La
vendetta di Tar
Il sangue dei nemici gli bagnava i vestiti e i movimenti
della sua spada erano talmente veloci che come pupazzi gli avversari cadevano a
terra privi di vita senza neanche accorgersi di essere stati colpiti. In guerra
niente gli faceva paura e da buon uomo che era nella vita di tutti i giorni, si
trasformava in guerriero inarrestabile, una macchina da guerra senza sentimenti
pronta ad uccidere chiunque andasse contro i suoi ideali e contro la pace.
Gli si fecero davanti gruppi da più di dieci orchi ma
non potevano niente contro i potenti colpi di Tar.
Dopo dodici stressanti giorni di combattimento il Re gli
si avvicinò mentre stava bevendo e gli mise una mano sulla spalla mentre
insieme guardavano il sole che tramontava.
<<Sei sempre il mio guerriero migliore, Tar>>
disse il Re toccandosi la folta barba.
<<Faccio solo il mio dovere nelle mie possibilità>>
Rispose Tar.
<<Non essere troppo modesto, ci vedremo per la
festa questa notte Capitano Tar>> il Re riprese il cavallo e si avviò
verso il castello accompagnato dalle sue guardie personali.
Un tizio basso e dal corpo muscoloso saltò fuori da dei
cespugli anch’egli coi vestiti zuppi di sangue e cominciò a parlare con Tar.
<<Comandante, abbiamo perso solo 12 uomini, ora
possiamo tornare a casa, anche questa battaglia è stata vinta>>.
<<Già Einon, alla prossima battaglia dobbiamo
finire la guerra, il popolo si è stancato dei soliti attacchi degli orchi>>
disse Tar riponendo la spada nel fodero.
<<Statene certo Capitano, abbiamo la vittoria in
pugno!!!!>>.
Il vittorioso esercito tornò in città per la festa al
castello in onore della battaglia vinta e per rivedere le proprie famiglie dopo
dodici giorni di battaglia contro gli orchi.
<<Papà, papà! Sei tornato!>>.
Un piccolo
bimbo vestito di azzurro corse verso la sagoma scura ancora avvolta nell’ombra
dell’uomo che si stava avvicinando verso di lui. Anche la madre uscì dopo
aver sentito il piccolo gridare e vide la sagoma che si avvicinava dall’ombra.
Il piccolo fu preso dall’uomo che uscì dalle ombre e stretto tra le sue
braccia possenti. Tar lo baciò sulla guancia e corse da Zeudy col bimbo in
braccio. I tre si abbracciarono fortemente e a lungo.
<<Finalmente a casa, amore>> disse Zeudy
guardando Tar.
<<La guerra sta per finire e potrò dedicarmi a
voi, alla mia vita!>>
Zeudy arrossì e dopo aver baciato Tar entrarono in
casa.
Era arrivato il momento della festa e Tar si recò a
castello. Per tutta la notte i guerrieri bevvero interi barili di birra e
mangiarono ai banchetti messi a disposizione dal Re. L’unico che non si ubriacò
fu proprio Tar che rimase seduto in disparte a pensare e a riflettere su ciò
che gli passava per la testa quando un urlo attirò la sua attenzione.
<<GLI ORCHI!!! ATTACCANO!!!>> La guardia era
sudata e aveva gli occhi pieni di terrore.
Incredulo Tar uscì dalla locanda arrivando sopra le
mura che davano sul fiume che proteggeva la città di corsa e vide centinaia di
frecce infuocate che partivano da dietro gli alberi e che cercavano di ferire a
morte le guardie del castello. Gli occhi di Tar divennero rossi come il fuoco.
Scese dalle mura e ordinò al suo esercito di prepararsi per la battaglia finale
dove il loro futuro e quello delle loro famiglie sarebbe stato deciso una volta
per tutte.
<<IL MOMENTO DECISIVO E’ ARRIVATO AMICI MIEI!!!!
