi ci abituerò mai” Nightguest sorrise sereno all’amica.
“Non è necessario che tu lo faccia, Starchild. Ce la fai a camminare?”
Senza rispondere Raven si alzò e, aiutato da Ayleen e da Claude, raggiunse lentamente i quattro cerimonieri. La fanteria elfica lo scortò durante tutto il tragitto, tenendogli lontana la folla scontenta di essere privata del contatto diretto con l’imputato. Nightguest giunse senza troppi intoppi all’interno del circolo di pietre, dove, in presenza dei sacerdoti e dei maghi che avrebbero presieduto al rituale, venne incatenato nel centro della radura. Alexander dispose i fanti attorno alle strutture megalitiche, per evitare intromissioni da parte della folla, mentre Derek e Rianne si erano già portati fuori dal luogo preparato per la Cerimonia. Ayleen, porgendo il braccio a Claude, si era diretta con i due fratelli, rimanendo però lontana dalla folla. La sentinella si sedette sull’erba già umida di rugiada, cercando di riacquistare completamente le forze, mentre l’amica era rimasta in piedi, con gli occhi puntati su Raven e sui sacerdoti che avrebbero dato inizio alla Cerimonia dell’Oscurità.
Ora che il momento fatidico era giunto, Ayleen non si sentiva più così rilassata come nelle ore precedenti, ma provava una lieve tensione, probabilmente dovuta alla novità che il rituale costituiva per lei. Anche se la ragazza non temeva il giudizio delle divinità, aveva paura che il processo della Cerimonia potesse in qualche modo danneggiare fisicamente il già debole mezzo-albino ma, riflettendo con più lucidità, si accorse che i suoi timori erano dovuti all’imponenza della struttura impiegata per il rituale. Con il cuore più sereno, si dispose ad assistere il giudizio dell’amico, sedendosi al fianco di Claude.
I due sacerdoti ed i due maghi si avvicinarono a Raven, chiedendogli ognuno se avesse voluto sottoporsi alla Cerimonia dell’Oscurità, accettando il giudizio insindacabile che ne sarebbe risultato. Il giovane elfo annuì risolutamente, ma fu percorso da un brivido freddo al vedere i quattro consultarsi con aria perplessa. Con un cenno d’intesa finalmente i cerimonieri si allontanarono verso un altare posto in fronte al ragazzo, iniziando ognuno a salmodiare inni alle divinità e formule arcane per permettere l’inizio della Cerimonia. Presto, Raven fu quasi ipnotizzato dalle loro parole apparentemente senza senso, mentre nella folla nessuno osava parlare per timore di perdersi anche solo una sillaba dei sacerdoti. Il fiume di suoni aveva dissolto gentilmente il silenzio fino ad estendersi ai confini della radura, dove giungeva ancora con la stessa intensità con il quale scaturiva dalle bocche dei quattro elfi cerimonieri. Anche se quasi nessuno avrebbe saputo cogliere il significato di quel ritmico salmodiare, ogni persona era attenta ad ogni minimo accento dell’incantesimo, concentrandosi completamente su di esso.
Già da tempo Raven non riusciva più a sentire altro che quelle parole sconnesse, totalmente perso nella loro invitante melodia, senza peraltro riuscire a comprendere nulla del vero significato racchiuso da quei suoni. Dopo aver tentato in ogni modo di decifrarne il messaggio, l’elfo si diede per vinto, lasciandosi semplicemente riempire dalle sillabe arcane che lo riempivano poco a poco. Dapprima il flusso di magia contenuto negli inni dei cerimonieri riempì Nightguest con impeto, quindi iniziò a rallentare poco a poco, sino a quando l’elfo non fu colmo dell’incantesimo. Raven percepì una piacevole sensazione di calore crescere in lui dall’interno, fino a quando non ne fu completamente saturo, nello stesso istante le parole dei sacerdoti e dei maghi iniziarono a farsi più lontane nella sua mente, fino a che non sfumarono nel silenzio e nell’oblio. Davanti agli occhi dell’elfo la radura e i megaliti iniziarono a scomparire, avvolti da un’oscurità crescente, che ben presto avvolse tutto in una pesante cappa di buio completo. Il ragazzo fu colto alla sprovvista dall’incalzare delle tenebre ma, abituato alle notti senza luna e senza stelle, accettò la situazione senza alcun problema e, anzi, quasi con sollievo. Perso nella totale assenza di luce, Raven vagò con la mente per qualche tempo, attendendo gli sviluppi del rituale, che però si stavano facevano desiderare troppo a lungo.
