CAPITOLO I : IL VECCHIO
Questa storia si ambienta nel villaggio di Venzone alla fine del XIV secolo, quando la popolazione dell’intera Europa era stata decimata dalla peste. Il mio nome è Fabio, e a quel tempo vivevo con i miei genitori, che gestivano l’unica locanda presente nel raggio di parecchie miglia. Un giorno alla locanda giunse un vecchio vestito in malo modo, sicuramente un guerriero, poiché alla cintura aveva legato una spada con il simbolo di una stella sull’elsa. Sin dall’inizio si dimostrò molto antipatico; dopo aver preso una stanza per tempo indeterminato, infatti, cominciò a girare per il villaggio, rifiutandosi di parlare con chiunque. La vita andò avanti normalmente per qualche settimana quando, girando per il bosco subito fuori da Venzone, trovai una grotta che non avevo mai visto prima. All’interno trovai una specie di banco, con sopra un impronta di mano umana. Istintivamente ci poggiai sopra la mia, e nel momento in cui la pelle sfiorò la roccia, ci fu un bagliore di luce che mi accecò, e nel momento in cui riuscì ad aprire gli occhi, vidi sopra il banco un bauletto di uno strano metallo con un sigillo a forma di stella. Subito riconobbi il simbolo, che era lo stesso presente sull’elsa della spada del vecchio, quindi nonostante la paura, decisi di prenderlo e di portarglielo. Arrivai davanti alla porta della sua stanza e bussai, ma nessuno venne ad aprirmi. Stavo per andarmene, quando lui arrivò alle mie spalle e mi disse: “Che vuoi, ragazzo?”. Un po’ esitante gli mostrai il bauletto, e immediatamente lui lo prese e mi spinse dentro la sua stanza, poi entrò a sua volta guardandosi le spalle. Una volta dentro mi fece sedere, mi porse un bicchiere di vino, poi si sedette e appoggiò il baule sul tavolo. Il suo aspetto era cambiato molto: sembrava molto meno burbero del solito, anche se faceva lo stesso paura, e aveva messo dei vestiti molto più decenti. Mentre io lo scrutavo, lui stava esaminando attentamente il baule, pensando a chissà cosa. Improvvisamente mi guardò facendomi sparire dalla testa tutti i miei pensieri, poi mi chiese: “Dove lo hai trovato?”. Risposi di averlo trovato in una grotta nel bosco, quindi lui si alzò in piedi e andò accanto alla finestra, poi senza neanche guardarmi, mi disse: “Mi chiamo Tita, e da tempo non parlo più con nessuno, perché non posso più fidarmi di nessuno. Il bauletto che tu hai trovato nasconde un terribile segreto, per il quale molte persone malvagie hanno cercato di prenderlo, ma io solo sono riuscito a trovarlo prima di loro, e da quel giorno scappo senza tregua per non farmi catturare. Giunto in un villaggio 100 miglia più a sud, sono riuscito a far perdere le mie tracce, quindi sono venuto qui, dove ho nascosto il baule con un incantesimo, che sarebbe potuto essere spezzato da una persona pura di cuore.” Incuriosito gli chiesi perché, allora, non abbia fatto subito l’incantesimo al bauletto in modo da non farlo prendere a nessuno, quindi lui mi rispose: “Semplicemente perché il mio incantesimo può essere rotto da un mago molto potente, e fra i miei nemici ce ne sono tanti. Comunque tu sei riuscito a prendere il bauletto senza adoperare la magia, quindi sei un ragazzo puro di cuore come pochi ce ne sono al mondo, quindi ho deciso di insegnarti le arti magiche e il combattimento, in modo che tu possa essere un valido aiuto per la giustizia. Allora, che ne pensi della mia proposta? Mi raccomando non voglio che tu mi risponda subito, ma ti lascio un po’ di tempo per pensare. Vieni tu da me quando pensi di essere pronto a rispondermi.” Così dicendo, mi fece strada verso la porta, poi mi fece uscire salutandomi, e lasciandomi davanti a una delle domande più difficili della mia vita.
CAPITOLO II: IL CONTENUTO DEL BAULETTO
Non riuscii ad addormentarmi, e nel cuore della notte mi alzai per andare in riva al fiume a riflettere. La notte era piuttosto fresca e umida: nel cielo c’erano poche nuvole illuminate dalla luna, e una leggera brezza spirava scompigliando appena i capelli. Mi sdraiai sull’erba umida, e cominciai a pensare sulla proposta fattami da Tita, poi chiusi gli occhi, e venni sopraffatto dal sonno. Non so quanto dormii, ma non molto, perché quando aprii gli occhi era ancora buio. A svegliarmi era stato un improvviso bagliore, così io pensai a un lampo, ma il cielo era sereno, quindi esclusi la mia ipotesi. Stavo per dirigermi al villaggio, quando si fece avanti la causa del bagliore: la fiamma di un drago. La cosa era molto strana, perché nei pressi di Venzone non erano mai stati avvistati dei draghi, ma io non avevo tempo di pensare, quindi cercai di scappare, ma il drago mi bloccò la strada. Istintivamente afferrai il pugnale che avevo in tasca e cercai di ferirlo, ma riuscii a malapena a graffiarlo. Stavo oramai per perdere ogni speranza, quando vidi Tita corrermi incontro sguainando la spada per attaccare il drago. Non riuscii neppure a vedere il suo movimento, ma un attimo prima il drago era in piedi, un attimo dopo era a terra morto mentre Tita stava riponendo la spada accanto a me. “Questo è quello che saprai fare, se ti allenerai con me.” disse “Quello era un drago mandato da Simon, il più pericoloso dei miei nemici, mi sta cercando. Sappi che se accetterai di allenarti con me, sarai spesso in pericolo, e dovrai mettere la tua vita a servizio della pace.”. Non ci pensai due volte, e subito gli risposi: “Sarei onorato di imparare da un maestro così bravo!”. Gli sfuggì un sorriso, quindi rispose: “Domani mattina dopo colazione, cominceranno i nostri allenamenti.”, poi mi accompagnò fino alla locanda dove ognuno di noi due andò a dormire.