CHE LO SCONTRO FINALE ABBIA INIZIO!!!!>> disse Tar brandendo la spada
mentre i cancelli si aprivano e il ponte levatoio scendeva per collegare le due
sponde del fiume. Cento grossi scudi furono immediatamente portati fuori come
protezione dalle frecce dei nemici e da lì cominciarono a scoccare i loro dardi
anche gli arcieri del Re. Nonostante le protezioni una trentina di arcieri
furono colpiti dalle frecce degli orchi. Passarono al contrattacco e le prime
due linee orchesche furono annientate, da dietro gli schieramenti degli arcieri
del Re fecero la loro comparsa i guerrieri a cavallo e i guerrieri a piedi, tra
cui il prode Tar. I lancieri e i guerrieri orcheschi si fecero avanti
velocemente anche se molti furono uccisi dalle frecce degli arcieri, l’impatto
fra le due formazioni fu a dir poco devastante. Il rumore del ferro delle spade
che battevano tra di loro si fece più intenso ma poi a decine gli orchi
cominciarono a volare in aria con il ventre squarciato; Tar aveva cominciato a
combattere, infatti il numero degli sporchi e puzzolenti orchi ancora in vita si
faceva sempre più basso.
Il guerriero faceva davvero paura, gli occhi rosso fuoco
intensificarono la loro luce e ad ogni movimento della sua spada morivano più
di venti orchi.
Un enorme boato fece girare Tar e vide le mura del
castello che saltavano in aria con centinaia di uomini del Re,
rivoltandosi verso le schiere degli orchi vide due gigantesche catapulte
con proiettili infuocati delle dimensioni di una casa.
Alzò un braccio al cielo ed un fulmine colpì la punta
della sua forte lama, cosicché ad ogni colpo da lui inferto veniva data una
forte scarica elettrica alla vittima. Si scagliò senza esitare sulle due grandi
macchine da guerra che stavano decimando i suoi uomini e distruggendo la
bellissima città di Meridhal, e appena la lama toccò le macchine, due forti
esplosioni le fecero saltare.
Nel campo di battaglia retrostante i guerrieri avevano
ormai finito gli orchi e vedevano la vittoria ormai nelle loro mani, tanto che
alcuni stavano già esultando alzando la spada al cielo. Purtroppo non fu così,
dai lati circa mille orchi armati di mazze e asce bipenne stavano correndo verso
l’esercito, a capo degli orchi si poteva ben distinguere Nemrahbil, il
temibile Capitano degli orchi il quale aveva già cominciato ad abbattersi sui
valorosi guerrieri del Re di Meridhal con la sua doppia ascia mentre cavalcava
un orribile bestia deforme.
La potenza del gigante orco era spaventosa e del tutto
simile a quella di Tar, il quale continuava a fare strage di orchi.
<<RITIRATEVI NEL CASTELLO E CHIAMATE SAFIR!!!!>>
Urlò Tar a Einon, il quale eseguì gli ordini del Capitano alla lettera.
Mentre uomini e orchi continuavano a scontrarsi
ferocemente tra di loro nonostante la notevole superiorità numerica degli
orchi, sette figure ammantate di blu scuro vennero fuori dalle mura e la prima
di loro si tolse il cappuccio, rivelando i chiari tratti elfici.
<<SAFIR, SAI COSA FARE!!!!>> Urlò di nuovo
Tar mentre si avvicinava al Capitano degli orchi uccidendo nemici.
Safir scosse leggermente il capo annuendo e facendo un
sorrisino inquietante. Gli altri sei uomini gli andarono vicino e si tolsero
anche loro il cappuccio.
<<Gli orchi sono troppi amici miei, anche per il
nostro prode Tar e per i forti guerrieri di Meridhal>> disse Safir con
voce bassa, <<dobbiamo aiutare gli umani per il bene di tutti>>.
Tutti annuirono con un cenno fatto col capo ed
incrociarono le mani tra di loro. Safir si unì a loro e insieme cominciarono a
pronunciare una lunga formula magica.
Le parole si fecero più forti e le voci incredibilmente
basse dei sette maghi rimbombavano per tutto il campo di battaglia, sovrastando
persino il rumore dell’acciaio che batteva. Successivamente una Luce blu
intensissima venne sprigionata dai corpi dei maghi fino a quando la notte diventò
giorno e tre quarti delle truppe orchesche vennero distrutti dall’abbagliante
Luce emessa dal potere dei sette maghi elfi uniti fra loro.
Anche Nemrahbil rimase ferito dalla magia dei sette ed
entrò in città con cinquanta unità per cercare di uccidere più popolani
possibili dopo aver capito che anche questa importante battaglia era stata
persa. I maghi dopo questo devastante attacco dovettero rifugiarsi nella
fortezza reale poiché avevano esaurito tutte le loro energie e rischiavano di
diventare vittime degli ultimi orchi.
