Racconti Fantasy

Un Regalo per il Principe




<< E' lui! E' lui! >> berciò all'unisono un gruppetto di donnicciuole appena le porte della città furono aperte. La folla allungò i colli, sgranò gli occhi, si alzò sulle punte dei piedi nel tentativo di riconoscere il volto del proprio eroe tra le decine d'uomini che componevano la carovana, ma fu un bimbetto di non più di sette anni a fugare ogni dubbio. Sgusciò tra le gambe muscolose di due armigeri dalla pelle olivastra e afferrò la caviglia dell'uomo a cavallo, il quale tirò piano le redini del suo destriero. La carovana s'arrestò come rispondendo ad un riflesso condizionato, e per un lungo istante tutti tacquero covando in seno la medesima, troppo a lungo repressa speranza. Il cavaliere tirò su il bambino, sistemandolo dinanzi a sè sulla sella, poi liberò il capo dall'elmo leonino e fu il tripudio. La gente gettò al cielo cappelli e scarpe, urla di giubilo incontrarono canzoni intonate da qualche improvvisato menestrello, e fiori d'ogni tipo e colore furono offerti agli uomini della carovana appena giunta; sir Proudeye era tornato a Rhainar. 
Un fiume umano che pareva aumentare di portata ad ogni passo scortò il guerriero ed i suoi uomini fino alla fortezza reale, tra incessanti festeggiamenti e lacrime di autentica gioia. Più d'una ragazza s'offrì in moglie a sir Elamon Proudeye, sperando di realizzare il sogno di una vita; la maggior parte, ben più realista, gli si offriva per una notte, contentandosi di suscitare l'invidia delle proprie amiche meno avvenenti. Una banda di suonatori attaccò " La marcia dei valorosi ", e prima che potessero interrogarsi sull'opportunità o meno di un tale comportamento ben poco marziale, armigeri e scudieri si ritrovarono a cingere i fianchi di sguattere e contadine nel bel mezzo di una frenetica danza che terminò soltanto dopo il tramonto, quando i barili di vino erano oramai vuoti e la stanchezza iniziava a gravare sulle spalle di quegl'uomini che avevano combattuto infinite battaglie sulla strada del ritorno. 

Il sole era ormai calato quando l'anziano e malato re Jogor e suo figlio Tersicon ricevettero sir Proudeye nella gran Sala del Trono. Poche candele ardevano in quell'ambiente smisurato, ma anche in quella penombra il guerriero potè con tristezza constatare che le condizioni del suo amato sovrano erano di gran lunga peggiorate durante la sua assenza. L'espressività del volto del vecchio si era ridotta a quella di una statua di cera, ed il fatto che paresse articolare le parole senza muovere le labbra suscitò nell'animo del coraggioso cavaliere una certa inquietudine.
<< Sir Proudeye, il mio miglior guerriero. >> la voce del re era nulla più che un rauco sospiro, e le palpebre di Proudeye si chiusero, per meglio recepire il significato di quelle parole << Sapevo che saresti tornato sano e salvo dalla Terribile Guerra...dimmi che anche sir Salgyr e Morgan di Fiumaria sono scampati alla morte, giacchè da molto non ricevo loro notizie, e la vista delle loro mogli che si struggono nel dubbio riempie il mio debole cuore di una pena ch'è peggio di una tortura. >>
Sir Proudeye lasciò che il silenzio riempisse l'attesa, ma quando il rantolo convulso della figura sul trono si colorò d'una nuova sfumatura di sofferenza, decise che non avrebbe arrecato un ulteriore ed inutile dolore all'uomo cui doveva l'investitura. 
<< Sono andati a nord con due donne, mio signore. >> mentì fissandosi i calzari di cuoio leggero, infinitamente più comodi degli stivali da battaglia che aveva indossato per sette lunghi anni. 
<< Fuggiti...con due donne...vi erano donne in battaglia, sir Proudeye? >> ancora il silenzio calò nella sala. Il giovane principe Tersicon tossicchiò nervosamente, in attesa che il guerriero inginocchiato fornisse spiegazioni. 