La mattina dopo mi alzai ben riposato, quindi andai ad aiutare i miei genitori a preparare la colazione per gli ospiti, quindi uscii con Tita che mi accompagnò in mezzo al bosco. Per una decina di giorni cercò di potenziarmi la muscolatura, facendomi correre, sollevare pesi, tagliare legna, e qualsiasi cosa di più faticoso che si possa immaginare. Devo ammettere che pensai di abbandonare tutto, dato che la sera arrivavo a dormire sfinito, ma il mio orgoglio non me lo permetteva, perché non sarei mai riuscito ad ammettere di non esserci riuscito. Dopo un po’ di questo allenamento Tita mi diede un bastone, e mi spiegò il funzionamento della spada, il modo migliore per attaccare o per difendersi. Facemmo vari duelli, dove potei vedere subito la sua enorme superiorità, ma io continuai migliorando, a suo parere, di molto. Nonostante l’allenamento di spada, Tita non trascurava comunque i muscoli, e mi faceva lavorare sodo lo stesso. Stavo migliorando a vista d’occhio, quindi Tita decise di farmi provare con la spada al posto del bastone. Anche io mi meravigliai della mia forza, infatti ero in grado addirittura di tagliare dei giganteschi massi con un sol colpo, e Tita era molto soddisfatto di me, tanto che cominciò a insegnarmi anche la magia. Riuscii a imparare vari incantesimi, in particolare quelli degli elementi (fuoco, acqua…), e ad usarli durante un duello fondendoli col combattimento con la spada. Erano passati 7 mesi dall’inizio del mio allenamento con Tita, e oramai avevo smesso di imparare, infatti mi allenavo da solo. Un giorno dovetti andare al villaggio di Aquileia a comprare delle provviste per la locanda, ma quando tornai i miei genitori mi dissero che da quella mattina non vedevano Tita, e che essendo la porta chiusa, hanno deciso, conoscendolo, di non disturbarlo. Io, allora, andai alla sua camera e bussai, ma nessuno mi rispose. Spaventato buttai giù la porta con un incantesimo ed entrai. Lo spettacolo che trovai mi lasciò inorridito: c’erano macchie di sangue ovunque, la stanza era tutta in disordine, e davanti a me giaceva Tita, quasi privo di vita. Mi chinai piangendo, ma lui mi disse: “Non piangere e ascoltami, ho poco tempo: purtroppo Simon mi ha trovato, ed è riuscito a prendere il bauletto. Ora è il momento di rivelarti quale era il suo contenuto. Devi sapere che centinaia di anni fa ci furono due maghi potentissimi, uno buono, Antares e uno maligno, Coole. Un giorno Coole riuscì a inventare uno scettro in grado di cambiare l’anima di qualsiasi essere da buono a cattivo, inoltre questo scettro è in grado di aumentare la propria forza all’infinito. Antares, però, riuscì ad attaccare il nemico prima che questi riuscisse a usare lo scettro, quindi lo uccise usando contro di lui lo scettro stesso. L’arma, però, era troppo pericolosa per lasciarla a qualcuno, quindi decise, non potendola distruggere, di chiuderla in quel bauletto. L’unico modo per aprirlo, però, è avere la chiave, e per fortuna Simon non ne è in possesso. Vai a sud, al villaggio di Acri; lì troverai David, un altro ragazzo che è stato mio discepolo, quindi gli dirai di leggere la mia lettera che gli ho detto di conservare. Fabio, vedi questa mia spada? È una spada magica, che ho trovato assieme al bauletto, e conferisce al possessore poteri speciali. Voglio che sia tua. Usala solo per la giustizia, come ho fatto io. Addio!” Così dicendo, Tita morì, lasciandomi la spada e l’incarico di andare ad Acri. Il giorno dopo spiegai tutto ai miei genitori, che pur essendo tristi, approvarono la mia scelta. Mi consegnarono dei soldi e delle provviste, poi mi salutarono, così io partii per raggiungere David.
CAPITOLO III: DAVID
Non sapevo dove si trovava il villaggio di Acri, quindi l’unico indizio era di dirigermi a sud. Per settimane vagai andando di villaggio in villaggio, chiedendo informazioni di dove si trovasse, ma nessuno riuscì a darmi una risposta; Acri sembrava un villaggio sconosciuto. Un giorno, mentre vagavo ancora, incontrai un vecchio, anche lui viandante, e assieme ci fermammo per riposare e per mangiare un po’. Dopo un buon pranzo, mi chiese dove stavo andando, così io gli risposi che mi stavo dirigendo ad Acri, ma che non riuscivo a trovarlo. Al contrario di tutte le persone a cui ho chiesto informazioni, lui non mi disse che non sapeva dove si trovava, ma mi chiese perché ci dovevo andare. Non volevo dirgli tutta la verità, perché come Tita mi aveva detto, è meglio non fidarsi sempre delle persone, quindi gli dissi solo che dovevo incontrare una persona. Lui mi scrutò un attimo, poi mi disse: “Se vuoi andare ad Acri, non puoi andare per strade normali. Acri, è un villaggio che si trova ovunque, che puoi raggiungere solo se lo vuoi veramente. È lì che io mi sto dirigendo, e spero, di poterti rincontrare lì.” Dopodiché il vecchio mi sorrise, poi chiuse gli occhi e sparì. Rimasi lì a bocca aperta, fissando il vuoto dove prima c’era l’uomo, poi mi convinsi a muovermi, e a cercare di riflettere. L’uomo era sparito, e aveva detto che per giungere ad Acri, bisognavo volerlo, quindi provai a imitarlo. Raccolsi tutta la mia roba, poi chiusi gli occhi e pensai: “Voglio andare ad Acri! Voglio andare ad Acri!”. Quando riaprii gli occhi, vidi il vecchio che mi guardava sorridendo, poi si complimentò con me per avercela fatta. Mi guardai attorno: mi trovavo in mezzo a un villaggio piuttosto piccolo, con un gran viavai di persone. L’uomo, vedendo il mio stupore, mi spiegò che Acri era un villaggio popolato da maghi, e che per entrare bisogna avere un cuore puro. Poi mi indicò il municipio, e mi disse che per trovare la persona che cercavo, dovevo recarmi lì. Ancora un po’ stranito, lo ringraziai ed entrai nel grande palazzo del municipio. Lo spettacolo era incredibile; l’ingresso era enorme, e ai due lati c’erano due draghi, che intrecciavano la testa sopra la porta. All’interno c’erano un infinità di sportelli, con ognuno un nome sopra, quindi domandai informazioni di dove dovevo andare, così dopo mi diressi allo sportello dell’anagrafe. Lì un piccolo mago mi chiese cosa desideravo, quindi io gli risposi che cercavo un guerriero di nome David. Diede un colpo di bacchetta magica, e dall’enorme schedario alle sue spalle volarono fuori 4 fogli, ognuno intestato a un diverso David. Me li mostrò tutti e quattro, e poiché i primi tre avevano un’età superiore ai 30 anni, andai per esclusione e scelsi il David che aveva 18 anni. Il mago anagrafe, allora, mi disse di seguire il globo luminoso per arrivare alla casa della persona da me cercata. Così dicendo roteò la bacchetta magica in aria, e dalla punta ne uscì una piccola palla luminosa, che cominciò a muoversi. Per almeno dieci minuti proseguì imboccando diverse strade, alla fine si fermò davanti ad una porta e scomparve. Mi avvicinai alla porta e bussai, e dopo qualche istante venne ad aprirmi un ragazzo alto e molto robusto, era David.
CAPITOLO IV: LA LETTERA
Dopo essere entrato in casa sua, mi offrì qualcosa da bere, e mi chiese il motivo della mia visita. Con molta tristezza nel mio cuore gli spiegai tutto ciò che era successo fra me e Tita, compreso, naturalmente, del baule, della sua morte e della lettera. Per qualche minuto restammo in silenzio, così osservai meglio David. Era alto e muscoloso, con i capelli neri, e aveva degli occhi verdi, in quel momento, molto tristi. Indossava dei vestiti ovviamente da guerriero, e alla cintura aveva appeso un pugnale, mentre accanto alla porta si trovava una spada. A un certo punto David si alzò e si diresse verso un mobile, dal quale estrasse una pergamena chiusa da un sigillo a forma di stella, uguale a quello che ho sempre visto da Tita. Si sedette di nuovo, poi aprì con cautela il sigillo e disse: “Questa è la lettera di Tita, Pace al suo cuore. Prometto che ti vendicherò. Ora te la leggerò!”.