Tar che non staccò lo sguardo dal grosso Nemrahbil lo
inseguì dentro la città mentre tutti gli altri uomini erano fuori ad uccidere
gli ultimi orchi rimasti. La bestia cavalcata dal Capitano degli orchi non era
particolarmente veloce e ormai Tar lo stava raggiungendo nonostante fosse a
piedi.
Un taglio della spada di Tar squarciò l’aria che si
fece elettrica e andò a colpire diciassette degli orchi che stavano dietro al
loro Capitano, ma poi da lontano vide una piccola figura azzurra fuori da casa
sua… era suo figlio!
Nemrahbil purtroppo conosceva bene Tar e la sua famiglia
e spronando l’enorme bestia deforme arrivò con la sua doppia ascia fino al
figlio di Tar.
<<Noooooooo!!!!>> l’urlo di Tar si fece
orribile e quando vide Zeudy fare da scudo al piccolo Gerome, gli occhi
fiammeggianti di rosso cominciarono a piangere dal dolore.
Il corpo della giovane donna cadde morto a terra con gli
occhi spalancati ma subito dopo, un secondo colpo di ascia stava arrivando a
Gerome. Fortunatamente Tar lanciò velocemente la sua spada tagliando la mano
del Capitano degli orchi. Questi ultimi andarono contro Tar che nonostante fosse
disarmato si difese benissimo scaraventandoli a una cinquantina di metri dalla
sua piccola casa.
Il Capitano Nemrahbil si trovava faccia a faccia con Tar,
il quale voleva vendetta. La donna che amava era stata uccisa per mano sua e ora
il grosso orco doveva pagare con la vita per tutto il male che aveva fatto a
lui, alla sua famiglia e alle povere persone che si erano imbattute in lui. Tar
riprese la spada che ancora guizzava energia elettrica e si stava preparando a
colpire l’orco in mezzo agli occhi, ma un fumo fittissimo gli impedì di
affondare la lama nelle carni del grosso Capitano.
<<La guerra non è ancora finita Capitano Tar, gli
orchi vinceranno>>.
Le parole dello stregone Rodwearyh erano minacciose e
alle sue si aggiunsero quelle di Nemrahbil,
<<Non finisce qua umano, non avete ancora
sconfitto gli orchi!>>
I due scomparvero in un battibaleno e gli ultimi
guerrieri orchi si ritirarono dal campo di battaglia.
Tar ripose la spada dopo aver rilasciato il potere
elettrico che aveva chiamato e rinchiuso in essa. Le lacrime gli riempivano il
volto e il cuore gli stava esplodendo dal dolore, stava sopra il corpo della sua
amata ad accarezzarle i capelli mentre le chiudeva gli occhi e le dava un ultimo
bacio sulla fronte, prese suo figlio tra le braccia e piansero insieme a lungo.
Stavano seduti in cima alla collina verde mentre il sole
illuminava il prato nel quale era stata seppellita Zeudy e dove Tar veniva ogni
giorno a pregare con Gerome, pensando ad ogni momento bello passato insieme,
nonostante le mille battaglie che ha dovuto affrontare finora. Ora lei non
c’era più, non poteva più vedere quel suo sorriso candido che lo accoglieva
ogni volta che varcava l’uscio di casa dopo giorni o mesi di battaglia, non
poteva più specchiarsi in quegli occhi meravigliosi che lo fecero innamorare e
capire quanto fosse importante per lui. Il mondo gli era crollato addosso e ogni
volta che gli ritornavano le terribili immagini dell’ascia del perfido orco
che affondava nelle carni della sua amata per proteggere il piccolo Gerome
avrebbe voluto spaccare il mondo.
Non aveva più motivo di vivere, se non Gerome, anche se
oramai gli frullava in testa di suicidarsi, farla finita per sempre e
raggiungere la sua amata nell’immenso cielo blu. Arrivò il giorno in cui si
decise, prese il coltello da caccia che portava sempre con se e dopo essersi
recato sulla collina dove giaceva Zeudy
e dopo aver lasciato una lettera al figlio Gerome si puntò il coltello alla
gola, pronto a fare l’insano gesto.
Il coltello si avvicinava sempre più alla gola di Tar
ma quando la toccò una luce esplose dalla tomba della donna.
ERA LEI! ZEUDY! O meglio lo spirito di Zeudy, il quale
si rivolse a Tar con voce dolce e soffocata:
<<No Tar, amore mio, non farlo!>>
Tar rimase a bocca aperta quando vide la sua amata
parlargli e dopo che il coltello gli cadde dalle mani sulla soffice erba, e
chiese allo spirito se fosse viva.