<< Erano due donne di un villaggio in cui ci fermammo per alcuni giorni mio sire, e un mattino non trovammo nè loro nè Salgyr e Morgan. Devono essere fuggiti insieme. Erano due donne molto avvenenti, ad ogni modo. >> si sforzò di ridere, ma il cuore gli sanguinava. Aveva seppellito ciò che restava di Morgan di Fiumaria nel cortile d'una chiesetta abbandonata in cui s'era imbattuto sulla via del ritorno. Ricordava fin troppo bene di aver infilato la spada del giovane guerriero sulla sommità del cumulo di terreno a mò di croce e d'aver pregato fino al sorgere di una livida alba, anche se il tutto non gli era stato di gran conforto. In un primo momento aveva anche pensato di consegnare alla vedova le misere spoglie del marito, ma il senno di cui non era sprovvisto lo aveva fatto recedere da tale proposito: vedersi recapitare in un sacco per conigli ciò che resta d'un uomo grosso come un armadio avrebbe condotto qualsiasi donna alla follia, ed era una cosa che Elamon Proudeye proprio non voleva sulla coscienza. Quanto a Salgyr il Lesto, in quel momento il suo corpo nudo penzolava per la gioia dei corvi dai rami d'una mastodontica quercia al limitare del campo di battaglia conosciuto come Ultimo Giorno, insieme a quelli di decine d'altri valorosi che s'erano battuti nella Terribile Guerra dei sette anni. Ma tutto questo il vecchio re Jogor non doveva saperlo. Non da lui in ogni caso. Meglio lasciargli credere che i due giovani rampolli che aveva mandato a morire erano fuggiti per un capriccio d'amore, piuttosto che spezzargli il cuore raccontandogli una atroce verità.
<< Quei due stolti >> mormorò con fatica il re << non hanno mai saputo resistere alle tentazioni d'una sottana. Dovevo aspettarmelo che prima o poi avrebbero compiuto una sciocchezza di tal guisa. >> le ultime parole furono soffocate da una scarica di colpi di tosse catarrosa che piegò in due la vecchia schiena. Proudeye si stupì con dolore dell'inerzia di Tersicon, il quale assisteva all'agonìa del padre in maniera assolutamente distaccata e fredda, quasi crudele. Un paggio con un fazzoletto si materializzò dall'oscurità ed accorse a tergere la bava accumulatasi ai bordi della bocca emaciata del sovrano, poi scomparve nuovamente nell'immensità della Sala del Trono. 
<< Credo che per questa sera il re non sia in grado di continuare la conversazione >> disse Tersicon. Aveva soltanto diciassette anni, ma quando apriva bocca ne dimostrava almeno il doppio. Proudeye non riusciva ad immaginare che tipo di re sarebbe diventato alla morte di Jogor, ma alle volte aveva paura del ragazzo.
<< Allora mi ritirerò, col vostro permesso, nei mei alloggi. >> rispose.
<< Non ho detto questo. >>
<< Desiderate qualche cosa da me, altezza? >> 
<< Non è usanza d'ogni buon uomo d'armi portare dei doni al proprio principe quando ritorni da una vittoriosa campagna durata molto a lungo? >>
<< Oh...ma certamente mio principe >> Proudeye odiava dover essere servile con quel bastardello viziato che avrebbe potuto essere suo figlio << ho per voi recato a Rhainar ogni tipo di gemma preziosa, nonchè armi straordinarie e... >> 
<< Ho visto due cose, questa mattina. >>
<< Cose? >>
<< In una gabbia che i vostri uomini hanno prestamente coperto con un telo. Come due fanciulli deformi. >>
<< Ma...quelli... >> il guerriero cercò le parole atte a spiegare una cosa che non aveva senso. Doveva dire ad un principe che non poteva avere ciò che voleva. Non le trovò, perchè non ve n'erano, e preferì ancora una volta tacere.
<< Li voglio. >> disse il giovane viziato senza smettere di fissare Proudeye, il quale non potè che rispondere: << Li avrete. >>

Non fu tranquilla la prima notte che sir Proudeye trascorse nel suo letto dopo sette anni passati a dormire in tende da campo o, alla peggio, sotto le stelle, e sebbene al risveglio non ricordasse nessuno dei sogni che lo avevano turbato, di certo sapeva che il nuovo giorno non sarebbe iniziato nel migliore dei modi. Un servitore venne all'alba ad annunciargli che il principe Tersicon lo aspettava nel cortile del palazzo reale, ed egli dovette lavarsi e vestirsi in tutta fretta, perchè mai e poi mai doveva accadere che un principe, per quanto imberbe e borioso, attendesse un guerriero per più di qualche minuto. Indossò un abito marrone chiaro che abbottonò scendendo la lunga rampa di scale della torre in cui alloggiava, e non si curò di cercare nel suo vasto guardaroba un mantello nè un copricapo. Finalmente fu nel cortile, dove non senza disappunto dovette constatare che il principe aveva già provveduto ad appropriarsi di ciò che desiderava. La gabbia campeggiava nel mezzo dell'ampio spazio aperto, esposta alla curiosità di servitori e guardie, indicata con disgusto da qualche ancella mattutina che si recava nelle stanze della propria padrona. I due esseri al suo interno erano più o meno delle dimensioni di un bambino di cinque anni. Dormivano uno sull'altro, incuranti del crocchio di gente formatosi intorno a loro per osservarli con sgomento.