“Caro David,
Probabilmente io sono morto in questo momento, se solo ora qualcuno è venuto a dirti di aprire la lettera. Inoltre, immagino anche che tu sappia tutto sul bauletto, perché se io sono morto, sicuramente è il suo contenuto a esserne la causa, ma nel caso non sia così, te lo scrivo io. Molti anni fa io e Simon frequentavamo la stessa scuola per guerrieri e maghi, ed eravamo i migliori, lui come mago e io come guerriero. Un giorno, leggendo un libro in biblioteca, Io e Simon scoprimmo la storia di un’arma maligna in grado di dare poteri incredibili e, soprattutto, di cambiare le anime alle persone. Subito lui disse che sarebbe bello poter trovare quell’arma, ma poi il nostro discorso finì lì. Anni dopo, quando non ci vedevamo più, Simon era diventato un mago cattivo, e venni a sapere che lui e molti altri maghi stavano cercando l’arma di cui io e lui avevamo letto anni prima. Per evitare che chiunque trovasse quell’arma, mi misi anche io a cercarla, e riuscì a farcela prima di tutti, ma Simon mi scoprì. Io scappai, ma lui mi giurò che un giorno mi avrebbe preso e mi avrebbe ucciso per poi prendermi l’arma. Io, quindi, venni ad Acri sapendo che né Simon né i suoi compari sarebbero stati in grado di entrarci. Qui conobbi te e ti insegnai le mie tecniche, ma poi dovetti andarmene, perché avevo paura di avvicinarmi troppo a te, e avevo paura che Simon ti avrebbe fatto del male, così me ne andai. Ora, sicuramente, Simon sarà riuscito a trovarmi, e io non sarò più con te, ma lui avrà il baule con l’arma. Fortunatamente, però, quel baule è protetto da una grande magia che nessuno potrà mai rompere, e l’unico modo di poter aprire il contenitore è di procurarsi la chiave. Assieme al baule, infatti, trovai una pergamena, dove c’erano delle indicazioni per trovare la chiave, ma io preferii non cercarla, quindi, ora, lascio a te l’arduo compito di trovarla e di bloccare i malvagi piani di Simon. Addio, mio fedele allievo, e ricorda che anche se non mi vedrai, io sarò sempre con te.”
Tita
Alla fine della lettera, vidi una piccola lacrima scendere dal viso di David, ma subito si riprese e guardò la pergamena con le indicazioni per la chiave. Questo è ciò che, più tardi, lessi anche io dalla pergamena:
Per giorni e notti potrai vagare,
ma al fin la sperata meta puoi trovare.
Al di là dov’Ercole pose i suoi confini,
il tesoro si trova nei fondi marini.
Ma attenzione far dovrai,
solo di notte la chiave troverai.
Nel buio dì, in cui la luna intera appare,
nel loco dove devi andare,
apparirà portata dagli astri una grande stella,
che sarà portatrice di una lieta favella.
Quando questo segno infatti troverai
il tuo scopo finalmente raggiungerai.
Ma ricorda, o mio prode, solo il tuo core
se puro e libero di ogni rancore,
alla meta ti potrà guidare
e la morte non ti farà trovare.
Quando finii di leggerla, David stava girando per la stanza pensando, poi mi disse: “Fabio, da quel che ho capito anche tu sei un allievo del grande Tita, quindi ho da chiederti una cosa. Io voglio trovare quella chiave, e vendicare il maestro uccidendo Simon. Sarà una missione difficile e pericolosa, ma dovrò affrontarla a costo della mia vita. Tu te la senti di aiutarmi? Mi raccomando, non voglio che tu ti senta obbligato”. Senza nessuna esitazione, risposi di si, perché anche io volevo essere utile per la continuazione di una così nobile causa intrapresa dal maestro. David sorrise, poi mi disse che mi avrebbe ospitato fino al giorno dopo, quando saremmo partiti.
CAPITOLO V: HIMET L’ASTRONOMO
Dopo aver fatto un abbondante pasto, andai a dormire, anche se riuscii ad addormentarmi con molta difficoltà. La mattina dopo ci alzammo di buon’ora, e prendemmo tutto il necessario, cioè viveri e soldi oltre alle nostre armi. Appena usciti ci dirigemmo verso la piazza, allora David si fermo e mi spiegò ciò che dovevamo fare: “Così come sei venuto, per uscire devi fare la stessa cosa. Poiché la nostra meta è Kadil, devi chiudere gli occhi e desiderare di arrivarci. Va bene?”. Io risposi di si, quindi chiusi di nuovo gli occhi e desidererai di andare a Kadil, così quando li riaprii mi trovai in un bosco, e poco dopo apparve anche David. Subito gli chiesi come mai non eravamo a Kadil, ma lui mi rispose che da Acri ci si materializza sempre nelle vicinanze del luogo desiderato, per evitare di essere visti e, quindi, creare scompiglio. Un’altra domanda mi assalì, così gli chiesi: “Ma allora da un qualunque posto, basta desiderare di essere ad Acri, per poi da lì desiderare di essere in un altro posto, in modo da spostarsi in pochi secondi da una parte del mondo all’altra?”. “Non è così facile.” rispose “Ci sono delle leggi ad Acri, che stabiliscono l’uso della possibilità di entrare ed uscire dal villaggio. Lo so che è un discorso difficile da spiegare, e che magari non avrai capito, ma queste sono cose che si possono imparare solo vivendo ad Acri.”. Decisi di non soffermarmi oltre sull’argomento, quindi seguii David, che guardando una bussola prese subito la direzione per Kadil. Dopo pochi minuti arrivammo davanti alle immense mura della città, così ci avvicinammo all’entrata, dove c’erano alcune guardie. Subito la sentinella si avvicinò a noi e ci chiese il motivo della visita, così David rispose: “Dobbiamo incontrare l’astronomo Himet!”. La sentinella si spostò e ci lasciò passare, così entrammo nella grande piazza di Kadil. David si diresse subito verso una direzione, probabilmente perché sapeva già dove andare. Arrivati ad un immenso palazzo, entrammo, e all’interno trovammo decine e decine di persone che, come mi spiegò David, erano tutti astronomi, poiché Kadil era una città famosa per le scuole di astronomia. Dopo essere usciti dall’immenso atrio, andammo lungo dei corridoi, fino ad arrivare ad una grande porta, col disegno di uno strano tubo che si poteva allungare (scoprii poi che era un cannocchiale, un invenzione araba per guardare le stelle) che stava al centro di un grande sole color oro. David bussò, e venne ad aprirci un giovane, che ci chiese cosa desideravamo, così anche a lui David disse che dovevamo incontrare Himet, così ci fece entrare e sedere. Dopo alcuni minuti arrivò un vecchio, che io immaginai fosse Himet, vestito con una lunga tunica nera. Portava degli occhiali molto spessi, e il viso era coperto da una folta barba bianca come i suoi lunghi capelli. Quando entrò salutò David come fosse un suo vecchio compagno d’armi, poi si sedette e ascoltò tutto ciò che disse. Quando anche Himet fu a conoscenza della situazione si alzò, stando zitto, poi disse: “Cosicché tu devi trovare questa chiave, ma dimmi, per cosa sei venuto da me?”. “Tutti dicono che sei il miglior astronomo del mondo” spiegò David “quindi ho bisogno del tuo aiuto. Leggendo la pergamena con le indicazioni ho pensato che la stella che dovrà essere portata dagli astri, sia una insieme di stelle che solo durante le notti di luna piena si dispongano a forma di stella, e che possano essere viste solo da una parte di mare al di la delle colonne d’Ercole”. Himet, guardando la pergamena, stette a pensare un attimo, poi gli rispose: “Hai perfettamente ragione, credo che la tua teoria sia esatta. Mi metterò subito al lavoro, in modo da trovare le famose stelle, e il luogo in cui dovrai essere nella notte di luna piena. Purtroppo, però, credo che sarà un lavoro lungo, quindi per alcuni giorni, sarai mio gradito ospite”. “Grazie Himet, io e il mio amico Fabio accettiamo volentieri” disse David, poi assieme ci recammo nelle nostre stanze, accompagnati dal giovane che ci aveva aperto.