<<No Tar, sono nel Regno dell’aldilà, ma tu non
devi raggiungermi. Il mondo, Gerome, e tutti quanti hanno ancora bisogno di te
Tar. La vita è un dono preziosissimo, ce n’è una solo e non bisogna buttarla
al vento, ma sfruttare questo dono al meglio. Tu puoi fare tanto per queste
terre, non lasciarle>>.
A quelle parole Tar si commosse e le lacrime gli
rigarono nuovamente il volto. <<Amore, non so vivere senza di te, come
posso aiutare il mondo e Gerome? Ci manchi tanto, ritorna…>>
<<Se potessi lo farei… Un giorno ci riuniremo,
ma non ora, il momento non è ancora arrivato, devi trovare dentro di te
l’immensa forza per andare avanti, solo così potrai aiutare Gerome e salvare
le nostre terre dagli orchi. Ti amo tanto… Ora vai, corri da Gerome,
abbraccialo e digli che la mamma gli vuole bene. Trova la forza Tar… addio>>.
Le mani del forte guerriero e dello spirito si
toccarono, e a quell’evento la luce scomparve e Zeudy con sé. Tar si mise in
piedi, raccolse il coltello,
lo ripose e fece un sorriso guardando il cielo e la sua immensità. Corse a casa
da Gerome e dopo averlo stretto fortemente gli disse che aveva visto la mamma,
che gli voleva tanto bene e che sarebbe sempre stata con loro. Il piccolo si
commosse pensando alla madre e alla sua assenza che si faceva sentire sempre più.
Vendetta: La parola girava spesso nella mente di Tar e
lo stava ossessionando. Nemrahbil e lo stregone dovevano morire, non potevano
restare in vita dopo tutto quello che avevano fatto alla povera gente di
Meridhal e a Zeudy. Decise così che sarebbe stato proprio lui a porre fine alla
crudeltà degli orchi, per sempre.
Il mattino seguente si svegliò e decise di andare
subito al cospetto del Re per proporgli una missione che sarebbe stata fatta
solo ed esclusivamente da lui per eliminare definitivamente gli orchi.
<<Vorrei andare da solo in missione mio Re per
sconfiggere una volta per tutte i fastidiosi orchi>>.
<<Tar, è una missione assai difficile quella che
hai deciso intraprendere, perdere un guerriero come te sarebbe troppo per noi.
Sarebbe meglio che Safir venisse con te>>.
<<Grazie maestà ma ho giurato a me stesso che
avrei vendicato mia moglie di persona e che avrei fermato per sempre queste
battaglie>>.
<<Ti capisco Tar, allora è ora che tu vada, e mi
raccomando, esci vittorioso in nome di Meridhal!!!!>>.
<<Ce la farò mio Re! Prendetevi cura di mio
figlio Gerome durante la mia assenza per favore, è l’unica persona che mi è
rimasta>>.
<<Non preoccuparti, sono sicuro che si divertirà
a corte…>>.
Tar baciò Gerome sulla guancia e uscì dal castello
pronto a vendicare la sua amata. Camminò per tutta la mattina verso le terre
dell’Ovest, ove il caldo era insopportabile nonostante la fitta massa di
alberi dei boschi che facevano ombra sul terreno rinfrescando l’erba. Mirava
dritto alla caverna da dove partivano tutti gli eserciti degli orchi e dove si
decidevano le tattiche da utilizzare in guerra, l’arco nell’entrata era
decorato e le incisioni rivelavano la faccia di un orco con la bocca aperta, la
quale era l’accesso alla grotta. La grande faccia gli rammentava Nemrahbil e
ripensando al Capitano degli orchi gli occhi si fecero rossi e cominciarono a
fiammeggiare, ora niente avrebbe potuto fermarlo.
Decise di non attendere oltre ed entrò nella caverna,
pronto al combattimento. Dopo circa tre metri al buio, due file di fuochi si
accesero ai fianchi delle pareti delle caverne illuminando il lungo corridoio
silenzioso. Qualcosa non andava, c’era troppa calma…
L’eroe avanzava cautamente con la spada in mano,
osservandosi in giro e cercando di captare qualche movimento anomalo, ma niente,
a parte le fiamme delle torce il resto della caverna era completamente immobile.