<< Cosa sono? >> chiese il principe Tersicon. In quell'istante comparve, curvo su un trono portato a spalla da quattro robusti servi, anche re Jogor, pallido come il sole del primo mattino. 
<< Credo che sir Proudeye abbia preparato regali molto più preziosi per te, Tersicon. >> disse, ma il giovane erede al trono non sembrava ascoltarlo. Fissava il cavaliere, attendendo una risposta che lo soddisfacesse. Ancora una volta Proudeye non potè far altro che obbedire.
<< Sono troll nani, mio signore. >> disse mentre la lingua gli s'impastava, rendendogli arduo pronunciare ogni singola sillaba << Li catturammo ai piedi d'una montagna chiamata Nasum Hag, mentre ci spostavamo verso Ordania dei Fiori, circa dieci mesi orsono. Sono bestie stupide e di nessuna utilità, principe, indegne di suscitare la vostra attenzione, che dovrebbe ricadere su oggetti ben più... >>
<< Non sarai tu a dirmi cosa dovrei desiderare! >> il tono di Tersicon non ammetteva repliche, eppure il guerriero tentò l'ultima carta, quella della verità.
<< Ho...promesso di proteggere quegli animali, altezza. >> disse con voce ferma, ma tenendo basso lo sguardo. Le sue labbra tremavano leggermente, al pari di foglie carezzate da un piacevole vento estivo. Peccato che di piacevole quella situazione non avesse proprio nulla.
<< Promesso. Ed a chi, di grazia? >> domandò incuriosito Tersicon. Uno dei due piccoli troll dischiuse pigramente un occhio rosso, poi tornò a dormire rigirandosi sulla schiena. 
<< Al capo di una tribù di selvaggi che vive poco lontano da Nasum Hag. Vedete, essi credono che queste bestie portino fortuna, e non permettono a nessuno di fare loro del male. Mi hanno fatto giurare sul mio onore di non ucciderli, prima di lasciarmi catturare questi due... >>
Il giovane Tersicon non sembrava molto convinto dalla storia.
<< La parola data a dei selvaggi vale più della soddisfazione di un desiderio del tuo principe? >> disse gelido. Stava cacciando Proudeye in un vicolo cieco.
<< Certamente no, altezza, ma... >>
<< Allora è deciso, avrò uno di quei due mostri nella gabbia, e mi ci divertirò come credo, finchè credo. L'altro lo farò gettare nelle segrete, e ti prometto che vivrà. Hai qualche cosa da obbiettare, sir? Mi sembri inquieto... >>
Proudeye strinse i denti così forte da scheggiarseli, ma riuscì a ricacciare indietro l'ira che sentiva montare in sè, seppellendola nello stomaco, dove il malessere gli s'avvinghiò alle budella come un serpente stritolatore. 
<< Non ho nulla da dire altezza. >> dichiarò a testa bassa << Sia come voi volete. >>
Ricorrendo alle misere forze di cui ancora disponeva, re Jogor sollevò un pugno in aria, agitandolo a mò di ammonizione alla volta del proprio giovane e sciocco rampollo.
<< Non è così che si governano dei sudditi figlio, men che meno un cavaliere della caratura di sir Proudeye! >> gridò, ed il suo viso s'accese d'un colorito violaceo mentre puntava l'indice << Tua madre la regina, che morì dandoti alla luce, avrebbe vergogna di te se ti vedesse comportarti come un fanciullo capriccioso e non come il giovane uomo che sei! >>
Proudeye non aspettò un secondo per aggrapparsi alla mano che il sovrano gli aveva teso. Parlò con umiltà e sottomissione, perchè sapeva ch'era quella la strada da percorrere se voleva sperare di salvare i due troll e mantenere il giuramento fatto al capo della tribù; era in ballo il suo onore, ed avrebbe tentato di tutto pur di non infrangere quella promessa. 
<< Mio principe >> disse gettandosi in ginocchio << le parole del re vostro padre sono colme di verità e saggezza. Egli è contrariato perchè vi vede comportarvi in maniera insolita, forse indegna d'un erede al trono. >> il volto di Tersicon fu scosso da tremiti di furore, ma Proudeye continuò << Ma voi potete dimostrargli d'essere quell'uomo avveduto e meritevole di regnare che in realtà siete, se tornate sulla vostra decisione e lasciate ch'io vi mostri gli altri doni che per voi ho recato a Rhainar da... >>
Era finita. Il pugno di Tersicon picchiò sulla gabbia dei piccoli troll, destandoli di soprassalto.
<< Questo è troppo! >> urlò colpendo con un calcio Proudeye, che iniziò a sanguinare da un labbro. Il guerriero tremò di rabbia repressa. Avrebbe potuto uccidere quell'odioso ragazzino con entrambe le mani legate dietro la schiena, ma la sua posizione non gli permetteva neppure di discolparsi da quella che il principe riteneva un'offesa alla sua persona.
