Missione
Comune
kovinon
e[rgon
Da quella posizione si poteva godere di una buona visuale sul tramonto.
Aitè l’aveva scelta con molta cura. Adorava i tramonti.
I suoi occhi erano socchiusi, in completa contemplazione. Nessun pensiero la scalfiva.
È naturale, quando si è eredi al trono non si conosce il dolore, te lo mascherano sin dalla nascita..
“Aitè, corri, il maestro sta per iniziare”
Un ragazzo dai capelli castani ruppe il silenzio.
Aitè sembrò non aver sentito.
Lui allora si avvicinò piano e si sedette vicino a lei.
Sospirarono.
“Ti fa niente se mi siedo qui accanto a te?”
“L’hai già fatto Athos”
Il ragazzo deglutì.
A volte pensava che Aitè non fosse normale. Sapeva sempre come farti sentire un fastidioso nodo alla gola.
Athos la guardò negli occhi. Era quella la sua postazione preferita per guardare il tramonto.
Aitè sapeva che Athos la stava fissando, ma riusciva a sembrare impassibile.
“Athos…”
Neppure adesso lo guardava.
No,non era una di quelle principessine viziate di cui si sente parlare nelle favole di corte, lui lo sapeva bene, ma da qualche tempo era divenuta fredda e impassibile, non solo con lui.
Athos sapeva benissimo anche quello che gli stava per dire. O meglio, non lo sapeva di preciso, ma sarebbe stato qualcosa di terribile. Avrebbe voluto interromperla, prima che gli spezzasse il cuore con dure parole. Ma ovviamente non ci riuscì.
“ci conosciamo da tanto tempo…non hai ancora capito che con me sprechi solo del tempo che potresti dedicare alle altre ragazze? Dai, non dirmi che delle nostre coetanee non te ne piace nessuna! Ad esempio, come si chiama… la figlia del fabbro…dai, quella bionda occhi azzurri…oppure la figlia adottiva del consigliere di mio padre…la morettina…su, ammettilo, ti muoiono tutte dietro!”
C’era una nota di ironia nelle parole della ragazza, sembrava quasi che volesse continuare con
-non riesco proprio a capire che ci trovino in te-
Athos se ne accorse.
“Hai ragione siamo cresciuti assieme…”
Distolse il suo sguardo dal viso della ragazza. Sorrise. Si alzò guardando il tramonto.
Bello, davvero spettacolare. Il sole era rosso e basso ormai,minacciato dal nero della notte che sarebbe sopraggiunta. Bello, si,uguale a tutti gli altri.
Aspettò che il vento si placasse di modo che Aitè potesse ascoltare le sue parole.
“…ed è per questo che non capisco dove hai perso il cuore”
Aitè si voltò di scatto verso di lui che se ne stava andando.
Aveva la bocca semiaperta,certo voleva controbattere. Lei ne era in grado. Nessuno le poteva mettere i piedi in testa, nessuno. Ma in questo caso che avrebbe potuto dire?
Doveva dire qualcosa,qualsiasi cosa…anche qualcosa di insensato. Ma non le uscì niente, solo un flebile “ma…”
Athos era già lontano, scomparso nelle strade del villaggio.
Si rigirò verso il tramonto, sperando che quella sublime visione sarebbe riuscita a rinfrancarla.
Le parole di Athos le rimbombavano nella testa .
Non c’era nessun tramonto, solo un vento gelido e una notte senza stelle e senza luna che l’aveva sorpresa.
“non capisco dove hai perso il cuore…hai perso il cuore”le parole di Athos le erano sembrate così dure e gravi. Pensò che forse Athos stava crescendo e la voce gli si era fatta più dura. Succede a tutti,è la cosa più naturale del mondo. Athos era un po’ più grande di lei, solo di qualche anno. D'altronde anche gli altri ragazzi avevano una voce più marcata.
“…hai perso il cuore…dove hai perso il cuore…hai perso… perso…hai perso il cuore”
Istintivamente Aitè si premette una mano sul petto. Si, lo sentiva, il suo cuore c’era eccome! Batteva anche piuttosto forte. Avrebbe voluto rincorrere Athos per dimostrargli che lei aveva ancora il suo cuore(-senti!senti come batte forte!-)
Si decise ad alzarsi,doveva tornare a palazzo.
Anche se si trovava al limitare del regno, non aveva paura. Nefele non conosceva briganti, ladri ,malfattori. Per le strade di notte non si incontrava nessuno. Tutti gli onesti cittadini che popolavano Nefele, il regno sulle nuvole, andavano a riposare subito dopo il tramonto. La giornata di duro lavoro che li avrebbe aspettati il giorno seguente li distoglieva da loschi impieghi notturni.
Ciò faceva di Nefele una città sicura.
Ora Aitè si diresse verso l’interno della città, guardava il castello.
Sotto i suoi piedi soffici strati di nuvole.
Dietro di lei il vuoto,il limite delle nuvole e del regno. Un tempo soffriva di vertigini,ora non più. Era stato Athos a farle passare la paura, in epoche che a lei sembravano remote. In realtà non era nemmeno passato un anno.
Camminava a passi lenti nella città. Lo sguardo vacuo che mostrava era chiaro segno di un conflitto interiore.
Si trovò per caso davanti alla casa del suo maestro. La luce era ancora accesa. Lei questa sera si era persa una delle avvincenti storie di Palaion, non era mai capitato prima. Quelle storie erano la sua vita,parlavano di terre che esistevano veramente anche se lei non le aveva mai viste.
Era cresciuta di quelle storie, pendendo dalle labbra del maestro.
Avrebbe dovuto bussare, salutare Palaion, scusarsi con lui per non essere andata all’appuntamento serale e tornare al castello…ma non fece nulla.
Rimase lì un po’ ,immobile , davanti all’ingresso.
“Aitè!”
La porta si era aperta.
“Maestro…sono venuta per…”
“Entra mia cara, perché ti trattieni sulla soglia. Camomilla?”
Aitè annuì ed entrò, dirigendosi verso la sala.
Di solito quella sala era adibita alla narrazione delle storie del maestro. Lei si sedeva lì, accanto al fuoco, accanto ad Athos.
Athos.
Sospirò. Pensò subito di raccontare l’accaduto a Palaion, era sicura che così si sarebbe sentita meglio. Lo aveva fatto tante volte in passato, il maestro era un buon ascoltatore oltre che un ottimo consigliere.
“Ecco qua.”
Palaion le porse una tazza di camomilla fumante,ma soprattutto il sorriso di cui aveva bisogno.
Sorseggiarono lentamente, senza dire una parola.
“Buona!”
Il maestro sorrise al complimento.
“Maestro…perdonatemi se questa sera non sono venuta, mi sono trattenuta…”
“Con Athos?”
“E’ stato qui?Che le ha detto?”
Palaion soffiò sulla tazza,scottava.
“Nulla,non mi ha detto nulla…non è nemmeno venuto qui… supponevo”
Aitè sembrò rassicurata.
“Perché,che è successo?”
Aitè posò sul tavolo la tazza vuota. Abbassò gli occhi.
“Ne vuoi dell’altra?”
“Basta così grazie”
“ah, domani tengo una conferenza alla biblioteca…si, parla di agricoltura…quindi non sarò qui”
“si…va bene…”
Il fuoco era spento, nemmeno la brace brillava.
“Faresti meglio a tornare a casa”
Puff.
Era come se non si fosse mai parlato di Athos. Sembravano aver finito una lunga conversazione.
Aitè si alzò, prese le due tazze vuote e le mise nel secchio per i piatti, in cucina.