I giorni successivi passarono tranquilli, e io mi divertivo girando per le strade di Kadil. Dopo circa una settimana, Himet fece convocare me e David nel suo studio, dove ci illustrò le sue scoperte: “Sono finalmente riuscito a trovare le famose stelle, che sono Aldebaran, Betelgeuse, Nath, Adhara e Zaurak. Ogni notte di luna piena, queste stelle si dispongono in una maniera molto particolare, che vista dalla zona un centinaio di miglia a sud dell’isola di Darmath sembra proprio una stella a 5 punte.” Himet era veramente soddisfatto di essere riuscito a risolvere il nostro mistero, e David, ringraziandolo, si mise quasi a piangere. Dopo aver preso tutta la nostra roba, io e David salutammo Himet, poi partimmo per dirigerci verso la nostra prossima meta: la città di Quagor.
CAPITOLO VI: DANIEL
Camminammo per alcuni giorni, sostando di tanto in tanto in qualche villaggio per poterci riposare e rifocillare. Arrivati al villaggio di Nyala, a circa tre quarti di strada fra Kadil e Quagor, però, successe una cosa che mai ci saremmo immaginati. Andando verso una taverna, vedemmo attraverso le finestre un uomo che stava maltrattando l’oste, così io sguainai la spada e feci per attaccarlo, ma David mi bloccò e mi fece avvicinare piano alla finestra. Una volta nascosti, vedendo la mia espressione esterrefatta, mi disse: “Quello lo conosco. Una volta l’ho incontrato. È un discepolo di Simon, e si chiama Daniel. È specializzato come il suo maestro nelle arti magiche, ed è molto forte, nonché cattivo.” Dalla finestra assistemmo alla scena: “Vecchio, so che i due sono qui, quindi se tieni alla tua vita, dimmi dove sono” disse Daniel. L’oste tutto impaurito, rispose: “La prego signore, non mi faccia del male. Glielo giuro, queste due persone che lei mi ha descritto non sono mai state qua. Per favore mi lasci!”. Daniel, arrabbiato, sbatté l’oste contro il bancone e se ne andò imprecando. Io e David ci appiattimmo alla parete, e dopo qualche minuto entrammo nella taverna. Subito corremmo ad aiutare l’oste, e questi fece per ringraziarci, ma quando ci vide in faccia ci allontanò: “Voi, siete voi!” disse “Siete gli uomini che cercava quel tizio di prima, è colpa vostra se il mio locale è ridotto così!”. Cercammo di calmare sia lui che tutti gli altri che stavano dentro la taverna, ma nessuno voleva sentire ragioni, così scappammo fuori, ma appena usciti dalla porta ci trovammo davanti Daniel e due draghi. “Bene, bene, ho avuto una buona idea a fermarmi qua in attesa del vostro arrivo. Non voglio ripetermi due volte, quindi, datemi subito le indicazioni per trovare la chiave.” A questa richiesta di Daniel, David rispose: “Mi dispiace, ma dovrai prendertela con la forza, se proprio vuoi, e ti assicuro che non sarà facile!”. Daniel sorrise, poi ci disse che non avrebbe esitato ad ucciderci, quindi ci sguinzagliò contro i due draghi. Subito David si fiondò verso quello di destra, mentre a me disse di attaccare quello di sinistra. Il drago era praticamente identico a quello che mesi prima mi attaccò a Venzone, ma ora la mia forza era di molto aumentata, quindi se ciò che Tita mi aveva detto era vero, sarei riuscito a battere il drago come niente. Non fu proprio così, perché il mio primo colpo non fu molto efficace, mentre lui riuscì a graffiarmi col suo artiglio avvelenato. Tentai allora un secondo attacco verso il cuore, ma anche stavolta sbagliai, e la lama lo trafisse più in basso, causandogli comunque una ferita molto grave. Il drago era a terra inerme, quindi decisi di dargli il colpo di grazia in modo che non soffrisse e che non potesse più rappresentare un pericolo. Quando mi girai vidi che anche David aveva battuto il suo drago senza nessuna fatica. Doveva aver usato un incantesimo molto potente, poiché il drago era completamente avvolto dal ghiaccio. Subito David mi si avvicinò, e con un incantesimo mi curò la ferita, poi mi disse: “Devi stare più attento la prossima volta, hai rischiato molto, ti avrebbe potuto uccidere.” Ci girammo verso Daniel, che stava battendo le mani, poi ci disse: “Complimenti, niente male; siete riusciti a battere i miei due draghi, anche se devo dire che non erano fra i più forti del grande esercito del Maestro. Se non volete darmi la chiave, allora, vi dovrò distruggere.” David gli si lanciò contro, urlando: “Non l’avrai mai, vile codardo”. David non riuscì nemmeno a toccare l’avversario, che Daniel formulò una magia e lo spazzò via come niente. “Siete patetici! Volete battere me? Il più grande discepolo del maestro Simon? Io che ho ucciso Tita, quel debole che voi chiamate maestro?” “Tu hai ucciso Tita?” gli chiesi. “Certo che l’ho ucciso, ma non lo battei con un sol colpo. Mi divertii molto a torturarlo e a vederlo soffrire.” Sentii crescere dentro di me una rabbia incredibile, quindi gli saltai addosso e lo attaccai con la spada regalatami da Tita. Lui la bloccò con la sua bacchetta, poi mi scagliò contro una palla di fuoco che riuscii a tagliare a metà distruggendola. “Come è possibile?” disse “Nessun essere umano è in grado di respingere un mio inc…” Non riuscì a terminare la frase, che la mia spada lo trafisse da parte a parte proprio in mezzo allo stomaco, così lo battei definitivamente. Sdraiato a terra in fin di morte, disse: “Non so da dove tiri fuori questa forza, ma non ti preoccupare, il mio maestro mi curerà, fra un po’ ci rivedremo, e prometto che allora riuscirò a distruggerti.” Detto questo Daniel sparì nel nulla, lasciandomi solo con David che era rimasto a bocca aperta lì dov’era caduto durante il suo combattimento, poi vidi tutto nero e caddi a terra.
Non ricordo quel che successe dopo, ma mi svegliai in un letto con David seduto davanti a me. “Alla buon’ora” disse. “Ben svegliato”. Subito chiesi cos’era successo, e lui mi rispose che dopo aver battuto Daniel, ero svenuto.” Poco dopo arrivò l’oste con un vassoio pieno di cibarie e me lo porse, poi mi disse: “Chiedo scusa per il comportamento di ieri sera, ma ero fuori di me dalla paura fattami da quel tipo.” quindi se ne andò lasciando me e David soli. “Spiegami come hai fatti a diventare così forte in pochi mesi di allenamento con Tita!” “Ti giuro che non ne ho idea!” risposi “Neanche io pensavo di essere così forte, non ci vedevo più dalla rabbia, e allora l’ho attaccato” David stette un attimo a pensare, poi disse: “Possibile che il segreto sia in quella spada? Per un attimo, durante l’attacco, mi è sembrato che la stella dell’elsa si sfosse illuminata”. Continuammo a discutere e ad esaminare la spada, ma non arrivammo a nulla, quindi io dissi che probabilmente era solo stato solo un caso fortuito, anche se David lasciò capire che non la pensava come me.