<< Hai commesso un grave errore, Proudeye >> tuonò il giovane Tersicon, e la sua voce risuonò alterata spaventosamente dalla collera << il più grave della tua vita, e lo pagherai caro! Guardie, gettate questo impudente che ha osato offendermi nelle segrete insieme ad una di quelle bestie puzzolenti! Fatelo ora! >>
Nessuna delle guardie azzardò una mossa. Per quanto re Jogor fosse con un piede e mezzo nella tomba, era ancora lui che comandava in quel castello, così come in tutta Rhainar. Il sovrano tentò di parlare, ma lo sforzo di poco prima lo aveva privato di ogni energia, ed ebbe appena la forza d'indicare con un cenno la torre in cui alloggiava, dove giunse, portato dai servitori, in stato di semi incoscienza. Nel cortile, Tersicon afferrò uno degli armigeri e gli alitò in faccia parole tanto colme di verità quanto crudeli: << Chi diavolo credete che siederà sul trono quando il vecchio sarà crepato, stupidi idioti? Quanto pensate che gli resti? State certi che la prima cosa che farò quando sarò re sarà sbarazzarmi di chi non mi ha obbedito oggi. Prendete questo maledetto e gettatelo nelle segrete più buie del palazzo! >>
Dinanzi a quegli argomenti le guardie non poterono che agire. Proudeye fu incatenato e condotto alle prigioni, mentre dietro di lui risuonavano le urla dei troll che non volevano essere separati l'uno dall'altro. Di nuovo il guerriero avvertì la morsa dell'ira serrargli lo stomaco, questa volta così potente da dargli la nausea. Avrebbe voluto portarsi le mani alle orecchie per non udire il pianto delle creature che aveva giurato di proteggere, ma aveva i polsi legati dietro la schiena, e non potè far altro che versare calde lacrime d'impotenza mentre veniva condotto alle segrete come un volgare criminale. 

Non era un gruppo omogeneo quello che si ritrovò, suo malgrado, a condividere una lercia e fredda cella nelle segrete del palazzo di Rhainar, dalle quali pochi avevano avuto la fortuna di uscire con le proprie gambe. Sir Proudeye sedeva a terra, le spalle nude appoggiate all'umida parete incessantemente percorsa da grossi ragni e lucertole cieche, il capo tra le mani callose da combattente. Per lui che aveva sempre servito con lealtà re Jogor, mettendo la sua vita al servizio della corona, accettare ciò ch'era accaduto era cosa che andava oltre la propria stessa natura. Fitte di vergogna gli laceravano il petto, tanto acute quanto nitida era nella sua mente sconvolta l'immagine del giovane volto crudele del principe Tersicon, mentre ordinava alle guardie di condurlo in prigione. Lui, che aveva sgominato eserciti d'invasori in nome del re e riportato vittorie laddove nessuno era riuscito, che aveva sconfitto in singolar tenzone Rosthuk Than e ritrovato il tesoro del Drago Azzurro, costretto ai ceppi per volere di un ragazzino. Era impossibile accettare una cosa del genere. Scosse il capo tra le mani, invocando silenziosamente la giustizia divina. 
Poco distante dal guerriero disonorato, il piccolo troll tremava rannicchiato in un angolo buio, fradicio della sua stessa urina, terrorizzato dall'esser stato per la prima volta nel corso della sua breve vita separato dal fratello. Quando la voce baritonale e potente ruppe il silenzio, schiacciò il piccolo corpo scuro ancor più alla parete, battendo i denti con violenza.
<< Che gli dèi onnipotenti mi fulminino, se quello laggiù non è un troll nano! >> l'esclamazione fu così improvvisa che anche sir Proudeye sobbalzò, richiamato dai suoi sensi dall'abisso di disperazione in cui era sprofondato. Aguzzò la vista nella direzione in cui aveva creduto d'individuare la fonte di quelle parole, e dopo poco vi scorse una figura, un uomo vestito di pochi luridi stracci, con una lunga ed ispida barba che gli arrivava quasi fino all'ombelico e varie cicatrici di frustate sul petto. 
<< Chi diavolo sei tu? >> chiese senza preoccuparsi di assumere un tono cordiale. Era un cavaliere, e stava sicuramente rivolgendosi ad un malfattore, dunque non era il caso di badare alla forma. La risposta dell'altro non tardò a giungere, ma fu ben diversa da quella che s'attendeva il guerriero. 