“Buona notte maestro”
Imboccò la porta.
“Notte cara…”
La accompagnò all’uscio.
Voleva dirle dell’altro.
“…ricordati che Athos ti conosce meglio di chiunque altro…persino meglio di me.”
Silenzio.
La ragazza accennò un saluto, con la mano.
Camminò nel buio più completo. Era buio fuori e dentro di lei.
Arrivò finalmente all’ingresso del suo castello.
Le solite guardie vegliavano l’ingresso.
“Bentornata principessina”la salutò la prima.
“Le auguro un riposo tranquillo” fece la seconda.
Sempre quelle frasi,dicevano, ogni sera, ma contribuivano a farla sentire a casa.
Lei non ricambiò ai saluti, nemmeno con uno sguardo.
Avanzò a passi lenti verso la grande sala.
“Principessa Aitè, Palaion questa sera ha fatto davvero tardi!”disse in un sorriso il Consigliere.
Era seduto alla sua scrivania, nella stanza che dava sulla sala grande.
Aitè non si accorse nemmeno della sua presenza.
Eccola, finalmente , la sala del trono.
In parte al trono d’oro partivano due rampe di scale.
A destra la stanza reale.
A sinistra la sua stanza, in cima alla torre più alta del castello.
Era una stanza molto grande, l’unica che permettesse un’ampia visuale sull’orizzonte.
Si sdraiò pesantemente sul letto. Sospirò.
La sua mente era vuota, non stava pensando a nulla quando bussarono alla porta.
“Si?”
“Aitè, tutto bene?”
“Si,mamma”
La regina entrò nella stanza.
“Allora buona notte”
Le si avvicinò, la fece entrare nel letto, le rimboccò le coperte e la lasciò con un bacio.
Da molti giorni ormai la regina le prestava maggior attenzione. Sembrava che il tempo fosse tornato indietro a quando Aitè era solo una bimba.
Non è che ciò le dispiacesse, anzi, ma avrebbe voluto dire a sua madre che non c’era alcun bisogno di fare tutte quelle messinscene.
Lei sapeva benissimo cosa era successo. L’aveva sognato.
Si svegliò in un bagno di sudore.
L’aveva visto di nuovo.
Ansimava.
Le immagini si erano fermate ,indelebili, nella sua mente ed ora venivano proiettate sui muri della stanza.
Aitè stava per avere un fratello,un fratellino.
La regina aspettava un bimbo e non ne aveva fatto parola con nessuno.
Si, il re lo sapeva. Suo padre capiva subito la regina, appena c’era qualche ombra nei suoi occhi se ne accorgeva. C’era un legame stupendo, un’intesa perfetta.
Anche Aitè aveva sognato più volte un amore così.
Cercava qualcuno che la capisse.
“… Athos ti conosce meglio di chiunque altro…chiunque altro”
Aitè scosse la testa,non voleva più pensare ad Athos.
Aveva problemi ben più gravi.
Suo fratello ad esempio.
No, non temeva che le rubasse l’affetto dei genitori, non era preoccupata per questo.
Sua madre le aveva fatto capire , seppur indirettamente, che le voleva ancora bene, gliene avrebbe voluto per sempre, anche di più di quanto gliene volesse prima.
Ebbene, lei questo fratello l’aveva visto. In sogno naturalmente.
Si sarebbe chiamato Doron ,significava dono.
Sarebbe morto subito, dopo un solo anno di vita a causa di una malattia incurabile, sconosciuta.
Aitè aveva imparato a diffidare dei suoi sogni, come a fidarsene ciecamente. Avrebbe avuto la certezza della veridicità delle sue visioni solamente dopo la scelta del nome.
Il re e la regina avrebbero scelto Doron, allora lei sarebbe partita.
Aveva progettato tutto.
Avrebbe chiesto ai medici la malattia del piccolo, più che la malattia ,la cura.
Loro le avrebbero risposto che c’era una medicina, ma consisteva in un’erba molto rara.
Lei sarebbe partita il giorno stesso.
Si sentiva l’eroina di una delle storie di Palaion.
Ne aveva ascoltata davvero una simile dal maestro, ma non la ricordava bene,l’aveva sentita e assomigliava molto alla sua.
Era una delle solite storie a lieto fine, dove lei partiva con il suo amico d’infanzia che poi avrebbe sposato.
Infatti il progetto comprendeva anche Athos, la parte delle nozze non era in programma.
Athos.
Per quanto si sforzasse di non pensarci,le parole di Athos e di Palaion erano le sole nella sua mente.
Che davvero fosse diventata impassibile?che davvero avesse perso il cuore?
I primi raggi del sole arrivarono sul suo viso.
Era l’alba.
Aitè si alzò, poi si avvicinò alla finestra.
Era una mattina di sole.
Ultimamente il suo primo pensiero era il giorno della sua partenza, pensava al viaggio,a tutto ciò che le sarebbe potuto servire. Il resto non esisteva.
Non era nemmeno a un mese la gravidanza, mancava ancora molto tempo.
Si vestì in fretta.
Imboccò la via principale.
La città si stava svegliando.
Alcune botteghe aprivano adesso e i bottegai si inchinavano al suo passare.
Lei accennava saluti, aveva un’aria altezzosa. Provava un piacere immenso,il piacere del potere.
Stava andando in biblioteca.
La biblioteca era un’altissima torre e i libri erano disposti su scaffali, alla pareti.
Il tesoro della biblioteca era la prima enciclopedia della storia . Era uno di quei libroni enormi e polverosi.
Era proprio l’enciclopedia che Aitè voleva consultare.
Era Palaion a gestire la biblioteca,l’unico compito che amasse svolgere.
Ma il maestro non c’era ancora, era troppo presto,Aitè lo sapeva bene,era tutto premeditato.
La biblioteca restava sempre aperta, “Il sapere non è condizionato dal tempo” diceva suo padre.
L’enciclopedia era in cima alla torre, quindi avrebbe dovuto salire per molte rampe di scale.
Scale a chiocciola, che ti facevano girare la testa fin dalla prima rampa.
Ma Aitè ci era abituata, fin da piccola. La prima volta che aveva messo piede nella biblioteca, si era ripromessa di leggere tutti i libri. Ne aveva letti meno della metà, ma si sentiva lo stesso orgogliosa di se stessa, infatti nessuno andava mai in biblioteca.
Ecco era arrivata in cima.
Davanti a lei c’era lo studio di Palaion e sulla scrivania stava l’enciclopedia.
Quando la aprì un po’ di polvere le salì sul naso.
“Com’è che si chiamava?”
Quando girò la prima pagina un po’ di polvere cadde sui vestiti.
“…eu…”
Sfogliando freneticamente si alzava la polvere.
“…eu,
euse…”
Si fermò un attimo a pensare.
“…l’erba…l’erba medica…”
“l’erba….Euseme!”
Ecco adesso doveva solo cercare.
Sentì aprirsi il portone della biblioteca.
Palaion era arrivato. Doveva andarsene e in fretta.
C’era una rampa di scale esterna alla torre, avrebbe preso quella.
Chiuse l’enciclopedia ,mentre sentiva i passi del maestro che salivano per le scale.
Cercò di ricordarsi la posizione usuale dell’enciclopedia , e la trovò grazie all’orma della polvere.
Aprì la vetrata e la richiuse dietro di se.Scese le scale.
Arrivò al castello in un battibaleno, in tempo per la colazione.
Nella sala da pranzo vide solo il re.
“Buon Giorno padre”
“Buon giorno piccola mia”
Dal tono affettuoso che le aveva rivolto, Aitè capì che anche il padre partecipava al gioco della madre.