Il corridoio era inaspettatamente più lungo del solito
e Tar stava cominciando ad innervosirsi non trovando neanche un maledetto orco.
Il sudore gli colava copioso dalla fronte e cominciò a correre per i corridoi
sperando di trovare qualcuno più velocemente, saltando le puzzolenti carcasse
di animali semi-sbranati che ogni tanto incontrava e comunque senza mai
fermarsi.
<<YATTAH!>>
Finalmente un gruppetto di cinque orchi gli si fece
davanti! Un sorrisino venne fuori dal volto di Tar il quale cominciò a correre
verso di loro e quando la spada toccò le figure orchesche, queste scomparvero
incredibilmente nel nulla!
Stupefatto Tar capì che qui c’era lo zampino dello
stregone Rodwearyh.
<<Maledetto stregone! La tua magia non ti salverà!>>
gridò Tar a squarciagola, ma senza che egli se lo aspettasse, una voce gli
rispose, <<Ne sei sicuro? Penso che questa magia sarà la causa della tua
morte sciocco! Sei venuto nella tana del Lupo a suicidarti! Ora avrai la lezione
che meriti…>> era la voce altisonante dello stregone.
Digrignando i denti Tar cominciò nuovamente a correre
per i cunicoli luminosi e puzzolenti della caverna, giungendo infine ad una
porta completamente fatta con la roccia. Le iscrizioni erano nella lingua degli
orchi e comunque sembrava una porta molto robusta. Dopo averla analizzata, il
guerriero decise di non perdere altro tempo e con un pugno la sfondò facendole
fare un forte tonfo assordante sul pavimento.
Dopo che il polverone che fu sollevato dall’impatto
della porta con la polvere del terreno Tar si accorse che un centinaio di orchi
lo stavano puntando con le loro armi e se avesse fatto anche un piccolo
movimento sarebbe stato attaccato.
Illusioni o nemici veri si chiese l’eroe, comunque
meglio non rischiare… La spada del guerriero si sollevò e venne puntata verso
il numeroso gruppo di orchi, i quali a questa provocazione si lanciarono contro
di esso.
Nemici veri questa volta,
<<il loro puzzo terribile è
inconfondibile…>> pensò Tar cominciando a correre verso la grossa orda
assassina.
La spada cominciò a ondeggiare e gruppi interi di dieci
orchi vennero spazzati sul soffitto, schiantandosi pesantemente.
Ma ad un certo punto tutti insieme gli orchi decisero di
saltargli addosso, così Tar si trovò sotto una enorme massa brulicante di
carne puzzolente e metallo che cercava di infilarsi tra le sue carni per
toglierlo di mezzo una volta per sempre.
Ad un certo punto, mentre stava per svenire per la
mancanza d’aria e per le energie spese a parare i colpi, gli occhi si
infuocarono e alzandosi scaraventando in aria un altro ammasso di orchi fece
roteare con due mani la sua spada creando un vortice che investì l’intera
stanza e tagliando a fettine tutto ciò che vi era dentro. Anche questa fatica
era superata e sedendosi per qualche secondo bevve della fresca acqua di fiume
che si era portato con sé, recuperando così un po’ di energie. Si soffermò
per brevi istanti a pensare a Zeudy, così magnifica e lucente… <<I suoi
occhi erano come il paradiso>> pensò rialzandosi il guerriero.
<<Sarai vendicata amore, un giorno poi ci
rivedremo, ma non ora, non ancora…>>
Riprese la sua corsa per cercare le stanza dove erano
nascosti lo stregone e Nemrahbil.
I corridoi si fecero più caldi ma stranamente meno
luminosi, tanto caldi da diventare ad un certo punto insopportabili. A Tar
pareva di stare chiuso in un forno, stava sudando tantissimo e dovrebbe bere
ancora da tanti liquidi che perse. Giunse infine ad una porta molto simile a
quella di prima ma sembrava che dentro di essa vivesse un fuoco incandescente
che la rendeva intoccabile, allora l’eroe provò a prendere un pugnale e
mettere la lama contro la porta. La lama si sciolse come se fosse stata di cera
e Tar dovette far cadere le rimanenze dell’arma siccome erano diventati
bollenti e si stava scottando la mano. Se avesse toccato la porta avrebbe fatto
la stessa fine del pugnale.