<< Tallius l'Erudito mi chiamavano, prima che il tuo re rinchiudesse la mia vita e la mia conoscenza tra le pietre di questo luogo di tenebra, per paura che la mia mente potesse recare vantaggio a qualcuno dei suoi nemici. Mai avevo dato egli agio di sospettare qualcosa del genere, ma questo non mi salvò, e da mesi ed anni sono confinato in queste ben poco ospitali stanze senza averlo meritato nemmeno per un istante. >>
Non fu facile per Proudeye trovare qualcosa da rispondere. La storia di Tallius era nota in tutta Rhainar, ed era uno degli argomenti preferiti dai detrattori di re Jogor, usata a testimonianza della vera indole che il sovrano celava dietro una maschera di magnanimità e indulgenza. Alla fine, le parole che pronunciò suonarono talmente false alla sua stessa coscienza che se avesse potuto, se le sarebbe ricacciate in gola.
<< Se sei qui non puoi essere innocente. >> disse. Il barbuto Tallius rise amaro, poi gli s'avvicinò.
<< Se io sono colpevole, allora anche tu devi esserlo. Se la mia colpa è la conoscenza, qual'è la tua, guerriero? >>
<< Non è stato re Jogor a ordinare la mia incarcerazione >> si schermì Proudeye. Ma non reggeva. Il re, per quanto malato, avrebbe potuto facilmente ordinare che fosse liberato, ed invece aveva permesso al maledetto Tersicon di disporre come credeva di lui, trattandolo alla guisa di qualsiasi ladro di polli o tagliagole da taverna, e questo gli faceva male, così male da indurlo a concedere a Tallius la risposta che s'aspettava. 
<< L'onore. >> mormorò fissando il vuoto << La mia colpa è aver voluto a tutti i costi mantenere la parola data. >> poi vibrò un potente pugno contro la parete, fracassandosi tre dita, ruggendo come una belva ferita chiusa in una gabbia. La vista gli s'annebbiò per il dolore, e quando i suoi occhi tornarono capaci di distinguere ciò che gli stava intorno s'accorse che Tallius s'era portato accanto al troll nano e l'osservava tormentandosi la barba grigia con una mano adunca. 
<< E' proprio un troll nano. >> mormorò più a sè stesso che a Proudeye << Mi chiedo come sia potuto giungere in questa regione. >>
Proudeye rimise al loro posto le dita rotte soffocando un urlo tra i denti stretti.
<< Ve l'ho condotto io, in gabbia >> disse poi << assieme ad un suo fratello in tutto simile a lui. M'imbattei in loro a Nasum Hag. Cos'ha? >> la bestia aveva iniziato a respirare a fatica, ed una lingua rosata, penzolante come un impiccato, era comparsa tra le innocue fauci aperte.
<< La paura lo fa star male. >> sentenziò Tallius << Allontaniamoci da lui. E' meglio per noi, credimi sir. >>
<< Meglio per noi? >> si stupì Proudeye << Che cosa potrebbe farci questo piccolo sgorbio grigio? >>
La risposta del sapiente Tallius fu un'altra domanda: << Dov'è l'altro? >>
Proudeye parve rabbuiarsi, rammentando la promessa infranta, poi rispose cupo: << Il maledetto Tersicon l'ha voluto per il suo trastullo. Non credo che vivrà fino a domani. >> il vecchio prigioniero sgranò gli occhi venati, scosso da codesta ultima frase.
<< Per gli dèi! >> esclamò, facendo con le mani strani gesti simili ad un curioso rituale. Proudeye si stupì che un uomo materialista come quello, famoso per il suo rigettare ogni tipo di superstizione, potesse ricorrere a sì ridicoli scongiuri. Se la situazione in cui si trovava non fosse stata tragica, avrebbe riso di gusto di quella scena. 
<< Il principe morrà. >> disse cupo Tallius, sedendo sul freddo pavimento con aria solenne e dolente. Poudeye lo guatò con una espressione carica d'incertezza e stupore. Cominciava seriamente a nutrire dubbi sulla sanità mentale del vecchio, ma ben presto avrebbe dovuto ricredersi.
<< Molti anni orsono >> iniziò l'Erudito << fui incaricato da re Jogor di recarmi ad ovest per studiare le misteriose proprietà di un'erba selvatica chiamata Beldolore, la quale cresceva soltanto in quelle regioni lontane ed era usata dai maghi del posto per alcune loro strane pozioni. Non occorre che ti menzioni il viaggio, nè che ti parli delle straordinarie facoltà della Beldolore, poichè suppongo tu non vi sia interessato. Ciò che invece devi sapere è che, mentre attraversavo un altopiano piuttosto brullo insieme alla guardia del corpo assegnatami dal re, m'imbattei in uno strano mostriciattolo in tutto simile al nostro compagno di cella, un troll nano probabilmente smarritosi mentre vagava in cerca di cibo con la propria famiglia. Ora, devi sapere che fino ad allora re Jogor aveva sempre designato con meticolosità i guerrieri che dovevano occuparsi della mia incolumità nel corso dei miei viaggi, poichè sapeva bene che non poche insidie potevano attendermi, e che io non sono e non ero certo un esperto combattente. Quella particolare volta invece, ahimè, mi aveva affidato ad un bruto peloso di nome Shunnis, un figuro taciturno e violento che anzichè proteggermi mi cacciò in una delle peggiori situazioni della mia pur travagliata esistenza. >> 

<< Sciogli i cani. >> ordinò Tersicon balzando in sella al proprio destriero. L'esperto Ludowig, il cacciatore di corte, obbedì silenziosamente, e la muta si lanciò all'inseguimento abbaiando in maniera selvaggia. La Radura Sognante , sorta d'immenso giardino privato cui potevano accedere soltanto i membri della famiglia reale e pochissimi ospiti tra i più importanti del regno, era il luogo migliore per il passatempo organizzato dal giovane principe. Non era tanto grande da permettere alla bestia di sfuggirgli, nè così piccola da negargli il piacere della caccia e dell'inseguimento. 