“la mamma?”
“A letto, non si sente molto bene.Non ti preoccupare…avrà mangiato pesante ieri sera”
Accennò un sorriso.
Aitè invece non sorrise affatto. Se ne andò senza salutare.
“Non hai fame zuccherino?”
“No”
Il re insistette perché la figlia rimanesse a fargli almeno compagnia dicendo che non poteva vederla solo una volta al giorno.
“Papà…”
“si?”
“smettila”
“di fare che?”
(- Ma di recitare ovviamente!-)
Aitè era già sparita, su , nella sua stanza.
Le domestiche avevano già fatto il letto e avevano già sistemato e pulito la sua stanza.
Aitè si sdraiò sul letto.
Athos.
Athos la veniva a trovare tutti i giorni, era ben voluto da tutti, il re e la regina lo adoravano.
Era normalissimo che non fosse ancora arrivato, ma a lei dava fastidio.
Lo voleva vedere, non sapeva che dirgli, cosa rispondere alla domanda che ormai aveva imparato a memoria.
Però aveva bisogno di lui.
“Aitè?”
Qualcuno bussava chiamandola alla porta, una voce maschile.
Lei spalancò la porta di scatto…poteva essere lui.
“Piccola mia,posso entrare?”
Evidentemente non era Athos,anzi, sicuramente non era lui.
Il re si sedette sul letto, in parte alla figlia.
Sembrava che stesse per iniziare uno di quei discorsi tra padre e figlia, alla cui fine si facevano promesse che si sarebbero dovute mantenute.
Aitè non era mai riuscita a strappare una promessa al padre. Quindi si preparò a promettere.
“Aitè…ascolta…”
La voce del padre cercava di essere più dolce possibile.
“Domani arriveranno gli eredi al trono di tutti i regni. Li ospiteremo qui al castello per due giorni, solo due giorni. Riuscirai a farli sentire a casa?”
Ecco la promessa. Sembrava poco impegnativa.
“Si”
“L’ultima sera ci sarà un ballo, riuscirai a comportarti come una principessina?”
“Si”
Erano già due promesse.Ciò non piacque alla ragazza, che storse il naso.
“E…”ecco un’altra promessa…che vorrà adesso? Non pretenderà che me li faccia amici!
“Aitè….addolcirai il tuo caretteraccio per l’occasione?”
Aitè spalancò gli occhi, nello sguardo un punto interrogativo.
“Su cara, lo sappiamo tutti e due che da un po’ di tempo sei acida…non riuscirai mai a farti volere bene da un cavaliere se continui così, a meno che non sia il povero Athos…povero caro…come farà a sopportarti…”
Sconvolta,l’aveva semplicemente sconvolta.
“Quindi, cerca di fare finta di essere una ragazza a modo e dolce”
Basita.
(- COOOSA?Non sono già dolce?Non sono già la ragazza che tutti vorrebbero???
Che mi succede? Meno di un mese fa dicevi che in me rivedevi la dolcezza della mamma. Ora…ora sono una piccola piaga. Il mio carattere acido???Ma sarà il tuo!INSENSIBILE! Come osi dirmi queste cose?VENDETTA!Tu non sai chi sono…io sono la principessa,l’erede al trono!
E tu…sei…sei…(il re?)-)
“Bene ti lascio. Rammenta le tue promesse.”
Il re stava uscendo dalla porta,ma si fermò sulla soglia.
“Ah! La mamma stà meglio.”
Aitè provò sollievo per la madre.
Poi provò solo dolore,il padre non poteva aver detto il vero.
Un carattere acido.
Non era degna di essere una principessa.
Si risdraiò sul letto.
Passò tutta la mattinata a pensare, rinchiusa nella sua stanza e non volle uscire nemmeno per mangiare a mezzogiorno.
Cercava di allontanare i cattivi pensieri sciacquandosi la faccia più e più volte.
Le faceva male la testa. Aveva bisogno di distrarsi.
Non era una ragazza, era una piaga.
Non era degna del trono.
(- …e che importa dico,CHISSENEFREGA!-)
La cosa che le rodeva dentro era un’altra parte del discorso del padre e precisamente le parole:
“…non riuscirai mai a farti volere bene da un cavaliere se continui così, a meno che non sia il povero Athos…povero caro…come farà a sopportarti…”
La cosa che le faceva più male e che non riusciva a togliersi dalla mente, era il fatto che Athos l’avesse sopportata e si fosse stizzito solo ieri sera.
Si mise in testa che era insopportabile. Una ragazza che si poteva solo detestare.
Basta.
Si doveva distrarre.
Scese nell’armeria dove ogni giorno si allenavano le guardie del palazzo e del regno.
L’armeria era un grande chiosco,un grande prato circondato di portici che conducevano alle stanze dei soldati e agli uffici bellici.
Conosceva il capitano da quando era nata. Il capitano Viktor le aveva sempre voluto un gran bene.
Adesso aveva bisogno di lui.
Lo trovò che duellava con una recluta, l’addestramento giornaliero.
Viktor possedeva un’armatura che curava come se fosse stata la sua seconda pelle e che ora risplendeva in quella battaglia. Aitè si era offerta molte volte di pulirla, per lei era un onore.
Lo adorava, era il suo eroe. Da piccola pensava a lui come al suo compagno d’avventure. Era stupendo pensare che lui avrebbe dato la vita per lei.
Era la sola persona che meritava di stare al suo fianco.
La recluta si trovò annaspando per terra con la spada di Viktor puntata alla gola.
Il capitano sorrise e aiutò la recluta ad alzarsi. Gli diede una forte pacca sulla spalla dicendo: “Bene, ottimo. Stai migliorando a vista d’occhio.Guarda ho quasi il fiatone…”
Fece finta di ansimare e sorrise di nuovo.
La recluta si sentì onorata. “ Ti manca poco per entrare a far parte della guardie…continua così!”
“Si,signore!”
Viktor si sedette ai piedi di una quercia che stava lì , vicino al campo di addestramento.
Aveva finalmente finito. Poteva concedersi un po’ di riposo.
Aitè prese una spada e si avvicinò al capitano.
Stava nascosta dietro la quercia.
Viktor chiuse gli occhi, sicuramente non per la stanchezza.
Aitè voleva puntargli la spada alla gola, come aveva visto fare dallo stesso capitano poco prima e allora si scagliò contro Viktor.
Non si sa bene come, Aitè si trovò per terra con due spade puntate alla gola. La sua e quella fedele al capitano.
L’armatura di Viktor vista dal basso all’alto sembrava ancora più imponente.
Il capitano si abbassò con le due spade sulla gola di Aitè.
Le diede un bacio sulla fronte.
“Ciao principessa”
La aiutò a rialzarsi.
“Ciao caro”
Lui era l’unico caro della sua vita.
“Vuoi duellare?Cioè…vuoi sfogarti?”
Le leggeva nel pensiero,indubbiamente era così.
Era la prima volta che Aitè teneva in mano una spada,ma Viktor le aveva detto che poteva venire a impugnarla tutte le volte che si voleva sfogare.
Lei non se n’era dimenticata.
“Si…in guardia!”
Ecco che Aitè si scagliava contro Viktor.
Lui la schivava,aveva paura di farle del male. Lei però non se ne accorgeva tanto era presa dai suoi pensieri.
Scagliava fendenti a iosa, lui li parava.
-Acida…sei acida…-
Ora colpiva con più forza.
-farai finta di essere dolce-
I suoi colpi divennero più precisi.