Un lampo gli passò nel cervello e allora estrasse una
pergamena dalla sacca che aveva legato in spalla, poi l’aprì e cominciò a
leggerne il contenuto. Drizzò un braccio contro la porta e aprì la mano,
allora un bagliore bianco cominciò a crearsi dal suo palmo per poi esplodere
quando ebbe finito di pronunciare la formula. Il bagliore partì veloce come la
luce verso la porta e magicamente la pergamena sì auto-disgregò e un freddo e
spesso ghiaccio sigillò la porta, la quale stava emanando un fumo nerissimo.
Era il momento, e un calcio ben assestato frantumò la porta in mille pezzi e
allora Tar entrò in una stanza gigantesca, dove il caldo regnava. C’era un
corridoio centrale che portava ad una specie di arena situata al centro della
stanza. Appena mise piede sul corridoio si accorse che sotto la lava
scoppiettava freneticamente e saltellava cercando di uscire dal burrone. Tar
aveva l’impressione di sciogliersi come neve al sole lì dentro ed era ansioso
di uscirne il prima possibile. Cominciò lentamente ad avanzare verso l’arena
trascinandosi la spada e facendone sfregare la punta sulla sabbia rovente dello
stretto passaggio. Avvicinandosi all’arena cominciò a scorgere due figure,
una di fianco all’altra che sembrava lo stessero aspettando. Quando fu alla
fine del corridoio riconobbe i due, erano lo stregone e Nemrahbil.
<<Benvenuto sciocco negli inferi degli orchi, qui
scoprirai che sapore ha la morte come l’ha scoperto la tua mogliettina. Qui
non avrai nessuno a cui appoggiarti e finirai di respirare o brucerai tra le
fiamme. Sei venuto nella nostra tana e morirai!>>
Lo stregone sollevò le mani dopo aver pronunciato
quelle parole di minaccia verso l’eroe, il quale rimase impassibile e
asciugandosi la fronte si mise in guardia, pronto ad uccidere.
<<Tu non ti riuscirai neanche ad avvicinare a noi
umano, non saremo noi i responsabili della tua morte ma lui! Esci dalle fiamme e
distruggi l’umano Grandioso Frimon!>>
Tar si voltò e vide emergere dalla lava un gigantesco
drago rosso che nutrendosi di lava sputava fuoco dalla narici mentre respirava.
L’enorme bestia occupava metà della stanza e il suo sguardo feroce e malvagio
era rivolto verso Tar, promettendogli sofferenza e morte.
<<A noi due lucertolone…>> disse il
guerriero coraggiosamente e impugnando la spada saldamente.
<<Ah ah ah! Non ti salverai questa volta Tar!
Frimon è il padrone del fuoco e non potrai mai sconfiggerlo, diventerai
polvere!>> urlò Rodwearyh, il quale assunse una aria da pazzo scatenato.
Solo rumore, per il guerriero lo stregone stava solo
facendo rumore, niente di più. Tar chiuse gli occhi, pensando ai verdi campi in
cui giaceva Zeudy e dopo averli riaperti urlò a squarciagola e saltò verso il
drago di fuoco.
Terribili furono i colpi che i due si scambiarono, tanto
potenti da far tremare la caverna e tanto veloci che persino Nemrahbil faceva
fatica a seguire con lo sguardo. Il drago per ora sembrava avere la meglio,
siccome la sua enorme stazza e la sua notevole velocità favorivano le sue
capacità non di poco, inoltre le frequenti gettate di fuoco che uscivano dalla
bocca del drago si avvicinavano sempre più all’eroe stremato dal caldo che
comunque continuava a schivare saltando da una roccia all’altra e dimostrando
un’agilità e un equilibrio non comune neanche per un guerriero potente come
lui o Nemrahbil.
<<Sei molto forte drago, ma non
abbastanza!>> disse Tar con un sorrisino inquietante. Ruggendo e sputando
piccole fiamme Frimon rispose all’eroe:
<<<Tu credi piccolo umano? Per ora ho visto
solo te in difficoltà, non contare sulla tua vittoria!>>
<<Non hai visto ancora niente…>> Tar piantò
la spada nel terreno e alzò al cielo le braccia. Gli occhi che fiammeggiavano
di rosso cambiarono colore e divennero blu, la terrà vibrò lievemente quando
un fulmine squarciò il soffitto dell’enorme stanza di fuoco e finì sulla
spada di Tar, il quale la riprese e fece segno al drago di avanzare. Grazie allo
squarcio provocato dal fulmine la
pioggia scendeva dal soffitto in grandi quantità e rinfrescava un po’ il
guerriero donandogli più di energia. Una fiamma gigantesca venne sparata verso
l’eroe che saltando sulla testa di Frimon la schivò.