<< Muoviamoci! >> urlò spronando la cavalcatura, la lancia da cinghiali stretta sotto la spalla destra. Ludowig lo seguiva sul suo pesante Branfald, un cavallo da guerra divenuto una specie di leggenda a Rhainar per aver ucciso un lupo gigante con un solo colpo dei potenti zoccoli. Dietro di lui, due giovani cacciatori seguivano a piedi, armati di balestre e reti da lancio, tagliole e funi per preparare trappole da camuffare tra la vegetazione. Ludowig se li era portati appresso più per fargli fare eserienza che per reale necessità, ma nel caso qualcosa fosse andato storto, quei due potevano rivelarsi utili. Ad ogni modo, il principe Tersicon aveva ribadito con fermezza che doveva essere la sua lancia a trafiggere la carne grigia del troll nano, e che nessun altro doveva provarsi a toccarlo, se non voleva incorrere nella sua ira.

<< Orbene, questo Shunnis era forte come un orso, ma più stupido d'un pollo da cortile >> stava proseguendo Tallius << ed appena scorse il troll la cosa più ovvia che il suo inutile cervello riuscì a suggerirgli fu d'ucciderlo. Come potrai immaginare, la bestia non fu propriamente entusiasta di quel proposito, e cominciò a darsela a gambe con quanta furia aveva in corpo. Niente da fare. Shunnis lo catturò e glì tagliò di netto i piedi, affinchè non potesse fuggire. Cercai di ricondurre alla ragione quell'animale d'uomo, ma non vi fu verso, così, dopo ch'ebbe minacciato di farmi fare la stessa fina del troll, m'allontanai sdegnato, poichè non volevo assistere allo spettacolo raccapricciante che immaginavo sarebbe seguito di lì a poco. >>

<< L'odore di quello sgorbio è dappertutto nell'aria. >> mormorò il principe. I cani apparivano confusi e giravano in tondo da parecchi minuti, annusando spasmodicamente ogni tronco, pietra o ciuffo d'erba su cui il fuggitivo aveva lasciato la propria traccia. 
<< Potrebbe non essere così facile come si credeva. >> azzardò Ludowig, pentendosi subito dopo della sua dannata lingua che alle volte non riusciva a fenare.
<< Non ho chiesto il tuo parere, servo. >> lo zittì Tersicon, fulminandolo con un occhiataccia << Ed in ogni caso, non sei forse tu il miglior cacciatore di Rhainar, il fenomeno cui nessuna bestia riesce a sfuggire? >> i due ragazzi che accompagnavano Ludowig si guardarono vicendevolmente, a disagio.
<< Mai cacciato troll, altezza. >> fu lesto a discolparsi l'uomo, caricando le parole di un tono sarcastico che non piacque al giovane erede alla corona. Tersicon stava per lasciare che la sua ira per quell'irriverente si tramutasse in invettive e minacce, quando i cani si lanciarono all'inseguimento sbavando ed abbaiando, eccitati dalla vista della preda tanto agognata.
<< Eccolo! >>
Era sbucato da un cespuglio di bacche selvatiche a circa settanta metri di distanza dal gruppo degl'inseguitori, e correva come un forsennato verso nord, guardandosi spesso alle spalle per sincerarsi del vantaggio che gli restava.

<< Così Shunnis uccise il troll... >> disse Proudeye, credendo d'anticipare il finale della storia.
<< Non potresti essere più lontano dalla verità, cavaliere. >> ribattè con un sorriso Tallius << Lo torturò orribilmente, tanto che potei udire le urla da una distanza considerevole, ma poi... >> a questo punto fece una pausa, incurante della crescente curiosità del proprio interlocutore. Non poche volte aveva raccontato quella vicenda e sempre, arrivato a quel punto, s'era ritrovato ad arrestare la narrazione, incapace di credere egli stesso a ciò che avrebbe dovuto dire.