-…non riuscirai mai a farti volere bene da un cavaliere se continui così,-
Era accecata dall’ira, Viktor se ne accorse.
L’ira non andava bene in un duello,ma serviva per farla sfogare.
- a meno che non sia il povero Athos…povero caro…come farà a sopportarti…-
“AH!”
L’ aveva disarmato.
Era una vera forza della natura…non era più lei, era posseduta dall’ira.
Doveva stare attento. Viktor corse per riprendersi la sua spada.
Aitè incalzava facendo roteare la spada.
Viktor era riuscito a riprendere la sua spada. La bloccò, la fece cadere a terra disarmandola.
Le lanciò lontano la spada e lanciò lontano anche la sua.
Si tolse l’armatura, sapeva che l’ira non si sarebbe placata con il disarmo, quindi prossimo a una lotta corpo a corpo non voleva che l’armatura la potesse ferire.
Aveva visto giusto.
Aitè stordita per la caduta si avventò a mani nude contro il capitano delle guardie.
Gli fu subito sopra.
Lo atterrò con violenza.
Viktor la strinse forte a se e le sussurrò dolcemente:
“Tranquilla piccola…niente ti potrà fare del male tra le mie braccia”
Aitè si fermò come paralizzata.
Ascoltava i battiti del suo cuore ora, come allora.
Due bimbi intrappolati in un granaio in fiamme. Il solleone estivo era riuscito ad appiccare fuoco alla paglia intorno al granaio.
Un bimbo e una bimba abbracciati tremavano,dietro le porte incendiate,troppo spaventati per gridare aiuto.
D’un tratto un rumore forte ed assordante,un calcio poderoso che aveva mandato in frantumi l’entrata. Una figura imponente in un’armatura che brillava del bagliore delle fiamme si stagliò sulla soglia.
Il cavaliere prese in braccio la bimba e la strinse forte al petto.
“Tranquilla piccola…niente ti potrà fare del male tra le mie braccia”
Allora come ora.
Si rialzarono. Viktor la portò nel suo studio.
Era stravolta.
Le offrì del te che lei lo rifiutò con un gesto, aveva gli occhi pieni di lacrime,ma faticava a piangere.
Non voleva piangere e più si sforzava di farlo più le lacrime si ingrossavano.
“Dimmi…se c’è qualcosa di cui mi vuoi parlare…io…”
Aitè scosse la testa, guardò Viktor e sorrise.
“Tu…tu hai già fatto troppo…”
Si alzò, lo abbracciò e si accomiatò da lui correndo “Ora tocca a me”
Il tramonto.
Sapeva che l’avrebbe trovato lì.
Era il loro posto, l’aveva scelto lei però, senza il suo consenso.
A lui magari non piacevano nemmeno i tramonti.
Lei non glielo aveva mai chiesto. Non le era mai importato.
Quante cattiverie si accorgeva di avere detto.
Si pentiva di tutto.
L’aveva sopportata anche fin troppo,non doveva più soffrire per i capricci di una principessina viziata.
Temeva di trovarlo con un’altra, a guardare il tramonto.
Quante volte l’avevano visto assieme e quante volte lo aveva fatto soffrire.
Lo vedeva già con Agata o con Calla. Glielo aveva detto lei di trovarsi un’altra ragazza…sciocca!
Stava impazzendo e correva sempre più forte e veloce,ai confini del regno.
Si fermò.
C’erano due figure nere immerse nel tramonto. Due.
“no…no…”
La sua voce era solo un sussurro, forse non aveva nemmeno parlato.
Cadde pesantemente sulle ginocchia.
Non piangeva più, le lacrime si erano trattenute sulle palpebre.
Si teneva il petto, lo stringeva forte.
Ma non voleva che Athos la vedesse in quello stato, lei non aveva mai pianto davanti a lui e non intendeva farlo,mai.
Si alzò silenziosamente, a fatica.
Aveva chiuso gli occhi e si era decisa a tornare al castello. Lì avrebbe trovato la calma che le serviva per riflettere. Ultimamente stava pensando troppo e le faceva male la testa.
Non si sarebbe voltata, anche se voleva sapere chi era la miserabile.
Fece qualche lento passo verso la città.
Era la prima volta che si perdeva un tramonto. Chissà. Chissà chi era.
Si trovò involontariamente girata di nuovo verso il tramonto, contrariamente alla sua volontà.
Niente più lacrime, gli occhi erano sempre chiusi.
Si sarebbe alleviato il dolore che aveva al petto se avesse visto la ragazza con cui stava ora Athos?
E se lui l’avesse vista? Che avrebbe pensato?
Aprì gli occhi.
C’era una sola figura sullo sfondo dell’orizzonte.
(-Pazzeschi i miraggi dell’amore.Amore?-)
Si sorprese di quello che aveva pensato.
Aitè si avvicinò.
Gli era sempre più vicina.
Solo un passo, un passo e sarebbe diventata muta. L’imbarazzo l’avrebbe bloccata, ne era certa.
“Hai fatto tardi questa sera”
Il cuore iniziò a battere freneticamente.
Aitè si schiarì la voce, sciolse il nodo amaro che aveva in bocca.
(-Si , hai ragione…scusa è che in questi giorni mi è capitato di tutto, mi sento così strana!HA HA!-)
“Non è la prima volta”
Sul volto di Athos si abbozzò un sorriso.
“Vedo che non hai riflettuto su quel che ti ho detto”
(-Si che l’ho fatto…anzi perdonami per tutto quello che ti ho fatto o detto, so che è difficile…ma te lo chiedo lo stesso…le tue parole mi serviranno come monito in futuro…grazie Athos sei un vero amico, so che su di te potrò sempre contare!-)
“tsk…hai buttato parole al vento… te l’ho detto che con me sprechi solo il tuo tempo…”
Le tremava la voce.
Era come se qualcuno stesse parlando al posto suo.
Athos sembrava compiaciuto.
“Beh…tanto di tempo ne ho in abbondanza, no?”
Finalmente si girò verso Aitè.
Lei aveva il capo chino e i pugni serrati.
Le veniva voglia di piangere, le veniva voglia di abbracciarlo, le veniva voglia di gridare che gli voleva bene.
“Dì, a te da fastidio se spreco tutto il mio tempo per te?”
(- e come potrebbe darmene…come potresti darmi fastidio…-)
“Sai una cosa?”
(- Dimmi pure-)
“Secondo me non sei poi così male come principessa”
Aitè lo guardò.
(- Come fai a sapere quello che mi ha detto mio padre?-)
“Ah! Anche la tua stanza ha le orecchie…”
(-Hai origliato?-)
“No, tranquilla, non ho origliato…me l’ha detto tuo padre in persona e tua madre mi ha mandato a cercarti”
(- Pensi veramente che sarò una buona regina?Athos…se me lo dici tu … è vero-)
“Poi,secondo me il re ha sbagliato anche nel definire il tuo carattere”
Aitè si fece più attenta.
“Sei la ragazza più dolce che io abbia mai incontrato…insomma,non sei un peso da sopportare.”
Sorrise e guardò Aitè.
Lei si teneva il viso tra le mani , stava lacrimando vistosamente.
Scoppiò a piangere sotto i suoi occhi. Non le importava niente di quello che lui avrebbe pensato di quelle lacrime. Trovò l’ardore di urlare:
“TI ODIO! Come fai a dirmi queste cose…io che ti ho fatto soffrire per tutto questo tempo!Ti ho umiliato nei modi più assurdi e tu mi perdoni!NON TI VOGLIO VEDERE MAI Più!”
Il viso del giovane si rabbuiò.
Le si avvicinò e la tirò a se.