CAPITOLO VII: IN MARE APERTO
Il resto del viaggio proseguì senza nessun problema e, finalmente, dopo tre giorni, arrivammo a Quagor. Prendemmo una stanza alla locanda, poi ci dirigemmo al porto per cercare una nave. Non fu facile, ma alla fine trovammo un vecchio lupo di mare che ci vendette la sua barca, non tanto grande ma molto maneggevole, per una cifra abbastanza modica. Dopo averla controllata per bene la comprammo, poi passammo per vari negozi in modo da acquistare tutto l’occorrente per un viaggio molto lungo: provviste, corde, carte nautiche e qualche attrezzo da lavoro per riparare eventuali danni alla nave. In un negozio d’armi, poi, comprai dei vestiti nuovi, poiché quelli che indossavo erano piuttosto vecchi e logori. Comprai dei pantaloni e una maglia color verde, mentre il lungo mantello era marrone. Sia la cintura che gli stivali erano fatti in pelle di drago, ed erano molto resistenti. Alla sera andammo in una taverna a bere un po’, e probabilmente io mi ubriacai, perché non ricordo più quello che feci per tutta la sera. La mattina ci svegliammo di buon ora, ed io avevo mal di testa a causa della sbornia. Dopo aver caricato tutto sulla nave levammo l’ancora, e partimmo dirigendoci verso est, sud est. Mentre io armeggiavo con le vele, David dirigeva la rotta, ma quando fummo in mare aperto e le vele non dovevano più essere toccate, io gli detti il cambio, così lui stese sulla carta la nostra rotta. Per due giorni il viaggio fu piuttosto tranquillo, ma al terzo una piccola tempesta ci costrinse ad ammainare le vele, facendoci spostare di qualche miglio a sud rispetto alla nostra rotta, che però riuscimmo a recuperare in fretta. In meno di una settimana percorremmo un lungo tratto di mare, e all’alba del sesto giorno arrivammo alle colonne d’Ercole. Io non le avevo mai viste, ne avevo solo sentito parlare, e quel che avevo sentito non mi piaceva. Si diceva che a guardia delle colonne ci fosse Ercole in persona, che distruggeva le incaute navi che volevano passare, ma come potei poi apprendere erano tutte fandonie, perché al nostro passaggio non trovammo nessuno. Le colonne erano due enormi montagne, che si trovavano una alla nostra destra e una alla nostra sinistra, così noi ci ritrovammo a passare per una stretta gola. Le correnti all’interno erano molto forti, infatti rischiammo più volte di finire addosso agli scogli, ma grazie all’abilità di David come navigatore, e un suo provvidenziale incantesimo che ci fermò prima della catastrofe, in poco tempo passammo senza problemi. Ora l’unica cosa che mi preoccupava erano le cascate, infatti sapevo che una volta passate le colonne, non serve fare molta strada per raggiungere la fine della terra e cadere così all’esterno giù da una gigantesca cascata. Andai subito ad esporre la mia paura a David, che però si mise a ridere, e mi disse che non c’era nessun rischio. Il resto del viaggio non diede nessun problema, e in tre giorni arrivammo all’isola di Darmath. Poiché alla prima luna piena mancavano ancora 8 giorni, ci fermammo nell’isola, dove prendemmo nuove provviste e riposammo.
All’alba del settimo giorno ripartimmo; in cielo c’erano due o tre nuvole, illuminate da qualche raggio di sole che noi non riuscivamo ancora a vedere. Tutto il cielo aveva un colorito che andava dal violetto all’azzurro, e l’aria era fredda e umida, anche se si stava bene. Io e David tirammo su l’ancora, poi lui tornò al timone, ed io alle vele. Navigammo fino a metà pomeriggio, quando David annunciò che eravamo arrivati nel punto giusto, così decidemmo, non potendo buttare l’ancora di fare turni di guardia per essere sicuri di non spostarci troppo. L’attesa era snervante, sembrava che il sole non volesse più tramontare, ma alla fine la notte arrivò. “Mancano 45 minuti al sorgere della luna, ed è meglio spostarci più a nord, dove le 5 stelle sono meglio visibili” disse David. Dopo qualche minuto di navigazione ci fermammo, così io stetti a guardare il cielo. Era incredibile come Aldebaran, Betelgeuse, Nath, Adhara e Zaurak splendessero così tanto rispetto alle stelle circostanti. La stella a 5 punte si poteva notare benissimo, anche se decisamente da dove ci trovavamo noi sembrava che ci fossimo proprio sotto. Rimanemmo lì fermi fino a quando non vedemmo un bagliore. La luna stava spuntando, e in pochi minuti fu fuori, e noi ci chiedevamo cosa sarebbe successo. Aspettammo ancora un po’, ma non succedeva niente. “Maledizione, maledizione!” diceva David “Non abbiamo neanche pensato di indagare su cosa fare una volta giunti qua. E ora? Che dobbiamo fare? Maledizione, maledizione!” David continuò a disperarsi, e non gli davo torto, poiché avevamo affrontato un lunghissimo viaggio per niente. Stavamo per partire quando successe una cosa a dir poco incredibile. Senza che noi ce ne accorgessimo la luna si era spostata, e ora si trovava sul bordo della stella. Rimanemmo lì fissi per qualche minuto ad osservare la luna, che si stava spostando verso il centro. Finalmente lo raggiunse, e quello che successe dopo ci lasciò stupefatti. Dalla luna venne giù un enorme raggio di luce, che illuminava una superfiche vasta quando una nave a poche decine di metri da noi. Rimanemmo fermi immobili per qualche istante, poi subito David mi urlò che dovevamo spostarci con la nave sotto il raggio, così io eseguii, e in pochi secondo giungemmo sul mare dorato. Una volta sotto la stella in cielo sembrò collegarsi con delle linee, e lo stesso avvenne, nel mare, infatti attorno a noi si stava disegnando una stella. Quel che successe dopo non mi fu molto chiaro; ci fu un enorme bagliore, quindi riaprimmo gli occhi, ma non eravamo più in mare.