<<Addio lucertolone!>> La spada si conficcò
nel cranio di Frimon che urlò di dolore e mentre cadeva nuovamente nel baratro
di fuoco da dov’era venuto. Tar stava saltando dalla testa di quest’ultimo
per raggiungere di nuovo il corridoio strettissimo che era collegato all’arena
quando una zampata del drago distrusse metà del passaggio. Per fortuna Tar fece
un buon salto e si aggrappò all’estremità della frattura del corridoio con
una sola mano, e dopo aver fatto presa anche con l’altra si stava rialzando
per raggiungere l’arena, ma qualcosa di incredibilmente pesante si posò sulla
sua mano, era il piede del grosso Nemrahbil.
<<Il tuo viaggio finisce qua, raggiungi tua
moglie!>> disse Nemrahbil che vittorioso scoppiò in una grossa risata.
Prese l’ascia e fece un taglio su una mano di Tar
mentre con il piede continuava a far pressione sull’altra, facendo urlare Tar
di dolore.
<<Nemrahbil, guarda sotto!>> disse Tar
all’orco con tono quasi folle, e l’orco come un bambino guardò in basso e
allora i piedi di Tar si scagliarono velocemente sul grosso volto del Capitano
degli orchi facendolo cadere all’indietro e facendogli portare l’unica mano
che gli era rimasta sul volto per il dolore. Con agile salto mortale Tar
approfittò della situazione e saltò sul corridoio superando il pericolo di
cadere nella lava e piantando un piede nello stomaco dell’orco facendogli
mancare il respiro.
<<Tu non hai avuto pietà per la mia amata e io
non ne avrò per te! Ora muori, non farai più del male a nessuno>> e dopo
aver detto queste parole conficcò l’elettrica lama nella gola del Capitano
degli orchi facendolo morire lentamente.
<<Siamo rimasti solo tu e io umano! Hai sconfitto
Frimon, non me lo sarei aspettato, e hai sconfitto Nemrahbil, ma non potrai
niente contro la mia potente magia!>>
Lo stregone spuntò da una roccia lontana e puntò il
dito contro il guerriero in segno di minaccia e Tar per niente intimorito gli
disse che non lo temeva e che anche lui avrebbe fatto la fine dei suoi due
scagnozzi.
Un sibilo sferzò l’aria improvvisamente prima che lo
scontro cominciasse, due frecce raggiunsero Tar quasi alle tempie, ma egli le
bloccò con le sole mani rispedendole ai due orchetti che le avevano lanciate.
<<Questi espedienti con me non funzionano
Rodwearyh! Combatti faccia a faccia vigliacco, vedremo se sarai degno di
sconfiggermi!>>
Rodwearyh digrignò i denti e dalle sue mani esplosero
due dardi infuocati che velocissimi raggiunsero Tar, buttandolo a terra e
bruciacchiandolo sul petto. Subito però l’eroe si rialzò brandendo la spada
che guizzava d’elettricità e correndo verso lo stregone il quale però lanciò
altre forti magie contro il guerriero che stava perdendo sempre più energie.
<<La mia magia non servirà eh? Guardati, sei
ridotto in condizioni pietose… La tua ora è vicina!>> e lo stregone
scoppiò così in una risata.
Tar si arrabbiò davvero e cominciò a correre
nuovamente verso Rodwearyh che tentò di lanciare altre magie contro l’eroe ma
questa volte senza successo grazie alle deviazioni della spada magica di Tar.
<<PER ZEUDY!!!!>> Tar provocò a Rodwearyh
un enorme taglio che andava dalla gamba sinistra fino alla spada destra e il
sangue dello stregone schizzò sugli abiti del guerriero.
<<Ora sei mio stregone…>> La spada stava
per affondare anche nelle carni di Rodwearyh quando un freccia colpì Tar alla
spalla e dolorante fece egli dovette far cadere la spada.
<<Questi espedienti, come dici tu, funzionano
quando il nemico è troppo concentrato su una cosa! Ora invece sei tu che sei
mio umano!>> disse così lo stregone che aveva lo sguardo da assassino.