Cercando di superare il muro di tenebre che si parava di fronte a lui, l’elfo si concentrò sull’attività dei cerimonieri, senza però riuscire a penetrare con lo sguardo né con l’udito l’ambiente circostante. Nightguest si sentì completamente bloccato, inerme nelle mani di altri che non riusciva a vedere né a sentire, nelle mani di un rituale che avrebbe potuto essere stato architettato solo per poterlo eliminare con facilità. Una marea di dubbi affollò per troppo tempo la sua mente, ma infine il ragazzo riuscì a fare un po’ di spazio per poter pensare razionalmente, ma, nonostante la situazione non gli sembrasse eccessivamente disperata, non riuscì a trattenere un’ondata di panico che, moltiplicando il calore che lo aveva riempito all’inizio della Cerimonia, quasi lo bruciò dall’interno, tormentandogli le carni. Le fiamme si stavano accrescendo esponenzialmente con il trascorrere del tempo, divorando gli organi dell’elfo, che non riuscì a trattenere un grido di dolore incontrollato e selvaggio. Ogni istante le fitte che straziavano il suo corpo sembravano aver raggiunto il limite massimo, ma l’istante successivo si accrescevano indescrivibilmente, lacerando ancora più i suoi tessuti mortali. Ormai il ragazzo sentiva dentro di sé una fiamma incontenibile, mentre già le sue carni tendevano ad incenerirsi dopo la combustione, lasciandolo sempre più senza forza. In preda alle convulsioni Raven cercò di spegnere il fuoco che lo divorava, ma non riuscì neppure a muoversi, le mani e i piedi ancora bloccati dalle catene. Dimenandosi furiosamente l’elfo non riuscì più a contenere la potenza delle fiamme, ed afferrò in un gesto disperato il metallo che gli impediva di muoversi. In un guizzo istantaneo il calore contenuto nel suo corpo rifuggì da esso, sfruttando il ferro incantato come sfogo, quindi si concentrò in quattro monoliti disposti ai quattro punti cardinali della radura, e di qui si innalzò verso il cielo notturno in quattro colonne di fuoco che lacerarono l’oscurità.
Da molto tempo la folla era rimasta incantata dall’inebriante liquido di arcane parole che i sacerdoti ed i maghi stavano salmodiando, e nessuno si era accorto della nube nera che aveva oscurato il cielo, facendo piombare nella semioscurità la radura, illuminata solo dal riverbero lontano delle tre lune della magia: la bianca Solinari, la rossa Lunitari e la nera Nuitari. La loro debole luce non poteva essere fermata da nessun mezzo fisico o magico, a perenne memoria della presenza degli Dei nel mondo. Ma quando, con un boato insopportabile da orecchie umane, quattro colonne di fuoco si levarono verso il cielo anche la loro perenne luminescenza venne eclissata per un attimo dal chiarore diurno che rischiarò la notte e dissolse in una vampata la nube che aveva coperto il cielo per breve tempo. Un mormorio stupito si levò da vari gruppi di elfi, stupiti dal prodigio che aveva potuto persino rompere la magia degli incantatori più anziani.
Ayleen e Claude, che avevano sofferto in silenzio al vedere Raven scosso da un dolore inconoscibile, si sentirono sollevate al vedere il fuoco che bruciava dentro il debole corpo dell’elfo dissolversi nella notte, e si strinsero a vicenda rassicurandosi nella reciproca vicinanza. Sussurrandosi parole di speranza, entrambe le ragazze si voltarono verso il cielo: la sentinella contemplò la volta celeste e gli astri incandescenti sopra di lei, Ayleen rivolse la sua attenzione alle immense pietre che riproducevano la geografia astrale sulla terra. Le stelle brillavano splendenti come mai erano state viste da elfo vivente, mentre, di rimando, le rune incise sui megaliti scintillarono altrettanto vivamente, rischiarando la radura di una pura ed argentea luminosità.