CAPITOLO VIII: ATLANTIDE
La nave si trovava su una distesa di sabbia, e davanti a noi c’era una città, con dei palazzi enormi, per niente simili a palazzi visti fin’ora. Tutta la città era stata abbandonata, molti edifici erano distrutti, e la vegetazione aveva ricoperto molte case. Alzai gli occhi verso il cielo, e non riuscii a credere ai a ciò che vidi: sopra di noi c’era il mare! Sì, c’era il mare, sembrava bloccato da una parete invisibile, ed io riuscivo anche a vedere i pesci che nuotavano sopra di noi. Mi girai verso David, ma anche lui sembrava non capirci niente, così decidemmo di armarci e di scendere. Girammo per la città, nella speranza di trovare qualcuno a cui chiedere informazioni, ma come pensavo io, era davvero deserta. Continuammo a camminare, finché non arrivammo al centro della città, dove decidemmo di fermarci per un po’. Davanti a noi c’era un edificio, molto più grande degli altri, completamente ricoperto di rampicanti. Mi avvicinai piano per vederlo meglio, quando mi accorsi che la stella della mia spada si stava illuminando. In quel momento l’intero edificio si illuminò, e si creò un forte vento che staccò via tutte le piante, lasciandolo scoperto, così io riuscii a vedere un’enorme stella sopra la porta. Rimasi sbalordito, e anche David che si era avvicinato a me stava guardando la stella e la mia spada. “Guarda accanto alla porta” disse. Subito mi avvicinai,e vidi che alla destra della porta si trovava un’altra stella, molto più piccola, che si era illuminata come la mia spada, e che al centro aveva una fessura. Guardai David, e capii che tutti e due stavamo pensando la stessa cosa: di infilare la spada nella fessura. Sguainai la spada e mi avvicinai, e con il cuore in gola la feci scivolare all’interno del buco con un cluck finale. Per un attimo non successe niente, ma poi la gigantesca porta si aprì lentamente, e la spada tornò fuori così io potei riprenderla. Esitando un po’ per la paura, io e David entrammo e percorremmo un corridoio, che mi sembrò non finire più. Camminammo per quelli che a me sembrarono secoli, prima di giungere in fondo a un’enorme stanza circolare, con le pareti di una pietra molto liscia, tagliata in due parti da un anello che percorreva tutto il perimetro della stanza. Al centro si trovava un piedistallo con sopra una chiave, e quando la vedemmo, io e David esclamammo all’unisono: “La chiave!”. Ci avvicinammo, ma quando fummo per toccarla, apparve fra noi e la chiave una persona trasparente. “Un fantasma!” urlai. La persona sorrise, poi disse: “No, sono solo la proiezione nel futuro di Antares, il potente mago che ha creato questa chiave e il baule che essa può aprire!”. “Una proiezione?” chiese David. “Si, sono una sua riproduzione, il risultato di un suo incantesimo. Sono il guardiano della chiave, e sono intenzionato ad usare le mie arti magiche per impedire che la chiave venga presa da persone impure, quindi se avete cattive intenzioni, è meglio che ve ne andiate” David gli spiegò il motivo per cui volevamo la chiave, così l’ologramma ci rispose: “Sento che avete un cuore puro, e che dite il vero. E sia, potete prendere la chiave, ma state attenti: il potere dello scettro è enorme, usatelo con cura.” “Posso farti una domanda?” Chiese David. “Certo, sarà mio dovere risponderti”. “Come mai questa città è distrutta, e come fa a stare sott’acqua?”. “Vedi, questa città si chiama Atlantide, ed è qui che viveva Antares. Parecchi secoli fa Atlantide era una città non molto sviluppata, e il grande cambiamento avvenne quando sull’isola precipitò un meteorite fatto da un minerale alieno. Non si sa come, ma in breve l’intelligenza degli abitanti di Atlantide aumentò in maniera spropositata, tanto che inventarono la magia, che prima non esisteva, in cui divennero potentissimi. Il minerale venne chiamato oricalco, e venne utilizzato per costruire armi, molto più potenti di quelle costruite con materiali terrestri. Atlantide conquistò, con la sua grande superiorità, tutti i territori circostanti, ma quando non c’era oramai nessuna terra da sottomettere, chiamarono i maghi più potenti per trovare un rimedio, così con l’oricalco rimasto, forgiarono un enorme anello, che puoi vedere tutto intorno a te; è un anello con doti straordinarie, riusciva a respingere gli attacchi di nemici, e ora tiene l’acqua lontana dalla città. L’idea dei due maghi era di far spostare l’isola verso luoghi inesplorati, in modo da poter continuare la conquista del mondo, così con l’oricalco si riuscì a far volare l’isola. Dopo qualche giorno di viaggio l’isola si trovava in mare aperto, e uno dei due maghi, Coole, rubò tutte le armi di oricalco e sottomise la popolazione di Atlantide, in modo da poter prendere possesso dell’isola e del suo prezioso oricalco. Per sua sfortuna, però, l’altro mago, Antares, intervenne, e i due si scontrarono. La battaglia durò a lungo, ma alla fine Antares vinse, così Coole bloccò l’incantesimo fatto all’anello, e l’isola sprofondò negli abissi. Coole scappò, e per un bel po’ di tempo non si seppe più nulla di lui, ma poi costruì, con gran parte dell’oricalco rubato, una terribile arma che voleva usare contro Antares, per vendicarsi del torto subito. Quest’ultimo riuscì comunque a batterlo, poi sigillò l’arma in un baule che nascose, mentre la chiave si trova proprio qui. Inoltre costruì una spada, fatta con l’oricalco, molto potente, forse anche più dello scettro fatto dall’avversario. La spada è stata nascosta assieme al baule dello scettro, ma fortunatamente i vostri nemici non potranno usarla, perché solo i discendenti di Antares possono sfruttarne tutto il suo potere. In mano a qualcun altro è una semplicissima spada.” “Per caso stai parlando di questa spada? Il baule lo ha trovato il nostro maestro, e anche la spada; solo in seguito il baule è stato rubato da Simon” gli dissi, porgendogli la spada. “Si, è sicuramente questa. Sono contento che ce l’abbiate voi. Purtroppo vi sarà del tutto inutile, perché i discendenti di Antares, sono oramai estinti. Purtroppo non so cosa potrete fare per battere il vostro nemico. Non vi resta che prendere la chiave” . Eccitato, mi avvicinai e sollevai il vetro che copriva la chiave, poi la presi in mano. Sentì come una scossa percorrermi tutto, e mi sentii molto più forte e riposato. La chiave era a forma di stella, come quella del baule, della spada e dell’ingresso del palazzo. La presi e la misi nella borsa, e in quel momento sentii un battito di mani. Mi voltai, e vidi un uomo alto, vestito tutto di viola, compreso il mantello, con i capelli neri scuri, che mi disse: “Bravi, ce l’avete fatta!”. Dietro a lui, c’era Daniel che rideva.
CAPITOLO IX: SIMON
Simon stava avanzando verso di noi applaudendo e complimentandosi con noi, poi disse: “Bene, ora, datemela, ho voglia di andarmene subito e di impossessarmi dello scettro” “Come fai a essere qui?” Chiesi. “È facilissimo seguire dei pivelli come voi per un grande mago come me. Ora datemi la chiave”. Subito la proiezione di Antares si mise fra noi, poi disse: “Mi dispiace, ma non posso permettere che tu ti impossessi della chiave!” Detto questo scagliò un incantesimo di fuoco gigantesco, ma che Simon blocco semplicemente alzando la bacchetta. “Sei patetico” disse “Sono passati centinaia d’anni, e la tua forza sta andando man mano diminuendo. Il tuo padrone ti ha fatto con una quantità di oricalco troppo piccola, che ora sta esaurendo la tua forza. Ora spostati, se non vuoi che ti distrugga” Antares si rifiutò, allora Simon alzò la bacchetta, pronunciò qualche parola, e un raggio di luce lo colpì in pieno petto, spedendolo dall’altra parte della stanza. Non pensai neanche un attimo, e immediatamente attaccai Simon. Cercai di colpirlo più volte, ma lui si limitava a schivare i miei colpi, usai anche qualche incantesimo, ma li bloccò con ancora più semplicità. Mi mandò contro una sfera infuocata, e io cercai di tagliarla come feci con quella di Daniel, ma non ci riuscii, e venni colpito in pieno. Oramai sapevo di aver perso, io contro Simon, e anche David, che stava combattendo con Daniel, ma decisi di non arrendermi. Sapevo che Simon si stava solo divertendo con me, che se si fosse impegnato mi avrebbe distrutto, ma non volevo smetterla, ma alla fine andai a sbattere contro un muro, e non riuscii più ad alzarmi. David stava combattendo con Daniel, ed era molto in difficoltà, mentre Daniel mostrava che era decisamente superiore. Probabilmente anche lui stava giocando, e alla fine si stufò del gioco, perché creò con la magia una spada di fuoco, e gliela infilò sul petto, uccidendolo. “Nooo!” Urlai. Tirai fuori un’ energia incredibile, non riuscivo a trattenere la mia rabbia, e senza neanche accorgermene, tagliai via a Daniel tutto il braccio sinistro con un colpo di spada, poi mi girai verso Simon che mi guardava con la faccia che tradiva un pizzico di paura. Stavolta lo attaccai, ma con un esito diverso, infatti più volte lo colpii, anche se non riuscii a provocargli gravi danni. Lui mi scagliò contro un altro incantesimo, ma io riuscii a deviarlo e lo riattaccai. Lo scontro continuò per parecchi minuti, in perfetta parità, e chissà quanto sarebbe durato se Antares non fosse intervenuto. Tutto intorno a Simon, infatti, si erano alzate delle pareti, che partivano da un disegno di stella ai suoi piedi. Lui provò a passarci attraverso, ma non ci riuscì, e non riuscì a fare niente neanche con la magia. Antares si avvicinò a me, strisciando, e mi disse: “Ho creato quella barriera, ultimando le mie energie. Sto per scomparire, ma lui non riuscirà a fare niente per le prossime 6 ore. Scappate ora, ho anche guarito il tuo amico. Ma ora ascoltami un attimo; ti ho osservato mentre combattevi. Non credevo fosse possibile una cosa del genere, ma a quanto pare tu sei un discendente perduto di Antares, perché hai usato la spada con una forza incredibile, e sei anche riuscito a far illuminare la stella. Ora non ho tempo di spiegarti meglio, ma devi allenarti, devi riuscire a sprigionare la tua forza anche senza arrabbiarti, e allora potrai distruggere Simon.” “No aspetta, ti prego, spiegami meglio” dissi. “Non posso, addio” Detto questo Antares sparì, e non poté dirmi altro. Sentii una voce alle mie spalle: “Fabio, veloce, dobbiamo scappare”. Mi girai, e vidi David, così lo abbracciai e gli dissi: “Sono tanto contento che tu sia vivo!” Rimanemmo abbracciati qualche secondo, poi senza dire niente scappammo fuori dal palazzo e arrivammo alla nave. “E ora?” chiesi a David. “Non lo so, posso provare un incantesimo di teletrasporto, sicuramente Simon è venuto così” David chiuse gli occhi e si concentrò, poi pronunciò delle parole magiche e io vidi tutto muoversi attorno a noi a una velocità incredibile, e poco dopo ci trovammo sulla superficie del mare; ora dovevamo solo allontanarci il più possibile da Simon.