Con una pedata lanciò lontano la spada di Tar e
innumerevoli magie vennero scatenate sul corpo del guerriero che svenuto stava
sdraiato sul corridoio, con il corpo a metà tra esso e a metà tra il baratro
di fuoco sottostante. Con un sorrisino lo stregone si avvicinò al corpo
incosciente per buttarlo giù.
<<Io se fossi in te non lo toccherei, altrimenti
sarò io ad ucciderti stregone dei miei stivali!>> Safir aveva fatto la
voce grossa e la sua magica aura era già al massimo.
<<Chi sei tu per dare ordini a me? E che ci fai
nella mia caverna?>> rispose Rodwearyh.
<<Io sono Safir, compagno e amico di Tar, quindi
allontanati!>>
<<Ah sì? Bene, vieni che ti butto giù con lui
siccome siete tanto amici!>>
Una formula breve e intensa venne fuori dalle labbra di
Safir e lo stregone venne scaraventato sulla parete dell’arena dall’immagine
di una grossa tigre gialla.
<<Un mago eh? Morirai anche tu!>>
La lotta magica si fece più intensa e dopo decine e
decine di formule lo stregone si trovò a terra e Safir andò da Tar per tirarlo
su. L’aveva messo completamente sul corridoio ma all’improvviso una freccia
colpì anche lui a una gamba e lo stregone vedendo il mago in difficoltà corse
verso di lui sfoderando un lungo pugnale ricurvo.
Safir dovette subire un paio di calci e una volta a
terra lo stregone cercò di trafiggere il mago che però schivò un paio di
colpi ma al terzo già Rodwearyh gli
fece un taglio sul braccio.
<<Add…>> Lo stregone non finì neanche di
dire la parola e alzare il pugnale che la spada elettrica di Tar gli passò da
parte a parte.
<<Addio te lo dico io!>> dopo un sorrisino
Tar scatenò la potenza della sua spada e urlando fece esplodere lo stregone
riducendolo in polvere.
<<E’ finita finalmente. Ho vendicato Zeudy, ma
tu Safir, amico mio, che ci fai qui? Ti avevo detto di startene a
castello…>> disse Tar al mago mettendosi in ginocchio e prendendo
lentamente un pugnale dallo stivale destro.
<<Sono venuto in tuo aiuto amico mio, sapevo che
nonostante la tua incredibile tenacia e forza ti saresti trovato in difficoltà
e un mago quindi avrebbe potuto agevolarti, anche se quando sono arrivato di
vivo c’era solo Rodwearyh…>> il mago poi vide che Tar silenzioso stava
estraendo il pugnale e spalancò gli occhi chiedendosi cosa volesse fare.
<<Che fai Tar?>> chiese Safir, e Tar si mise
un dito vicino alle labbra per farlo tacere e con un gesto fulmineo lanciò il
coltello nelle parti alte della stanza dove il malefico orchetto sopravissuto
stava per scoccare la sua ultima freccia.
<<Ecco fatto Safir, ne mancava ancora uno! Ora
andiamo a castello però, sono impaziente di rivedere Gerome…>> disse il
guerriero estraendosi la freccia dalla spalla e alzandosi faticosamente.
<<Andiamo ma prima curiamoci un po’ le ferite,
siamo ridotti maluccio…>> allora Safir pronunciò alcune parole magiche
e le ferite migliorarono notevolmente.
Successivamente i due uscirono dalla caverna degli
orchi, vittoriosi e felici per essere riusciti in questa missione. L’odore
della pioggia che aveva appena cessato di cadere permeava l’ambiente, il sole
stava tramontando ad ovest e i due eroi cominciarono a camminare verso casa tra
gli scoiattoli e gli animali del bosco che dopo l’acquazzone uscivano dalle
tane.
Arrivati al castello Gerome corse ad abbracciare il
padre e il re si congratulò con Tar e Safir per l’impresa compiuta.
<<Ma papà, quando potrò vedere la mamma?>>
chiese con vocina tenera e sommessa il piccolo Gerome a Tar.
<<Vedi piccolo, ha detto che prima dovrai
diventare grande e forte come me, poi come il nostro re e un giorno la
raggiungerai, ma adesso è presto…>>
<<Cosa vorresti dire guerriero? Stai dicendo che
il tuo re è vecchio?>> il re interruppe Tar ponendogli questa domanda con
voce grossa.
<<No, no maestà, non volevo…>> rispose
Tar, ma il re cercando di trattenersi stava scoppiando a ridere e provocò così
una forte risata generale che durò molto a lungo.
Scorpio