Raven era stato abbagliato dalla luce emanata dalle colonne di fuoco, ma quella lucentezza era solo una pallida torcia in confronto al maestoso splendore delle stelle, che si riflettevano distintamente sulle pietre disposte in circolo di fronte a lui. Di fronte a sé, in cielo come sul megalite posto di fronte a lui, poteva distinguere chiaramente la rosa di Majere, il Maestro della Mente, mentre al suo fianco sinistro si potevano scorgere nitide le costellazioni di Sargonnas, il Portatore del Fuoco, e Hiddukel, lo Storpio. Con un brivido l’elfo distolse lo sguardo da questi due simboli, cercando conforto alla propria destra, dove avrebbe dovuto scorgere il nastro infinito di Mishakal, la Mano Guaritrice, ma i suoi occhi si posarono solamente sull’oscurità della notte. L’elfo non interpretò quell’assenza come un segnale positivo, confidando nella costellazione che avrebbe dovuto avere alle spalle. Fino ad ora tre divinità si erano schierate nel giudizio, e solo una era a lui favorevole, senza contare la probabile presenza di Kiri-Jolith, Spada della Giustizia, alle sue spalle. Improvvisamente sentì la folla prorompere in un vocio ostile, e cercò di capire da cosa era stato causato, voltandosi per quanto gli fosse consentito dalle catene. Per quel poco che era riuscito a vedere, diversi elfi stavano additando le pietre dietro di lui, inorriditi da quello che vi avevano visto. Inarcando la schiena ed il collo per poter scorgere nel cielo quale costellazione risplendesse alle proprie spalle, Raven si bloccò pietrificato dal terrore non appena scorse con chiarezza la sagoma di Morgion, la Pestilenza, Il Signore delle Malattie. Lui e lo Storpio stavano lentamente ma inesorabilmente convergendo verso il centro della volta celeste, mentre sulla terra le rune che riportavano i loro simboli presero a brillare con rinnovato ardore, anche se la luce che emanavano non era più argentea ma pallida e cadaverica. Raggi risplendenti di funereo chiarore si allungarono per tutto il circolo di pietre, fino a raggiungere Raven, prosciugandolo di ogni forza e di quel minimo di speranza che gli era rimasta. Nel cielo ormai risplendevano solamente il Falco di Morgion e la Bilancia Spezzata di Hiddukel, accecando gli occhi e riempiendo di tenebre il cuore dell’elfo.
Alla vista del prodigio celeste ogni persona era rimasta sgomenta, per poi cedere il posto allo stupore e quindi all’indignazione ed alla rabbia. Gli unici che non potevano ancora credere a ciò che vedevano erano Alexander, Derek, Rianne, Claude ed Ayleen: i cinque amici non riuscirono a trattenersi dal piangere amaramente per la palese manomissione del rituale e per l’ingiusta sentenza. A nessuno di loro era parso vero quel giudizio, fino a che il verdetto ufficiale non fu decretato con certezza. Ayleen aveva la vista appannata dalle lacrime ed era profondamente scossa dai singhiozzi di dolore, mentre Claude vibrava d’indignazione nei confronti dei cerimonieri, che secondo il suo parere avevano influenzato il risultato della prova. Accecata dalla rabbia e dal dolore che condivideva con Ayleen, levando un grido di protesta contro gli dei, la sentinella si alzò, incoccando l’arco e scagliando quattro frecce all’insegna dei due maghi e dei due chierici che, colti di sorpresa, non riuscirono ad evitare la morte.
La folla esplose, facendo pressione sulla fanteria elfica per poter arrivare a Claude per linciarla, ma, non appena l’ultimo degli incantatori esalò il suo ultimo respiro, l’attenzione generale si focalizzò sul centro della radura, dove una runa blasfema si era appena frantumata in uno schianto dal suono cristallino. Il silenzio calò nuovamente tra gli elfi, mentre nel cielo una nuova costellazione si faceva spazio a forza tra quelle di Morgion e Hiddukel: dissipando la luce cadaverica delle stelle malvagie, Gilean fece la sua comparsa al centro del cielo, riflettendo il suo simbolo su Raven. Un anziano elfo avanzò a forza nella calca, prendendo posto all’altare ed intonando una supplica a Gilean il Sapiente, alla quale presto si unì tutta la comunità. Unendosi all’inno e cantando come un solo uomo, gli elfi notarono appena che le catene ai polsi di Nightguest si erano allentate sino a crollare a terra, mentre solo la luce dorata di Majere lo illuminava. In pochi istanti la Cerimonia dell’Oscurità si concluse, redimendo Raven dall’accusa gettata su di lui.
Ayleen si lanciò di corsa verso l’amico, piangendo ormai di felicità, mentre Claude si era attardata a festeggiare con Alexander ed i due fratelli; l’intera folla era esplosa in un grido di gioia e molti elfi si erano lanciati in euforiche danze. L’anziano mago, lasciato il posto accanto all’altare, si avvicinò a Raven, abbracciandolo colmo di affetto. Il ragazzo lo riconobbe, inginocchiandosi di fronte a lui.
“Maestro, ti ringrazio di tutto quello che hai fatto per me, a partire dal tuo voto nel consiglio”
L’altro lo fece rialzare, bloccando con un cenno garbato il giovane elfo, quindi si incamminò felice verso la folla, indicando al ragazzo un punto indistinto alle sue spalle.