<< Allora, che diavolo accadde? >> chiese Proudeye protendendo il proprio viso verso quello barbuto e rugoso di Tallius, il quale lo fissò con sguardo cupo e risoluto insieme.
<< Non ho mai capito cosa successe con esattezza. >> rispose, e sembrò volersi liberare d'un peso gravante su di sè << So solo che non v'erano montagne nei paraggi, eppure ne vidi una che camminava, ed al contempo udii un grido disperato e raggelante, assolutamente inumano, e tuttavia proveniente dalla gola di Shunnis. Quel...quella cosa enorme parve per un istante oscurare il sole, poi rocce e pietrisco furono sbalzati nel cielo e la vidi inabissarsi nel terreno, scomparire alla mia vista come se annegasse nell'oceano. Solo dopo molte ore trovai il coraggio per recarmi sul luogo in cui per l'ultima volta avevo visto la mia guardia, e lo feci tremando e pregando gli dèi che mi proteggessero dai demoni del male, che camminano alla luce del sole e che spesso preferiscono celarsi dietro le sembianze di creature apparentemente innocue. Ciò che trovai attentò seriamente ai miei sensi, e dovetti ricorrere a tutta la mia presenza di spirito per evitare di cadere svenuto. Maciullato dal bacino in giù, il corpo di Shunnis giaceva al limitare di un gran fosso, che solo dopo aver recuperato una certa padronanza delle mie facoltà mentali concepii essere un'impronta ciclopica, smisurata, quadridattila come quella dei troll. >> 

Il piccolo cuore martellava all'impazzata mentre cercava di risalire una collina piuttosto ripida. Terrorizzato a morte, scoprì di poter piangere come gli esseri umani, una sorta di penoso grugnito che mai aveva udito emettere da alcun suo simile. I cani erano dietro di lui, ed i cani erano la cosa peggiore, perchè ne aveva un timore folle. Giunse sulla sommità dell'avvallamanto senza più fiato, in lacrime, con le gambe che tremavano per la fatica e la paura. I cani. Riprese a correre, ridiscendendo dal lato opposto della collina, il proprio istinto di sopravvivenza spronato dall'incessante abbaiare alle sue spalle, dalla consapevolezza che gli umani l'avrebbero ucciso, anche se per un motivo che non avrebbe mai compreso. Alla sua sinistra v'era un boschetto d'alberelli di mele, nel quale s'infilò lesto, sperando di far perdere le proprie tracce. Guardando indietro vide le brutte teste dei cani ferme sulla sommità dell'altura da cui era disceso un attimo prima, i loro nasi puntati verso il cielo. Lo avevano perso. Rallentò il passo, in cerca dell'uscita dal meleto. Non poteva certo sperare di salvarsi nascondendosi tra alberi tanto bassi, e questo il suo istinto lo sapeva bene. Doveva fuggire dalla radura, se voleva salvarsi. S'accorse di provare uno strano dolore in ogni singolo osso del piccolo e sgraziato corpo, ed una specie di formicolìo nei muscoli; era sgradevole, ma non era il peggiore aspetto di quella situazione. Non capiva, perchè volevano ucciderlo? Per cibarsene, forse? Udì rumore di zoccoli, il cuore riprese a tamburellare veloce mentre s'appiattiva al terreno, ai piedi d'un albero leggermente più grande degli altri. Cercò di coprirsi con delle foglie che giacevano nelle vicinanze, ma anche così camuffato aveva ben poche speranze di passare inosservato. La sua schiena venne scossa da violenti tremiti di paura, e quando l'inseguitore entrò nel suo campo visivo ricominciò a piangere, tenendosi una mano sulla bocca. Era un uomo non giovane, e stava in groppa ad un cavallo enorme, un cavallo come mai il troll ne aveva veduti prima in vita sua. Il dolore alle ossa sembrava aumentare con la paura, e così il bruciore, che annebbiava la mente e rendeva le lacrime lapilli incandescenti. Non era stato visto fino a quel momento, e probabilmente il suo tentativo di nascondersi avrebbe avuto successo se un singulto maledetto non gli fosse sfuggito dalla gola, rivelando la sua presenza. L'umano urlò qualcosa, egli balzò in piedi e girò su sè stesso con tutta la velocità che il suo stanco corpo gli permetteva, e la fuga riprese più convulsa di prima. I cani, gli orribili cani, si lanciarono giù dalla collina rabbiosi più che mai, digrignando zanne pronte a lacerargli la carne, ad immobilizzarlo al suolo in attesa che una lama giungesse a finirlo. Adesso era quasi pazzo di paura, perchè l'ombra gigantesca del cavallo gravava su di lui come una condanna cui non sarebbe potuto scampare, malgrado continuasse a correre alla cieca verso il limitare della radura che pareva non giungere mai. Non vedeva quasi più; le lacrime e il dolore lacerante alle ossa, che parevano volersi spaccare da un istante all'altro, lo rendevano cieco e sordo, esposto alla totale mercè di chi lo voleva morto. All'improvviso sentì mancargli il suolo sotto i piedi, e prima che potesse urlare si ritrovò con i polmoni invasi dall'acqua, annaspando disperatamente per scampare all'annegamento. Era finito in un laghetto che nemmeno aveva veduto durante la sua folle corsa, ed ora stava affondando inesorabilmente, mentre l'acqua gli mozzava il respiro ed il bruciore interno lo privava di ogni residua forza. Fu allora che scoprì la propria vera natura; fu allora che capì che il bruciore serviva a salvargli la vita. La paura attivava il dolore, il dolore cresceva con essa, e poi cresceva tutto.