CAPITOLO X: LA SPADA RUBATA
Stavo continuando il mio allenamento, quando venne a chiamarmi David per mangiare, così entrammo in casa. “Hai fatto grandi miglioramenti in questi ultimi mesi” disse “ora riesci ad usare tutta la tua forza a tuo piacere” “Già risposi, ma mi sento stanchissimo, ho voglia di riposare un po’!” Dopo un lauto pranzo andai in camera mia, riposi la spada accanto al letto e mi misi a dormire. Quando mi svegliai non so quanto tempo fosse passato, mi vestii e scesi giù abbasso. “Ben svegliato” disse David “è mattina” Dovevo aver dormito veramente molto, perché mi sentivo fresco come una rosa, e avevo molta fame. Dopo aver fatto colazione andai alla piazza di Acri, per fare un giro, e qui successe una cosa terribile. Subito un mago che mi conosceva venne a chiamarmi, così io corsi standogli dietro, e lui mi portò da un uomo molto robusto, tutto insanguinato a terra dolorante. “Cosa ti è successo?” Domandai “Simon, è stato Simon. Mi ha attaccato assieme ai suoi draghi; mi ha detto di riferirti che in breve sarà in grado di aprire il baule, grazie all’anello di oricalco!” Io, assieme ad altri maghi, lo guarii dalla sue ferite, poi tornai di corsa a casa per spiegare tutto a David. “Non c’è scelta, dobbiamo andare” “Ma potrebbe essere un bluff, una trappola” obbiettai. “È vero, ma non possiamo rischiare. Dobbiamo andare, e dobbiamo scoprire se quello che ci hanno riferito è vero, e in tal caso, dovremo bloccare Simon.” Terminò con uno sguardo che non ammetteva repliche, quindi preparammo tutto per affrontare un nuovo lungo viaggio. Non sapevamo dove avremmo potuto trovare Simon, quindi decidemmo di andare nel villaggio dove fu attaccato l’uomo. C’erano molte case bruciate, probabilmente dal fiato infuocato dai dragoni, e in giro c’erano molte persone ferite. Io e Daniel ci dividemmo, e in poco tempo guarimmo tutti, tranne i pochi sfortunati per i quali, purtroppo, era troppo tardi. Da alcuni sapemmo che un uomo alto coi capelli neri che sembrava il capo, parlando con un monco del braccio sinistro, disse che dovevano tornare a Spica, un villaggio molto più a nord di dove ci trovavamo. Subito capimmo che i due dovevano essere Simon e Daniel, quindi senza esitare partimmo per Spica. Il viaggio non fu difficile, e in pochi giorni arrivammo al villaggio, pronti per scontrarci col nemico. Il villaggio sembrava deserto, quindi andammo verso la taverna. Dentro c’erano molte persone, e in molti ci offrirono da bere, anche se noi rifiutammo, e chiedemmo a tutti se avevano visto un mago e un monco, ma tutti risposero di no. Decidemmo, allora di prendere una camera, così l’oste ci accompagnò al piano superiore, offrendosi di portare i nostri bagagli. Entrato nella stanza ci mostrò l’armadio, i letti e il portaspade, lodando l’alta qualità della sua taverna. Lo ringraziammo, poi David pagò, così lui se ne andò, e noi ci preparammo per andare a coricarci. Dormimmo solo per qualche ora, perché in piena notte fummo svegliati da una risata agghiacciante. Simon era davanti a noi e stava ridendo, e in mano teneva la spada. “Siete due idioti, non vi siete neanche accorti che l’oste ero io, mentre gli abitanti erano tutti i miei soldati. E, ovviamente, erano miei uomini anche quelli che vi hanno dato le indicazioni per arrivare qui; faceva tutto parte di un piano per rubarvi la spada.” “Tu, maledetto…” David cercò di intervenire, ma Simon lo ributtò a letto con un colpo. “Cosa vuoi fare?” disse “Senza l’aiuto della spada non potete fare niente contro di me. E dovete ringraziarmi di essere vivi, perché io voglio la chiave del baule” “Ma non avevi detto di aver trovato il modo di aprirla con l’oricalco?” domandai “Ci sono andato vicino, ma non ce l’ho fatta, quindi ho ideato questo piano per ottenere la chiave”. “Farabutto, perché mai dovremmo darti la chiave? Con lo scettro dopo domineresti il mondo intero” “Perché se non lo faceste, io ucciderei tutti, e con l’aiuto dell’oricalco, potrei anche riuscire ad entrare ad Acri, per distruggere voi maghi. In fondo, meglio la schiavitù della morte, no? Lascio a voi la scelta. Se entro un’ora non sarete ad Atlantide nel palazzo dell’oricalco con la chiave, io inizierò la mia opera di distruzione.” Detto questo, Simon sparì, assieme alla spala, che probabilmente non avrei mai rivisto. Io e David ci vestimmo subito. Nonostante i dubbi, decidemmo di andare ad Acri a prendere la chiave, per portarla a Simon, nella speranza di riuscire a fare qualcosa. Quando David fu tornato con la chiave in mano, formulò un incantesimo di teletrasporto, così noi, per la seconda volta, ci trovammo ad Atlantide.