Stare tra le sue braccia era la sensazione più bella che avesse mai provato.
Athos le asciugò le lacrime.
“ Vedi?N- non…non riesco più a smettere…” sorrideva e piangeva.
“Nah, perché smettere? Puoi piangere fino a domani pomeriggio. Almeno smetti prima che arrivino gli altri principi e principesse”
Già. Se n’era dimenticata, ma domani avrebbe dovuto dimostrare a tutti di essere degna del suo titolo. Tra le braccia di Athos si poteva dimenticare tutto.
Era bello starsene lì a piangere, ma era anche troppo facile.
Smise di piangere.
(-Basta piangere,affronta i problemi Aitè!Ce la farai-)
“Visto? Hai già smesso!”
Aitè gli sorrise.
Guardarono il tramonto. D’un tratto Aitè chiese:
“Athos…ti piacciono i tramonti?”
“Molto”
Il ragazzo aveva lo sguardo perso nel sole. Ricordava molto lo sguardo di Aitè.
Si sentì sollevata, non era poi così egoista come pensava. Non l’aveva mai obbligato a vedere ogni sera il tramonto.
“In realtà…”
La fissò negli occhi e le sorrise dolcemente.
“Aitè, in realtà questa è la prima volta che lo apprezzo veramente”
Lei non ci rimase male, anzi sorrise.
Basa rimorsi, basta fantasmi del passato…godiamoci il presente.
Lo strinse ancora più forte.
Le stelle ormai erano apparse tutte nel cielo quando decisero di tornare a casa.
Athos la accompagnò sino al castello,la lasciò poco distante dalle guardie all’ingresso.
“Buona notte cavaliere”
“Sogni d’oro principessa”
Si salutavano così da quando erano nati.
Athos si girò e se ne andò.
“Athos…grazie, grazie di tutto…”
Athos si girò e sorrise, poi sparì nel buio.
Com’era felice Aitè quella sera.
Sorriso permanentemente raggiante ad ogni passo.
Le solite guardie vegliavano l’ingresso.
“Bentornata principessina”la salutò la prima.
“Le auguro un riposo tranquillo” fece eco la seconda.
“Buona veglia a voi leali guardie!”
Lo disse con un’ondata di energia quasi spaventosa.
Nella voce si sentiva l’allegria che le scoppiava dentro.
Le guardie sorrisero e annuirono l’una all’altra.
Avanzò danzando verso la grande sala.
“Principessa Aitè, domani è il grande giorno!”disse in un sorriso il Consigliere, seduto alla solita scrivania.
“Già” disse Aitè con la voce che fremeva “venderò cara la pelle!”
Il Consigliere la vide entrare volando nella sala del trono.
Annuì all’inserviente che aveva udito tutto.
Davanti a lei le rampe di scale.
Inaspettatamente imboccò quella di destra,verso la stanza reale.
Entrò di soppiatto. Baciò il padre e la madre.
Sussurrò un “Buona notte” e scappò verso la sua camera.
Il re si mise seduto sul letto, così fece la moglie.
Si accarezzavano la guancia dove la figlia aveva posato il suo bacio, il primo dopo tanto tempo.
Il re sussurrò “Buona notte a te, figlia mia”.
Annuirono.
Aitè era tornata.
Si svegliò con un sorriso quella mattina.
Aprì la finestra e il vento la salutò con una carezza , il sole con un abbraccio tiepido.
Oggi era il gran giorno e lei non aveva alcun dubbio che sarebbe stata all’altezza della prova.
L’alba era passata da poco e per il castello non c’era ancora nessuno,nemmeno i servi.
A quell’ora l’armeria era l’unico posto animato in tutto il castello.
Infatti in mezzo al prato c’era Viktor che controllava le armature di tutte le guardie.
Avrebbero dovuto proteggere i futuri regnati in caso di pericolo e un fallimento ,sapevano che sarebbe costato loro la vita.
Le ultime raccomandazioni e poi “Tutti ai vostri posti!”
“Si,Signore!”
Viktor sorrise,ognuna delle guardie era pronta,avrebbero portato a termine egregiamente il loro dovere.
Quando tutte le guardie furono andate, qualcuno tossì.
Viktor si guardò intorno, ma nell’ampio chiostro non vide nessuno.
Aitè tossicchiò di nuovo.
Stavolta la vide e si diresse subito verso di lei.
“Come sta oggi la nostra graziosa principessa?”
“Bene caro!”
“Ah!Se sei venuta qui per combattere di nuovo, combatti col muro…io non so se ne uscirei vivo…he he”
“No,dai…per oggi ti risparmio la vita,ma augurami buona fortuna!”
“Nah!Non ne hai bisogno…tu piuttosto prega perché non accada niente!”
C’era un velo d’ombra nel suo sguardo, era veramente preoccupato che accadesse qualcosa.
Quel qualcosa per spaventarlo doveva essere qualcosa di terribile.
“mmm…cattivi presagi?Tipo ti si è versato addosso il tè,o la tua armatura aveva un simbolo strano sul petto o la tua spada manda strani bagliori?”naturalmente stava scherzando.
“no,no…solo uno stupido sogno”
Aitè si fece attenta e seria,ora erano in due a sognare cose preoccupanti.
“Racconta…”
“E’ una sciocchezza, sono sicuro che non accadrà”
“Eddai!Racconta!”
Viktor si convinse a raccontare.
“Ho sognato una belva nera ”
Viktor stava sudando freddo e Aitè stava tremando per quello che avrebbe raccontato dopo.
“ non si riusciva a domare , c’erano tutte le guardie…erano tutte lì ma erano impotenti davanti alle sue fauci”
“Dov’è la disgrazia?”
“…la fiera attacca e…”
“e?”
Viktor chinò la testa.
“E?”gridò insistentemente la ragazza.
“un morto…”
“descrivilo”
“non l’ho visto…l’ho percepito…era morto qualcuno, mi sentivo svenire dal dolore e dall’impotenza”
Aitè gli passò una mano sulla testa, accarezzando i capelli rasati.
Voleva rassicurarlo, ma adesso pensava solo a un posto che si potesse incendiare.
“I sogni non si realizzano se li racconti a qualcuno”ecco, aveva trovato come consolarlo.
“Si, lo so ed è per questo che te l’ho raccontato”
Aitè sorrise.
“dai, adesso vai a prepararti…scommetto che ci metterai solo tre ore per il vestito!”
“sicuramente!”
Viktor s’incamminò verso il suo ufficio.
Aitè verso il ponte levatoio.
Adesso doveva sapere,non poteva più aspettare.
Si immerse nelle vie della città.
Fu invasa da mille profumi, il pane appena sfornato, l’odore della rugiada sull’erba,della polvere che era stata spodestata dalle case…odori di felicità e spensieratezza che i giorni prima non aveva apprezzato.
Inspirò profondamente, catturando tutta la pace che c’era intorno a lei...non aveva intenzione di perderla un’altra volta.
Si diresse tranquilla verso la casa del maestro.
“Si?”disse Palaion quando sentì bussare.
Si affacciò sulla soglia una faccia stravolta dal sonno e un pigiama con pecorelle che saltano un recinto.
Aitè si lasciò sfuggire una risata. Palaion, arrossito, la invitò ad entrare.
“Allora, qual buon vento MATTINIERO ti porta?”
“eh eh”stava ancora ridendo per il pigiama. “davvero carino quel pigiamino…he he”
Palaion era contento di essere fonte di felicità per la ragazza, ma non riuscendo più a trattenere il suo imbarazzo andò a cambiarsi.
Era da tanto che non la vedeva ridere,ma la sua figura doveva ispirare rispetto.