<< Sta riposando? >> chiese Proudeye a voce bassa. Tallius l'Erudito rispose senza guardarlo: 
<< Riusciresti a riposare se ti avessero separato da tuo fratello e rinchiuso in una prigione buia in attesa di ucciderti? >> disse con sarcastica amarezza. Proudeye scosse il capo e tornò silenzioso. Si chiese se il principe avesse già incontrato il proprio tremendo destino, e quale sarebbe stato il suo, una volta perito chi l'aveva fatto incarcerare ingiustamente. Non s'illudeva che l'avrebbero liberato, questo no. La colpa della morte di Tersicon sarebbe ricaduta tutta su di lui, che aveva portato con sè a Rhainar delle creature maledette; sarebbe stato punito, forse torturato a morte per il proprio errore, mentre la folla che l'aveva poco prima acclamato lo malediceva per aver causato la dipartita del giovane erede al trono. Il troll nell'angolo iniziò a russare piano.
<< Vedi che dorme? >> disse il cavaliere.
<< Dèi misericordiosi >> esclamò Tallius << queste creature non finiranno mai di stupirmi! >>

<< E' annegato. >> sentenziò Ludowig, aspettandosi di veder affiorare da un momento all'altro il corpo del troll << E' sotto da troppo tempo ormai. >>
<< Bastardo. >> sibilò a denti stretti Tersicon. Era deluso ed infuriato, e piantò la lunga lancia nel terreno con un gesto di stizza. Ai suoi occhi, era come se il mostriciattolo l'avesse fatta franca, e questo non poteva sopportarlo. I due giovani apprendisti di Ludowig si tenevano a debita distanza dal principe, e iniziavano a nutrire un marcato desiderio di fare ritorno in città, adesso che la caccia si era conclusa in un fiasco.
<< Useremo quell'altro >> disse Tersicon << e stavolta non gli daremo scampo. Adesso andiamocene, perchè voglio tracannare vino fino a quando la mia collera non sarà placata. >>
La comitiva voltò le spalle al lago ed intraprese la strada del ritorno in silenzio, ma non aveva percorso che pochi passi quando un rombo spaventoso gettò i suoi membri nel panico, trasformando in prede coloro ch'erano fino a poco prima stati cacciatori. La morte risparmiò soltanto i cani, due dei quali, sconvolti al punto da riuscire a malapena a stare sulle zampe fecero ritorno al castello, dove si abbatterono al suolo più morti che vivi. La montagna che camminava fu veduta da tutti, più alta delle enormi querce della Radura Sognante, spaventosa mentre scompariva alla vista, e soltanto quando ebbe smesso d'oscurare il sole la gente di Rhainar riprese a respirare ringraziando gli dèi. Un drappello di soldati si recò nella radura in cerca del principe, ma tornò a mani vuote; era stato impossibile rimuovere il corpo dal terreno in cui pareva esser stato pressato da un maglio di migliaia di tonnellate, e così era stato per gli altri membri del gruppo. 

La porta della cella s'aprì d'improvviso, destando il piccolo troll che iniziò immediatamente a tremare e schermirsi il volto con le deformi braccia grigie. Entrarono due armigeri con le spade snudate, si pararono davanti alla bestia e sollevarono le lame sopra le loro teste.
<< No! Aspettate! >> gridò loro Tallius l'Erudito, ed il terrore scavò rughe più profonde sul suo viso alterato. Il troll urlò di paura, grugnì, tentò di mettersi in piedi, cadde. Poi fu l'inferno. 
<< Scappa, scappa! >> la voce di Tallius era rotta dal panico mentre balzava verso la porta delle segrete in un ultimo quanto inutile tentativo di scampare alla morte. Proudeye giacque immobile e sbalordito, testimone immobile dell'incredibile fenomeno che avveniva sotto i suoi occhi sgranati.
<< Ma...cosa... >> riuscì a mormorare; dopodichè il soffito crollò e seppellì tutti, mentre una montagna grigia squassava il castello crescendo a dismisura.



L'Elfo Sanguinante