CAPITOLO XI: LO SCONTRO FINALE
Andammo a passo sicuro verso l’edificio dell’oricalco, poiché sapevamo già dov’era. Entrati nella grande stanza, trovammo Simon e Daniel, e dietro a loro il bauletto. “Bene bene, siete arrivati finalmente. Datemi la chiave, ora” David era piuttosto esitante, ma decise lo stesso di dargliela. Simon la prese buttandolo a terra, poi disse: “Finalmente, la chiave dell’oricalco! Ora lo scettro del potere sarà mio!” Dopo una sua lunga risata, si avvicinò al baule, e con mano tremante infilò la chiave nella serratura e la fece scattare, poi sollevò il coperchio, e ne estrasse uno scettro, non molto lungo, terminante con una forma a goccia, tutto color oro. Nel momento in cui Simon lo prese in mano cominciò a brillare, ad emanare luce propria, dopodiché il mago si girò contro di noi. “Mi dispiace per la tua spada, Fabio, ma ora si trova dall’altre parte del mondo sotto qualche tonnellata di pietra. Non la rivedrai, a meno che tu non decida di venire dalla mia parte. Sai, sei molto forte, e potresti tornarmi utile, altro che questo pidocchioso di Daniel.” Sentendo la sua proposta provai un incredibile disgusto, quindi urlai a pieni polmoni “No, non sarò mai tuo schiavo!” “Come vuoi tu, vuol dire che ti costringerò a ubbidirmi.” Detto fatto, alzò lo scettro sopra la sua testa, poi esclamò: “O potente Coole, fà in modo che il tuo scettro riesca a tramutare la benigna anima di questo ragazzo, in una che stia solo al mio servizio” Dallo scettro, partì una luce nera, che mi avvolse tutto, e quando scomparve, mi inchinai davanti a Simon e gli dissi: “Mago Simon, sei tu il mio padrone”. Era incredibile, ma Simon era riuscito a plagiare la mia anima col suo potente scettro, e io non solo non riuscivo a disubbidire ai suoi ordini, ma sentivo proprio la cattiveria in me. Simon fece apparire una spada e me la porse, quindi mi disse: “Per dimostrarmi la tua lealtà, uccidi il tuo amico David”. Non esitai un attimo, e subito mi girai per attaccarlo. Lui cercò di dissuadermi, non riusciva a combattere contro di me, e io lo colpii a morte, in pieno petto. Nei suoi ultimi secondi di vita, mi disse “Non preoccuparti per me, non ti faccio una colpa della tua azione. Mi è rimasto poco tempo ormai, ti prego torna in te e uccidi quel bieco individuo.” Detto questo chiuse gli occhi, e io non so come, probabilmente per l’amore dimostratomi da David, tornai normale, vidi uscire da me lo stesso raggio di luce nera che mi aveva colpito, e disperdersi nell’aria. “David, che cosa ho fatto?” Subito cercai di fare un incantesimo guaritore, ma purtroppo non c’era più niente da fare. Mi alzai lentamente, e mi girai verso Simon, poi dissi: “Te la farò pagare”. “A quanto pare sei riuscito a liberarti dall’influsso dello scettro. Sapevo che non eri un ragazzo normale. Mi dispiace doverti uccidere” rispose Simon, poi mi lanciò un suo incantesimo di fuoco, potenziato decine di volte dallo scettro. Poco prima che il fuoco mi arrivò addosso, il soffitto si ruppe, e dal cielo venne giù come una cometa la mia spada, che io presi e usai per bloccare l’incantesimo. “Come è possibile?” disse Simon “Il mio incantesimo bloccato… La tua spada…” “Nulla potrà mai separare me, l’ultimo discendente di Antares che l’ha costruita, dalla sua e mia spada” Vidi il terrore negli occhi di Simon, gli corsi incontro, e senza che neanche se ne accorse, gli ero con la spada in pugno, ma lui riuscì a bloccarla con lo scettro prima che io lo colpissi “Sei un illuso se credi di potermi battere, ora che possiedo questo scettro” “Credi?” risposi. I vari incantesimi che mi spedì addosso Simon non mi fecero nulla, mentre io usai un incantesimo con la spada, e in un colpo lo congelai interamente. Pensavo di aver già vinto, ma con un enorme esplosione Simon riuscì a scogliere tutto il ghiaccio e a liberarsi. Rimase fermo lì, e vidi farsi tutto nero attorno a lui, probabilmente stava per preparare una magia molto più potente delle altre. Mi spedì addosso vari fulmini neri, e uno mi colpì in pieno, facendomi cadere a terra. Provai a rialzarmi, ma non riuscii a muovermi. “Questa è la mia tecnica più potente” disse Simon “Il mio avversario assisterà a tutti i suoi ricordi più brutti, e dovrà combatterci contro, ed è impossibile battere il proprio lato oscuro. Mi dispiace Fabio, ma hai perso” Simon si girò e chiamò Daniel, poi fece per andarsene, lasciandomi solo. In quei pochi minuti vidi la morte dei miei cari, la partenza dei miei migliori amici, la morte del Tita, di David, quindi vidi Daniel. Stava ridendo, e diceva che ero un inetto, che Lui e Simon avrebbero distrutto il mondo ed Acri, poi disse: “Non ti preoccupare; ci prenderemo noi cura dei tuoi genitori. Farò loro tutto quel che avrei voluto fare a te”. Quello era troppo, non riuscii a trattenere la rabbia, così mi alzai, e cercai di pensare a qualche ricordo felice, anche se in quel momento non era molto facile. Stavo avanzando molto lentamente, e pensavo a quando avevo scoperto la mia forza grazie agli allenamenti di Tita, a quando riuscii a battere Daniel, a quando stavo bene con i miei genitori. Man mano che andavo avanti, mi muovevo sempre più veloce, e alla fine stavo correndo per i corridoi, senza avere nessun brutto ricordo in testa. Arrivai davanti all’enorme porta, ma la trovai chiusa. La serratura per la spada era all’esterno, quindi decisi di distruggere la porta, anche se era fatta di un materiale probabilmente molto resistente. Formulai un incantesimo di ghiaccio, e lo spedii addosso alla porta con tutta la forza che avevo, e quando smisi il portone era completamente ghiacciato. Per buttarlo giù definitivamente, diedi un colpo di spada, con il quale lo sbriciolai, e dietro trovai Simon e Daniel che si preparavano ad andarsene. “Ma come fai ad essere ancora vivo?” Corsi verso di loro, e con un colpo di spada tagliai in due David, uccidendolo definitivamente. “Ora siamo rimasti solo io e te!” dissi guardando Simon. Stava sudando freddo per la paura, ma provò lo stesso ad attaccarmi. Ogni volta che mi venne sotto lo colpii, per far vedere la mia superiorità, ma soprattutto per vendicare David, Tita, e tutte le persone morte a causa sua. Alla fine mi stufai, e lo disarmai, lanciando in aria lo scettro, quindi gli dissi: “Voglio che tu ti renda conto del male che hai fatto, quindi ti farò morire lentamente.” Gli infilai la spada nel ventre, e lo feci crollare a terra, oramai in fin di vita. Mi guardò con uno sguardo d’odio, poi sparì, promettendo che si sarebbe vendicato. Mi arrabbiai tantissimo con me; mi ero dimenticato del teletrasporto; avevo Simon in mano, e non lo ho ucciso! Tornai dentro il palazzo e presi il cadavere di David, poi lo seppellii all’esterno, dove eravamo arrivati con la nave, e feci una lapide dove scrissi: “Qui giace un grande eroe, che ha combattuto per il suo pianeta, ma che è stato sopraffatto dal male”. Dopo presi lo scettro e lo rimisi nel baule; poiché la colpa della fuga di Simon era mia, ed essendo l’ultimo erede di Antares che rinchiuse lo scettro nel baule, decisi di rimanere io a guardia della terribile arma, così portai il baule nella grande stanza dove prima avevamo trovato la chiave, quindi decisi di vagare per il mondo alla ricerca di Simon, per poterlo distruggere e portare finalmente la pace nel mondo.
Fabio