“Maestro sono venuta qui perché ho qualcosa da domandarle”
Palaion spuntò dalla sua camera ancora con indosso il pigiama,ma Aitè non ci fece più caso.
Si sedette vicino a lei, portando la colazione.Aveva capito che era una domanda importante.
“ dimmi” ,poi addentò una fetta biscottata spalmata di marmellata.
“una domanda sui sogni”
“Ah” e sorseggiò del buon caffelatte.
Aitè lo guardò con fare interrogativo, lo stava forse disturbando nella sua colazione?
“vai,vai…continua pure”e si asciugò la bocca con un tovagliolo di carta.
“Beh…lei che ne pensa dei sogni premonitori?”
“Intendi quei sogni che ti fanno vedere un pezzo del tuo futuro?”
“si!”pendeva dalle sue labbra.
“Dunque,dunque…che hai sognato?”
No,questo proprio non poteva dirglielo.
“Nessun sogno… solo una domanda…così per sapere!”
Cercò di sembrare più sincera possibile, ma Palaion non era il suo maestro a caso.
Lui comunque fece finta di niente.
“Si…va bene. Ciò che vediamo in sogni di questo genere non si avvera mai…”
Aitè tirò un sospiro.
Pensò a Viktor e alla sua, nessuno sarebbe morto!
Pensò al suo fratellino…non sarebbe nato malato e lei non avrebbe intrapreso quel lungo viaggio che le avrebbe portato onore e gloria.
Contenta per Viktor, delusa per il suo viaggio. In fondo aveva sperato di diventare un’eroina, però il suo fratellino sarebbe stato sano!
Si, era decisamente meglio così.
“…nei modi in cui ci si presentano nel sogno.”
Scese un’ombra sul suo sollievo momentaneo.
“Eh?”le batteva forte il cuore…non respirava quasi per non perdersi la risposta.
“Ad esempio, tu sogni la morte di qualcuno a causa di una belva feroce…”
Le si raggelò il sangue.
“…ecco…invece quella persona muore perché…che ne so…”
“PER COSA?”
Negli occhi un grido.
“…non so……in un incendio ammazzato da un assassino…comunque qualcosa che non sia una fiera”
“IMPOSSIBILE!A Nefele non si vedono malfattori da secoli!”
Lo diceva solo per rassicurarsi… aveva bisogno di certezze.
“Hai ragione”disse sorridendo il maestro “Questa città è la più sicura del mondo intero…tuttavia…non dobbiamo sottovalutare il potere dei sogni”
Niente la trattenne un secondo di più nella casa del Maestro.
Schizzò via davanti agli occhi stupefatti di Palaion.
(-Gli eredi sono in pericolo!Li dovrò sorvegliare…starò attenta che non incappino in qualche guaio!)
Correva verso il castello.
Ora si doveva preparare per l’evento,andò in camera sua.
L’aspettava impaziente la regina.
“Ah! Che il cielo sia lodato!Si può sapere dov’eri signorinella? Bah!Lasciamo perdere… prepariamoci piuttosto abbiamo solo tre ore!”
Dopo aver sottolineato il “solo tre ore” con un sospiro, Aitè aprì il suo armadio.
La mamma la scansò con un gesto veloce e dolce. Tirò fuori dal guardaroba un vestito blu, tutto un pizzo.
“Guarda cara com’è elegante!”
Aitè storse il naso, quanto avrebbe voluto una canottierina e una gonna leggera, il vestito così non le avrebbe ostacolato eventuali atti di eroismo!
“No,mamma il blu non mi piace”
Era una scusa bella e buona.
La regina si puntò su un aderentissimo vestito rosso brillante adornato da mille pieghe e da scollature mozzafiato.
“Questo…oh…questo è davvero stupendo”
“Vomitevole!”
“Eh” sospirò la regina “…riusciremo mai a trovare un vestito per te?”
Aitè era mooolto scetticasu ciò.
“Dai cara provatelo almeno!”
“Mamma ma non vedi che scollature???Faccio prima ad andare in giro nuda!”
“Dai…dai…solo per provare!”
Quante volte aveva sentito questa frase.
(-solo per provare…ceeeeeeerto…so che poi me lo farà mettere…-)
Aitè ci mise un po’, ma alla fine cedette e acconsentì a provarsi l’abito.
Si guardò allo specchio.
“OH!Sei semplicemente stupenda!Un amore te lo assicuro!”
Si sentiva strana. Non era decisamente a suo agio dentro un abito così corto.
“Si, va bene…ma non lo metterò mai”
“E perché? Sei così carina!”
“Perché…”
Aitè si accorse che chi aveva parlato non era stata sua madre.
Si girò e vide qualcuno che non avrebbe mai voluto vedere, anzi che avrebbe voluto vedere sempre ma non in quella circostanza.
Arrossì violentemente e cercò di nascondersi il corpo con le braccia, cercando di non far notare il crescente imbarazzo.
“Athos, caro, che bella sorpresa…avanti diglielo anche tu che così vestita è un amore!”
Il ragazzo castano sorrise.
Aitè ora aveva abbassato lo sguardo.
“Ehm…si,vi lascio soli…torno più tardi…ma tu Athos cerca di convincerla a mettere un vestito che sia adatto all’occasione”
Athos annuì.
“grazie” e uscì.
Aitè alzò la testa lentamente e guardò il viso sorridente di Athos.
Sorrise anche lei,flebilmente, quasi una smorfia.
“Hei, tranquilla…non ho nessuna intenzione di starmene qui a vedere il tuo guardaroba!”
Rise.
Aitè sembrava rincuorata.
“Allora perché sei qui, se non per umiliarmi?”
nella sua voce un tono d’ironia e d’affetto.
“Scherzi? Penso che non ti rivedrò più in questo abito, così sono venuto!”
“Ma smettila adesso!”
“He he”
“Dai, perché sei qui?”
Athos guardò distrattamente nell’armadio, pieno di vestiti.
Aitè lo vide spalancare gli occhi, avvicinarsi, e togliere dall’armadio qualcosa.
Sdraiò con molta cura un vestito violetto sul letto.
Aitè lo guardò.
Era uno di quei vestiti con cui di solito ci si immagina le principesse o le nobildonne,proprio uno di quelli. Violetto,gonna larga e corpetto stretto da abbinare con delle perle di fiume.
Poi guardò Athos con sguardo interrogativo.
“Non voglio certo che tu soffochi in quel vestito rosso”
Athos era arrossito leggermente.
Aitè lo prese in mano e lo esaminò per bene.
Scomparve nella stanza attigua che funzionava da spogliatoio, poi ritornò vestita di tutto punto.
“Allora?”
Athos la guardò.
“Accettabile”
Sorrisero. Non era un complimento, ma poteva andare.
“adesso mi vuoi dire perché sei qui?”
“Così”
Non era vero. Doveva dirle un sacco di cose, soprattutto dolorose, ma il maestro lo aveva informato che la ragazza non era in grado di sopportare altre preoccupazioni.
Per questo decise di tacere, solo per il suo bene.
Bussarono alla porta, entrò la regina e non fece altro che lodare la sua bambina tutto il tempo.
Finchè le trombe delle guardie all’ingresso non salutarono l’arrivo degli ospiti.
Athos se ne andò, accomiatandosi da loro con un inchino.
Era arrivato il momento tanto temuto e atteso.
Aitè si gonfiò i polmoni e scese le scale al fianco della madre.
Ce l’avrebbe fatta.
La voce dell’araldo spaccò il silenzio di rispetto reciproco che si era formato nella stanza del trono.