Raven si voltò, appena in tempo per vedere Ayleen gettarglisi addosso ed abbracciarlo con gioia ed affetto.
“Anche se oggi è un Occhio del Morto, io oggi ho ritrovato la vita” gli sussurrò la ragazza all’orecchio, senza sciogliersi da lui.
“Già, il Giorno dei Venti è un bel giorno per tornare a volare, Nightkissed” come per sottolineare le proprie parole Raven sollevò l’amica da terra, facendole fare due giravolte.
Improvvisamente l’elfo si bloccò, voltandosi di scatto con espressione grave sul volto. L’amica lo osservò spaventata, ma il ragazzo si girò nuovamente verso di lei, rassicurandola.
“Solo un rumore nella notte, come tanti se ne sentono nei reami elfici” disse, cercando con gli occhi Claude.
Ayleen gli sorrise, avvicinandosi nuovamente a lui, ma la sua gioia non poté durare: al sentire una freccia sfiorarle il braccio destro e colpire Raven in corrispondenza del cuore sentì che qualcosa dentro di sé aveva trovato la morte per l’eternità. Gridando, afferrò delicatamente l’amico, reggendogli la schiena e la testa, mentre il ramo pennato conficcato nel suo petto pulsava debolmente in una macchia di sangue. Ayleen non riuscì a trattenere le lacrime: chinandosi sul corpo di Raven liberò tutto il proprio dolore, senza risparmiarsi più nulla per il futuro.
Claude, al sentire il rumore della freccia scoccata, ricambiò il fuoco con velocità sorprendente, provocando la morte di un gruppo di ombre nascoste nell’oscurità, mentre la fanteria si schierò verso quell’invisibile nemico, in attesa dello scontro diretto. La sentinella ignorò completamente gli ordini che le venivano impartiti, mietendo vittime finché l’udito le mostrò sufficienti bersagli, quindi si portò al fianco di Ayleen, ancora piangente sul corpo di Raven. Un urlo di guerra lacerò definitivamente il silenzio, ed un’ondata di minotauri armati si riversò in tutta la radura, mietendo vittime con barbarica brutalità tra gli elfi disorganizzati ed impreparati. Alexander, Derek e Rianne imitarono la sentinella, proteggendo disperatamente l’amica da chiunque avesse avuto l’ardore di avvicinarsi.
La battaglia stava infuriando in tutta la radura, tranne che in un punto, che quattro elfi difendevano a costo della loro stessa vita. Là, una giovane reggeva il corpo di un ragazzo, che presto avrebbe solcato i cieli in cerca della sua ultima dimora.
“Perché piangi, Nightkissed?” domandò Raven, con un filo di voce.
“Lasciami venire via con te, Starchild, verso i Reami Celesti”
“No... Oggi non è giorno di morire... E' la notte del Giorno dei Venti, ora è tempo di volare...”
Secondo Interludio – Raven’s Song (2k4)
Another
time of changes comes and then goes on
We
are again joint here now together as we were
Another
time has passed touching all our lives
We
will again be one as we united fought
2k4
you, the key of freedom to break the chains of hate
2k4
us, the key of power to be true as we want to
I
can't betray the wish I guess you are with me
And
calling valour we united call the world
So
proud the answer rises up from mouths of wises
And
our hope to future is not a dying end
2k4
you, the key of freedom to break the chains of hate
2k4
us, the key of power to be true as we want to
Now
gotta scream so loud so proud ew hail to them
We
wish to honour all that ones who fought for us
Not
calling death and blood but keeping and serving life
From
past to freedom for ones who died for us
2k4
you, the key of freedom to break the chains of hate
2k4
us, the key of power to be true as we want to
Two
keys for us
The
freedom to be men
Two
keys for us all
The
power to be again
Two
keys and an hymn a song is crossing hearts
And
we again will sing our pounding wish
2k4
you, the key of freedom to break the chains of hate
2k4
us, the key of power to be true as we want to
Epilogo
I minotauri riuscirono a conquistare l'intera Silvanesti, facendone la loro patria. Tutti gli elfi che si opposero alla loro avanzata vennero brutalmente massacrati.
In un piccolo villaggio, vicino al confine settentrionale del Regno, fu eretta una statua, raffigurante due elfi e due elfe in difesa di una ragazza piangente sul cadavere del suo futuro marito. Le leggende narrano che i quattro elfi compirono una strage tra le fila degli invasori, e che il capo del clan dei minotauri, ammirando il loro valore, avesse concesso loro la possibilità di uscire da Silvanesti, senza privarli della vita. I minotauri decisero di commemorare l'atto coraggioso di quei pochi combattenti, dedicando una statua alla loro memoria.
Raileen Whisperwind