“Il principe Udor”
Entrò un ragazzo fiero e snello dai capelli biondi e gli occhi scuri.
“Il principe Deido”
E un ragazzo robusto fece il suo ingresso. Capelli neri e occhi neri.
“la principessa Riza”
Ragazzina dai capelli castani e dai bellissimi occhi verdi.
L’araldo annunciò anche i regni dai quali provenivano, ma gli sguardi degli ospiti erano puntati su una sola figura.
Una ragazza in un vestito violetto che con i suoi occhi grandi e luminosi li guardava.
La stessa ragazza che ora camminava lenta verso di loro e diceva
“Benvenuti nel mio regno, nel vostro regno. Che il vostro soggiorno sia felice e piacevole.”
Si inchinò profondamente.
Fu Udor, il più loquace, a rispondere per primo.
“Sono lieto di essere giunto in questo regno, mi sono state raccontate grandi cose di Nefele…spero di non restare deluso”
“e non lo sarete”
Gli altri due risposero solo all’inchino di Aitè, con un sorriso.
(- Non è male dopotutto come inizio-)
“Vi prego di seguirmi, vi mostrerò ogni segreto di questo castello”
I tre si congedarono dal re e dalla regina e si apprestarono al giro turistico.
Giunsero infine all’armeria del castello, l’ultima tappa del tour.
Qui tutte le guardie si erano raccolte in una spettacolare parata.
Aitè ,si era già fatta un’opinione per ognuno dei suoi ospiti.
Era abituata ad analizzare tutte le persone che incontrava, era un’operazione innata in lei.
Ogni volta che aprivano bocca, gli eredi venivano inconsapevolmente schedati nella mente della ragazza.
Quando furono all’armeria lei aveva già una loro catalogazione completa.
Udor: un ragazzo del tipo “Guarda i miei muscoli e quanto sono intelligente, alla sensibilità ci pensiamo dopo”
Deido: un ragazzo timido e insicuro.Non ti guardava nemmeno negli occhi.Infondo aveva un buon cuore.
Riza: una vera amica. Solare, sensibile…ma che importa farne una schedatura? approfondire l’amicizia e la sua conoscenza.
Questo era quello che pensava. Non avrebbe mai cambiato idea.
Alla fine della parata tutti i soldati si dispersero ordinatamente per il castello, mostrando quanto fosse ampio il cortile dell’armeria.
“Hm…mediocre”disse, ovviamente, Udor.
Aitè per poco non lo fulminò con lo sguardo, anzi, per poco Riza ed Aitè non lo fulminarono con lo sguardo.
Deido non disse nulla e continuò a tenere il capo chino.
“Bene signori, spero che il mio umile castello sia stato di vostro gradimento”
“certamente Aitè, è davvero bellissimo e io ti ringrazio per avermi fatto partecipe di un pezzo della tua vita”
C’era da perdersi nei discorsi di Riza e forse era proprio la sua cortesia e la profondità delle sue parole ad attrarre Aitè.
Sorrisero, senza nessuna formalità era più facile parlare.
“Come tutti gli altri…ma se vedeste il mio…”
Udor borbottò qualcosa di simile, ma ad alta voce disse:
“Siamo onorati di soggiornare in questo posto”
Fece un grande inchino e baciò la mano di Aitè.
Si sentì lusingata dalle sue parole e dai suoi gesti, ma ritrasse schifata la mano intuendo i suoi veri pensieri.
“Principe Deido, non avete detto una parola…”
Deido sembrò risvegliarsi dalla sua inattività e tutto d’un fiato disse:
“Il vostro castello è degno della fama che porta è davvero bellissimo il luogo che mi è piaciuto di più è l’armeria e mi chiedevo se era possibile accedervi sempre…”
Respirò.
Aitè lo guardò e gli sorrise rispondendo che l’armeria sarebbe stata sempre a sua disposizione.
Sembrava che Deido fosse riuscito a rompere il ghiaccio. Mostrava un volto più sereno e disteso.
“Se mi volete seguire vi condurrò nelle vostre stanze”
Diedero le spalle al vasto cortile e s’incamminarono verso le loro stanze.
La tavola era stata imbandita con ogni leccornia e ogni pietanza.
Musiche allietavano il banchetto in onore dei regali ospiti e fiori colorati rallegravano la mensa.
Il re era orgoglioso di sua figlia. La vedeva ridere e scherzare con Riza e questo poteva solo rallegrare il suo volto barbuto e gioviale.
Deido e Udor non c’erano e probabilmente se n’erano già andati nelle loro stanze, spossati dalle fatiche della giornata.
Aitè sembrava non darci peso,aveva fatto splendidamente gli onori di casa ed ora in mezzo a quella festa sembrava davvero una regina.
Prese la parola
“Amici carissimi”disse alzando il calice
“Questo è un giorno di gioia per il nostro regno”
Tutti alzarono i calici d’oro.
“Brindiamo alla longevità dei regni e alla loro prosperità”
Mille voci di gioia si levarono dai tavoli.
Aveva in pugno la situazione.Sarebbe stato quello il suo destino, ora ne era certa.
La madre aveva gli occhi lucidi e si stringeva forte al petto del re. Non diceva nulla.
Ma Aitè leggeva nei suoi occhi: “ La mia bambina”
Qualcuno gridò di nuovo, ma ciò che aveva nell’animo non era certamente gioia.
Era Deido e ansimava gridando pezzi di parole.
“…là…correte…Udor…”
Nelle pause riprendeva fiato.
Il re si alzò dal seggio e con voce profonda intimidì al ragazzo di sedersi e spiegare ciò che lo preoccupava.
Deido non si sedette, corse dal re e sbattendo con violenza una mano sulla tavola ,urlò ad un palmo dal naso del sovrano:
“UDOR è PRIGIONIERO DI UN INCENDIO NELL’ARMERIA!”
Vikor scattò in piedi rovesciando la sedia su cui era seduto.
Corse via come un fulmine.
Dietro di lui Aitè e Riza .
L’armeria brillava di alte fiamme e di corazze, c’erano tutte le guardie davanti all’ingresso dell’ufficio di Viktor.
Deido ordinava alle guardie di attraversare le fiamme, sembrava un generale in battaglia.
Viktor arrivò ansimante.
“Rapporto soldato!”
“Capitano, il principe è rinchiuso tra le fiamme dell’incendio, non possiamo domarle sono troppo alte e di natura a noi sconosciuta. Attraversarle sarebbe impossibile, moriremmo sicuramente nel tentativo dato che le nostre armature fondono con l’alzarsi della temperatura.”
“bene!”
Viktor si tolse l’armatura.
In quel momento arrivarono le due ragazze, appena in tempo per vedere il capitano sparire tra le fiamme.
Aitè represse un urlo in gola.
Si avvicinò lentamente alle fiamme.
Non riusciva a vedere nulla. Il cuore saltellava freneticamente nel petto.
Perché Viktor non usciva portando in salvo il principe?
D’un tratto ci fu solo silenzio attorno a lei.
Non sentiva più le grida dei soldati. I consigli che Riza le dava erano privi di senso e suonavano vuoti. Gli ordini di Deido erano muti.
“VIKTOR!”
Un vento improvviso e devastante rase al suolo l’armeria.
Spazzò via tutti i soldati e con loro le fiamme.
Aitè invece era rimasta immobile al suo posto. Finalmente poteva vedere che stava accadendo al suo Viktor.
Un ragazzo stava in un angolo,piangeva e singhiozzava.
Un uomo con il volto e il corpo completamente coperto da un’armatura scura impugnava una lunga spada che trapassava con una facilità e felicità estrema il corpo sanguinante del capitano.
Il cavaliere era rimasto stupito dalla violenza di quel vento e sembrava avere perso ogni interesse su Viktor.
Il cavaliere ora guardava impressionato Aitè.
Tolse la spada dal corpo di Viktor che cadde pesantemente tra le macerie del suo ufficio.
Aitè guardava Viktor, ora camminava lentamente verso di lui.
Il cavaliere si girò e scomparve nel nulla. Aveva compiuto la sua missione.
Udor sembrò riprendersi dallo shok e corse piangendo verso le sue stanze.
Non una lacrima dal volto di Aitè. Mormorava soltanto.
“Avrei dovuto capirlo…la morte sarebbe arrivata per mezzo di un assassino, non per una belva feroce…avrei dovuto capirlo…percepivi solo perché a morire eri tu, ti sentivi svenire…che sciocca sono stata”
Gli accarezzò il volto.
Si accasciò sul suo petto. Il sangue era ancora caldo.
Un urlo di disumano dolore uscì dalla sua gola,già da prima sapeva che era morto.
Ma l’illusione è così dolce.
La rabbia e il dolore albergavano nel suo animo.
Piangeva, urlava frasi senza senso.
Poi smise di urlare, tremava. Brividi freddi le salivano lungo la schiena, le dolevano gli occhi.
Ma non smise di piangere. Puro dolore.
Arrivarono dei soldati, la strapparono dalle braccia inermi di Viktor e la allontanarono dal suo corpo.
Non riusciva a contrastare la loro volontà, si sentiva impotente e debole.
Non riusciva a reggersi in piedi.
Si guardò intorno.
Non c’era più la splendida armeria del castello.
Solo una discarica di macerie, anche la quercia era stata sradicata da quello strano vento.
“…no….no…”
Scuoteva la testa, la teneva tra le mani bagnate di lacrime e sangue.
“WWWWWWWWAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH” impazzita.
Gridava e piangeva, si dirigeva verso il cadavere del capitano.
I soldati le sbarravano a strada.
Il suo campo visivo era solo il corpo di Viktor.
“Aitè”
Una voce dolce. Una voce forte. Una voce che avrebbe voluto sentire per sempre.
La voce di Viktor.
Guardava il corpo del capitano, ma la voce non veniva da lì. Veniva da dietro di lei,a pochi passi.
Si girò.
Gli occhi si gonfiarono più che mai e le lacrime scorrevano veloci e copiose sul suo viso.
La bocca fu lacerata dai denti che trattenevano grida amare.
Athos la guardò intensamente e la strinse forte a se.
Il volto impassibile e duro.
Nemmeno tra le sue braccia trovò pace.
Sconvolta da mille voci, Aitè piangeva e gridava.
Impazzita di dolore.
Il vento portò alle sue orecchie il sussurro del giovane:
“Tranquilla piccola…niente ti potrà fare del male tra le mie braccia”
Quella frase.
QUELLA FRASE!
Aitè smise di piangere e guardò il volto del giovane: si confondeva con i lineamenti di Viktor.
Il suo sorriso.
IL SUO SORRISO!
Athos sorrideva con il sorriso di Viktor.
Aitè capì.
Viktor aveva lasciato come suo successore Athos, per proteggerla.
Il suo spirito era tornato in Athos e per l’ultima volta l’aveva rassicurata con quella frase.
Aitè si girò verso il cadavere di Viktor. Era sparito, non c’era più.
Si volse di nuovo verso Athos e si abbandonò alla quiete della sua anima, nei battiti del suo cuore.
Anche se la luce della luna e delle stelle illuminava poco il buio che li opprimeva, Athos notò che Aitè aveva chiuso gli occhi e le guance erano di un rosso acceso,calde e asciutte.
Stava dormendo.
Athos la prese in braccio e vide che il suo bel vestito era sporco di sangue.
Quella notte entrambi avevano conosciuto il male.
Sembrava che Athos vedesse nel buio, nemmeno una volta fu incerto il suo passo.
Forse conosceva quell’armeria meglio di chiunque altro.
“Fermati cavaliere”
Athos si girò , compiendo movimenti dolci e lenti per non far svegliare Aitè.
Il fantasma di Viktor era seduto ai piedi della quercia.
“Athos,hai conosciuto il male…hai sofferto”il fantasma si alzò.
Si stava avvicinando.
Athos rimase in silenzio fino a quando Viktor fu accanto a lui.
“hai visto persone a te care soffrire”
Il fantasma accarezzò la guancia di Aitè.
“ora che sei consapevole della sua esistenza…”
Viktor lo fissò.
Nei loro sguardi c’era la stessa luce,con la stessa intensità.
“che intendi fare?”
Athos guardò Aitè,serena nei suoi sogni.
Sapeva che cosa doveva fare.
Il giovane si voltò verso Viktor.
Non c’era più.
“Capitano?!”
“perché mi domandi ciò che sai già?L’ho fatto anche io prima di te,continua la mia missione…parti!”
Ora la voce veniva dal suo cuore.
Sarebbe partito, era la cosa giusta.
Avrebbe lottato per una giusta causa
Sarebbe partito.
Prima di uscire si fermò,
guardò indietro verso il luogo dov’era scomparso il fantasma di Viktor e
disse:
“La difenderò, è una
promessa”e sparì nei cunicoli del castello.
“Parto oggi stesso”
“Per dove?”
“Non so di preciso”
La voce del giovane prometteva terre lontane.
“Perché parti?”
Lei non voleva lasciarlo partire.
“nessun altro deve morire…nessun altro deve soffrire”
“Ma partendo tu mi uccidi”
Il giovane sorrise e vide che gli occhi di lei luccicavano di lacrime represse.
“non temere ,tornerò…”
“presto? Me lo prometti?”
Athos la prese tra le sue braccia.
“te lo giuro…e questo suggellerà il nostro patto”
La baciò.
“Mi aspetterai?”
Silenzio.
Aitè lo vide montare a cavallo e partire verso il sole.
Non era un tramonto, era l’alba di un nuovo giorno.
Athos si svegliò.
Una sacca di cuoio stava ai piedi del letto, pronta per il viaggio.
Fuori si sentivano i nitriti del suo cavallo, impaziente di partire.
Aprì la finestra e il sole sorrise.
“E’ un buon giorno per partire”
Palaion si svegliò.
Aprì gli occhi ma restò nel letto.
Dagli infissi delle finestre si poteva vedere che la giornata sarebbe stata soleggiata.
Tossì e sorrise.
“Buon viaggio ragazzo”
Aitè si svegliò di colpo.
Aveva in gola un grido,ma anche una grande consapevolezza.
Ora sapeva che cosa doveva fare.
Inevitabilmente suo fratello sarebbe stato malato, così come nessuno poteva impedire la partenza di Athos quel giorno.
Ma non gridò, non pianse.
Aveva conosciuto il male puro, l’odore della sofferenza di perdere qualcuno.
Le cose potevano ancora cambiare,lo sentiva. Era quella la sua missione, la loro missione.
missione comune
Prima di uscire sussurrò
“Si, ti aspetterò”
Le storie d’amore che raccontava Palaion erano sempre bellissime.
Romantiche al punto giusto e c’era sempre una briciola di avventura e di pericolo.
Spesso i protagonisti si separavano a causa di eventi sovrannaturali , ma alla fine si ritrovavano in un modo o nell’altro.
Aitè non aveva dubbi.
Athos non aveva dubbi.
Avrebbero avuto il loro lieto fine.
Luce, pura luce.
Chanel